domenica 29 giugno 2014

Il buio – David Albahari

ci sono dei retroscena dietro le secessioni e la guerra nella ex Jugoslavia, Davor Milo consegna dei documenti importanti all'amico, io narrante del libro.
l'io narrante torna in patria, piena di turbamenti, gli amici Slavko e Metka lo accolgono, ma tante cose non vanno bene, nei mesi prima della guerra.
un libro che è un po' memoria, un po' nostalgia, un po' spionaggio, un po' storia d'amicizia e d'amore.
un miracolo che il libro sia stato tradotto in italiano - franz







Il buio è ambientato nella dilacerata Jugoslavia post-titoista travolta da crisi sociali, politiche e ideologiche. Il protagonista-io-narrante avverte che probabilmente sarà ucciso, e vuole raccontare la propria storia. Vuole spiegare perché è chiuso da dodici giorni in una stanza di albergo, perché ha cercato di camuffare il proprio aspetto, perché vive in uno stato di perenne ansia. La sua vita è cambiata: prima del crollo del comunismo faceva il traduttore di scrittori americani, frequentava i salotti culturali, i party letterari e raccontava tutto quello che vedeva e sentiva all'amico Davor Milo, agente per la sicurezza dello stato a Belgrado. Ora, nascosto in un albergo canadese, deve farla franca, riuscire a ingannare onnipresenti e invisibili cani da guardia che lo vogliono morto poiché sospettano che lui complotti contro le istituzioni dello Stato. Incentrata su una vicenda apparentemente personale e individuale, l'opera si dilata e va ben oltre le caratteristiche storico-ambientali per trasformarsi in un efficace paradigma delle molteplici vicissitudini individuali nel mondo comunista, non solo jugoslavo.


…L'autore abbandona risolutamente gli "esperimenti'' e gli espedienti narrativi per affrontare di petto il dramma jugoslavo. Il lettore percepisce fin dalle prime pagine una grande onestà: l'autore racconta le tragedie del suo paese esclusivamente dal suo punto di vista di scrittore-personaggio, il quale si trova ad affrontare suo malgrado un dramma dal quale vorrebbe fuggire. I chiari riferimenti autobiografici rendono forse ancora più credibile questo libro, scritto, questo va sottolineato, con grande mestiere.
Nelle prime pagine assistiamo alla cronaca della vita dello scrittore-autore-personaggio, un intellettuale noto e affermato che frequenta i salotti letterari e i ricevimenti all'ambasciata americana. Una vita piuttosto agiata e comoda, nei limiti di quanto era possibile negli ultimi anni di esistenza della Jugoslavia. Un episodio apparentemente banale segna l'inizio di un impercettibile cambiamento: qualcuno lascia alla reception dell'albergo dove alloggia il protagonista del romanzo una busta con dentro una foglia di un albero di ginko di Zemun al quale sono legati alcuni suoi ricordi dell'adolescenza, e in particolare quello di un suo amore, Metka, in seguito andata sposa al suo caro amico Slavko, gallerista di Belgrado…

sabato 28 giugno 2014

Ma in Sardegna adesso comandano gli interessi privati?... - Vito Biolchini

Il caso San Raffaele è esemplare. Che quella del Qatar sia una proposta che non si può rifiutare lo dicono gli eccellenti sponsor governativi che negli anni si sono impegnati perché l’ospedale olbiese nascesse, costi quel che costi: Monti prima, Letta poi, Renzi ora. E sempre con la benedizione di Napolitano.
Sulla vicenda si respira un clima da grandi intese: sia Pigliaru che Cappellacci che il Pd sostengono allo stesso modo il progetto, né i sovranisti sembrano avere una posizione alternativa. E l’incontro che i rappresentanti dell’Emiro (e che pena questa assoluta deferenza di politici e giornali nostrani davanti a rappresentanti di uno stato che non può dirsi certo democratico) hanno avuto con l’ex governatore del centrodestra prima di incontrare l’attuale presidente, la dice lunga sull’operazione in atto. C’è aria da “grandi intese”.
La politica sarda è tutta galvanizzata da questa operazione che, sia chiaro, si farà “perché così ha deciso l’Emiro” e perché ormai è nelle cose. Ciò che stupisce è l’atteggiamento fideistico dei nostri rappresentanti, totalmente indifferenti rispetto non solo alle critiche ma anche alle domande più che legittime riguardanti il futuro della sanità sarda. Rivolte inizialmente molto modestamente dall’umile tenutario sul suo blog (“E se il San Raffaele di Olbia fosse solo una nuova servitù… sanitaria?”), poi più autorevolmente da Eugenia Tognotti e Massimo Dadea sulla Nuova Sardegna, e da Franco Meloni e Tonio Barracca sull’Unione Sarda. Ma la risposta è stata, al momento, solo il silenzio.
L’operazione San Raffaele ha delle implicazioni politiche e sociali importanti. Politiche perché si sta decidendo di operare in un ambito non chiaramente definito a livello strategico, ponendo al centro l’interesse di un privato che così determinerà il più generale interesse pubblico. In questo modo l’intervento qatariota sarà la misura di tutte le cose, nello specifico della rete ospedaliera sarda, ancora tutta da definire.
Per carità, se ad Olbia apre un superospedale (il Qatar ora “chiede” anche di avere una cardiochirurgia…) i sardi non possono che essere felici. Ma che si dica chiaramente che il modello della sanità sarda cambia: non più ispirata al modello toscano o emiliano (cioè prevalentemente pubblico) ma a quello lombardo (con una fortissima presenza privata). È questo a cui pensa il silente assessore alla Sanità Luigi Arru?
E se nella sanità si dà ad un privato il potere di determinare scelte più generali, cosa impedirà che in futuro non troppo lontano questo non possa avvenire anche in settori ugualmente strategici come l’ambiente, l’acqua, l’energia, l’agricoltura?
Il guaio non è l’interesse privato in sé, ma l’interesse privato che interviene e si impone con tutta la sua forza in un ambito non ancora definito compiutamente dall’interesse pubblico.
Dunque che rapporto vuole avere questa giunta con i grandi interessi privati? Li stopperà in attesa di avere un piano strategico oppure approfitterà delle loro offerte proprio per far ruotare intorno ad esse un progetto che ancora non c’è? Perché nella sanità sta avvenendo proprio così, nell’entusiasmo generale di una classe politica che non ha capito (o fa finta di non capire) che avere la botte piena e la moglie ubriaca non si può.
L’apertura del San Raffaele comporterà un mutamento profondo della sanità sarda (questo è l’aspetto sociale) e di sicuro niente sarà come prima. C’è qualcosa di positivo anche in questo, ma è una pia illusione immaginare che il governo congeli il taglio dei piccoli ospedali o dia più soldi alla Regione per gestire il nuovo ospedale; perché se anche lo facesse, poi vorrebbe qualcos’altro in cambio…
da qui

