La Libertà Non Sta Nello Scegliere Tra Bianco E Nero, Ma Nel Sottrarsi A Questa Scelta Prescritta. (Theodor W.Adorno)
lunedì 30 giugno 2014
domenica 29 giugno 2014
Il buio – David Albahari
ci sono dei retroscena dietro le secessioni e la guerra nella ex Jugoslavia, Davor Milo consegna dei documenti importanti all'amico, io narrante del libro.
l'io narrante torna in patria, piena di turbamenti, gli amici Slavko e Metka lo accolgono, ma tante cose non vanno bene, nei mesi prima della guerra.
un libro che è un po' memoria, un po' nostalgia, un po' spionaggio, un po' storia d'amicizia e d'amore.
un miracolo che il libro sia stato tradotto in italiano - franz
l'io narrante torna in patria, piena di turbamenti, gli amici Slavko e Metka lo accolgono, ma tante cose non vanno bene, nei mesi prima della guerra.
un libro che è un po' memoria, un po' nostalgia, un po' spionaggio, un po' storia d'amicizia e d'amore.
un miracolo che il libro sia stato tradotto in italiano - franz
Il buio è ambientato nella dilacerata Jugoslavia
post-titoista travolta da crisi sociali, politiche e ideologiche. Il
protagonista-io-narrante avverte che probabilmente sarà ucciso, e vuole
raccontare la propria storia. Vuole spiegare perché è chiuso da dodici giorni
in una stanza di albergo, perché ha cercato di camuffare il proprio aspetto,
perché vive in uno stato di perenne ansia. La sua vita è cambiata: prima del
crollo del comunismo faceva il traduttore di scrittori americani, frequentava i
salotti culturali, i party letterari e raccontava tutto quello che vedeva e
sentiva all'amico Davor Milo, agente per la sicurezza dello stato a Belgrado.
Ora, nascosto in un albergo canadese, deve farla franca, riuscire a ingannare
onnipresenti e invisibili cani da guardia che lo vogliono morto poiché
sospettano che lui complotti contro le istituzioni dello Stato. Incentrata su
una vicenda apparentemente personale e individuale, l'opera si dilata e va ben
oltre le caratteristiche storico-ambientali per trasformarsi in un efficace
paradigma delle molteplici vicissitudini individuali nel mondo comunista, non
solo jugoslavo.
…L'autore abbandona risolutamente gli
"esperimenti'' e gli espedienti narrativi per affrontare di petto il
dramma jugoslavo. Il lettore percepisce fin dalle prime pagine una grande
onestà: l'autore racconta le tragedie del suo paese esclusivamente dal suo
punto di vista di scrittore-personaggio, il quale si trova ad affrontare suo
malgrado un dramma dal quale vorrebbe fuggire. I chiari riferimenti autobiografici
rendono forse ancora più credibile questo libro, scritto, questo va
sottolineato, con grande mestiere.
Nelle prime pagine assistiamo alla cronaca
della vita dello scrittore-autore-personaggio, un intellettuale noto e
affermato che frequenta i salotti letterari e i ricevimenti all'ambasciata
americana. Una vita piuttosto agiata e comoda, nei limiti di quanto era
possibile negli ultimi anni di esistenza della Jugoslavia. Un episodio
apparentemente banale segna l'inizio di un impercettibile cambiamento: qualcuno
lascia alla reception dell'albergo dove alloggia il protagonista del romanzo
una busta con dentro una foglia di un albero di ginko di Zemun al quale sono
legati alcuni suoi ricordi dell'adolescenza, e in particolare quello di un suo
amore, Metka, in seguito andata sposa al suo caro amico Slavko, gallerista di
Belgrado…
sabato 28 giugno 2014
Ma in Sardegna adesso comandano gli interessi privati?... - Vito Biolchini
…Il caso San Raffaele è esemplare. Che quella del Qatar
sia una proposta che non si può rifiutare lo dicono gli eccellenti sponsor
governativi che negli anni si sono impegnati perché l’ospedale olbiese
nascesse, costi quel che costi: Monti prima, Letta poi, Renzi ora. E sempre con la benedizione di Napolitano.
Sulla vicenda si respira un clima da grandi intese: sia Pigliaru che Cappellacci che il Pd sostengono allo stesso modo
il progetto, né i sovranisti sembrano avere una posizione alternativa. E
l’incontro che i rappresentanti dell’Emiro (e che pena questa assoluta
deferenza di politici e giornali nostrani davanti a rappresentanti di uno stato
che non può dirsi certo democratico) hanno avuto con l’ex governatore del
centrodestra prima di incontrare l’attuale presidente, la dice lunga
sull’operazione in atto. C’è aria da “grandi intese”.
La politica sarda è tutta galvanizzata da questa operazione
che, sia chiaro, si farà “perché così ha deciso l’Emiro” e perché ormai è nelle
cose. Ciò che stupisce è l’atteggiamento fideistico dei nostri rappresentanti,
totalmente indifferenti rispetto non solo alle critiche ma anche alle domande
più che legittime riguardanti il futuro della sanità sarda. Rivolte
inizialmente molto modestamente dall’umile tenutario sul suo blog (“E se il San Raffaele di Olbia fosse solo una nuova
servitù… sanitaria?”), poi più autorevolmente da Eugenia Tognotti e Massimo Dadea sulla Nuova Sardegna, e da Franco Meloni e Tonio Barracca sull’Unione Sarda. Ma la risposta è stata,
al momento, solo il silenzio.
L’operazione San Raffaele ha delle implicazioni politiche
e sociali importanti. Politiche perché si sta decidendo di operare in un ambito
non chiaramente definito a livello strategico, ponendo al centro l’interesse di
un privato che così determinerà il più generale interesse pubblico. In questo
modo l’intervento qatariota sarà la misura di tutte le cose, nello specifico
della rete ospedaliera sarda, ancora tutta da definire.
Per carità, se ad Olbia apre un superospedale (il Qatar
ora “chiede” anche di avere una cardiochirurgia…) i sardi non possono che
essere felici. Ma che si dica chiaramente che il modello della sanità sarda
cambia: non più ispirata al modello toscano o emiliano (cioè prevalentemente
pubblico) ma a quello lombardo (con una fortissima presenza privata). È questo
a cui pensa il silente assessore alla Sanità Luigi Arru?
E se nella sanità si dà ad un privato il potere di
determinare scelte più generali, cosa impedirà che in futuro non troppo lontano
questo non possa avvenire anche in settori ugualmente strategici come
l’ambiente, l’acqua, l’energia, l’agricoltura?
Il guaio non è l’interesse privato in sé, ma l’interesse
privato che interviene e si impone con tutta la sua forza in un ambito non
ancora definito compiutamente dall’interesse pubblico.
Dunque che rapporto vuole avere questa giunta con i
grandi interessi privati? Li stopperà in attesa di avere un piano strategico
oppure approfitterà delle loro offerte proprio per far ruotare intorno ad esse
un progetto che ancora non c’è? Perché nella sanità sta avvenendo proprio così,
nell’entusiasmo generale di una classe politica che non ha capito (o fa finta
di non capire) che avere la botte piena e la moglie ubriaca non si può.
