Da sempre nella storia esistono dei passaggi storici che segnano un punto di svolta per interi popoli e per interi continenti. Sovente questi passaggi sono legati a scoperte geografiche o tecnologiche come per esempio la scoperta dell'America o la macchina di Gutenberg che consentiva la stampa dei libri. Altre volte questi passaggi sono legati a eventi politici o a conflitti bellici. Senza andare troppo lontano nella storia basta che pensiamo alla Prima guerra mondiale che segnò la fine dell'Impero Austro-Ungarico, la fine dell'Impero Tedesco ma anche la nascita dell'URSS oppure alla Seconda che vide la sconfitta rovinosa della Germania nazista l'ascesa degli USA e dell'URSS come superpotenze peraltro in conflitto “freddo” tra loro.
In questo frangente storico stiamo assistendo a mio avviso ad uno di quei
passaggi che segnerà la storia dei prossimi decenni in tutta Europa. In altre
parole, la traiettoria storica dell'Europa ha probabilmente raggiunto il
cosiddetto punto di non ritorno, il punto che, una volta raggiunto, rende
impossibile il ritorno allo stato precedente.
Sicuramente l'artefice principale di questo passaggio di stato, è
sicuramente Manuel Macron, che squarciando quel velo di ipocrisia ha dichiarato
al mondo quello che molti sanno: la sconfitta dell'Ucraina probabilmente
sancirà la fine dell'Europa intesa come Unione Europea e molto probabilmente
anche dell'Alleanza Atlantica. La motivazione profonda di questo sbocco
drammatico Macron non l'ha detta ma è facilmente individuabile nella rottura di
quel patto d'acciaio franco-tedesco su cui si fonda l'Unione Europea fin dalla
sua fondazione. Ciò a causa della totale divergenza dei conti nazionali di
Parigi e di Berlino: mentre la prima è sommersa dai debiti per oltre 1000
miliardi di dollari di posizione finanziaria netta, la seconda in questi
decenni ha accumulato ricchezze immense per oltre 3000 miliardi di dollari di
posizione finanziaria netta positiva. Una situazione che rende impossibile
trovare una posizione che possa soddisfare entrambi i player europei
su tutte le questioni fondamentali a partire dal conflitto ucraino. Macron
proprio per paura di un crollo dell'Europa e dell'Euro (che offre di fatto una
garanzia tedesca sul debito estero di Parigi) è disposto anche a spendere un
intervento diretto dell'Armeé pur di non vedere la caduta
dell'Ucraina, mentre, al contrario Scholz vedrebbe la sconfitta dell'Ucraina
come una sorta di miracolo da auspicare perché consentirebbe a Berlino di
riprendere a tessere quella tela di rapporti profondissimi con Mosca. E non
inganni l'attivismo tedesco nel fornire armi all'Ucraina, è esattamente
l'opposto di quello che può apparire: non smania di guerra ma un modo per
prendere tempo in attesa di un miracolo che eviti il diretto intervento europeo
o della Nato nel campo di battaglia.
Ma in queste giornate convulse ad aver reso evidente – anche a livello
simbolico – il superamento del punto di non ritorno è stata la Polonia che ha annunciato di aver fatto domanda alla Nato per entrare nel
programma Nuclear Sharing. Si tratta di un programma che
consente alle nazioni aderenti di ospitare sul proprio territorio armi nucleari
a doppio codice, uno in mano agli USA e uno in mano al paese ospitante. Va da
sé che il doppio codice comporta che entrambi i paesi siano d'accordo per
l'utilizzo condividendo sia il bersaglio che lo scopo che si vuole raggiungere.
Ricordo che tra i motivi di maggior attrito – dal punto di vista russo –
con l'Occidente vi è proprio l'allargamento della Nato ad Est fino ai confini
russi (la Polonia confina con l'Oblast di Kaliningrad), realizzato in contrasto
con le promesse che gli americani fecero i russi all'epoca dello scioglimento
del Patto di Varsavia. Circostanza questa ricordata dai russi agli americani nel vertice sulla
sicurezza europea tenutosi poco prima del conflitto in Ucraina. E' chiaro che a
Mosca il dispiegamento di armi nucleari in Polonia verrà visto come una
provocazione che attesta inoppugnabilmente l'assenza assoluta da parte
occidentale di trovare una soluzione pacifica sia al conflitto ucraino che
all'esigenza di trovare una nuova architettura di sicurezza europea che
soddisfi i bisogni di tutti.
