Nel quadro politico internazionale che caratterizza questa fase storica c’è
un fattore che trovo estremamente preoccupante. Si tratta della combinazione,
nel mondo Occidentale, di 1) un fattore strutturale e 2) un fattore culturale.
Provo a tratteggiarne in modo volutamente schematico gli aspetti di fondo.
1) IL RETROTERRA STRUTTURALE. L’Occidente ha notoriamente
acquisito una posizione globalmente egemonica negli ultimi tre secoli. Lo ha
fatto in grazia di alcune innovazioni (europee) che gli hanno permesso di
incrementare in modo decisivo la produzione industriale e la tecnologia
militare.
Nel corso dell’800 l’Occidente ha imposto le proprie leggi, o i propri contratti,
sostanzialmente a tutto il mondo. Alcune parti del mondo come il Nord-America e
l’Oceania hanno
cambiato radicalmente configurazione etnica, divenendo insediamenti stabili di
popolazioni di origine europea. Imperi asiatici millenari si sono trovato in
condizione di protettorato, colonia o comunque di sottomissione. L’Africa è
diventata un cespite cui attingere liberamente forza lavoro e materie prime.
Tutto ciò è avvenuto alla luce di un modello economico che aveva
strutturalmente bisogno di crescere costantemente per mantenere la propria
funzionalità, inclusa la pace interna.
La dinamicità espansiva occidentale è stata spinta in modo decisivo dal fatto
che il sistema aveva bisogno di margini costanti di profitto e le imprese
estere garantivano cospicui ritorni (rendendole perciò robustamente
finanziabili).
Questo processo è continuato tra alti e bassi fino all’inizio del XXI secolo.
Più o meno con la crisi subprime (2007-2008) si segnala una difficoltà
rilevante nel mantenere il dominio su un sistema-mondo demograficamente,
politicamente, culturalmente troppo vasto. Il sistema di sviluppo occidentale,
ampiamente basato sulla libera iniziativa decentrata, nella sua ricerca di
margini di profitto ha commesso alcuni errori imperdonabili per un potere
imperiale, quale ne frattempo era divenuto (prima come impero britannico, poi
come impero americano). Siccome la sfera finanziaria presenta maggiori margini
di profitto rispetto alla sfera industriale si è assistito in Occidente ad uno
spostamento costante delle manifatture in paesi remoti con salari bassi. Mentre
quest’operazione è riuscita in alcuni paesi con un’organizzazione interna
fragile, che sono stati e rimangono dei semplici produttori sussidiari,
politicamente subordinati a potenze occidentali, questo non è riuscito in
alcuni paesi che offrivano per ragioni culturali maggiore resistenza, Cina in
testa.
L’emergere di alcuni contropoteri nel mondo è oramai un dato storico
incontrovertibile e inemendabile. Un Occidente che ha giocato per anni tutte le
sue carte sul predominio finanziario e tecnologico si ritrova sfidato da
contropoteri capaci di opporre efficace resistenza sia sul piano economico che
militare. In questo senso la guerra russo-ucraina, con gli errori fatali
commessi dall’Occidente, rappresenta un momento di passaggio storico: aver
spinto Russia e Cina ad un’alleanza obbligata ha creato l’unico polo mondiale
realmente invincibile anche per l’Occidente unificato. Gli USA erano così
preoccupati di interrompere una possibile proficua collaborazione tra Europa
(Germania in particolare) e Russia che hanno trascurato una collaborazione
molto più potente e decisiva, quella tra Russia e Cina appunto.
Ma cosa accade nel momento in cui un Occidente a guida americana si trova
di fronte ad un contropotere insuperabile? Molto semplicemente il modello –
sperimentato nell’ultima fase sotto il nome di “globalizzazione” - basato
sull’aspettativa di un’espansione incontrastata e di margini continuamente
dilatabili di profitto si arresta bruscamente. Le catene di fornitura appaiono
sovraestese e incontrollabili, nel momento in cui gli USA non sono più l’unico
pistolero del paese. Si profila l’incubo sistemico del modello
liberal-capitalistico: la perdita di un orizzonte di espansione. Senza
prospettive di espansione l’intero sistema, a partire dalla sfera finanziaria,
entra in una crisi senza sbocchi.