L’apertura del San Raffaele comporterà un mutamento
profondo della sanità sarda (questo è l’aspetto sociale) e di sicuro niente
sarà come prima. C’è qualcosa di positivo anche in questo, ma è una pia
illusione immaginare che il governo congeli il taglio dei piccoli ospedali o
dia più soldi alla Regione per gestire il nuovo ospedale; perché se anche lo
facesse, poi vorrebbe qualcos’altro in cambio…
da
qui
martedì 24 giugno 2014
Mistero doloroso - Anna Maria Ortese
Florida è un fiore che spunta in un mondo che non la merita, vive come farfalla, bella e per un tempo piccolo, poi torna umana per una vita lunga, triste e grigia.
è un regalo poter leggere una storia così, senza parole di troppo e senza lieto fine, e con illusioni che svaniscono, nel mondo ingiusto e brutto, quello di allora e quello di sempre.
cercatelo e regalatevi questa storia, e guardate il mondo con gli occhi di Florida - franz
è un regalo poter leggere una storia così, senza parole di troppo e senza lieto fine, e con illusioni che svaniscono, nel mondo ingiusto e brutto, quello di allora e quello di sempre.
cercatelo e regalatevi questa storia, e guardate il mondo con gli occhi di Florida - franz
…Ritmo lento, stile
impegnativo per strutture sintattiche e gestioni linguistiche, la Ortese non
cerca il bello nella declinazione di 'piacevole' piuttosto s'impossessa delle
complessità, delle pesanti e fonde contraddizioni del vivere e le espone senza
filtri, né giudizi. L'unica mediazione è tra le parole, a mitigare o indurire
inquadrature. Nella fine inevitabile, la Ortese toglie al lettore ogni
possibile residuo di speranza romantica, idilliaca risoluzione nonché ogni
balsamo lenitivo per le ferite. Provare sentimenti devastanti è cedere alle
ferite che se si rimarginano restituiscono carni diverse da ciò che erano prima
dell'affondo…
…Il romanzo è
intensissimo, e l’intensità aumenta mentre procede, la tragedia accade alla
fine, ma ci viene raccontata con una sorta di ellissi, si capisce, ma la
tragedia non viene descritta. Florì sparisce, ma non si sa se ha visto il
principe, viene lasciata aperta l’ambiguità. Il libro è anche
un’antifavola, sembra la storia della tipica ragazza povera che trova il
principe azzurro, ma non è così…
…Nella sua semplicità il ‘mistero
doloroso’ (dunque solo il concetto) è proprio quello che si può pensare: una
storia d’amore che racchiude in sé il senso sempre meraviglioso del suo
apparire improvviso e la sua lacerante adesione alla vita (e non fa nulla che
gli altri pensino che il dolore sia conseguenza dell’azione. Sì Florì, la
quattordicenne innamorata del principe, si uccide per amore, ma il lutto non
determina lo strazio, e di conseguenza, il titolo seppur appropriato (e nemmeno
il suo esatto contrario che sarebbe plausibile): no, il dolore e la sua
aggettivazione fanno parte del mondo, o meglio, di quello che vorremmo che
fosse.
Riflette Cirillo, il principino innamorato, di fronte ad una perdita inconsolabile:Là, qualche cosa accade, pensava, là, nell’acqua stellata dei sogni, vivono gli ultimi regni, passano gli ultimi arcangeli. Il resto, non è che una gran noia.
Come la letteratura tanto sbandierata di oggidì. Tranne miracolosi recuperi che hanno il fascino di un mistero doloroso.
Come la vita no?
Riflette Cirillo, il principino innamorato, di fronte ad una perdita inconsolabile:Là, qualche cosa accade, pensava, là, nell’acqua stellata dei sogni, vivono gli ultimi regni, passano gli ultimi arcangeli. Il resto, non è che una gran noia.
Come la letteratura tanto sbandierata di oggidì. Tranne miracolosi recuperi che hanno il fascino di un mistero doloroso.
Come la vita no?
venerdì 20 giugno 2014
giovedì 19 giugno 2014
"Le avventure di Tom Sawyer" e "Le avventure di Huckleberry Finn" - Mark Twain
dice Ernest Hemingway che "Tutta la letteratura
americana deriva da un libro di Mark Twain intitolato Huckleberry Finn.
Tutti gli scritti americani derivano da quello".
qualcuno li legge da ragazzi, ma leggendo i due libri da adulto ti accorgi di quanto
sono grandi e di quante cose belle ci sono lì dentro.
dice
qualcuno che Tom Sawyer è come Mark Twain era, e Huckleberry Finn è come avrebbe
voluto essere, ma poco importa, importante è che Mark Twain li abbia
fatti vivere.
nel primo libro i
protagonisti sono Tom e Huck, ai quali nel secondo si aggiunge il “negro” Jim (qui).
i
nemici dei bambini sono l’ordine, la scuola, la pulizia, l’obbedienza, le
regole dei grandi, ed è un gran bel godimento leggere le avventure di Tom e
Huck, che stanno in un mondo che non scelgono e la schiavitù appare con la figura
del fuggiasco Jim, un ragazzino come loro, nato schiavo.
Tom
e Huck fanno politica, come la fanno i bambini, diventano amici di Jim e fanno
di tutto per salvarlo e liberarlo.
vuoiti
bene, leggi questi due libri di Mark Twain (e poi tutti gli altri) - franz
I due libri iniziano
così:
«Tom!»
Nessuna risposta.
«Tom!»
Nessuna risposta.
«Dove s'è cacciato sto ragazzo? Ohu, Tom!»
Nessuna risposta.
L'anziana signora abbassò gli occhiali e ci guardò per di sopra, intorno nella stanza; poi se li alzò e ci guardò per di sotto. Di rado o quasi mai ci guardava attraverso, per una cosa da niente come un bambino; dato che questi erano il suo paio da festa, l'orgoglio del suo cuore, ed erano stati fatti per lo "stile" più che per la praticità; avrebbe potuto guardare attraverso un paio di coperchi da stufa, per quello che cambiava. Rimase perplessa un attimo, e disse, neanche tanto arrabbiata, ma abbastanza forte per farsi sentire dai mobili:
«Ve', se ti metto le mani 'dosso, giuro che...»
Nessuna risposta.
«Tom!»
Nessuna risposta.
«Dove s'è cacciato sto ragazzo? Ohu, Tom!»
Nessuna risposta.
L'anziana signora abbassò gli occhiali e ci guardò per di sopra, intorno nella stanza; poi se li alzò e ci guardò per di sotto. Di rado o quasi mai ci guardava attraverso, per una cosa da niente come un bambino; dato che questi erano il suo paio da festa, l'orgoglio del suo cuore, ed erano stati fatti per lo "stile" più che per la praticità; avrebbe potuto guardare attraverso un paio di coperchi da stufa, per quello che cambiava. Rimase perplessa un attimo, e disse, neanche tanto arrabbiata, ma abbastanza forte per farsi sentire dai mobili:
«Ve', se ti metto le mani 'dosso, giuro che...»
Voi non sapete nulla di me, a meno che non abbiate letto
un libro chiamato Le avventure di Tom Sawyer; ma non importa. Quel libro fu
scritto dal signor Mark Twain, che per lo più disse la verità. C'erano delle
esagerazioni, ma per lo più egli disse la verità. Questo non dimostra nulla.
