...Ma quella che probabilmente è stata fatale a Rapetto è forse la più importante, quella sulle slot machines del "gioco legale" installate negli esercizi pubblici, che ha portato al recupero di 2 miliardi e mezzo per il bilancio dello Stato ma ha pestato molti piedi importanti, nei Monopoli, nelle società concessionarie e nella galassia di faccendieri che si muovono tra politica, alta burocrazia ed affari. Dicono alcuni parlamentari che Rapetto avesse ricevuto caldi inviti ad andare piano con le sue indagini, inviti che il colonnello ha del tutto ignorato contribuendo a scoperchiare un giro di malaffare i cui sviluppi sono ancora in corso. E' di oggi la notizia degli arresti domiciliari per Massimo Ponzellini 1, che quando era presidente della Bpm concesse un finanziamento da 148 milioni di euro, ritenuto irregolare, alla società Atlantis, vincitrice dell'appalto per i giochi, a sua volta controllata da una società offshore basata nelle Antille Olandesi e facente capo a Francesco Corallo, figlio di Gaetano, condannato per reati di criminalità organizzata, e legato al clan di Nitto Santapaola. In varie interrogazioni si adombra l'ipotesi che proprio questo sia il motivo che ha generato l'"ordinario criterio di rotazione del personale" in base al quale Rapetto è stato rimosso...
da qui
La Libertà Non Sta Nello Scegliere Tra Bianco E Nero, Ma Nel Sottrarsi A Questa Scelta Prescritta. (Theodor W.Adorno)
mercoledì 30 maggio 2012
lunedì 28 maggio 2012
La vita insicura di un uomo sicuro - Ilvo Diamanti
Mi chiamo Massimo, Per gli amici: Max. Ho quasi sessant'anni. Sono sposato e ho due figli. Ma vivo da solo, in una cittadina nei pressi di Verona. Mia moglie se n'è andata da tempo. Ha raggiunto sua sorella, che risiede vicino a Gallarate. Anche lei separata. Le due sorelle: possono con-vivere solo fra loro. I miei figli, invece, abitano per conto proprio. Anche se, formalmente, risiedono ancora con me. Giulia, la più vecchia (si fa per dire: ha meno di trent'anni), sta a Londra, dove è rimasta, dopo la laurea. Vi si era recata per un Master in Economia. Ha deciso di fermarsi là. Più che lavorare, fa lavori. Ma ha rapporti professionali con un'agenzia di Borsa. Fa esperienza. (E che esperienza, visti i tempi!) E poi a Londra sta bene. Ha un compagno, credo. Anche se con me parla poco della sua vita privata. Giacomo, il più giovane, ha poco più di vent'anni. Studia ancora. Ha quasi 25 anni. Vive a Bologna, dove frequenta il DAMS. Non so a che gli servirà. Ma si diverte. Ogni tanto passa per casa. Da me. Altre volte va da sua madre. Non pare intenzionato a tornare. E neppure a laurearsi troppo in fretta. Concludere gli studi ora significherebbe diventare improvvisamente precario. Così, invece, è "in formazione". In cammino. Instabile per scelta. Dal punto di vista dell'identità, pubblica e personale, è sicuramente meglio...
venerdì 25 maggio 2012
Quaderni russi. La guerra dimenticata nel Caucaso - Igort
Cecenia e Anna Politkovskaja, a fumetti.
graphic novel che vale.
da non perdere - franz
graphic novel che vale.
da non perdere - franz
…Quaderni
russi racconta tutto questo. Igort parte da un ascensore,
quello che avrebbe portato al piano del suo appartamento Anna Politkovskaja, al
numero 6 di Lesnaja Uliza di Mosca. Lì fu trovata assassinata il 7 ottobre
2006. Tre anni dopo Igort entra in quell’ascensore, oggi rozzamente dipinto
alle pareti di fregi natalizi – e non si può far a meno di pensare alle macchie
di sangue che nasconde.