2) IL RETROTERRA CULTURALE
Ed è qui che subentra il secondo protagonista dello scenario corrente, ovvero
il fattore culturale. La cultura elaborata negli ultimi tre secoli in Occidente
è qualcosa di assai caratteristico. Si tratta di un approccio culturale
universalistico, astorico, naturalistico, che – anche grazie ai successi
ottenuti sul piano tecnoscientifico – ha finito per autointerpretarsi come
Ultima Verità, sul piano epistemico, politico ed esistenziale. La cultura
occidentale, che ha conquistato il mondo non per le capacità persuasive delle
proprie virtù morali, ma per quelle dei propri obici, ha però immaginato che
una cultura capace di costruire obici così efficienti non poteva che essere
intrinsecamente Vera.
L’universalismo naturalistico ci ha disabituato a valutare le differenze
storiche e culturali, assumendone il carattere contingente, di mero pregiudizio
che verrà superato. Quest’impostazione culturale ha creato un danno devastante,
che ha coinciso in Europa con la galoppante americanizzazione delle proprie
grandi tradizioni: l’Occidente, divenuto il sistema di vassallaggio del potere
americano, appare oggi culturalmente del tutto incapace di comprendere il
proprio carattere di determinazione storica, non serenamente universalizzabile.
L’Occidente, pensandosi come incarnazione del Vero (la Liberaldemocrazia, i
Diritti Umani, la Scienza) non ha dunque gli strumenti culturali per pensare
che un altro mondo (e anzi più d’uno) sia possibile.
3) IL VICOLO CIECO DELLA STORIA OCCIDENTALE
Ecco, se ora uniamo i due fattori, strutturale e culturale, che abbiamo
menzionato ci ritroviamo con il seguente quadro: l’Occidente a guida americana
non può mantenere il proprio statuto di potere, garantito dalla prospettiva
dell’espansione illimitata, e d’altro canto non può neppure immaginare alcun
modello alternativo, in quanto si concepisce come l’Ultima Verità.
Quest’aporia produce uno scenario epocale tragico.
L’Occidente a guida americana non è in grado di riconoscere alcun “Piano
B”, e d’altro canto comprende che il “Piano A” è reso fisicamente
impercorribile dall’esistenza di contropoteri innegabili. Questa situazione
produce un’unica pervicace tendenza, quella a lavorare affinché quei
contropoteri internazionali vengano meno.
Detto in termini semplificati: gli USA non hanno alcuna prospettiva diversa
in campo da quella di ricondurre in una condizione subordinata – come fu in
passato – i contropoteri euroasiatici (Russia, Cina, Iran-Persia; l’India è già
sostanzialmente sotto controllo). Ma questa sottomissione oggi non può che
passare attraverso un conflitto, o una guerra aperta o una sommatoria di guerre
ibride volte a destabilizzare il “nemico”.
Ma, a questo punto, la situazione è resa particolarmente drammatica da un
altro fattore strutturale. Per quanto gli USA sappiano di non poter affrontare
una guerra aperta senza esclusione di colpi (nucleare), hanno un fortissimo
incentivo a che la guerra non si mantenga sul piano ibrido “a basso voltaggio”.
Questo per la ragione strutturale vista in precedenza: c’è bisogno di una
prospettiva di incremento produttivo.
Ma come si può garantire una prospettiva di incremento produttivo in una
condizione in cui l’espansione fisica non è più possibile (o è troppo incerta)?
La riposta purtroppo è semplice: una prospettiva di incremento produttivo sotto
queste condizioni può essere garantita solo se simultaneamente vengono create
delle fornaci dove poter bruciare costantemente quanto prodotto. C’è la
necessità sistemica di inventarsi dei colossali, e sanguinosi, Potlatch, che
diversamente dai Potlatch dei nativi americani, non devono distruggere solo
oggetti materiali, ma anche esseri umani.
In altri termini, l’Occidente a guida americana ha un interesse,
inconfessabile ma imperativo, a creare in modo crescente ferite sistemiche da
cui far defluire il sangue, in modo che le forze produttive siano chiamate a
lavorare a pieno ritmo e i margini di profitto si vitalizzino. E quali forme
possono prendere queste ferite che distruggono ciclicamente, e in modo
poderoso, le risorse?
Di primo acchito direi che ne vengono in mente due: guerre e pandemie.
Solo un nuovo orizzonte di sacrifici umani può consentire alla Verità Ultima
dell’Occidente di rimanere in piedi, di continuare ad essere creduta e
venerata.
E se nulla cambia nella consapevolezza diffusa delle popolazioni europee –
i principali perdenti di questo gioco – credo che queste due carte distruttive
saranno giocate senza scrupoli, reiteratamente.
Nessun commento:
Posta un commento