Documento finale Arena di Pace 2024
1.Siamo persone, associazioni, movimenti, reti attive nella costruzione della pace in tutte le sue forme attraverso la nonviolenza. Da Arena 2024 desideriamo intraprendere un cammino verso obiettivi concreti di giustizia, democrazia e pace partendo dal nostro impegno quotidiano, per formare alleanze che trasformino la realtà in Italia e nel mondo perché non può esserci la pace in un solo paese.
2 – Il nostro sguardo è rivolto all’ambiente, che ci ospita, e a tutte le vittime di guerre, violenze, soprusi, sfruttamento, violazioni dei diritti fondamentali, mafie, migrazioni forzate. La pace non è solo assenza di guerra è disarmo, democrazia, giustizia, diritti, cura della casa comune. La pace è uno stile di vita personale e collettivo.
Il mondo dove viviamo
3 – Viviamo in un contesto mondiale multipolare, caratterizzato da un sistema economico che genera disuguaglianze e oligarchie perché prevalgono profitto, sfruttamento, finanza rapace, mafie. Interi settori sociali e popoli sono emarginati e discriminati a causa di patriarcato, razzismo e neocolonialismo. La democrazia è distorta da gruppi di interesse e prevalgono tendenze autoritarie. La libertà e i diritti fondamentali sono violati e la loro universalità è messa in discussione, in particolare nei confronti delle donne e delle persone Lgbt+. Ci sono istituzioni complici dei disastri ambientali e del cambiamento climatico. Nel sud del mondo milioni di persone sono costrette alla fuga da condizioni socio-ambientali inaccettabili. Le iniquità rafforzano i fondamentalismi e le religioni sono strumentalizzate per giustificare guerre e limitazioni dei diritti.
4 – A tutte queste crisi si risponde con la guerra, di cui il mondo è diventato un unico teatro, che alimenta nuove crisi. La spesa militare cresce a dismisura, il disarmo è diventato un tabù e l’arma nucleare è considerata un’opzione realmente possibile.
5 – In Italia il sistema politico-economico non garantisce lavoro dignitoso e sicuro, né inclusione sociale; i diritti inalienabili, sanciti dalla Costituzione, sono privilegi per pochi. Il soddisfacimento dei bisogni essenziali è sempre più demandato ad apparati privati, come nel caso della sanità. L’istruzione pubblica ha risorse insufficienti anche per l’inclusione, è sempre meno orientata alla formazione integrale della persona, all’educazione ai valori e all’impegno civile. Si impongono limiti alle libertà civili, mentre la partecipazione è ostacolata da una classe politica autoreferenziale, dalla corruzione, dal linguaggio tendenzioso e violento di esponenti del mondo politico. La democrazia è minacciata da modifiche costituzionali in senso verticistico e di differenziazione dei territori e dall’attacco all’indipendenza della magistratura.
6 – Le risorse necessarie al benessere personale e collettivo sono investite nel riarmo, si intende favorire l’opacità del commercio delle armi e dei suoi finanziatori, ci si propone di rinforzare il potenziale militare anche reintroducendo la leva obbligatoria. La propaganda militare entra nelle istituzioni scolastiche d’ogni ordine e grado con pretese “educative”. Proteggere l’ambiente e
contrastare il cambiamento climatico sono visti come ostacoli ad interessi particolari. Nei confronti delle persone migranti o profughe si applicano leggi che mettono a repentaglio la loro vita, le costringono all’irregolarità e a nuove forme di schiavitù, alimentando un senso di insicurezza che avalla politiche securitarie e discriminatorie.
7 – Da questo sistema vogliamo uscire e sentiamo l’urgenza di farlo oggi.
Le nostre speranze
8 – Siamo di fronte a sfide che si possono affrontare davvero solo insieme, per realizzare il cambiamento che crediamo possibile. Quindi, pur mantenendo le nostre specifiche attività, desideriamo unire le nostre forze in linee d’impegno chiare, essenziali, per essere efficaci, come dimostrano i risultati ottenuti in tante occasioni.
9 – Ci ispirano le testimonianze di persone, anche giovanissime, che col loro entusiasmo mantengono viva la volontà di pace, giustizia, democrazia, solidarietà e difesa dell’ambiente.
I nostri impegni
10 – Abbiamo lavorato in cinque Tavoli tematici, che hanno prodotto documenti in cui si esprime forte consapevolezza dell’urgenza di linee d’impegno comuni per un cambiamento personale, della cultura e delle istituzioni.
11 – Formazione – Ci battiamo innanzitutto per una formazione che educhi alla cultura della pace: al rispetto reciproco e al dialogo, alla dignità del lavoro e alla giustizia, ai diritti e alla democrazia, alla nonviolenza e alla cittadinanza globale, alla conversione in chiave ecologica. Essa esige un’informazione libera e corretta.