intervista a Papa Francesco, di Fernando "Pino" Solanas

martedì 24 giugno 2014

Mistero doloroso - Anna Maria Ortese

Florida è un fiore che spunta in un mondo che non la merita, vive come farfalla, bella e per un tempo piccolo, poi torna umana per una vita lunga, triste e grigia.
è un regalo poter leggere una storia così, senza parole di troppo e senza lieto fine, e con illusioni che svaniscono, nel mondo ingiusto e brutto, quello di allora e quello di sempre.
cercatelo e regalatevi questa storia, e guardate il mondo con gli occhi di Florida - franz






Ritmo lento, stile impegnativo per strutture sintattiche e gestioni linguistiche, la Ortese non cerca il bello nella declinazione di 'piacevole' piuttosto s'impossessa delle complessità, delle pesanti e fonde contraddizioni del vivere e le espone senza filtri, né giudizi. L'unica mediazione è tra le parole, a mitigare o indurire inquadrature. Nella fine inevitabile, la Ortese toglie al lettore ogni possibile residuo di speranza romantica, idilliaca risoluzione nonché ogni balsamo lenitivo per le ferite. Provare sentimenti devastanti è cedere alle ferite che se si rimarginano restituiscono carni diverse da ciò che erano prima dell'affondo…

Il romanzo è intensissimo, e l’intensità aumenta mentre procede, la tragedia accade alla fine, ma ci viene raccontata con una sorta di ellissi, si capisce, ma la tragedia non viene descritta. Florì sparisce, ma non si sa se ha visto il principe, viene lasciata aperta l’ambiguità. Il libro è anche un’antifavola, sembra la storia della tipica ragazza povera che trova il principe azzurro, ma non è così…

…Nella sua semplicità il ‘mistero doloroso’ (dunque solo il concetto) è proprio quello che si può pensare: una storia d’amore che racchiude in sé il senso sempre meraviglioso del suo apparire improvviso e la sua lacerante adesione alla vita (e non fa nulla che gli altri pensino che il dolore sia conseguenza dell’azione. Sì Florì, la quattordicenne innamorata del principe, si uccide per amore, ma il lutto non determina lo strazio, e di conseguenza, il titolo seppur appropriato (e nemmeno il suo esatto contrario che sarebbe plausibile): no, il dolore e la sua aggettivazione fanno parte del mondo, o meglio, di quello che vorremmo che fosse.
Riflette Cirillo, il principino innamorato, di fronte ad una perdita inconsolabile:Là, qualche cosa accade, pensava, là, nell’acqua stellata dei sogni, vivono gli ultimi regni, passano gli ultimi arcangeli. Il resto, non è che una gran noia.
Come la letteratura tanto sbandierata di oggidì. Tranne miracolosi recuperi che hanno il fascino di un mistero doloroso.
Come la vita no?



giovedì 19 giugno 2014

l'altro esame



"Le avventure di Tom Sawyer" e "Le avventure di Huckleberry Finn" - Mark Twain

dice Ernest Hemingway che "Tutta la letteratura americana deriva da un libro di Mark Twain intitolato Huckleberry Finn. Tutti gli scritti americani derivano da quello".
qualcuno li legge da ragazzi, ma leggendo  i due libri da adulto ti accorgi di quanto sono grandi e di quante cose belle ci sono lì dentro.
dice qualcuno che Tom Sawyer è come Mark Twain era, e Huckleberry Finn è come avrebbe voluto essere, ma poco importa, importante è che Mark Twain li abbia fatti vivere.
nel primo libro i protagonisti sono Tom e Huck, ai quali nel secondo si aggiunge il “negro” Jim (qui).
i nemici dei bambini sono l’ordine, la scuola, la pulizia, l’obbedienza, le regole dei grandi, ed è un gran bel godimento leggere le avventure di Tom e Huck, che stanno in un mondo che non scelgono e la schiavitù appare con la figura del fuggiasco Jim, un ragazzino come loro, nato schiavo.
Tom e Huck fanno politica, come la fanno i bambini, diventano amici di Jim e fanno di tutto per salvarlo e liberarlo.
vuoiti bene, leggi questi due libri di Mark Twain (e poi tutti gli altri) - franz


I due libri iniziano così:

 

«Tom!»
Nessuna risposta.
«Tom!»
Nessuna risposta.
«Dove s'è cacciato sto ragazzo? Ohu, Tom!»
Nessuna risposta.
L'anziana signora abbassò gli occhiali e ci guardò per di sopra, intorno nella stanza; poi se li alzò e ci guardò per di sotto. Di rado o quasi mai ci guardava attraverso, per una cosa da niente come un bambino; dato che questi erano il suo paio da festa, l'orgoglio del suo cuore, ed erano stati fatti per lo "stile" più che per la praticità; avrebbe potuto guardare attraverso un paio di coperchi da stufa, per quello che cambiava. Rimase perplessa un attimo, e disse, neanche tanto arrabbiata, ma abbastanza forte per farsi sentire dai mobili:
«Ve', se ti metto le mani 'dosso, giuro che...»


