«Come tutte le grandi
immagini, il nodo di Gordio gode di una sua eterna attualità. In quanto simbolo
del potere tellurico e dei suoi vincoli, viene evocato a ogni incontro tra
Europa e Asia, e ogni volta deve essere nuovamente tagliato. Ciò significa un
incontro con antiche sventure»
Ernst Jünger, Il nodo di Gordio
Hanno colpito ieri le parole del Papa che, durante l'Udienza Generale, ha
parlato per la prima volta di “Tempo di guerra mondiale”, dunque abbandonando
la sua vecchia espressione di “guerra mondiale a pezzi” ormai vecchia di una
decina d'anni, ma che con poche parole semplici, riusciva ad inquadrare ed
illustrare a tutti la situazione geopolitica mondiale.
Una nuova espressione – questa usata dal Pontefice - che chiaramente indica
un'unione tra i vari pezzi del conflitto in corso, generando dunque un unico
conflitto che – appunto - non è sbagliato definire come una nuova guerra
mondiale.
Io credo che sia sbagliato sottovalutare queste parole, proprio perché
espresse da una persona che ha chiaramente accesso ad informazioni precluse ai
normali analisti e commentatori. Senza tenere in considerazione poi il fatto
che già con la celeberrima espressione “guerra mondiale a pezzi” ci aveva stupito
avendo avuto la capacità di leggere la realtà con un orizzonte predittivo
decennale, a fronte dei nostri commentatori che vanno per la maggiore nelle tv
e nei giornali ad ampia tiratura, che si sono accorti che stava succedendo
qualcosa quando hanno visto i tank delle divisioni russe entrare in Donbass.
Oltre alle parole del Papa ci sono comunque altri elementi che indicano
come le possibilità di un allargamento del conflitto in corso in Ucraine e nel
Donbass rischi di allargarsi. Il primo elemento di fatto, è che con l'apertura
delle operazioni belliche nell'oblast di Kharkov da parte russa, si riducono
notevolmente le capacità di resistenza delle truppe di Kiev. Infatti, gli stessi giornali anglosassoni – a partire dal New York Times - stanno
iniziando ad usare il termine di “ritirata strategica” dell'esercito
ucraino al fine di giustificare le continue perdite territoriali che attestano
chiaramente le sempre più ridotte capacità di resistere degli uomini di
Zelenskij. E' chiaro che in una situazione del genere le sole possibili vie
d'uscita per Kiev sono un intervento diretto dei paesi occidentali alleati,
oppure l'apertura di serie trattative di pace.
Per quanto riguarda l'ipotesi dell'intervento dei paesi occidentali ritengo
sia da escludere - per il momento - l'intervento diretto della Nato e degli
USA, mentre è molto più possibile l'intervento di una coalizione di
volenterosi. A tale proposito la Lituania, per bocca del Ministro della difesa Landsbergis, ha manifestato
la disponibilità ad inviare degli istruttori nella parte occidentale
dell'Ucraina qualora anche la Francia inviasse un contingente. Se, apparentemente,
l'invio di istruttori da parte di un paese non equivale alla sua entrata in
guerra, è altrettanto vero che in conflitti come quello del Vietnam i militari
americani parteciparono proprio con lo status di istruttori dell'esercito del
Vietnam del Sud. Non parliamo poi del fatto che i russi in più di una
circostanza hanno dichiarato di considerare le truppe di qualsiasi stato
straniero nel suolo ucraino come un obbiettivo legittimo.
