Pensare che Israele
possa rimediare a un regime coloniale e di apartheid senza un
aiuto esterno è un’illusione pericolosa fondata sull’ orgoglio machista
israeliano.
Nel suo articolo su Haaretz, Uri Avnery risponde a quello che ho detto alla
mia festa di compleanno degli 80 anni. “Alcuni dei miei amici pensano che la
lotta sia persa, che non sia più possibile cambiare Israele ‘dal di dentro’,
che solamente una pressione dall’esterno può aiutare e che la pressione esterna
in grado di fare questo è il movimento del boicottaggio, disinvestimento e
sanzioni. Uno di questi amici è la dottoressa Ruchama Marton”, egli scrive.
Avnery afferma: “Prima di tutto respingo decisamente l’idea che non c’è
nulla che noi possiamo fare per salvare lo Stato, e che noi dobbiamo confidare
negli stranieri perché facciano il lavoro per noi. Israele è il nostro Stato.
Abbiamo la responsabilità di questo”.
Ecco la mia risposta
Non ho mai detto in qualunque momento o posto che io, o noi, la sinistra
non sionista definita radicale, vogliamo o ci aspettiamo che qualcuno nel mondo
faccia il nostro lavoro per noi. Non soltanto non è etico, è anche stupido e
non praticatibile. Dalla guerra civile in Spagna, una guerra che è stata persa,
al Sud Africa, una guerra che ha vinto, e a tutte le altre lotte, i nativi
hanno sempre lottato e sono stati uccisi insieme ai loro sostenitori in giro
per il mondo, mai separatamente. Sotto questo profilo, la sinistra radicale in
Israele è in ottima compagnia. Avnery non ha alcun diritto di dire di me o di
noi che aspettiamo qualcuno da fuori Israele che lotti per noi. Questo è
sicuramente sbagliato.
La lotta corretta, secondo me, è la lotta anti colonialista e anti apartheid.
Chiunque si illuda di poter vincere questa battaglia senza l’aiuto esterno cade
in un errore, in un’illusione pericolosa fondata sull’orgoglio machista
sionista israeliano. Io e solo io.
Oggi la questione della pace non è rilevante. È piuttosto un argomento di
convenienza, troppo bello e al momento non praticabile. Schierarsi per la pace
non è una posizione politica ma è un’adesione di facciata. Avnery conosce
qualcuno di destra o di sinistra che si oppone alla pace? La questione attuale
è quella dell’occupazione e dell’apartheid.
La lotta anti coloniale ha una tradizione rispettabile e quella contro
l’apartheid ha una strategia che ha funzionato. È vero che quelli che hanno
lottato per un cambiamento politico reale e non solo per salvare il Paese, hanno
avuto bisogno di rinunciare ai privilegi a loro garantiti dal regime di
apartheid.
Il diritto alla politica è il diritto più importante. Senza questo è come
“Lasciate in pace gli animali”. Lottare per un ambulatorio nei territori
occupati è come lottare per una mangiatoia per un cavallo. Il regime
totalitario riduce il cittadino “ad avere diritti”, il diritto al cibo, alla
casa, all’istruzione e alla salute. Quando il diritto alla politica è negato,
la persona è ridotta allo stato di animale. Chiunque non abbia voglia di
combattere per il diritto alla politica, lotta solo per il proprio corpo. Vale
la pena chiedersi – siamo solo l’aspirina dell’occupante?Un cerotto
dell’apartheid?
Voglio dare ai giovani che desiderano lottare gli strumenti per pensare criticamente.
In altre parole, non stare al gioco del governo e al suo progetto. Dobbiamo
imparare a dire che non accettiamo più le leggi del governo. Ciò significa
assumere dei rischi e rinunciare ai nostri privilegi, che stanno dentro le
regole dettate dal regime. Come ha detto Ralph Waldo Emerson: “Gli uomini
validi non devono obbedire troppo bene alle leggi.”
Fintantochè gli ebrei israeliani che non sostengono il BDS pensano che sia
possibile cambiare dall’interno, essi sono come la parabola della lepre che
voleva cambiare dall’interno il leone. Così il leone l’ha mangiata. La lepre è
entrata nel leone ma la sua storia è finita. Oggi cambiare dall’interno è
un’illusione, la sinistra radicale non può pensare e agire in questo modo.
La sinistra sionista ha paura del radicalismo perché ha paura di rimanere
sola, senza una tribù. Il problema è che esiste un’altra tribù, una più grande,
e che si trova all’esterno. Per esempio, la tribù internazionale del BDS in
crescita. È il nostro alleato perché non abbiamo alleati all’interno della
nostra tribù nativa. Dobbiamo essere consapevoli che, dall’interno siamo troppo
pochi e troppo deboli. Senza i nostri alleati di fuori non possiamo fare molto.
I traditori di oggi saranno gli eroi di domani.
Avenery dice: “Penso che boicottare proprio Israele sia uno sbaglio.
Porterebbe l’intera opinione pubblica israeliana nelle braccia dei coloni,
mentre il nostro compito sarebbe di isolare i coloni nei territori occupati e
di separarli dall’opinione pubblica israeliana. Il nostro compito qui è di
raggruppare, riorganizzare e raddoppiare i nostri sforzi per sconfiggere
l’attuale governo e portare l’area pacifista al potere”
Io gli rispondo: Stai argomentando in base ad un presupposto senza
fondamento circa il futuro, basato solamente sulla paura di rimanere solo,
perché l’opinione pubblica israeliana nella sua interezza si unirà ai coloni.
La maggior parte lo ha già fatto. Il BDS è l’unica arma nonviolenta che può
indurre la società israeliana ebraica a prendere consapevolezza del dominio e
della sofferenza dell’occupazione quando venga costretta a pagarne il prezzo.
Se l’occupazione e l’apartheid portano a una sofferenza economica,
culturale e diplomatica a causa di un boicottaggio internazionale, è molto
probabile che possa avvenire un cambiamento nella visione israeliana che è
basata da un lato sull’enorme beneficio che deriva al Paese e ai suoi cittadini
ebrei dall’occupazione e dalla separazione, dall’altro sulla vigliaccheria di
quella che viene definita la sinistra israeliana, o campo pacifista.
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