Voi non sapete nulla di me, a meno che non abbiate letto un libro chiamato Le avventure di Tom Sawyer; ma non importa. Quel libro fu scritto dal signor Mark Twain, che per lo più disse la verità. C'erano delle esagerazioni, ma per lo più egli disse la verità. Questo non dimostra nulla. Non ho mai conosciuto nessuno che una volta o l'altra non dicesse bugie, eccetto zia Polly, o la vedova, o forse Mary. Zia Polly – la zia di Tom, cioè – e Mary, e la vedova Douglas: in quel libro ci sono tutte, ed è un libro per lo più sincero; con qualche esagerazione, come ho già detto.

sabato 14 giugno 2014

16 giugno 1988: muore Andrea Pazienza

l’anno scorso ho letto “Astarte”, la storia di un cane, pazienza se la storia non è completa, ogni tavola è un quadro.
bellissimo e indimenticabile


pertini



venerdì 13 giugno 2014

bortocal su esodi biblici e Mose

…l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees UNHCR) ha rivolto attraverso la portavoce Carlotta Sami pesanti accuse contro le autorità italiane per come hanno sistemato due gruppi dai 160 ai 170 rifugiati politici ciascuno in due zone alla periferia di Roma e Milano, lasciandoli senza cibo e senza soldi.
si trattava di gente in fuga dalla Siria e dall’Africa, dove la politica estera occidentale produce con i propri interventi militari diretti o indiretti migliaia di profughi che sfuggono ai bombardamenti e al rischio immediato di morte e poi vorrebbe rifiutare di accoglierli, respingendo di farsi carico della responsabilità delle proprie azioni…

  
Leggo falsità sul mio conto legate al #Mose.
Smentisco con sdegno e nel modo più categorico.
Non lascerò che mi si infanghi così!
Enrico Letta
che bella la sintesi di twitter! com’è comodo poter gridare alla falsità e non avere lo spazio per dire quali sono le falsità.
come è bello smentire con sdegno, ma non dire che cosa si smentisce.
che bello avere a disposizione una stampa nazionale fatta di non giornalisti quasi sempre, ma di velinari, che trascrive e non commenta: pura cinghia di trasmissione…

campagna arruolamento


da qui

giovedì 12 giugno 2014

Alaa Abd el Fattah e Mohamed Nouby, 15 anni di galera

dopo la primavera araba è il turno dell'inferno arabo - franz




Avevamo seguito con passione e solidarietà l’arresto ( primo di una lunga serie) di Alaa Abd el Fattah -militante comunista, blogger- nel periodo precedente al potere della fratellanza, prima che anche questa fosse di nuovo spazzata via da piombo ed ergastoli: processo, scarcerazione, arresti e altre scarcerazioni…
ma ecco che ora arriva una pesante condanna, quella che avremmo voluto non sapere mai, e che ovviamente coinvolge altre 24 persone tra attivisti e militanti, tutti condannati in contumacia dalla Corte Penale del Cairo a ben 15 anni di carcere.Solamente due degli imputati, Abd el Fattah e Mohamed Nouby, sono stati arrestati al momento della lettura del verdetto questa mattina, per gli altri non credo ci vorrà molto: il tutto è avvenuto molto rapidamente, il verdetto è giunto immediato e quasi inaspettato.
Erano scesi in piazza contro una legge costruita a pennello per bloccare ogni tipo di protesta: fu il presidente ad interim Mansour (dopo il tentativo andato male di Morsi) a far passare una legge che rendeva impossibili anche le riunioni di partito. Parliamo di un divieto ad assembramenti di più di dieci persone se non previo autorizzazioni di ben 7 diverse autorità competente e con un lasciapassare definitivo che compete direttamente alla polizia.
Contro questa legge le proteste furono enormi lo scorso novembre, e tutti i coloro che oggi son stati condannati a 15 anni erano stati arrestati durante le mobilitazioni: solo Alaa fu arrestato nella sua casa il 28 novembre, dopo che aveva comunque annunciato di costituirsi.
Poi tutti erano stati scarcerati in attesa del verdetto finale, che oggi è calato come una mannaia sulle loro teste…
da qui

