Metteva proprio paura se per
ucciderla hanno imbottito di tritolo la sua piccola auto, come fanno i
terroristi (o i mafiosi) con i grandi nemici. Daphne Caruana Galizia, 53 anni,
è morta carbonizzata a pochi metri da casa, a Malta. Soltanto pochi minuti prima
aveva pubblicato un post sul suo temutissimo blog “Running Commentary” contro
il primo ministro Muscat, accusato di corruzione nello scandalo dei Panama
Papers. E proprio Joseph Muscat è stato il primo a condannare l’attentato:
“Tutti sanno quanto Galizia fosse critica nei miei confronti, ma nessuno può
giustificare questo atto barbaro”. La cronista, quindici giorni fa, aveva
depositato una denuncia dopo aver ricevuto minacce di morte. Da anni in realtà
la più famosa giornalista investigativa maltese lavorava sul tema della
corruzione. Sei mesi fa aveva rivelato al mondo uno scandalo di petrolio e
tangenti pagate, secondo i documenti pubblicati, dal regime dell’Azerbaijan ai
vertici del governo maltese, coinvolgendo la moglie del premier Muscat. Galizia
ha infatti svelato che la Egrant Inc, una società registrata a Panama e di cui
fino ad allora non era mai stato individuato il beneficiario finale, appartiene
a Michelle Muscat, la moglie del primo ministro. Non solo. La giornalista ha
pubblicato alcuni documenti che dimostrano come la società panamense nel 2016
abbia ricevuto diversi bonifici, il maggiore dei quali da oltre un milione di
dollari, da parte della Al Sahra FZCO, una offshore registrata a Dubai e
appartenente a Leyla Aliyeva, figlia del dittatore dell’Azerbaigian Ilham
Aliyev. Insomma Galizia ha rivelato – con tanto di documenti pubblicati online
– che la moglie del premier maltese ha ricevuto milioni di euro dal regime
azero. Il quale negli ultimi anni ha firmato parecchi accordi in campo energetico
con il governo laburista de La Valletta.
Recentemente ha poi raccontato come l’isola del Mediterraneo si sia
trasformata in uno dei luoghi prediletti per il traffico internazionale di
droga, facendo nomi e cognomi dei presunti protagonisti del business, primo fra
tutti quello di Antoine Azzopardi. Il premier maltese non è stato però l’unico
bersaglio della reporter. Aveva tra l’altro fatto parte del consorzio
investigativo Icij (di cui è membro anche L’Espresso) rivelando l’esistenza di
alcune società offshore appartenenti ad altri personaggi famosi maltesi.
All’inchiesta internazionale Panama Papers, la giornalista aveva infatti
contribuito svelando come due politici locali – Konrad Mizzi, all’epoca
ministro dell’Energia, e Keith Schembri, capo di gabinetto del premier Muscat –
fossero proprietari di scatole finanziarie basate in paradisi fiscali. Accanto
agli imprenditori che hanno creato o trasferito attività reali, si è mosso
anche un esercito di emigranti di lusso del fisco. Nella lista ci sono politici,
manager, industriali, finanzieri, gente di spettacolo e anche un gran numero di
personaggi legati ai clan mafiosi. Un lavoro di tre mesi sui Malta Files, quasi
mezzo milione di nomi, che in alcuni casi ricorrono più volte, di una
sessantina di nazionalità diverse. Si scopre così che l’Italia è di gran lunga
il Paese straniero più rappresentato nel gigantesco file: quasi 8 mila società
maltesi sono controllate da azionisti italiani. Molti di loro non sono mai
sbarcati nel piccolo Stato e hanno utilizzato Malta solo per ridurre al minimo
il conto delle tasse. Negli ultimi anni il governo di La Valletta ha steso un
tappeto rosso agli investitori stranieri che creano società sull’isola.
“Malta è diventata la Panama d’Europa», ha protestato lo scorso 10 maggio
Norman Walter-Borjans, il ministro delle Finanze del land tedesco Nord Reno
Westfalia. Più in concreto, un dossier diffuso nel gennaio scorso dal gruppo
dei Verdi al Parlamento europeo calcola in circa 4 miliardi di euro l’anno il
gettito fiscale che viene sottratto da Malta agli altri Paesi. “Non siamo uno
Stato offshore”, ribatte il governo di La Valletta. Ma Bruxelles, dopo anni di
colpevole disattenzione, adesso sembra pronta a muoversi.
Daphne negli ultimi mesi aveva iniziato a lavorare sul nuovo capo
dell’opposizione, Adrian Delia, e sul traffico di droga nell’isola. Un fenomeno
vecchio e noto: ricordo che anni fa era gestito dai cinesi, insieme
all’immigrazione clandestina rappresentando Malta un approdo privilegiato. Il
suo ultimo pezzo è stato pubblicato sul blog “Running Commentary” poche ore
prima della morte. Un commento, più che un articolo, a proposito del processo
per corruzione contro l’ex ministro dell’Energia Schembri. “Ci sono ladri
ovunque uno guardi adesso. La situazione è disperata”, sono state le ultime
parole scritte dalla giornalista prima di bruciare viva nel suo villaggio di
Bifnija, proprio davanti a Gozo dove la leggenda narra che Ulisse subì il
fascino di Calipso. Povera, coraggiosissima reporter.
Anche a me la fine tragica di questa coraggiosa giornalista ha colpito parecchio. Dovremmo fare terra bruciata verso la corruzione e l'illegalità, invece troppo spesso avviene il contrario.
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