Da
lì nasce quel racconto che è più d’un reportage. Igort ha passato quasi due
anni fra Ucraina, Russia e Siberia per capire cos’era stata l’Unione Sovietica
e cosa, oggi, è diventata quella terra. E lo ha capito sin troppo bene. Si è
scontrato con tutto quanto ci racconta: ha incontrato gente, ha inseguito
storie, con la stessa attitudine che era stata, appunto, quella della
Politkovskaja, ovvero non un cinico
distacco da
giornalista che deve semplicemente e solo raccontare ciò che vede e sa. No: il
racconto è un’umanissima partecipazione a ciò che è, un voler stare da una
parte, dalla parte di coloro che non si accontentano delle verità
preconfezionate distribuite come veline d’apparato…
…Un percorso a ritroso nel tempo, raccontato
magnificamente dalle tavole di Igort: stile realistico quanto crudo e toccante
il suo. La forma diario viene rispettata completamente: pagine ingiallite ed
invecchiate, testimoni del tempo trascorso, e vignette tracciate a mano,
espressione di momenti fortuiti strappati alla fatica del viaggio.
Il tratto si mantiene semplice, deciso ed essenziale attraverso un gioco di colori terracei e chine, a sfumare e riempire i disegni per marcarne l’efficacia espressiva, il realismo, la drammaticità. Ambienti, personaggi e situazioni sono definiti con intensità, attraverso la contestualizzazione, la cura di particolari essenziali e la caratterizzazione dei soggetti. Non stereotipizzazioni di ciò che è bene o male, giusto o sbagliato, ma persone reali che vivono un vuoto storico-culturale tragico…
Il tratto si mantiene semplice, deciso ed essenziale attraverso un gioco di colori terracei e chine, a sfumare e riempire i disegni per marcarne l’efficacia espressiva, il realismo, la drammaticità. Ambienti, personaggi e situazioni sono definiti con intensità, attraverso la contestualizzazione, la cura di particolari essenziali e la caratterizzazione dei soggetti. Non stereotipizzazioni di ciò che è bene o male, giusto o sbagliato, ma persone reali che vivono un vuoto storico-culturale tragico…
…Il dramma dei kulaki, già
affrontato nel precedente Quaderno, quello ucraino, torna nelle pagine finali
del libro dedicate alla Siberia, “deserto di nevi e ghiacci”, sin dall’epoca
degli zar luogo di deportazioni, torture e morte. In perfetta coerenza
stilistica con le lugubri storie dell’epoca staliniana che hanno come teatro
questi luoghi dal “freddo inumano”, qui la matita di Igort predilige i toni del
bianco e nero.
Altrove, nella rappresentazione
dell’orrore provato da una donna cecena di fronte alla visione del corpo
mutilato del proprio figlio, il geniale fumettista abbandona per un istante la
lezione del maestro Rodčenko e il suo amore per le scritte in cirillico,
citando con rigore filologico quel terribile affresco di guerra che è la
Guernica di Pablo Picasso.
giovedì 24 maggio 2012
in Quebec
Centesimo giorno di manifestazioni in Quebec contro l’aumento delle tasse universitarie dell’80 percento deciso dal Primo Ministro e capo del Partito Liberale, Jean Chares. Dopo tre mesi di proteste e prove di dialogo che non hanno sortito alcun risultato, soprattutto a causa dell’intransigenza del Primo Ministro, il confronto tra studenti e governo ha assunto contorni sempre più aspri. Quasi cento dimostranti sono stati arrestati ieri a margine della grande manifestazione che ha portato in piazza circa 250mila persone.