mercoledì 11 giugno 2014

Vegetarians do it better

Era da molto tempo che si aspettavano i risultati della prima grande ricerca, come dire, criminologico-alimentare.
In Germania è apparsa la prima sintesi dei risultati, quasi tre mesi fa, ma ancora nessun giornale italiano ne ha scritto, chissà perché.
La ricerca consiste in questo: negli ultimi cinque anni, in Germania, sono stati correlati ai reati contro le persone le abitudini alimentari dei “delinquenti”.
Secondo uno studio dell’Università di Jena nel 2013 ci sono stati in Germania 7 milioni di consumatori che rinunciano a carne e pesce, che corrisponde all’8,5% della popolazione (si precisa che vegetariani e vegani, per semplicità sono stati messi insieme, chiamandoli vegetariani, e basta, senza altre distinzioni, a fini statistici).
I risultati della ricerca sono davvero importanti:
chi ha un’alimentazione vegetariana ha commesso reati contro la persona nella misura dello 0,9%, per essendo i vegetariani ormai l’8,5% della popolazione.
Cioè, la probabilità che un vegetariano usi armi, o comunque violenza fisica, è circa 10 volte inferiore rispetto alla loro quota sul totale dei cittadini.
Le prime reazioni non si sono fatte attendere.
Le agenzie matrimoniali nell’ultimo anno hanno avuto un boom di richieste, soprattutto da parte delle donne, che i partner siano preferibilmente vegetariani, quando non solo esclusivamente e da quest’anno nei loro moduli appare la casella sul regime alimentare (vegetariano, vegano, o consumatore di carne).
Vandana Shiva ha affermato che si sapeva che era così e che non poteva essere diversamente; ha auspicati che uno studio di questo genere si faccia in molte altre parti del mondo e che spera sia un aiuto a uno stile di vita diverso, più rispettoso del pianeta e delle creature animali.
Per una volta musulmani ed ebrei sono stati d’accordo, in due  comunicati separati hanno ribadito che le regole halal e kosher continueranno come sempre, è Dio che le ha fissate.
cattolici vegetariani si dicono contenti dei risultati di questa ricerca, e ricordano che Dio disse: “Ecco, Io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo” (Gen 1,29).
Waterfootprint.org ricorda quanto un’alimentazione vegetariana sia necessaria per non consumare l’acqua potabile del pianeta.
L’Associazione Vegetariana Italiana ricorda, a proposito della ricerca tedesca, che Albert Einstein adottò una dieta vegetariana, come ebbe modo di dire: “per ragioni etiche oltre che salutistiche”. Era profondamente convinto che il vegetarismo avrebbe avuto un influsso decisivo per cambiare in meglio le sorti dell’umanità.

al Tribunale Permanente dei Popoli




Esposto del Controsservatorio Val Susa 
al Tribunale Permanente dei Popoli

È in fase di progettazione, tra l'Italia e la Francia, una nuova linea ferroviaria di 270 km, comprensiva di un tunnel di 57 km scavato in una montagna ricca di amianto e di uranio. La popolazione della Val Susa (circa 100.000 abitanti) e i suoi amministratori si oppongono da venticinque anni denunciando che questa ennesima grande opera viene imposta in maniera unilaterale con gravi lesioni di diritti fondamentali: il diritto alla salute (dei cittadini attuali e delle generazioni future), il diritto all'ambiente, il diritto a condizioni di vita dignitose, il diritto a una informazione corretta e trasparente, il diritto di partecipare alle decisioni che riguardano la propria vita. 
La vicenda è emblematica della nuova frontiera dei diritti di fronte allo strapotere degli interessi economici che mette in pericolo lo stesso equilibrio (ecologico e democratico) del pianeta. Questa situazione, ripetutamente segnalata con riferimento al cosiddetto Terzo mondo, è per lo più ignorata e negata quando si realizza nel cuore dell'Europa. Anche sotto questo profilo la vicenda della Val Susa è esemplare. Auspichiamo conseguentemente un rapido intervento del Tribunale permanente dei popoli – richiesto dal Controsservatorio Val Susa e da un folto gruppo di amministratori locali – coerente con il principio che è diritto fondamentale dei cittadini e delle comunità «essere consultati al fine di ottenere il consenso libero, previo e informato prima di adottare e applicare misure legislative o amministrative che li danneggino, prima di adottare qualsiasi progetto che comprometta le loro terre o territori o altre risorse» (sentenza 23 luglio 2008 sulle "Politiche delle transnazionali in Colombia")
Hanno espresso sostegno all'iniziativa:


…dottor Pepino, già agli italiani importa così poco di quel che succede in questa sperduta provincia torinese, e voi chiedete che ne occupino gli eredi del tribunale istituito nel 1966 da Bertrand Russell e Jean-Paul Sartre per indagare sui crimini del Vietnam? Non le sembra un po' esagerato?
«Assolutamente no: ciò che succede a Chiomonte riguarda tutta l'Europa. Il modello avviato da queste parti, l'idea della “Grande Opera Costosa” che si impone sopra la volontà dei cittadini, sarà esportato con successo altrove, se dovesse vincere 20 anni di resistenza locale. Con due problemi: il primo è la sottovalutazione dei rischi ambientali e sulla salute. E il secondo è la ferita che si infligge all'idea stessa di democrazia e partecipazione democratica. Che repubblica è quella in cui vota solo metà degli aventi diritti e in cui quelli che chiedono d'essere ascoltati vengono esclusi dalle decisioni che li riguardano?»…
da qui