Non ho mai conosciuto nessuno che una volta o l'altra non dicesse bugie,
eccetto zia Polly, o la vedova, o forse Mary. Zia Polly – la zia di Tom, cioè –
e Mary, e la vedova Douglas: in quel libro ci sono tutte, ed è un libro per lo
più sincero; con qualche esagerazione, come ho già detto.
lunedì 16 giugno 2014
sabato 14 giugno 2014
16 giugno 1988: muore Andrea Pazienza
l’anno scorso ho letto “Astarte”, la storia di un cane, pazienza se la storia non è completa, ogni tavola è un quadro.
bellissimo e indimenticabile
venerdì 13 giugno 2014
bortocal su esodi biblici e Mose
…l’Alto
commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees UNHCR) ha
rivolto attraverso la portavoce Carlotta Sami pesanti accuse contro le
autorità italiane per come hanno sistemato due gruppi dai 160 ai 170 rifugiati
politici ciascuno in due zone alla periferia di Roma e Milano, lasciandoli
senza cibo e senza soldi.
si trattava di gente in fuga dalla Siria e dall’Africa, dove la politica
estera occidentale produce con i propri interventi militari diretti o indiretti
migliaia di profughi che sfuggono ai bombardamenti e al rischio immediato di
morte e poi vorrebbe rifiutare di accoglierli, respingendo di farsi carico
della responsabilità delle proprie azioni…
Leggo falsità sul mio conto
legate al #Mose.
Smentisco con sdegno e nel modo
più categorico.
Non lascerò che mi si infanghi
così!
Enrico Letta
che bella la sintesi
di twitter! com’è comodo poter gridare alla falsità e non avere lo spazio per
dire quali sono le falsità.
come è bello smentire con sdegno,
ma non dire che cosa si smentisce.
che bello avere a disposizione
una stampa nazionale fatta di non giornalisti quasi sempre, ma di velinari, che
trascrive e non commenta: pura cinghia di trasmissione…
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giovedì 12 giugno 2014
Alaa Abd el Fattah e Mohamed Nouby, 15 anni di galera
dopo la primavera araba è il turno dell'inferno arabo - franz
…Avevamo seguito con passione e solidarietà l’arresto ( primo di una lunga serie) di Alaa Abd el Fattah -militante comunista, blogger- nel periodo precedente al potere della fratellanza, prima che anche questa fosse di nuovo spazzata via da piombo ed ergastoli: processo, scarcerazione, arresti e altre scarcerazioni…
ma ecco che ora arriva una pesante condanna, quella che avremmo voluto non sapere mai, e che ovviamente coinvolge altre 24 persone tra attivisti e militanti, tutti condannati in contumacia dalla Corte Penale del Cairo a ben 15 anni di carcere.Solamente due degli imputati, Abd el Fattah e Mohamed Nouby, sono stati arrestati al momento della lettura del verdetto questa mattina, per gli altri non credo ci vorrà molto: il tutto è avvenuto molto rapidamente, il verdetto è giunto immediato e quasi inaspettato.
Erano scesi in piazza contro una legge costruita a pennello per bloccare ogni tipo di protesta: fu il presidente ad interim Mansour (dopo il tentativo andato male di Morsi) a far passare una legge che rendeva impossibili anche le riunioni di partito. Parliamo di un divieto ad assembramenti di più di dieci persone se non previo autorizzazioni di ben 7 diverse autorità competente e con un lasciapassare definitivo che compete direttamente alla polizia.
Contro questa legge le proteste furono enormi lo scorso novembre, e tutti i coloro che oggi son stati condannati a 15 anni erano stati arrestati durante le mobilitazioni: solo Alaa fu arrestato nella sua casa il 28 novembre, dopo che aveva comunque annunciato di costituirsi.
Poi tutti erano stati scarcerati in attesa del verdetto finale, che oggi è calato come una mannaia sulle loro teste…
da
qui
ma ecco che ora arriva una pesante condanna, quella che avremmo voluto non sapere mai, e che ovviamente coinvolge altre 24 persone tra attivisti e militanti, tutti condannati in contumacia dalla Corte Penale del Cairo a ben 15 anni di carcere.Solamente due degli imputati, Abd el Fattah e Mohamed Nouby, sono stati arrestati al momento della lettura del verdetto questa mattina, per gli altri non credo ci vorrà molto: il tutto è avvenuto molto rapidamente, il verdetto è giunto immediato e quasi inaspettato.
Erano scesi in piazza contro una legge costruita a pennello per bloccare ogni tipo di protesta: fu il presidente ad interim Mansour (dopo il tentativo andato male di Morsi) a far passare una legge che rendeva impossibili anche le riunioni di partito. Parliamo di un divieto ad assembramenti di più di dieci persone se non previo autorizzazioni di ben 7 diverse autorità competente e con un lasciapassare definitivo che compete direttamente alla polizia.
Contro questa legge le proteste furono enormi lo scorso novembre, e tutti i coloro che oggi son stati condannati a 15 anni erano stati arrestati durante le mobilitazioni: solo Alaa fu arrestato nella sua casa il 28 novembre, dopo che aveva comunque annunciato di costituirsi.
Poi tutti erano stati scarcerati in attesa del verdetto finale, che oggi è calato come una mannaia sulle loro teste…
mercoledì 11 giugno 2014
Vegetarians do it better
Era da molto tempo che si aspettavano i risultati della prima grande ricerca, come dire, criminologico-alimentare.
In Germania è apparsa la prima sintesi dei risultati, quasi tre mesi fa, ma ancora nessun giornale italiano ne ha scritto, chissà perché.
La ricerca consiste in questo: negli ultimi cinque anni, in Germania, sono stati correlati ai reati contro le persone le abitudini alimentari dei “delinquenti”.
Secondo uno studio dell’Università di Jena nel 2013 ci sono stati in Germania 7 milioni di consumatori che rinunciano a carne e pesce, che corrisponde all’8,5% della popolazione (si precisa che vegetariani e vegani, per semplicità sono stati messi insieme, chiamandoli vegetariani, e basta, senza altre distinzioni, a fini statistici).
I risultati della ricerca sono davvero importanti:
chi ha un’alimentazione vegetariana ha commesso reati contro la persona nella misura dello 0,9%, per essendo i vegetariani ormai l’8,5% della popolazione.
Cioè, la probabilità che un vegetariano usi armi, o comunque violenza fisica, è circa 10 volte inferiore rispetto alla loro quota sul totale dei cittadini.
Le prime reazioni non si sono fatte attendere.
Le agenzie matrimoniali nell’ultimo anno hanno avuto un boom di richieste, soprattutto da parte delle donne, che i partner siano preferibilmente vegetariani, quando non solo esclusivamente e da quest’anno nei loro moduli appare la casella sul regime alimentare (vegetariano, vegano, o consumatore di carne).
Vandana Shiva ha affermato che si sapeva che era così e che non poteva essere diversamente; ha auspicati che uno studio di questo genere si faccia in molte altre parti del mondo e che spera sia un aiuto a uno stile di vita diverso, più rispettoso del pianeta e delle creature animali.
Per una volta musulmani ed ebrei sono stati d’accordo, in due comunicati separati hanno ribadito che le regole halal e kosher continueranno come sempre, è Dio che le ha fissate.
I cattolici vegetariani si dicono contenti dei risultati di questa ricerca, e ricordano che Dio disse: “Ecco, Io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo” (Gen 1,29).
