di SOS Bozen
Cronaca
di una morte annunciata
ovvero
come la mancata accoglienza ha ucciso ancora
La
famiglia A.H., composta da genitori e quattro bambini di cui uno, Adan affetto
da distrofia muscolare e costretto in sedia a rotelle, era scappata da Kirkuk
(città a circa 250 chilometri da Baghdad) e arrivata in Svezia nel dicembre
2015. Dopo quasi due anni di attesa, nel febbraio 2017, ha avuto l’intervista
relativa alla propria richiesta di protezione internazionale. A settembre ha
ricevuto la risposta, negativa.
In
seguito al diniego ricevuto in Svezia in merito alla richiesta di protezione
internazionale e alla minaccia di espulsione e rimpatrio coatto in Iraq se non
avesse provveduto ad allontanarsi volontariamente dal Paese, la famiglia ha
deciso di lasciare la Svezia. È giunta a Bolzano, dopo un viaggio in treno, il
giorno 1 ottobre 2017. La notte del 1 ottobre la famiglia ha dormito
all’addiaccio sotto un ponte della città di Bolzano.
Il
giorno lunedì 2 ottobre la famiglia si è recata presso il servizio Consulenza
Profughi della Caritas. In seguito si è recata presso il servizio di assistenza
umanitaria della’associazione Volontarius, che solo nel pomeriggio ha
accompagnato la famiglia in Questura. Essendo la Questura chiusa in
quell’orario, la famiglia non ha potuto accedervi e ha ricevuto il numero di
prenotazione per l’accesso in ufficio Immigrazione per il giorno successivo. Il
Servizio Integrazione Sociale ha sempre dato risposta negativa in merito ad una
presa in carico da parte loro. La famiglia è stata successivamente portata in
ospedale perché Adan riportava diversi problemi di respirazione e dolori
diffusi su tutto il corpo. L’intera famiglia ha passato la notte dormendo in
ricoveri di fortuna all’interno dell’edificio ospedaliero.
Martedì
3 ottobre il padre e tre dei figli si recano in Questura per la manifestazione
di volontà di richiesta protezione internazionale, mentre la madre con Adan
sono ancora in ospedale in osservazione. Il servizio Consulenza Profughi ha
segnalato e sollecitato per iscritto e per via orale le istituzioni (servizi
sociali: Servizio Integrazione Sociale, Commissariato del Governo, Provincia)
sulla situazione della famiglia. Dalle stesse è pervenuta risposta che la
famiglia, in ragione della Circolare Critelli, non poteva ricevere accoglienza.
Il
piccolo Adan, cosi come i suoi tre fratellini (di 6, 10 e 12 anni) sono tutti
da considerare vulnerabili la cui accoglienza e presa in carico è regolamentata
da una legislazione chiara nazionale ed europea che la ricca provincia alto
atesina si permette di non rispettare. La notte di martedì una parte della
famiglia (il padre e i tre bambini) ha dormito in albergo, grazie
all’attivazione dell’associazione SOS Bozen, che ha pagato la stanza in
albergo. Adan ha dormito in ospedale, in quanto ivi ricoverato, assieme alla
madre.
Mercoledi
4 ottobre, di pomeriggio, Adan è stato dimesso dall’ospedale. Il pediatra
avrebbe voluto tenere Adan ricoverato in ospedale anche i giorni seguenti, ma
in seguito a discussione con il primario è stato decisa la dimissione. Durante
il pomeriggio il piccolo Adan è stato visitato da un pediatra il quale ha
assicurato la madre e la volontaria di SOS Bozen come non vi fossero in quel
momento problemi cardiaci e che il cuore stesse funzionando bene. La famiglia
ha passato tutta la giornata, come quelle successive e quelle precedenti, nel
parco della stazione, priva di assistenza e informazioni, se non quelle fornite
dalle associazioni della società civile.
Grazie
all’impegno dell’associazione SOS Bozen e di altre realtà associative (Verdi,
comunità islamica di Trento e Bolzano, Antenne Migranti, gruppo Antifa Bolzano)
e alla solidarietà dei singoli è stata pagata per mercoledì sera un’altra notte
in albergo per la famiglia. Tuttavia, vista la assenza in albergo di camere
accessibili tramite ascensore, necessario per trasportare Adan, una parte della
famiglia (madre e tre bambini) ha dormito in albergo mentre Adan e il padre
hanno dormito sul pavimento di una sala di una struttura adibita a centro
giovanile, accessibile con sedia a rotelle.