Chiune Sugihara

quanto bisogno c'è di uno come Chiune Sugihara, dappertutto - franz


…Nel 1940, però, la maggior parte dell'Europa occidentale era stata occupata dai nazisti, con l'eccezione della Gran Bretagna, e quasi tutto il resto del mondo libero aveva chiuso le frontiere all'immigrazione ebraica, negando di fatto l'accoglienza ai rifugiati, che provenissero dalla Polonia o da qualunque altro paese dell'Europa occupata dai tedeschi.
L'ultima spiaggia era rappresentata dall'immigrazione in Estremo Oriente, o nelle colonie olandesi dell'America Latina (Guiana Olandese, isola di Curaçao). Le autorità dell'URSS concessero agli ebrei di continuare a migrare attraverso le repubbliche sovietiche, purché fossero muniti di regolari documenti di viaggio.
In queste funeste circostanze, il Vice-Console Sugihara divenne la chiave di volta di un disperato tentativo di fuga per la sopravvivenza. Il tutto fu accelerato dalla rapida avanzata dei tedeschi verso est. Nel luglio del 1940, le autorità di Mosca diedero istruzioni a tutte le ambasciate straniere di lasciare Kaunas, capitale temporanea della Lituania. Prima del conflitto, Kaunas contava 120,000 abitanti, un quarto dei quali di etnia ebraica.
Quasi tutte le delegazioni diplomatiche lasciarono la città, ma Chiune "Sempo" Sugihara, richiese e ricevette una proroga di 20 giorni. Centinaia di ebrei (rifugiati dalla Polonia o cittadini lituani) si accalcarono ai cancelli del consolato giapponese a Kaunas, nel tentativo di ottenere un visto per il Giappone. Sugihara si trovò a un bivio, dovendo prendere una decisione difficile, da cui sarebbe dipesa la vita di migliaia di persone.
A quel tempo, il governo giapponese garantiva i visti solo in base a determinati criteri di ordine burocratico ed economico, che la maggior parte dei rifugiati non soddisfaceva; inoltre, Sugihara aveva obbedientemente contattato il Ministro degli Esteri giapponese per ben tre volte, perché gli desse istruzioni sul da farsi. Ciascuna volta, il ministro aveva risposto che condizione necessaria, senza possibilità di eccezioni, per ottenere il visto fosse il possesso da parte degli applicanti di un ulteriore visto verso una destinazione terza, da raggiungersi successivamente all'ingresso in Giappone. Il Vice-Console discusse a questo punto la situazione con la moglie Yukiko e i figli. Sugihara era stato educato nel rigido ossequio e nella cultura dell'obbedienza peculiari delle gerarchie amministrative e militari del Sol Levante; era un diplomatico di carriera, e si era insediato da poco al consolato Si scontravano in lui lo spirito di disciplina proprio del funzionario e l'etica del samurai, ereditata dal ramo materno della sua famiglia, che lo spingeva ad aiutare i bisognosi. Dissobedire agli ordini avrebbe probabilmente posto fine alla sua carriera, se non, peggio, messo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi familiari. Ma la coscienza ebbe il sopravvento, e così, dal 18 luglio al 28 agosto 1940, il signore e la signora Sugihara, senza soluzione di continuità, scrissero 300 visti al giorno (un lavoro per cui, in condizioni normali, ci sarebbe voluto un mese di tempo). Bisognava fare in fretta, perché i richiedenti, se si fosse indugiato, sarebbero incorsi in un pericolo mortale (la deportazione e l'internamento). A fine giornata, Yukiko massaggiava le mani del marito affaticate da 18-20 ore di lavoro; il Vice-Console non si fermava neppure per pranzo, e il suo pasto quotidiano erano dei panini. A spronarlo ad andare avanti senza perdere un minuto erano le persone in fila notte e giorno davanti alla legazione diplomatica nipponica. Quando qualcuno tentò di scalare il muro di recinzione, Sugihara uscì all'aperto per calmare gli astanti e rassicurarli, promettendo loro che avrebbe fatto l'impossibile per aiutarli. Il diplomatico nipponico prese accordi con gli ufficiali sovietici, che acconsentirono al viaggio degli ebrei attraverso l'URSS, sui convogli della Transiberiana, fino al porto di Vladivostok, dove i migranti si imbarcarono per Kōbe, città giapponese che ospitava una comunità di ebrei russi. Circa 6,000 ebrei riuscirono a fuggire verso il Giappone, grazie ai visti emessi da Sugihara, col prezioso aiuto della moglie. L'impagabile opera si dovette interrompere il 4 settembre, quando Sugihara dovette abbandonare l'incarico e la Lituania, partendo in treno verso Berlino. La notte prima della partenza, i coniugi rimasero svegli a scrivere gli ultimi lasciapassare. Secondo quanto riferito da testimoni, Sugihara continuò a scrivere visti anche durante lo spostamento dall'albergo in stazione, e, persino dopo esser salito a bordo del treno, lanciò dal finestrino della vettura in movimento dei fogli di carta in bianco con il solo sigillo del consolato verso la folla disperata di rifugiati, perché questi potessero poi utilizzarli per compilare un visto.
"Perdonatemi. Non posso scriverne più. Vi auguro di cuore buona fortuna!”, disse al momento di partire, inchinandosi profondamente di fronte alla folla.
"Sugihara, non vi dimenticheremo mai. Ci rivedremo sicuramente!"…


Sugihara (di David Rovics)

He was raised in Gifu on the islands of Japan 
He was sent off to Manchuria, that's how this tale began 
For his next assignment in the diplomatic corps 
Was far-off Lithuania and the European war 
My grandfather was from Krakow as“ the Nazis came, he fled 
He took his family to Vilnius so they might not end up dead 
But the Panzers were advancing and he knew they had to go 
But he had to have a visa and all the embassies said no 

There was only one final possibility 
The last consulate left open, the Third Reich's Asian ally 
There in Lithuania there was no time to lose 
They came asking for a visa, thousands of Polish Jews 
The diplomat called Tokyo, can I grant them this reprieve?