Oltre alle misure in tema d’istruzione, le proteste si sono concentrate contro la legge d’emergenza 78, approvata il 18 Maggio dall’Assemblea Nazionale del Quebec per porre fine agli scioperi e inasprire le pene contro i dimostranti. Nonostante tutto, l’entrata in vigore della “Loi 78”, che secondo il professore di diritto civile all’Università di Ottawa, Charles Panaccio, “concorre a instaurare un regime di repressione e paura”, non ha fermato le 250mila persone che ieri sono scese in piazza a Montréal. Infatti, contravvenendo alle disposizioni della legge speciale, la quasi totalità dei manifestanti ha deciso di non seguire il tragitto concordato con le forze dell’ordine e ha deviato per altre vie, mandando in tilt il traffico cittadino...
lunedì 21 maggio 2012
esattamente come contro gli indios
Un video, girato sabato da alcuni palestinesi del villaggio cisgiordano di Asira al al-Qibliya, mostra coloni israeliani che, spalleggiati da soldati e poliziotti israeliani, sparano contro alcuni giovani dimostranti palestinesi, uccidendo il ventiquattrenne palestinese, Fathi Asayira, che ha subìto ferite al volto.
Il villaggio di Asira è tra i più caldi e gli scontri violenti sono la norma. Il leader del consiglio del villaggio, Ahmed Abdul Hadi, si augura che le indagini israeliane possano placare la scia di violenza gratuita che colpisce i palestinesi ad Asira.
Le parole per dirlo - Alessandro Robecchi
Falcone, Morvillo, scuola, ragazzi, mattina, cassonetto, bomba, bombe, schegge, sangue, sirene, sangue, prof, genitori, bidelli, ospedale, mafia, Italia, allarme, orrore, paura, retorica, sangue, notizie, altre notizie, accertamenti, autorità, Melissa, 16 anni. Eversione, terrorismo, sangue, emergenza, Stato, mafia, ricatto, spavento, orrore. Piazza Fontana, piazza della Loggia, Italicus, Ustica, Capaci, Genova 2001, Brindisi. Il Paese si rinnova. Cordoglio, lacrime, dichiarazioni, ministri.
Crisi, tangenti e bombe ieri. Crisi, tangenti e bombe oggi. La madre di tutte le preoccupazioni, il rischio eversione, l'allarme sociale, nuovi e vecchi classici. Mafia, l'evergreen. Sangue, schegge, bombole del gas, il nostro posto nell'Europa, il nostro posto nella crescita, il nostro posto nel rigore, il nostro posto nella merda. Bombe sangue, scuola, mattina, ragazzi, spavento...
sabato 19 maggio 2012
Strage a Brindisi - La strategia del terrore - Emiliano Deiana
Una scuola.
Un muretto. Un capannello di ragazze e ragazzi. Sulle loro spalle gli zainetti e la luce della gioventù.
Un'esplosione: l'onda d'urto, lo spostamento dell'aria.
Due ragazze morte, otto feriti.
La scuola era intitolata a Francesca Morvillo, la moglie di Giovanni Falcone morta con lui nella strage di Capaci il 23 maggio 1992.
Vent'anni fa. E sembra oggi. Ed è oggi.
Io so, ma non ho le prove.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpe, sia i neo-fascisti autori delle prime stragi, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Scriveva Pier Paolo Pasolini, nel 1974.
Io so i nomi delle persone serie ed importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e i malfattori comuni, siciliani e no, che si sono messi a disposizione come killer e sicari.
Io so perchè sono un intellettuale, perchè sono uno scrittore, aggiungeva Pier Paolo.
La chiameranno Mafia, ma non è solo Mafia.
Non mi meraviglierà se arriverà una rivendicazione degli Anarchici Informali, anzi me l'aspetto...
venerdì 18 maggio 2012
Una lettura - Pierluigi Cappello
Pioveva fuori.
Aprii il libro di Odisseo
e il libro cominciò con la sconfitta.
Sotto, immaginai, c’era la fitta
schiera di cimieri e alte controcielo
le aste dei barbari di Grecia;
sulle muraglie rosse,
ma in lontananza, e delicate come
il verde degli steli fra le pietre,
quelle dei fanti d’Ilio sbigottiti.