Waterfootprint.org ricorda quanto un’alimentazione vegetariana sia necessaria per non consumare l’acqua potabile del pianeta.
L’Associazione Vegetariana Italiana ricorda, a proposito della ricerca tedesca, che Albert Einstein adottò una dieta vegetariana, come ebbe modo di dire: “per ragioni etiche oltre che salutistiche”. Era profondamente convinto che il vegetarismo avrebbe avuto un influsso decisivo per cambiare in meglio le sorti dell’umanità.
al Tribunale Permanente dei Popoli
Esposto del Controsservatorio Val Susa
al Tribunale Permanente dei Popoli
al Tribunale Permanente dei Popoli
È in fase di progettazione, tra l'Italia e la
Francia, una nuova linea ferroviaria di 270 km, comprensiva di un tunnel di 57
km scavato in una montagna ricca di amianto e di uranio. La popolazione della
Val Susa (circa 100.000 abitanti) e i suoi amministratori si oppongono da
venticinque anni denunciando che questa ennesima grande opera viene imposta in
maniera unilaterale con gravi lesioni di diritti fondamentali: il diritto alla
salute (dei cittadini attuali e delle generazioni future), il diritto all'ambiente,
il diritto a condizioni di vita dignitose, il diritto a una informazione
corretta e trasparente, il diritto di partecipare alle decisioni che riguardano
la propria vita.
La vicenda è emblematica della nuova frontiera dei diritti di fronte allo strapotere degli interessi economici che mette in pericolo lo stesso equilibrio (ecologico e democratico) del pianeta. Questa situazione, ripetutamente segnalata con riferimento al cosiddetto Terzo mondo, è per lo più ignorata e negata quando si realizza nel cuore dell'Europa. Anche sotto questo profilo la vicenda della Val Susa è esemplare. Auspichiamo conseguentemente un rapido intervento del Tribunale permanente dei popoli – richiesto dal Controsservatorio Val Susa e da un folto gruppo di amministratori locali – coerente con il principio che è diritto fondamentale dei cittadini e delle comunità «essere consultati al fine di ottenere il consenso libero, previo e informato prima di adottare e applicare misure legislative o amministrative che li danneggino, prima di adottare qualsiasi progetto che comprometta le loro terre o territori o altre risorse» (sentenza 23 luglio 2008 sulle "Politiche delle transnazionali in Colombia")
La vicenda è emblematica della nuova frontiera dei diritti di fronte allo strapotere degli interessi economici che mette in pericolo lo stesso equilibrio (ecologico e democratico) del pianeta. Questa situazione, ripetutamente segnalata con riferimento al cosiddetto Terzo mondo, è per lo più ignorata e negata quando si realizza nel cuore dell'Europa. Anche sotto questo profilo la vicenda della Val Susa è esemplare. Auspichiamo conseguentemente un rapido intervento del Tribunale permanente dei popoli – richiesto dal Controsservatorio Val Susa e da un folto gruppo di amministratori locali – coerente con il principio che è diritto fondamentale dei cittadini e delle comunità «essere consultati al fine di ottenere il consenso libero, previo e informato prima di adottare e applicare misure legislative o amministrative che li danneggino, prima di adottare qualsiasi progetto che comprometta le loro terre o territori o altre risorse» (sentenza 23 luglio 2008 sulle "Politiche delle transnazionali in Colombia")
Hanno espresso sostegno all'iniziativa:
…dottor
Pepino, già agli italiani importa così poco di quel che succede in questa
sperduta provincia torinese, e voi chiedete che ne occupino gli eredi del
tribunale istituito nel 1966 da Bertrand Russell e Jean-Paul Sartre per
indagare sui crimini del Vietnam? Non le sembra un po' esagerato?
«Assolutamente no: ciò che succede a Chiomonte riguarda tutta l'Europa. Il modello avviato da queste parti, l'idea della “Grande Opera Costosa” che si impone sopra la volontà dei cittadini, sarà esportato con successo altrove, se dovesse vincere 20 anni di resistenza locale. Con due problemi: il primo è la sottovalutazione dei rischi ambientali e sulla salute. E il secondo è la ferita che si infligge all'idea stessa di democrazia e partecipazione democratica. Che repubblica è quella in cui vota solo metà degli aventi diritti e in cui quelli che chiedono d'essere ascoltati vengono esclusi dalle decisioni che li riguardano?»…
da
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«Assolutamente no: ciò che succede a Chiomonte riguarda tutta l'Europa. Il modello avviato da queste parti, l'idea della “Grande Opera Costosa” che si impone sopra la volontà dei cittadini, sarà esportato con successo altrove, se dovesse vincere 20 anni di resistenza locale. Con due problemi: il primo è la sottovalutazione dei rischi ambientali e sulla salute. E il secondo è la ferita che si infligge all'idea stessa di democrazia e partecipazione democratica. Che repubblica è quella in cui vota solo metà degli aventi diritti e in cui quelli che chiedono d'essere ascoltati vengono esclusi dalle decisioni che li riguardano?»…
Chiune Sugihara
quanto bisogno c'è di uno come Chiune Sugihara, dappertutto - franz
…Nel 1940, però, la maggior parte dell'Europa occidentale era stata occupata dai nazisti, con l'eccezione della Gran Bretagna, e quasi tutto il resto del mondo libero aveva chiuso le frontiere all'immigrazione ebraica, negando di fatto l'accoglienza ai rifugiati, che provenissero dalla Polonia o da qualunque altro paese dell'Europa occupata dai tedeschi.
L'ultima spiaggia era rappresentata dall'immigrazione in Estremo Oriente, o nelle colonie olandesi dell'America Latina (Guiana Olandese, isola di Curaçao). Le autorità dell'URSS concessero agli ebrei di continuare a migrare attraverso le repubbliche sovietiche, purché fossero muniti di regolari documenti di viaggio.
In queste funeste circostanze, il Vice-Console Sugihara divenne la chiave di volta di un disperato tentativo di fuga per la sopravvivenza. Il tutto fu accelerato dalla rapida avanzata dei tedeschi verso est. Nel luglio del 1940, le autorità di Mosca diedero istruzioni a tutte le ambasciate straniere di lasciare Kaunas, capitale temporanea della Lituania. Prima del conflitto, Kaunas contava 120,000 abitanti, un quarto dei quali di etnia ebraica.
Quasi tutte le delegazioni diplomatiche lasciarono la città, ma Chiune "Sempo" Sugihara, richiese e ricevette una proroga di 20 giorni. Centinaia di ebrei (rifugiati dalla Polonia o cittadini lituani) si accalcarono ai cancelli del consolato giapponese a Kaunas, nel tentativo di ottenere un visto per il Giappone. Sugihara si trovò a un bivio, dovendo prendere una decisione difficile, da cui sarebbe dipesa la vita di migliaia di persone.
…Nel 1940, però, la maggior parte dell'Europa occidentale era stata occupata dai nazisti, con l'eccezione della Gran Bretagna, e quasi tutto il resto del mondo libero aveva chiuso le frontiere all'immigrazione ebraica, negando di fatto l'accoglienza ai rifugiati, che provenissero dalla Polonia o da qualunque altro paese dell'Europa occupata dai tedeschi.