Per quanto riguarda invece la possibilità di trattative di pace serie tra
Russia e Ucraina, quindi non basate sul folle piano Zelenskij che prevederebbe,
come unica possibilità di pace l'accettazione del ritorno ai confini del 1991
da parte delle Russia, diciamo che, queste sarebbero l'unica ancora di salvezza
per l'Ucraina, un paese ormai allo sfacelo, con milioni di persone uscite dal
paese, milioni di feriti gravi e mezzo milione di morti tra i militari secondo
le stime più attendibili. Senza parlare poi delle infrastrutture fondamentali
del paese, ormai rase al suolo, come per esempio la maggior parte delle
centrali elettriche; con il risultato finale che la popolazione ha l'energia
elettrica razionata. Ma se le trattative sono l'unica speranza di salvezza per
l'Ucraina – ahinoi - la sua imbelle leadership è impossibilitata a condurle,
come del resto abbiamo visto con le trattative di pace di Istanbul del 2022 che
stavano portando ad un accordo tra Kiev e Mosca ma che furono mandate a monte dai paesi occidentali ed in particolare dall'ex
Premier britannico Boris Johnson.
Nuove trattative non potrebbero che avere la stessa fine di quelle di
Istanbul per il semplice fatto che ragioni di fondo che stanno spingendo alla
guerra contro la Russia l'Occidente sono ancora tutte sul tappeto. Non si vede
per esempio alcun allontanamento di Mosca da Pechino e anzi, dopo l'ultimo
incontro tra Putin e Xi si può parlare di ulteriore rafforzamento dell'Asse che
tanto preoccupa l'Occidente anche per le scelte commerciali e finanziarie che
spingono sempre di più il mondo verso l'abbandono del Dollaro e dunque
dell'egemonia americana. Dunque, la guerra in qualche modo dovrà continuare fino
al collasso – nelle intenzioni dell'Occidente – dell'élite russa e dunque fino
all'allontanamento di Mosca da Pechino, cosìcché dopo la Russia potrà essere
rimesso “al proprio posto” il gigante asiatico.
Ma ci sono anche altri segni che attestano che è altamente probabile un
allargamento del conflitto. Per esempio la richiesta polacca di schierare sul
suo territorio bombe nucleari tattiche americane a “doppia chiave”, come quelle
che abbiamo in Italia. Si tratta di bombe che per essere attivate devono avere
l'assenso del paese “proprietario” (gli USA) e quello del paese “ospitante”
(nel caso, la Polonia) e dunque deve esserci condivisione sia del bersaglio che
degli obbiettivi che si vogliono raggiungere. Una minaccia di dispiegamento da
parte polacca che sta già provocando la reazione russa, che, non solo, ha a sua
volta, già schierato le sue bombe nucleari tattiche in Bielorussia, ma sta già predisponendo esercitazioni per il loro utilizzo.
Altro tema fondamentale a proposito di un allargamento del conflitto è dato
dalla militarizzazione dello spazio. Infatti gli USA hanno accusato la Russia di aver lanciato nelle orbite basse un
satellite dotato di armi in grado di distruggere i satelliti dei paesi nemici e dunque con la
capacità di accecarne le armi a guida satellitare, comprese quelle strategiche.
Va anche detto però che pure gli USA progettano di schierare armi in grado di
“accecare” e abbattere i satelliti nemici, a scriverlo è lo stesso New York Times in un articolo di qualche
giorno fa.
Il tema della militarizzazione dello spazio è scottante, seppur
sottovalutato dal grande pubblico, perché la distruzione (o la semplice
minaccia di distruzione) delle capacità satellitari dell'avversario sono
l'ovvio preludio ad una guerra tra grandi potenze. Anche una guerra che prevede
l'utilizzo di armi nucleari, peraltro.
In questo quadro che desta davvero inquietudine a preoccupare di più è il
silenzio dei commentatori più rinomati (fatta l'eccezione del Professor
Orsini), che si guardano bene dallo spiegare ciò che accade e delle classi
politiche, sempre più intente a
declinare l'azione politica come mero intrattenimento del pubblico che deve
essere fatto regredire ad uno stato infantile.
Unica eccezione a questo modo di procedere è il vecchio Papa che, sarà
perché ha accesso alle “segrete stanze del potere”, o sarà perché ha una
illuminazione evangelica, ma sembra essere l'unico che le cose le fa capire. E
anche questo è emblematico.
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