San Paolo è all’asta. A mettere in
vendita e a privatizzare la megalopoli brasiliana il suo primo cittadino, il prefeito João
Doria Jr.: grazie a lui parchi, stadi, piazze e quartieri della città sono
finiti nelle mani delle imprese dedite alla speculazione immobiliare. Il tutto
è avvenuto nel più totale silenzio della politica paulista. Tutti d’accordo, ad
eccezione del risicato drappello di consiglieri di opposizione, soltanto 11 tra
Partido dos Trabalhadores (Pt) e Partido Socialismo e Liberdade (Psol).
Presidente
dell’omonimo Grupo Doria, che riunisce sei organizzazioni tra cui Lide-Grupo de
Líderes Empresariais, João Doria Jr. ha scelto di applicare il suo Plano
Municipal de Desestatização, il piano comunale delle privatizzazioni, a partire
dall’autodromo di Interlagos e dallo stadio di calcio Pacaembu. Tuttavia, basta
addentrarsi in qualsiasi aspetto della vita urbana della città per capire che
ogni cosa ha un suo prezzo. Il sistema di vendita dei biglietti di trasporto?
Privatizzato. Le aree di parcheggio? Privatizzate. In pratica il sindaco di San
Paolo, esponente del Partido da Social Democracia Brasileira (i cui esponenti
sono definiti popolarmente tucanos) ed una delle cento personalità ritenute tra
le più influenti del paese, secondo Brasil de Fato si appresta a dar vita al maggior
programma di privatizzazioni nella storia del paese, come del resto aveva già
preannunciato di fronte ad una platea di plaudenti investitori stranieri in
occasione di un suo viaggio a Dubai nello scorso mese di febbraio. Doria Jr.
non ha paura di utilizzare il termine “privatizzazioni”, anzi, lo pronuncia
continuamente e lo giustifica come necessario a causa della fallimentare
gestione, per lui, del suo predecessore Fernando Haddad, sindaco della città
fino al 31 dicembre 2016 e ministro sotto le presidenze di Lula e Dilma
Rousseff. Doria Jr definisce la sua “politica pubblica differenziata” (leggi
privatizzazione) come l’unica strada per risollevare San Paolo dai presunti
disastri dell’amministrazione petista. Antonio Donato, esponente di primo piano
del Partido dos Trabalhadores a San Paolo, evidenzia che con l’arrivo alla
guida della megalopoli di Doria Jr. il bilancio della città, che nel 2016
ammontava a 47,2 bilioni di reais, è sceso a 5,4 bilioni pochi mesi dopo l’arrivo
del nuovo sindaco.
Sfruttando
una tecnica già ampiamente utilizzata dal presidente argentino Mauricio Macri,
quella di governare per decreto e imporre una serie di votazioni a raffica
all’assemblea legislativa nel minor tempo possibile, la concessione dell’impianto
sportivo di Pacaembu ai privati è stata raggiunta nel giro di pochissimo tempo.
Anche all’interno del Partido da Social Democracia Brasileira, quello di Doria
Jr., si registrano dei malumori per questa modalità di procedere. Alcuni
consiglieri tucanos hanno criticato l’eccessiva rapidità
delle votazioni imposte dal sindaco, che hanno costretto i consiglieri ad
esprimersi senza poter approfondire o entrare nel dettaglio dei progetti che
sarebbero stati votati di lì a breve. Non solo. La sfiducia verso Doria Jr. è
tale che Patrícia Bezerra, delegata dal sindaco ai diritti umani, ha scelto di
abbandonare la carica a causa dei violenti sgomberi di alcune favelas, tra cui
Cracolândia, promosse dallo stesso João Doria Jr. “San Paolo si è trasformata in
una città-mercato venduta con un’abile propaganda”, ha scritto il giornalista e
sociologo Lalo Leal Filho, sottolineando come sia impossibile, nel caso dello
stadio di Pacaembu, ma anche in quelli di piazze, parchi e immobili presenti in
numerosi quartieri, risalire agli amministratori privati. Di città in
liquidazione parla anche Roberto Garibe, che sotto la gestione Haddad aveva la
responsabilità delle infrastrutture urbane.
Appartenendo
allo stesso partito dell’ex presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso,
João Doria Jr. ne ha copiato la volontà privatizzatrice, diventando in breve
tempo l’alfiere delle corporations pauliste, brasiliane e straniere e,
non caso, votato da un’ampia percentuale di popolazione della classe medio alta
e di carnagione bianca. Le critiche rivolte nei confronti del sindaco,
incentrate principalmente sull’irresponsabile alimentazione della speculazione
immobiliare, non riescono a scalfire João Doria Jr., anzi, quest’ultimo attacca
come un bulldozer i suoi nemici, come hanno sperimentato in più di una
circostanza i favelados e i movimenti sociali di San Paolo. Le
richieste di effettuare consultazioni popolari per mantenere il passe livrestudentesco,
i servizi di assistenza sociale e molto altro, come richiesto dai consiglieri
del Psol, non sono nemmeno prese in considerazione.
Fortunatamente,
i movimenti popolari non sono rimasti con le mani in mano. La Central de
Movimentos Populares, il Frente Brasil Popular e il Movimento Rua, tra gli
altri, hanno intrapreso, da tempo, una massiccia campagna di mobilitazione per
la tutela e la difesa delle politiche pubbliche. Sostenuto da Geraldo Alckmin,
altro tucano della
prima ora e attuale governatore dello stato di San Paolo, “Doria Jr. non fa
altro che portare attacchi alla classe lavoratrice come fa il golpista che
risiede a Brasilia, il presidente Michel Temer”, denunciano le organizzazioni
popolari, che non intendono cedere alla svendita della loro città nelle mani
dei privati.
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