L'ultima spiaggia era rappresentata dall'immigrazione in Estremo Oriente, o nelle colonie olandesi dell'America Latina (Guiana Olandese, isola di Curaçao). Le autorità dell'URSS concessero agli ebrei di continuare a migrare attraverso le repubbliche sovietiche, purché fossero muniti di regolari documenti di viaggio.
In queste funeste circostanze, il Vice-Console Sugihara divenne la chiave di volta di un disperato tentativo di fuga per la sopravvivenza. Il tutto fu accelerato dalla rapida avanzata dei tedeschi verso est. Nel luglio del 1940, le autorità di Mosca diedero istruzioni a tutte le ambasciate straniere di lasciare Kaunas, capitale temporanea della Lituania. Prima del conflitto, Kaunas contava 120,000 abitanti, un quarto dei quali di etnia ebraica.
Quasi tutte le delegazioni diplomatiche lasciarono la città, ma Chiune "Sempo" Sugihara, richiese e ricevette una proroga di 20 giorni. Centinaia di ebrei (rifugiati dalla Polonia o cittadini lituani) si accalcarono ai cancelli del consolato giapponese a Kaunas, nel tentativo di ottenere un visto per il Giappone. Sugihara si trovò a un bivio, dovendo prendere una decisione difficile, da cui sarebbe dipesa la vita di migliaia di persone.
A quel tempo, il governo giapponese garantiva i visti solo in base
a determinati criteri di ordine burocratico ed economico, che la maggior parte
dei rifugiati non soddisfaceva; inoltre, Sugihara aveva obbedientemente
contattato il Ministro degli Esteri giapponese per ben tre volte, perché gli
desse istruzioni sul da farsi. Ciascuna volta, il ministro aveva risposto che
condizione necessaria, senza possibilità di eccezioni, per ottenere il visto
fosse il possesso da parte degli applicanti di un ulteriore visto verso una
destinazione terza, da raggiungersi successivamente all'ingresso in Giappone.
Il Vice-Console discusse a questo punto la situazione con la moglie Yukiko e i figli. Sugihara era stato educato
nel rigido ossequio e nella cultura dell'obbedienza peculiari delle gerarchie
amministrative e militari del Sol Levante; era un diplomatico di carriera, e si
era insediato da poco al consolato Si scontravano in lui lo spirito di
disciplina proprio del funzionario e l'etica del samurai, ereditata dal ramo
materno della sua famiglia, che lo spingeva ad aiutare i bisognosi. Dissobedire
agli ordini avrebbe probabilmente posto fine alla sua carriera, se non, peggio,
messo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi familiari. Ma la coscienza
ebbe il sopravvento, e così, dal 18 luglio al 28 agosto 1940, il signore e la
signora Sugihara, senza soluzione di continuità, scrissero 300 visti al giorno (un lavoro per cui, in
condizioni normali, ci sarebbe voluto un mese di tempo). Bisognava fare in
fretta, perché i richiedenti, se si fosse indugiato, sarebbero incorsi in un
pericolo mortale (la deportazione e l'internamento). A fine giornata, Yukiko massaggiava
le mani del marito affaticate da 18-20 ore di lavoro; il Vice-Console non si
fermava neppure per pranzo, e il suo pasto quotidiano erano dei panini. A
spronarlo ad andare avanti senza perdere un minuto erano le persone in fila
notte e giorno davanti alla legazione diplomatica nipponica. Quando qualcuno
tentò di scalare il muro di recinzione, Sugihara uscì all'aperto per calmare
gli astanti e rassicurarli, promettendo loro che avrebbe fatto l'impossibile
per aiutarli. Il diplomatico nipponico prese accordi con gli ufficiali
sovietici, che acconsentirono al viaggio degli ebrei attraverso l'URSS, sui
convogli della Transiberiana,
fino al porto di Vladivostok, dove i migranti si imbarcarono per Kōbe,
città giapponese che ospitava una comunità di ebrei russi. Circa 6,000 ebrei riuscirono a fuggire verso il Giappone, grazie ai
visti emessi da Sugihara, col prezioso aiuto della moglie. L'impagabile opera
si dovette interrompere il 4 settembre, quando Sugihara dovette abbandonare
l'incarico e la Lituania, partendo in treno verso Berlino. La notte prima della
partenza, i coniugi rimasero svegli a scrivere gli ultimi lasciapassare.
Secondo quanto riferito da testimoni, Sugihara continuò a scrivere visti anche
durante lo spostamento dall'albergo in stazione, e, persino dopo esser salito a
bordo del treno, lanciò dal finestrino della vettura in movimento dei fogli di
carta in bianco con il solo sigillo del consolato verso la folla disperata di
rifugiati, perché questi potessero poi utilizzarli per compilare un visto.
"Perdonatemi. Non posso scriverne più. Vi auguro di cuore buona fortuna!”, disse al momento di partire, inchinandosi profondamente di fronte alla folla.
"Sugihara, non vi dimenticheremo mai. Ci rivedremo sicuramente!"…
"Perdonatemi. Non posso scriverne più. Vi auguro di cuore buona fortuna!”, disse al momento di partire, inchinandosi profondamente di fronte alla folla.
"Sugihara, non vi dimenticheremo mai. Ci rivedremo sicuramente!"…
Sugihara (di David Rovics)
He was raised in Gifu on the islands of Japan
He was sent off to Manchuria, that's how this tale began
For his next assignment in the diplomatic corps
Was far-off Lithuania and the European war
My grandfather was from Krakow as“ the Nazis came, he fled
He took his family to Vilnius so they might not end up dead
But the Panzers were advancing and he knew they had to go
But he had to have a visa and all the embassies said no
There was only one final possibility
The last consulate left open, the Third Reich's Asian ally
There in Lithuania there was no time to lose
They came asking for a visa, thousands of Polish Jews
The diplomat called Tokyo, can I grant them this reprieve?