Three times he got his answer, tell them all to leave

He looked into their eyes, talked to his family 
He and his wife decided we must set these people free 

Although I never met him, when all is said and done 
I am Sugihara's son 

Disobeying orders that they knew to be wrong 
Sempo and Yukiko started writing all day long 
A month's worth of visas in every twenty-hour day 
Sempo and Yukiko could turn no refugee away 
Word came from the empire, it's time to turn it in 
You're closing down your consulate and moving to Berlin 
They knew they did the right thing, of this they had no doubt 
They threw visas through the window as their train pulled out 

(Chorus) 

My grandfather crossed Siberia for five times the normal cost 
Fearing for the future with every minute lost 
He got the ferry to Kobe then to Occupied Shanghai 
There he spent the war years while back home his people died 
Sugihara-san did not seek any praise from anyone 
When he died the paper said his neighbors knew not what he'd done 
But there are forty thousand people living lives today 
Without Sempo Sugihara I would not be here now to say 

(Chorus)





Chance (dei Savatage)

He was standing all alone
Trying to find the words to say
When every prayer he ever prayed
Was gone
And the dreams he's never owned
Are still safely tucked away
Until tomorrow he just
Carries on

See the Devil in the streets at night
See him running in the pouring rain
See him grinning Œneath a twisted light
I'll be back again
See the people standing in a row
See them nodding like a field of grain
No one sees the sickle though
Coming Œcross the plain

And this he knows if nothing more
That waiting in the dark like destiny
Are those who kissed the dogs of war
And there is no tomorrow
No tomorrow
Take a chance
Take a chance

See the Devil he is so intense
See the Devil go and change his name
What's the going price of innocence
It can't be the same
Is it dark when the moon is down
Is it dark with a single flame
If there's glass falling all all around
I am not to blame
And this he knows if nothing more

That waiting in the dark like destiny
Are those who kissed the dogs of war
And there is no tomorrow
No tomorrow
Take a chance

Burn the night away

Pictures at an exhibition
Played as he stood his trance
Staring at his inhibitions
All the time believing
That it now came down to nothing but this chance

I fear you
Your silence
Your blindless
See what you want to see
In darkness
One kindness
One moment
Tell me what you believe

I believe in nothing
Never really had to
In regards to your life
Rumors that are not true
Who's defending evil
Surely never I
Who would be the witness
Should you chance to die

Father can you hear me
This is not how was meant to be
I am safe and so are you
As for the others destiny

I believe that situations
All depend on circumstance

Look away
Look away

Pictures at an exhibition
Played as he stood in his trance
Staring at his inhibitions
All the time believing
That it now came down to
Nothing but this chance

Jonathan Franzen e Amazon

"Amazon vuole un mondo in cui i libri siano autopubblicati oppure pubblicati dalla stessa Amazon, i lettori si affidino alle recensioni su Amazon per la scelta dei libri, e gli autori si occupino della propria promozione. Un mondo in cui avranno successo le opere di chiacchieroni twittatori e millantatori, e di chi si potrà permettere di pagare qualcuno per sfornare centinaia di recensioni a cinque stelle (…) Amazon è sulla buona strada per trasformare gli scrittori in operai senza prospettive come quelli che i suoi fornitori impiegano nei magazzini, facendoli lavorare sempre di più per salari sempre più bassi e senza nessuna sicurezza sul lavoro, perché i magazzini si trovano in posti dove nessun altro assume manodopera. E più aumenta la fetta di popolazione che vive come questi operai, e più cresce la pressione per abbassare i prezzi dei libri e si acuisce la crisi dei libri tradizionali, perché chi non guadagna molto vuole intrattenimento gratis, e chi ha una vita dura vuole gratificazioni istantanee ('Spedizione gratuita entro 24 ore!')."

Da Il progetto Kraus, di Jonathan Franzen, Einaudi. Traduzione di Silvia Pareschi - per Franzen - e di Claudio Groff - per Kraus.


martedì 10 giugno 2014

a cosa servono i festival letterari

versione hard:

"I festival letterari sono delle manifestazioni per idioti, per far credere loro di essere intelligenti"

versione soft:

"I festival letterari sono delle manifestazioni per ignoranti, per far credere loro di essere intelligenti"

in ogni caso sono una fiera dalla banalità e della vanità.

(solo per errore si può ascoltare qualcosa di interessante, da parte dei pochi che 
1 - hanno qualcosa da dire 
e che 
2- non si adattano al pubblico che hanno davanti)

domenica 8 giugno 2014

Corpo Celeste - Anna Maria Ortese

lo si legge con stupore e ammirazione, avevo letto molti anni fa "L'iguana", un libro strano e unico.
in "Corpo Celeste" ci sono due interventi per conferenze mai tenute, all'estero, e tre interviste, anche autointerviste.
raramente si leggono pagine così profonde, c'è la lucidità e l'amarezza di Bianciardi, la forza e il coraggio di idee che non si vendono, non si compromettono con il denaro, anche se quel denaro avrebbe fatto comodo, eccome.
tutte le pagine sono bellissime, da leggere e rileggere, l'ultima segmento del libro è eccezionale, la lotta fra Ragione e Intelligenza è raccontata come pochi potrebbero.
non perdete questo libro straordinario, se vi volete bene, se vi turberà è un buon segno, e se, dopo aver letto "Corpo Celeste",  cercherete tutto quello che ha scritto Anna Maria Ortese sarà un ottimo segno - franz