Giovedì
5 ottobre la famiglia ha passato nuovamente la giornata al parco della stazione.
La
sera di giovedì 4 ottobre tutta la famiglia ha dovuto dormire sul pavimento di
una chiesa locale, la chiesa evangelica, l’unica ad aver aperto le porte, vista
la assenza in albergo di camere libere nonché di camere accessibili con
l’ascensore. Sono state contattate tutte le strutture ecclesiali (chiese e
conventi) presenti nel capoluogo e nelle località adiacenti, ma nessuna di
queste si è resa disponibile per l’accoglienza temporanea.
Venerdì
6 ottobre, di pomeriggio, in via eccezionale la famiglia ha potuto formalizzare
la propria richiesta di protezione internazionale, anticipando l’appuntamento
che altrimenti le era stato assegnato solo per il giorno 11 novembre. La
formalizzazione della richiesta di protezione internazionale è avvenuta in assenza
di un mediatore linguistico-culturale; per la comprensione reciproca è stato
impiegato uno dei figli, di anni dodici anni, in quanto lo stesso parlava un
poco di inglese.
Nel
tragitto verso la mensa Caritas, dopo aver lasciato la Questura, Adan è caduto
dalla sedia a rotelle a causa di una barriera architettonica. Adan è stato
pertanto ricoverato in ospedale in rianimazione. Come si legge dal referto, era
in atto un’infezione.
Adan
e la madre hanno passato la notte in ospedale, mentre gli altri componenti
della famiglia hanno dormito in stanza di albergo, pagata sempre grazie alla
solidarietà dei gruppi sopranominati.
Sabato
7 ottobre Adan è stato portato dal reparto di rianimazione a quello di
pediatria chirurgica. Era semi incosciente e sotto morfina, ingessato ad
entrambi gli arti inferiori dall’inguine alle caviglie. Non era presente febbre
alta e la situazione pareva abbastanza tranquilla. Con l’aiuto degli altri
figli, impiegati come mediatori linguistici, quindi in totale assenza di questo
servizio che dovrebbe essere offerto dalla struttura ospedaliera, il pediatra
si era informato con la madre relativamente alla terapia e alle medicine
prescritte in Svezia.
Nonostante
la situazione post-operatoria sembrasse tranquilla, si era riscontrata un’infezione
e quindi erano in atto le ricerche microbiologiche per scoprire il virus o
batterio responsabile dell’infezione.
Alle
21 la temperatura corporea di Adan era salita.
Alle
2 di notte circa Adan è deceduto. Era in atto una crisi di febbre molto alta,
in seguito alla quale il bimbo è stato nuovamente ricoverato in rianimazione.
Qui i polmoni si sono riempiti di sangue, il bambino ha iniziato ha rimettere
sangue; il bambino non riusciva più a respirare, in seguito è sopravvenuto un
arresto cardiaco.
L’ospedale
ha richiesto tramite un mediatore linguistico-culturale il consenso della
famiglia per un’autopsia per verificare le cause della deficienza cardiaca e se
questa fosse concausata dalle patologie già presenti. La famiglia ha
acconsentito.
Non
sappiamo se Adan sarebbe vivo oggi se paesi come Svezia e Italia avessero
deciso di rispettare le convenzioni internazionali e le normative relative ai
minori. Le responsabilità di questa tragica vicenda sono ancora tutte da
accertare. Per il momento sappiamo che la famiglia è ancora sola e ha,
purtroppo, un legame indissolubile con la città dove ha perso un figlio.
.
«”Non
sei mica fascista?”, mi disse. Era seria e rideva. Le presi la mano e sbuffai.
“Lo siamo tutti, cara Cate – dissi piano – Se non lo fossimo, dovremmo
rivoltarci, tirare bombe, rischiare la pelle. Chi lascia fare e s’accontenta, è
già un fascista”»
(Cesare
Pavese, La casa in collina)
Nessun commento:
Posta un commento