Three times he got his answer, tell them all to leave
He looked into their eyes, talked to his family
He and his wife decided we must set these people free
Although I never met him, when all is said and done
I am Sugihara's son
Disobeying orders that they knew to be wrong
Sempo and Yukiko started writing all day long
A month's worth of visas in every twenty-hour day
Sempo and Yukiko could turn no refugee away
Word came from the empire, it's time to turn it in
You're closing down your consulate and moving to Berlin
They knew they did the right thing, of this they had no doubt
They threw visas through the window as their train pulled out
(Chorus)
My grandfather crossed Siberia for five times the normal cost
Fearing for the future with every minute lost
He got the ferry to Kobe then to Occupied Shanghai
There he spent the war years while back home his people died
Sugihara-san did not seek any praise from anyone
When he died the paper said his neighbors knew not what he'd done
But there are forty thousand people living lives today
Without Sempo Sugihara I would not be here now to say
(Chorus)
Chance (dei Savatage)
He was standing all alone
Trying to find the words to say
When every prayer he ever prayed
Was gone
And the dreams he's never owned
Are still safely tucked away
Until tomorrow he just
Carries on
See the Devil in the streets at night
See him running in the pouring rain
See him grinning Œneath a twisted light
I'll be back again
See the people standing in a row
See them nodding like a field of grain
No one sees the sickle though
Coming Œcross the plain
And this he knows if nothing more
That waiting in the dark like destiny
Are those who kissed the dogs of war
And there is no tomorrow
No tomorrow
Take a chance
Take a chance
See the Devil he is so intense
See the Devil go and change his name
What's the going price of innocence
It can't be the same
Is it dark when the moon is down
Is it dark with a single flame
If there's glass falling all all around
I am not to blame
And this he knows if nothing more
That waiting in the dark like destiny
Are those who kissed the dogs of war
And there is no tomorrow
No tomorrow
Take a chance
Burn the night away
Pictures at an exhibition
Played as he stood his trance
Staring at his inhibitions
All the time believing
That it now came down to nothing but this chance
I fear you
Your silence
Your blindless
See what you want to see
In darkness
One kindness
One moment
Tell me what you believe
I believe in nothing
Never really had to
In regards to your life
Rumors that are not true
Who's defending evil
Surely never I
Who would be the witness
Should you chance to die
Father can you hear me
This is not how was meant to be
I am safe and so are you
As for the others destiny
I believe that situations
All depend on circumstance
Look away
Look away
Pictures at an exhibition
Played as he stood in his trance
Staring at his inhibitions
All the time believing
That it now came down to
When every prayer he ever prayed
Was gone
And the dreams he's never owned
Are still safely tucked away
Until tomorrow he just
Carries on
See the Devil in the streets at night
See him running in the pouring rain
See him grinning Œneath a twisted light
I'll be back again
See the people standing in a row
See them nodding like a field of grain
No one sees the sickle though
Coming Œcross the plain
And this he knows if nothing more
That waiting in the dark like destiny
Are those who kissed the dogs of war
And there is no tomorrow
No tomorrow
Take a chance
Take a chance
See the Devil he is so intense
See the Devil go and change his name
What's the going price of innocence
It can't be the same
Is it dark when the moon is down
Is it dark with a single flame
If there's glass falling all all around
I am not to blame
And this he knows if nothing more
That waiting in the dark like destiny
Are those who kissed the dogs of war
And there is no tomorrow
No tomorrow
Take a chance
Burn the night away
Pictures at an exhibition
Played as he stood his trance
Staring at his inhibitions
All the time believing
That it now came down to nothing but this chance
I fear you
Your silence
Your blindless
See what you want to see
In darkness
One kindness
One moment
Tell me what you believe
I believe in nothing
Never really had to
In regards to your life
Rumors that are not true
Who's defending evil
Surely never I
Who would be the witness
Should you chance to die
Father can you hear me
This is not how was meant to be
I am safe and so are you
As for the others destiny
I believe that situations
All depend on circumstance
Look away
Look away
Pictures at an exhibition
Played as he stood in his trance
Staring at his inhibitions
All the time believing
That it now came down to
Nothing but this chance
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Jonathan Franzen e Amazon
"Amazon
vuole un mondo in cui i libri siano autopubblicati oppure pubblicati dalla
stessa Amazon, i lettori si affidino alle recensioni su Amazon per la scelta
dei libri, e gli autori si occupino della propria promozione. Un mondo in cui
avranno successo le opere di chiacchieroni twittatori e millantatori, e di chi
si potrà permettere di pagare qualcuno per sfornare centinaia di recensioni a
cinque stelle (…) Amazon è sulla buona strada per trasformare gli scrittori in
operai senza prospettive come quelli che i suoi fornitori impiegano nei
magazzini, facendoli lavorare sempre di più per salari sempre più bassi e senza
nessuna sicurezza sul lavoro, perché i magazzini si trovano in posti dove
nessun altro assume manodopera. E più aumenta la fetta di popolazione che vive
come questi operai, e più cresce la pressione per abbassare i prezzi dei libri
e si acuisce la crisi dei libri tradizionali, perché chi non guadagna molto
vuole intrattenimento gratis, e chi ha una vita dura vuole gratificazioni
istantanee ('Spedizione gratuita entro 24 ore!')."
Da Il progetto
Kraus, di Jonathan Franzen, Einaudi. Traduzione di Silvia Pareschi - per Franzen
- e di Claudio Groff - per Kraus.
martedì 10 giugno 2014
a cosa servono i festival letterari
versione hard:
"I festival letterari sono delle manifestazioni per idioti, per far credere loro di essere intelligenti"
versione soft:
"I festival letterari sono delle manifestazioni per ignoranti, per far credere loro di essere intelligenti"
in ogni caso sono una fiera dalla banalità e della vanità.
(solo per errore si può ascoltare qualcosa di interessante, da parte dei pochi che
1 - hanno qualcosa da dire
e che
2- non si adattano al pubblico che hanno davanti)
"I festival letterari sono delle manifestazioni per idioti, per far credere loro di essere intelligenti"
versione soft:
"I festival letterari sono delle manifestazioni per ignoranti, per far credere loro di essere intelligenti"
in ogni caso sono una fiera dalla banalità e della vanità.
(solo per errore si può ascoltare qualcosa di interessante, da parte dei pochi che
1 - hanno qualcosa da dire
e che
2- non si adattano al pubblico che hanno davanti)
domenica 8 giugno 2014
Corpo Celeste - Anna Maria Ortese
lo si legge con stupore e ammirazione, avevo letto molti anni fa "L'iguana", un libro strano e unico.
in "Corpo Celeste" ci sono due interventi per conferenze mai tenute, all'estero, e tre interviste, anche autointerviste.
raramente si leggono pagine così profonde, c'è la lucidità e l'amarezza di Bianciardi, la forza e il coraggio di idee che non si vendono, non si compromettono con il denaro, anche se quel denaro avrebbe fatto comodo, eccome.
tutte le pagine sono bellissime, da leggere e rileggere, l'ultima segmento del libro è eccezionale, la lotta fra Ragione e Intelligenza è raccontata come pochi potrebbero.
non perdete questo libro straordinario, se vi volete bene, se vi turberà è un buon segno, e se, dopo aver letto "Corpo Celeste", cercherete tutto quello che ha scritto Anna Maria Ortese sarà un ottimo segno - franz
in "Corpo Celeste" ci sono due interventi per conferenze mai tenute, all'estero, e tre interviste, anche autointerviste.
raramente si leggono pagine così profonde, c'è la lucidità e l'amarezza di Bianciardi, la forza e il coraggio di idee che non si vendono, non si compromettono con il denaro, anche se quel denaro avrebbe fatto comodo, eccome.
tutte le pagine sono bellissime, da leggere e rileggere, l'ultima segmento del libro è eccezionale, la lotta fra Ragione e Intelligenza è raccontata come pochi potrebbero.
non perdete questo libro straordinario, se vi volete bene, se vi turberà è un buon segno, e se, dopo aver letto "Corpo Celeste", cercherete tutto quello che ha scritto Anna Maria Ortese sarà un ottimo segno - franz
"Col nome
di corpi celesti venivano indicati, nei testi scolastici di
anni lontanissimi, tutti quegli oggetti che riempiono lo
spazio intorno alla Terra. E anche il nome oggetto, riferendosi
a quello spazio, allora incontaminato, purissimo, si colorava pallidamente di
azzurro. Noi — che sfogliavamo quei testi e ammiravamo quelle carte della volta
celeste — eravamo invece sulla Terra, che non era un corpo
celeste, ma era data come una palla scura, terrosa, niente affatto
aerea. Perciò, durante tutta una vita, poteva accadere che, guardando di sera,
nella luce tranquilla della campagna, quel vasto spazio sopra di noi,
pensassimo vagamente: « Oh, potessimo anche noi trovarci
lassù!». Le leggende e i testi scolastici parlavano di quello spazio
azzurro e di quei corpi celesti quasi come di un sovramondo. Agli abitanti
della Terra essi aprivano tacitamente le grandi mappe dei sogni, svegliavano un
confuso senso di colpevolezza. Mai avremmo conosciuto da vicino un corpo
celeste! Non eravamo degni!, pensava l'anonimo studente. Invece, su
un corpo celeste, su un oggetto azzurro collocato
nello spazio, proveniente da lontano, o immobile in quel punto (cosi sembrava)
da epoche immemorabili, vivevamo anche noi: corpo celeste, o oggetto del
sovramondo, era anche la Terra, una volta sollevato delicatamente
quel cartellino col nome di pianeta Terra. Eravamo quel
sovramondo."