12 – Pace e Disarmo – Ripudiamo la guerra e chiediamo il cessate il fuoco per tutte le guerre. Pratichiamo la nonviolenza. Vogliamo la riduzione delle spese militari e la riconversione dell’industria militare, la rimozione delle armi nucleari dall’Italia e l’adesione al Trattato che le proibisce, il controllo e la trasparenza sul commercio delle armi, la costituzione di corpi civili di pace per una difesa civile. Sosteniamo l’obiezione alla guerra, la diplomazia anche dal basso, le pratiche di riconciliazione, il dialogo interreligioso, il rinnovamento dell’Onu, un’Europa attivamente neutrale.
13 – Democrazia – La difesa della democrazia richiede il rispetto dei principi costituzionali e dei diritti fondamentali a partire dalla libertà di esprimere e manifestare il dissenso e dal rifiuto di istituzioni verticistiche ed autoritarie, i cittadini e le cittadine devono poter scegliere i propri rappresentanti nelle istituzioni. Le libertà e i diritti costituzionali devono essere riconosciuti e garantiti in modo universale ed egualitario ad ogni persona sul piano sociale e territoriale.
14 – Economia e lavoro – Chiediamo all’UE di assumere un efficace ruolo pubblico, con fiscalità e bilancio propri, per investimenti su transizione ecologica, spesa sociale, beni comuni. Analogamente deve agire il nostro Paese; vogliamo un fisco giusto e progressivo, che promuova buona occupazione e universalità dei diritti sociali; un sistema produttivo orientato al bene comune, finalizzato alla cura e alla riproduzione sociale. Serve dare valore economico e giuridico al lavoro perché le persone siano protagoniste come singoli e collettivamente e affinché vi si affermino democrazia, sicurezza, qualità, diritti e salari adeguati. Chiediamo siano sostenute tutte le pratiche e le azioni sociali a ciò orientate.
15 – Ecologia – Dalle istituzioni pretendiamo che mettano in atto un programma di uscita dalle fonti fossili a partire da gennaio 2025, per noi singoli l’invito ad un cambio di rotta, volto a scoprire il valore delle alterità che ci circondano, attraverso le “buone pratiche” ma è alla collettività che ci rivolgiamo con urgenza per l’impatto che il suo agire può significare. Superando, infatti, l’indifferenza e agendo sempre per i “beni comuni” tra cui difesa dei suoli, degli altri esseri viventi e dell’acqua, diventeremo quindi capaci di indicare, in modo costruttivo, alle istituzioni il percorso da intraprendere per una conversione ecologica integrale.
16 – Migrazioni – Chiediamo un governo mondiale dei fenomeni migratori che tuteli i diritti umani delle persone migranti, oggi violati in diverse parti del mondo. All’Unione Europea chiediamo di garantire il diritto di asilo mettendo fine alle politiche di “esternalizzazione” delle frontiere. All’Italia chiediamo di superare la “Bossi-Fini” prevedendo norme che rendano realmente possibili gli ingressi per chi ricerca lavoro, di non ostacolare il soccorso dei migranti, di attivare politiche efficaci per l’accoglienza e l’inclusione dei richiedenti asilo, di mettere in pratica politiche per il contrasto alle discriminazioni (in particolare nell’accesso alla casa) e la promozione delle pari opportunità per gli immigrati e per i loro figli.
“Un mondo altro per costruire la Pace”
Commento di Alfonso Navarra – Disarmisti esigenti
L’evento di Verona ha confermato l’impegno scomodo dell’attuale Pontefice contro le armi e contro la guerra. Ed è significativo che Francesco abbia sorretto la bandiera della pace insieme a Padre Alex Zanotelli, riconoscendone una particolare responsabilità nel promuovere ed animare il nuovo movimento popolare“ che dovrà cambiare il mondo per costruire la pace”.
Noi sosteniamo con autonomia critica di “laici” il Papa pacifista; abbiamo fiducia in Padre Alex Zanotelli come riferimento per l’attuazione del “Manifesto per la pace” emerso dall’Arena di Verona.
Papa Francesco, nel concludere “Arena di pace”, ha invitato a cercare l’unità invece che l’uniformità” perché la società che ha paura della pluralità è psicologicamente avviata al suicidio”.
Bene, prendendolo in parola, staremo molto attenti a distinguere anche all’interno delle Chiese e delle religioni, organismi complessi, ambigui e contraddittori, i sinceri “artigiani della pace” dai “Ponzi Pilati”: la loro indifferenza e compromissione con i poteri temporali prestano il fianco alle strumentalizzazioni di Dio che caratterizzano troppe guerre combattute oggi (a cominciare da quelle in Ucraina e nel Medio Oriente!).