"Col nome di corpi celesti venivano indicati, nei testi scolastici di anni lontanissimi, tutti quegli oggetti che riempiono lo spazio intorno alla Terra. E anche il nome oggetto, riferendo­si a quello spazio, allora incontaminato, purissimo, si colorava pallidamente di azzurro. Noi — che sfogliavamo quei testi e ammiravamo quelle carte della volta celeste — eravamo invece sulla Terra, che non era un corpo celeste, ma era data come una palla scura, terrosa, niente affatto aerea. Perciò, durante tutta una vita, poteva accadere che, guardando di sera, nella luce tranquilla della campagna, quel vasto spazio sopra di noi, pensassimo va­gamente: « Oh, potessimo anche noi trovarci lassù!». Le leggende e i testi scolastici parlavano di quello spazio azzurro e di quei corpi celesti quasi come di un sovramondo. Agli abitanti della Terra essi aprivano tacitamente le grandi mappe dei sogni, svegliavano un confuso senso di colpevolezza. Mai avremmo conosciuto da vicino un corpo celeste! Non eravamo degni!, pensava l'anonimo studente. Invece, su un corpo celeste, su un oggetto azzurro collocato nello spazio, proveniente da lontano, o immobile in quel punto (cosi sembrava) da epoche immemorabili, vivevamo anche noi: corpo celeste, o oggetto del sovramondo, era anche la Terra, una volta sollevato delicatamente quel cartellino col nome di pianeta Terra. Eravamo quel sovramondo."

Un’altra domanda, ingenua, se permette: crede ancora in qualche cosa?
Naturalmente. Credo in tutto ciò che non vedo, e credo poco in quello che vedo. Per fare un esempio: credo che la terra sia abitata, anche adesso, in modo invisibile. Credo negli spiriti dei boschi, delle montagne, dei deserti, forse in piccoli demoni gentili (tutta la Natura è molto gentile). Credo anche nei morti che non sono più morti (la morte è del giorno solare). Credo nelle apparizioni. Credo nelle piante che sognano e si raccomandano di conservare loro la pioggia. Nelle farfalle che ci osservano, improvvisando, quando occorra, magnifici occhi sulle ali. Credo nel saluto degli uccelli, che sono anime felici, e si sentono all’alba sopra le case… In tutto credo, come i bambini. In una sola cosa non credo: nell’uomo e nella donna, che esistano ancora. Posso sbagliarmi, ma essi mi sembrano ormai luoghi comuni, simulacri di antichi modelli, canne vuote, dove, nelle notti d’inverno, fischia ancora, piegandole, il vento dell’intelligenza, che li sedusse e distrusse.
A questo punto si può concludere, e mi dispiace, che lei non è più a sinistra?
Ma no! Sono ancora e più grandemente a sinistra: ma dell’Antenato e del Bambino, intendendo per Bambini tutti i perduti alla crescita e all’intelligenza. Sono anzi all’estrema sinistra di tutti icaduti sotto i colpi dell’intelligenza. Sogno la resurrezione dei Padri morti, di tutti i morti nell’ingiustizia. Penso talora, è strano, anche a Laika, la cagnetta che fu mandata, dicono, nello Spazio Esterno (definizione di Milton per gli abissi senza speranza che circondano l’Universo), e che forse avrà chiamato infinitamente gli umani. Vorrei gridare: Laika! Siamo qui! Ti amiamo! Torna indietro, Laika! Sì, sono questi i miei sogni: la resurrezione, il ritorno di tutti i morti nell’ingiustizia. Già la morte è ingiustizia. Ma l’ingiustizia, talora, come per Laika, è più ingiusta di ogni altra cosa ingiusta. È del tutto il segno della disgrazia di Adamo, dice l’orrore della intelligenza di cui si è fidato. Dice che non bisognerebbe più fidarsi di questa guida. Tornare indietro!
Laika! Ormai è morta! Svanita tra le stelle, e per sempre.
Ma non per me.

La Fiera Letteraria: Che cosa intende per libertà di pensiero?
Anna Maria Ortese: Mi sembra essere la facoltà di osservare le cose, misurarle e trarne un giudizio senza tener conto di precedenti e anche aurorevoli giudizi che possano pensare siu di esse, ma solo badando che il nostro giudizio coincida con una verità di fatto: Non nostra, non personale, e priva perciò di ogni virtù a interssi o passioni personali, o di parte.
La Fiera Letteraria: Ritiene che tutti i pensieri debbano essere espressi senza che chi li esprime corra rischi di sorta?
Anna Maria Ortese: Tutti i pensieri concernenti una verità o la ricerca di una verità, dovrebbero essere espressi senza rischio. Ma bisogna tener conto della effettiva maturità di un paese..
La Fiera Letteraria: Sarebbe disposta a battersi per difendere la libertà di pensiero degli altri?
Anna Maria Ortese: Distinguere un pensiero libero da un pensiero asservito è molto difficile quando i pensieri si siano organizzati in parti. Riconoscerei perciò un pensiero libero dalla sua solitudine, e dall'essere ugualmente osteggiato da parti tra loro contrarie. Lo aiuterei, se possibile. Ma ritengo che il meglio sia aiutare tutti i pensieri di una comunità o una nazione, a tornare liberi. A considerare legittimi, quindi, non solo i propri giudizi, e le loro ragioni, ma pure i giudizi e le ragioni degli altri, quando anche si oppongono ai nostri.