Un’altra domanda, ingenua, se permette: crede ancora in qualche cosa?
Naturalmente. Credo
in tutto ciò che non vedo, e credo poco in quello che vedo. Per fare un
esempio: credo che la terra sia abitata, anche adesso, in modo invisibile. Credo negli spiriti
dei boschi, delle montagne, dei deserti, forse in piccoli demoni gentili (tutta
la Natura è molto gentile). Credo anche nei morti che non sono più morti (la
morte è del giorno solare). Credo nelle apparizioni. Credo nelle piante che
sognano e si raccomandano di conservare loro la pioggia. Nelle farfalle che ci
osservano, improvvisando, quando occorra, magnifici occhi sulle ali. Credo nel
saluto degli uccelli, che sono anime felici, e si sentono all’alba sopra le
case… In tutto credo, come i bambini. In una sola cosa non credo: nell’uomo e
nella donna, che esistano ancora. Posso sbagliarmi, ma essi mi sembrano ormai
luoghi comuni, simulacri di antichi modelli, canne vuote, dove, nelle notti
d’inverno, fischia ancora, piegandole, il vento dell’intelligenza, che li sedusse e
distrusse.
A questo punto si può concludere, e mi dispiace, che lei non è più
a sinistra?
Ma no! Sono ancora e
più grandemente a sinistra: ma dell’Antenato e del Bambino, intendendo per
Bambini tutti i perduti alla crescita e all’intelligenza. Sono anzi all’estrema sinistra di tutti icaduti sotto i colpi
dell’intelligenza. Sogno la resurrezione dei Padri morti, di tutti i morti
nell’ingiustizia. Penso talora, è strano, anche a Laika, la cagnetta che fu
mandata, dicono, nello Spazio Esterno (definizione di Milton per gli abissi
senza speranza che circondano l’Universo), e che forse avrà chiamato
infinitamente gli umani. Vorrei gridare: Laika! Siamo qui! Ti
amiamo! Torna indietro, Laika! Sì, sono questi i
miei sogni: la resurrezione, il ritorno di tutti i morti nell’ingiustizia. Già
la morte è ingiustizia. Ma l’ingiustizia, talora, come per Laika, è più
ingiusta di ogni altra cosa ingiusta. È del tutto il segno della disgrazia di
Adamo, dice l’orrore della intelligenza di cui si è fidato. Dice che non
bisognerebbe più fidarsi di questa guida. Tornare indietro!
Laika! Ormai è morta! Svanita tra le stelle, e per sempre.
Ma non per me.
La Fiera Letteraria:
Che cosa intende per libertà di pensiero?
Anna Maria Ortese: Mi sembra essere la facoltà di osservare le cose, misurarle e trarne un giudizio senza tener conto di precedenti e anche aurorevoli giudizi che possano pensare siu di esse, ma solo badando che il nostro giudizio coincida con una verità di fatto: Non nostra, non personale, e priva perciò di ogni virtù a interssi o passioni personali, o di parte.
La Fiera Letteraria: Ritiene che tutti i pensieri debbano essere espressi senza che chi li esprime corra rischi di sorta?
Anna Maria Ortese: Tutti i pensieri concernenti una verità o la ricerca di una verità, dovrebbero essere espressi senza rischio. Ma bisogna tener conto della effettiva maturità di un paese..
La Fiera Letteraria: Sarebbe disposta a battersi per difendere la libertà di pensiero degli altri?
Anna Maria Ortese: Distinguere un pensiero libero da un pensiero asservito è molto difficile quando i pensieri si siano organizzati in parti. Riconoscerei perciò un pensiero libero dalla sua solitudine, e dall'essere ugualmente osteggiato da parti tra loro contrarie. Lo aiuterei, se possibile. Ma ritengo che il meglio sia aiutare tutti i pensieri di una comunità o una nazione, a tornare liberi. A considerare legittimi, quindi, non solo i propri giudizi, e le loro ragioni, ma pure i giudizi e le ragioni degli altri, quando anche si oppongono ai nostri.
Anna Maria Ortese: Mi sembra essere la facoltà di osservare le cose, misurarle e trarne un giudizio senza tener conto di precedenti e anche aurorevoli giudizi che possano pensare siu di esse, ma solo badando che il nostro giudizio coincida con una verità di fatto: Non nostra, non personale, e priva perciò di ogni virtù a interssi o passioni personali, o di parte.
La Fiera Letteraria: Ritiene che tutti i pensieri debbano essere espressi senza che chi li esprime corra rischi di sorta?
Anna Maria Ortese: Tutti i pensieri concernenti una verità o la ricerca di una verità, dovrebbero essere espressi senza rischio. Ma bisogna tener conto della effettiva maturità di un paese..
La Fiera Letteraria: Sarebbe disposta a battersi per difendere la libertà di pensiero degli altri?
Anna Maria Ortese: Distinguere un pensiero libero da un pensiero asservito è molto difficile quando i pensieri si siano organizzati in parti. Riconoscerei perciò un pensiero libero dalla sua solitudine, e dall'essere ugualmente osteggiato da parti tra loro contrarie. Lo aiuterei, se possibile. Ma ritengo che il meglio sia aiutare tutti i pensieri di una comunità o una nazione, a tornare liberi. A considerare legittimi, quindi, non solo i propri giudizi, e le loro ragioni, ma pure i giudizi e le ragioni degli altri, quando anche si oppongono ai nostri.
giovedì 5 giugno 2014
Neve nera - Luigi Di Ruscio
Divenni per forza neorealista anche se io
che mi consideravo poeta normalissimo, non è colpa mia se il mio mondo era
quello poverissimo considerato indicibile in poesia e io non potevo rimuoverlo,
se scrivi di certe cose s’incazzano tutti perché la poesia dovrebbe rimanere
monopolio delle persone per bene, le persone per bene sono quelle della
borghesia, la gente dei quartieri belli, poi occorre anche la laurea, ma dove
ti presenti scravattato e disgraziato come ti ritrovi? Quando Mondadori stampa
le poesie di Scotellaro l’autore era già morto da un pezzo, tutte le poesie
neorealiste furono iscritte da quattro ragazzi, alcune opere prime e basta,
contro codesto niente del primo decennio del dopoguerra si continuerà a dirne
male perfino da Cucchi nel 1997. Un Turconi iscrive che le mie poesie furono le
più deliranti del periodo neorealista di per se stesso già tanto delirante
anche perché io ero dell’ala estrema del movimento che veramente si è mosso
anche poco, un sottoscritto impavido nel perseguire le cause sballate continua
imperterrito quando perfino i film neorealisti, pochissimi, cinque o sei poi
tutto finito, io per continuare in pace il neorealismo emigro da Oslo, la mia
poesia veniva etichettata come delirante, se non emigravo magari mi
rinchiudevano in un manicomio e venivo elettrificato per bene. Che fare? Niente
continuare a fare quello che abbiamo fatto sempre, non stare a considerare
quello che dice il nemico, ricordati dell’irripetibilità di codesta vita,
prendete i miei volumetti di poesie e leggeteveli, fate tutte le considerazione
che volete, armato di tutta la mia poesia oppure totalmente disarmato mi
introducevo dentro la miseria delle cose ...