Con questo spirito costruttivo, riproponiamo la lettera che abbiamo inviato a Sergio Paronetto, responsabile del Gruppo Disarmo all’interno dell’Arena di Pace.
All’utile base di priorità per i movimenti di base, emerse dal Gruppo, noi, Disarmisti esigenti, proponiamo di aggiungere delle specificazioni, che rispondono ad una idea di nonviolenza come forza non solo etica ma politica, collegata alla “terrestrità”: un altro nome possibile per l’ecologia integrale e sociale, per la quale non è l’Umanità la padrona della Terra, ma è una parte organica di un ecosistema vivente (“Creato”) che ha la responsabilità di custodire.
Ci preme anche sottolineare che esiste un antimilitarismo nonviolento di natura laica, incarnato da organizzazioni centenarie (come, ad esempio, la War Resisters’ International): non possono essere sottovalutate se non addirittura ignorate nella loro tradizione e nel loro spessore autonomo.
Sarebbe opportuno che questa dimensione laica del pacifismo venisse coltivata e interloquita, non in contrapposizione all’area cattolica (o cristiana, o religiosa in genere); ma anche come presa d’atto che la gran parte del popolo, che oggi dobbiamo servire e unire contro la guerra, è per lo più secolarizzato e laico, in virtù dei profondi cambiamenti sociali e culturali intervenuti nelle società contemporanee.
Sabato all’Arena di Verona: “facciamo finire le guerre”
Sabato a Verona 12.500 persone manifestano per la pace
Su una idea iniziale di padre Zanotelli e poi con il sostegno di molte associazioni per la pace italiane si è realizzata “Arena di pace” con una grande partecipazione.
All’Arena di Verona si è scritto un piccolo capitolo di storia di quest’epoca contemporanea lacerata dai conflitti quando nell’antico anfiteatro romano sono riecheggiate le parole di Maoz Inon, israeliano, a cui Hamas ha ucciso i genitori il 7 ottobre, e Aziz Sarah, a cui la guerra ha strappato il fratello, assassinato dai soldati israeliani.
Due imprenditori, due rappresentanti del tavolo sull’economia di lavoro ma soprattutto di due popolazioni ora in guerra, che, l’uno accanto all’altro, hanno voluto condividere la loro testimonianza con le 12.500 persone che hanno partecipato all’incontro “Giustizia e Pace si baceranno”, culmine dell’intera visita del Papa a Verona.
Si sono abbracciati alla fine, poi hanno abbracciato pure Francesco, mandando al mondo un segnale di quanto siano vere le parole del Papa, a volte anche contestate, che un terreno per rincontrarsi come fratelli c’è ed è proprio la comune sofferenza.
La sofferenza di due popoli, una testimonianza di pace dalla Terra Santa
“È un grande onore essere qui, lei è un leader della pace, siamo qui con 12 mila costruttori di pace, vi portiamo una testimonianza di pace dalla Terra Santa”, hanno esordito.
“Papa Francesco, sono Maoz Inon, vengo da Israele e i miei genitori sono stati uccisi da Hamas…
Papa Francesco, mi chiamo Aziz Sarah, vengo dalla Palestina e questa guerra, i soldati israeliani mi hanno strappato mio fratello”, hanno detto.
“Il nostro dolore, la nostra sofferenza ci ha riavvicinati per creare un futuro migliore”.
Standing ovation nell’Arena di Verona
L’intera Arena si alzata in piedi nel sentire queste parole.
Bandiere della pace e fazzoletti bianchi hanno sventolato e i due uomini si sono stretti le mani sollevandole in alto.
Ancora abbracciati, affiancati da Roberto Romano del gruppo di lavoro sull’economia, hanno proseguito: “Siamo imprenditori… Non ci può essere pace senza un’economia di pace. Un’economia che non uccide. Un’economia basata sulla giustizia. E chiediamo: i giovani come possono essere imprenditori di pace quando i luoghi di formazione sono spesso influenzati dal paradigma tecnocratico e dalla cultura del profitto ad ogni costo?”.
L’abbraccio col Papa
Francesco ha ascoltato rapito il loro intervento e subito si è alzato in piedi quando ha visto i due uomini dirigersi verso di lui.
Un abbraccio, due abbracci, un abbraccio di gruppo, con la testa del Pontefice che affondava sulle spalle di Maoz e Aziz. Poi una stretta di mano fortissima: “Grazie fratelli!”.
Volontà di pace, progetto per il futuro
Tutto intorno, urla e applausi, interrotti quando il Papa ha preso la parola e, a braccio, ha voluto commentare il momento appena vissuto.
“La sofferenza di questi due fratelli è la sofferenza di due popoli”, ha scandito. “Non si può dire nulla, non si può dire nulla… Loro hanno avuto il coraggio di abbracciarsi – ha aggiunto indicandoli con la mano – e questo non solo è coraggio e testimonianza di voler la pace, ma anche un progetto di futuro”.