L'annuncio della richiesta di Varsavia non poteva certamente non generare
preoccupazione a Mosca che, immediatamente, ha aumentato il livello della
propria postura “nucleare”. Infatti, dapprima è stato lo stesso Putin ad annunciare delle esercitazioni con l'utilizzo di armi nucleari
tattiche nel distretto militare sud (quello che confina con l'Ucraina
per intenderci). Si tratta di un chiaro avvertimento alla Nato su come la Russia
non sia “disposta a perdere” questo conflitto anche se entreranno sul campo di
battaglia direttamente le truppe occidentali. Anche la Russia, del resto, sta
giocando una partita per la sopravvivenza: la sconfitta in Ucraina
indebolirebbe fortemente il paese euroasiatico e potrebbe riaccendere quelle
spinte indipendentiste che sono state represse proprio con l'avvento al potere
di Putin.
Anche il Ministero degli Esteri russo ha aumentato i toni dello scontro con
l'Occidente, dicendo che l'utilizzo di cacciabombardieri F-16 in Ucraina per la
Russia sarebbe considerato come una potenziale minaccia nucleare alla quale
sarebbe necessario rispondere con misure appropriate. Uno sbocco anche questo ampiamente previsto da chi scrive, avendone già
parlato in un articolo del Maggio 2023.
La mossa più importante della Russia, in questa escalation dei “preparativi
e delle dichiarazioni” per ora è solo sussurrata ma sapremo di più a
brevissimo. Con l'inaugurazione del nuovo mandato a Putin avvenuta ieri sarà
ovviamente formato un nuovo governo e la grande novità potrebbe essere la
sostituzione del Ministro della Difesa Sergey Shoigu con Alexey Dyumin
attualmente governatore dell'Oblast di Tula e unanimemente considerato come il
più probabile successore di Putin. Si tratta di un Siloviki che
ha una importante e variegata carriera militare alle spalle; da comandante del
servizio di guardia personale di Putin fino a vice comandante del GRU che lo ha
visto comandare l'operazione di conquista della Crimea del 2014. Dyumin è noto
per essere, oltre che un fedelissimo di Putin, anche un falco per quanto
riguarda i rapporti con l'Occidente. L'altro grande avvicendamento nelle stanze
del potere di Mosca sarebbe quella del Capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov
con il Generale Sergey Surovikin noto per aver dato una svolta alla guerra in
Ucraina quando fu chiamato a comandare le forze russe sul campo e ora spedito
in Africa a guidare le “Afrika Corps” russe.
Qualora questo avvicendamento si verificasse sarebbe importante non
solo dal punto di vista politico e militare “convenzionale” ma anche dal punto
di vista militare “nucleare”. Infatti il deterrente strategico russo può essere
attivato solo per decisione collegiale del Presidente Putin, del Ministro della
Difesa e del Capo di Stato Maggiore, ognuno dei quali ha una parte del codice
che se non inserita renderebbe impossibile l'attivazione di queste armi anche
se a chiederlo fosse il presidente stesso. Gli occidentali non hanno mai
nascosto di non credere all'utilizzo delle armi atomiche da parte dei russi
proprio perché Shoigu e Gerasimov sono considerati “colombe” con ottimi
rapporti ad Occidente. Va detto, per il vero, anche il fondatore della Wagner
Prighozin quando organizzò la “marcia su Mosca” aveva proprio come
obbiettivo quello di arrestare Shoigu e Gerasimov considerati da lui dei
traditori.
Non rimane che attendere l'eventuale ufficializzazione di questi cambi al
vertice del potere russo con l'ascesa dei falchi di Putin per poter concludere
che nulla sarà come prima in Europa, anche perché in questi due anni ci siamo
giocati le possibilità di una pace ragionevole con la Russia e non ci rimane
che un muro nucleare contro muro nucleare molto pericoloso perché si
potrebbe passare dalle minacce ai fatti.
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