giovedì 5 giugno 2014

Neve nera - Luigi Di Ruscio

Divenni per forza neorealista anche se io che mi consideravo poeta normalissimo, non è colpa mia se il mio mondo era quello poverissimo considerato indicibile in poesia e io non potevo rimuoverlo, se scrivi di certe cose s’incazzano tutti perché la poesia dovrebbe rimanere monopolio delle persone per bene, le persone per bene sono quelle della borghesia, la gente dei quartieri belli, poi occorre anche la laurea, ma dove ti presenti scravattato e disgraziato come ti ritrovi? Quando Mondadori stampa le poesie di Scotellaro l’autore era già morto da un pezzo, tutte le poesie neorealiste furono iscritte da quattro ragazzi, alcune opere prime e basta, contro codesto niente del primo decennio del dopoguerra si continuerà a dirne male perfino da Cucchi nel 1997. Un Turconi iscrive che le mie poesie furono le più deliranti del periodo neorealista di per se stesso già tanto delirante anche perché io ero dell’ala estrema del movimento che veramente si è mosso anche poco, un sottoscritto impavido nel perseguire le cause sballate continua imperterrito quando perfino i film neorealisti, pochissimi, cinque o sei poi tutto finito, io per continuare in pace il neorealismo emigro da Oslo, la mia poesia veniva etichettata come delirante, se non emigravo magari mi rinchiudevano in un manicomio e venivo elettrificato per bene. Che fare? Niente continuare a fare quello che abbiamo fatto sempre, non stare a considerare quello che dice il nemico, ricordati dell’irripetibilità di codesta vita, prendete i miei volumetti di poesie e leggeteveli, fate tutte le considerazione che volete, armato di tutta la mia poesia oppure totalmente disarmato mi introducevo dentro la miseria delle cose ...
da qui



Paolo Marzoni e Angelo Ferracuti stanno facendo un film su Luigi Di Ruscio:


da qui

lunedì 2 giugno 2014

Azazel - Youssef Ziedan

Ipa è un povero monaco, che parte dal sud dell'Egitto, vuole fare il medico, arriva ad Alessandria, conosce Ottavia e Ipazia;  dopo il loro assassinio, mandante Cirillo, fugge e arriva in Palestina e ad Antiochia, ospite di un monastero, inviato da Nestorio.
Ipa si trova in mezzo a dispute teologiche che forse non capisce troppo, in realtà sono guerre per bande e i concili sono sfide e duelli, e i perdenti di quelle dispute perdono a volte anche la testa.
"Azazel" si legge davvero bene, qualcuno l'ha paragonato a "Il nome della rosa", avventura, amori e teologia stanno bene insieme, Ipa, con il suo diavolo Azazel, si trova a testimoniare di un periodo storico e di vicende nelle quali si trova, suo malgrado, coinvolto - franz






Certi libri sono un segno dei tempi: non sarà un caso il grande interesse mostrato dal pubblico per la figura di Ipazia, per la ricostruzione della Alessandria del V sec. per il cristianesimo delle origini. Film come Agorà o le inchieste sul cristianesimo primitivo di Corrado Augias hanno mosso molte persone verso questi argomenti.
Il romanzo di Ziedan ha un in più: è un testo che narra la storia di un monaco cristiano egiziano del V secolo scritto da un musulmano, insigne docente di filosofia islamica e sufismo, attualmente anche direttore del Centro dei manoscritti e del museo affiliato alla Biblioteca d'Alessandria.
Il romanzo ha vinto il premio come miglior romanzo arabo del 2009 e ha suscitato, al pari del film Agorà di Amenabar notevoli polemiche, soprattutto con la chiesa copta d'Egitto.
Certo è che noi lettori  siamo in compagnia del santo monaco eremita Caritone o del terribile vescovo Cirillo, del vescovo Ario e del patriarca di Costantinopoli Nestorio, dormiamo nella strettissima cella del protagonista Ipa, visitiamo con i suoi occhi Gerusalemme e la maggior parte dei luoghi sacri di Palestina, siamo tra le rovine degli antichi templi egiziani o navighiamo sul Nilo verso l'isola Elefantina. Un affresco storico di eccellenza, condotto con una precisione quasi maniacale: un polpettone per professori, si potrebbe pensare....
Invece no, è un appassionante lettura delle esperienze di un uomo dalla giovinezza alla maturità, dei suoi dubbi di fede, dei drammi della sua esistenza, dei suoi slanci erotici e dei suoi pentimenti, della grande storia d'amore vissuta con la giovane vedova Marta, sullo sfondo di un'epoca piena di rivolgimenti storici, economico-sociali, religiosi e spirituali. Teatro di questi avvenimenti, le grandi città di Alessandria, Antiochia, Costantinopoli, Edessa, Efeso, Gerusalemme e sullo sfondo il potere nascente del papa romano e le alleanze politiche dei patriarcati…

Ipa ha conosciuto i sussulti dell'angoscia e i fremiti della passione. E gli orrori si sono impadroniti a tal punto della sua anima che gli sembra a volte di parlare con Azazel, il diavolo in persona. Affascinante racconto delle peripezie umane, sentimentali e religiose di un monaco, sullo sfondo degli appassionanti conflitti dottrinali tra i Padri della Chiesa e dello scontro tra i nuovi credenti e i tradizionali sostenitori del paganesimo, Azazel è una di quelle rare opere letterarie capaci di gettare uno sguardo profondo e originale sulla Cristianità e l'Occidente, e di raccontare un'epoca in cui le pagine della storia avrebbero potuto essere scritte diversamente.

Il libro è un romanzo storico che fa trasparire in ogni pagina la solida formazione del suo autore e la consuetudine che egli ha con gli studi sul cristianesimo antico e sulle radici dell’islam. Ziedan, classe 1958, professore di filosofia islamica e sufismo nonché direttore del Centro dei manoscritti e del Museo affiliato alla Biblioteca d’Alessandria, ha vinto nel 2008 il premio internazionale per il miglior romanzo in lingua araba, con questo testo, divenuto il primo best-seller che ritrae con grande maestria l’intera cultura mediterranea, tra Alessandria e Gerusalemme, Efeso e Aleppo…
da qui