Abbracciarsi. Ambedue hanno perso i famigliari, la famiglia si è rotta per questa guerra
“A che serve la guerra?”, ha domandato Francesco. “Per favore facciamo un piccolo spazio di silenzio, per sentire. E guardando l’abbraccio di loro due ognuno dal suo cuore preghi il Signore per la pace e prenda una decisione interiore di fare qualcosa per finire con le guerre”. L’ovazione si è tramutata in silenzio.
Il pensiero ai bambini
Francesco ha ripreso la parola: “Pensiamo ai bambini, questa guerra, le tante guerre, quale futuro avranno?”. Il pensiero, come sempre, è andato ai bambini: quelli ucraini che “non sanno sorridere”, che “con la guerra perdono il sorriso”. “Pensiamo ai vecchi – ha aggiunto il Papa – che hanno lavorato tutta la vita per portare avanti questi due Paesi e adesso una sconfitta”.
Una sconfitta storica è una sconfitta di tutti noi. Preghiamo per la pace e diciamo a questi due fratelli che portino questo desiderio nostro e la volontà di lavorare per la pace al loro popolo.
La voce delle donne israeliani e palestinesi
Le lacerazioni che vive il Medio Oriente sono risuonate nell’Arena di Verona anche attraverso le testimonianze di alcune donne israeliane e palestinesi. Madri, mogli, giovani, anziane, che hanno presentato al Papa il dolore per “le tragedie” vissute nei mesi di guerra e anche il lavoro, attraverso movimenti e organizzazioni da loro stesse fondate, “per porre fine a questo conflitto”.
Yael Admi, co-fondatrice del movimento israeliano Women Wage Peace, ha chiesto di sostenere l’Appello delle Madri che domanda la “fine del terribile ciclo di spargimenti di sangue con un’azione politica responsabile e coraggiosa”.
Reem Al-Hajajrah, venuta dal campo profughi di al-Duheisha di Betlemme, “città della pace”, fondatrice del movimento Women of the Sun, si è fatta portavoce delle “madri palestinesi che reclamano una vita migliore per loro stesse e per i loro figli perché non voglio altra morte”. “Con il Suo sostegno, possiamo ricostruire le nostre vite, le nostre case e proteggere la libertà e la dignità del popolo palestinese”, ha detto a Francesco. “Abbiamo bisogno della pace come dell’acqua e dell’aria”.
Ancora Hiam Tannous, cristiana israelo-palestinese, appartenente al popolo palestinese e residente nello Stato di Israele: “Il mio cuore soffre e sanguina, perché il mio popolo è in guerra con il mio Stato. È una sensazione terribile, sconosciuta agli altri arabi”, ha detto. E ha chiesto aiuto al Papa “per realizzare l’impossibile, attuare il cambiamento storico che tutti aspettiamo: riportare la pace in Terra Santa”.
Da parte sua, Nivine Sandouka, palestinese, direttore regionale dell’Alleanza per la pace in Medio Oriente (ALLMEP), la più grande rete di costruttori di pace israeliani e palestinesi nella regione, si è appellata invece al G7 e alla comunità internazionale affinché “supportino un processo di pace dall’alto verso il basso multilaterale abbinato ad un approccio dal basso verso l’alto che metta la società civile, in particolare gli operatori di pace israeliani e palestinesi, al centro di questo processo”.
Tessitrici di dialogo in Terra Santa
Impressionato dalla testimonianza di queste donne, definite “coraggiose costruttrici di ponti”, Papa Francesco ha esortato a guardare proprio a loro per trovare la pace. E alle donne stesse, il Vescovo di Roma ha detto: “Voi, però, tessitrici e tessitori di dialogo in Terra Santa, chiedete ai leader mondiali di ascoltare la vostra voce, di coinvolgervi nei processi negoziali, perché gli accordi nascano dalla realtà e non da ideologie”.
Le ideologie non hanno piedi per camminare, non hanno mani per curare le ferite, non hanno occhi per vedere le sofferenze dell’altro. La pace si fa con i piedi, le mani e gli occhi dei popoli coinvolti.
Non seminare morte, distruzione e paura
Da qui un preciso mandato: “Non diventate spettatori della guerra cosiddetta ‘inevitabile’”.
Non seminiamo morte, distruzione, paura. Seminiamo speranza! È quello che state facendo anche voi, in questa Arena di Pace. Non smettete. Non scoraggiatevi.
A conclusione di questo appello, Bergoglio ha fatto suo l’indimenticabile invito di don Tonino Bello: “In piedi costruttori di pace!”.
E tutta l’Arena di Verona si è effettivamente alzata in piedi.
Nessun commento:
Posta un commento