da qui
lunedì 2 giugno 2014
Azazel - Youssef Ziedan
Ipa è un povero monaco, che parte dal sud dell'Egitto, vuole fare il medico, arriva ad Alessandria, conosce Ottavia e Ipazia; dopo il loro assassinio, mandante Cirillo, fugge e arriva in Palestina e ad Antiochia, ospite di un monastero, inviato da Nestorio.
Ipa si trova in mezzo a dispute teologiche che forse non capisce troppo, in realtà sono guerre per bande e i concili sono sfide e duelli, e i perdenti di quelle dispute perdono a volte anche la testa.
"Azazel" si legge davvero bene, qualcuno l'ha paragonato a "Il nome della rosa", avventura, amori e teologia stanno bene insieme, Ipa, con il suo diavolo Azazel, si trova a testimoniare di un periodo storico e di vicende nelle quali si trova, suo malgrado, coinvolto - franz
Ipa si trova in mezzo a dispute teologiche che forse non capisce troppo, in realtà sono guerre per bande e i concili sono sfide e duelli, e i perdenti di quelle dispute perdono a volte anche la testa.
"Azazel" si legge davvero bene, qualcuno l'ha paragonato a "Il nome della rosa", avventura, amori e teologia stanno bene insieme, Ipa, con il suo diavolo Azazel, si trova a testimoniare di un periodo storico e di vicende nelle quali si trova, suo malgrado, coinvolto - franz
Certi libri sono un segno dei tempi: non sarà un
caso il grande interesse mostrato dal pubblico per la figura di Ipazia, per la
ricostruzione della Alessandria del V sec. per il cristianesimo delle origini.
Film come Agorà o le inchieste sul cristianesimo primitivo di Corrado Augias
hanno mosso molte persone verso questi argomenti.
Il romanzo di Ziedan ha un in più: è un testo che narra la storia di un monaco cristiano egiziano del V secolo scritto da un musulmano, insigne docente di filosofia islamica e sufismo, attualmente anche direttore del Centro dei manoscritti e del museo affiliato alla Biblioteca d'Alessandria.
Il romanzo ha vinto il premio come miglior romanzo arabo del 2009 e ha suscitato, al pari del film Agorà di Amenabar notevoli polemiche, soprattutto con la chiesa copta d'Egitto.
Certo è che noi lettori siamo in compagnia del santo monaco eremita Caritone o del terribile vescovo Cirillo, del vescovo Ario e del patriarca di Costantinopoli Nestorio, dormiamo nella strettissima cella del protagonista Ipa, visitiamo con i suoi occhi Gerusalemme e la maggior parte dei luoghi sacri di Palestina, siamo tra le rovine degli antichi templi egiziani o navighiamo sul Nilo verso l'isola Elefantina. Un affresco storico di eccellenza, condotto con una precisione quasi maniacale: un polpettone per professori, si potrebbe pensare....
Invece no, è un appassionante lettura delle esperienze di un uomo dalla giovinezza alla maturità, dei suoi dubbi di fede, dei drammi della sua esistenza, dei suoi slanci erotici e dei suoi pentimenti, della grande storia d'amore vissuta con la giovane vedova Marta, sullo sfondo di un'epoca piena di rivolgimenti storici, economico-sociali, religiosi e spirituali. Teatro di questi avvenimenti, le grandi città di Alessandria, Antiochia, Costantinopoli, Edessa, Efeso, Gerusalemme e sullo sfondo il potere nascente del papa romano e le alleanze politiche dei patriarcati…
Il romanzo di Ziedan ha un in più: è un testo che narra la storia di un monaco cristiano egiziano del V secolo scritto da un musulmano, insigne docente di filosofia islamica e sufismo, attualmente anche direttore del Centro dei manoscritti e del museo affiliato alla Biblioteca d'Alessandria.
Il romanzo ha vinto il premio come miglior romanzo arabo del 2009 e ha suscitato, al pari del film Agorà di Amenabar notevoli polemiche, soprattutto con la chiesa copta d'Egitto.
Certo è che noi lettori siamo in compagnia del santo monaco eremita Caritone o del terribile vescovo Cirillo, del vescovo Ario e del patriarca di Costantinopoli Nestorio, dormiamo nella strettissima cella del protagonista Ipa, visitiamo con i suoi occhi Gerusalemme e la maggior parte dei luoghi sacri di Palestina, siamo tra le rovine degli antichi templi egiziani o navighiamo sul Nilo verso l'isola Elefantina. Un affresco storico di eccellenza, condotto con una precisione quasi maniacale: un polpettone per professori, si potrebbe pensare....
Invece no, è un appassionante lettura delle esperienze di un uomo dalla giovinezza alla maturità, dei suoi dubbi di fede, dei drammi della sua esistenza, dei suoi slanci erotici e dei suoi pentimenti, della grande storia d'amore vissuta con la giovane vedova Marta, sullo sfondo di un'epoca piena di rivolgimenti storici, economico-sociali, religiosi e spirituali. Teatro di questi avvenimenti, le grandi città di Alessandria, Antiochia, Costantinopoli, Edessa, Efeso, Gerusalemme e sullo sfondo il potere nascente del papa romano e le alleanze politiche dei patriarcati…
…Ipa ha conosciuto i sussulti dell'angoscia e i fremiti
della passione. E gli orrori si sono impadroniti a tal punto della sua anima
che gli sembra a volte di parlare con Azazel, il diavolo in persona.
Affascinante racconto delle peripezie umane, sentimentali e religiose di un
monaco, sullo sfondo degli appassionanti conflitti dottrinali tra i Padri della
Chiesa e dello scontro tra i nuovi credenti e i tradizionali sostenitori del
paganesimo, Azazel è una di quelle rare opere letterarie capaci di gettare uno sguardo
profondo e originale sulla Cristianità e l'Occidente, e di raccontare un'epoca
in cui le pagine della storia avrebbero potuto essere scritte diversamente.
…Il libro è un romanzo
storico che fa trasparire in ogni pagina la solida formazione del suo autore e
la consuetudine che egli ha con gli studi sul cristianesimo antico e sulle
radici dell’islam. Ziedan, classe 1958, professore di filosofia
islamica e sufismo nonché direttore del Centro dei manoscritti e del Museo
affiliato alla Biblioteca d’Alessandria, ha vinto nel 2008 il premio
internazionale per il miglior romanzo in lingua araba, con questo testo, divenuto
il primo best-seller che ritrae con grande maestria l’intera cultura
mediterranea, tra Alessandria e Gerusalemme, Efeso e Aleppo…
da qui
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