L’incantatore greco,
qui mi conduce e qui trema – pensai –
in mezzo a questa piana di polveri e di terre
che hanno veduto rompersi difesa
e forza e rovinare all’urto
del combattente acheo
le armi d’Ettore, il fuoriclasse d’Asia.
Pioveva fuori,
dentro l’oscillare del pendolo
tagliava minuti e il frusciare
teso dei fogli.
Per tre volte intorno alle mura
e trenta miglia almeno,
legati gli stinchi al carro di guerra,
sconcio e scempio facendone,
Achille trascinò le spoglie
del principe di Priamo
finché, estenuata, la ferocia
ricadde come polvere sul campo.
Lì posava la testa bruna d’Ettore
e potevi vedere
di sotto le palpebre malchiuse
il bianco delle sclere rovesciate
e potevi sentire,
ma prima che Achille in alto levasse
via nel cielo
asta di frassino e urlo di vittoria,
salire dal corpo del vinto
il silenzio del vincitore vero.
da qui
Aprii il libro di Odisseo
e il libro cominciò con la sconfitta.
Sotto, immaginai, c’era la fitta
schiera di cimieri e alte controcielo
le aste dei barbari di Grecia;
sulle muraglie rosse,
ma in lontananza, e delicate come
il verde degli steli fra le pietre,
quelle dei fanti d’Ilio sbigottiti.
L’incantatore greco,
qui mi conduce e qui trema – pensai –
in mezzo a questa piana di polveri e di terre
che hanno veduto rompersi difesa
e forza e rovinare all’urto
del combattente acheo
le armi d’Ettore, il fuoriclasse d’Asia.
Pioveva fuori,
dentro l’oscillare del pendolo
tagliava minuti e il frusciare
teso dei fogli.
Per tre volte intorno alle mura
e trenta miglia almeno,
legati gli stinchi al carro di guerra,
sconcio e scempio facendone,
Achille trascinò le spoglie
del principe di Priamo
finché, estenuata, la ferocia
ricadde come polvere sul campo.
Lì posava la testa bruna d’Ettore
e potevi vedere
di sotto le palpebre malchiuse
il bianco delle sclere rovesciate
e potevi sentire,
ma prima che Achille in alto levasse
via nel cielo
asta di frassino e urlo di vittoria,
salire dal corpo del vinto
il silenzio del vincitore vero.
da qui
Condor spirits
Urlargli
"avvoltoi" è facile. Ma non si rischia il moralismo quando un solo
investitore incassa 400 milioni da uno Stato che non ha più soldi per pagare
gli stipendi, e oltre metà è lucro di un anno di "investimento".
Esentasse, perché l'investitore è un esiliato fiscale dagli Stati Uniti alle
Cayman (a bordo del suo 70 metri, vent'anni fa). La storia di Kenneth Dart,
dell'omonimo fondo riuscito martedì a ottenere un rimborso integrale di bond
greci che non consegnò alla ristrutturazione di marzo, sembra fatta per
irridere i greci che soffrono, e gli europei di creanza. "Due cose i greci
non sopportano più - dice un ateniese di adozione - i tedeschi che parlano di
austerità e gli avvoltoi finanziari che ci speculano". Tant'è.
Il colpo di Dart
Kenneth Dart li ha nei geni, gli animal spirits. Il nonno si affermò con le targhette di riconoscimento per i militari prima della Guerra. Il padre inventò Styrofoam, da cui Dart Containers, colosso mondiale dei contenitori in plastica. Lui, terza generazione, sotto bandiera caymanese pratica finanza creativa e immobiliare. Non ha inventato niente Dart. Ha comprato l'anno scorso, pagando circa il 60% del valore nominale, bond greci, ha incassato rendimenti a due cifre. Ha resistito allo stralcio del debito, quando il governo chiese un taglio del 75% nominale (operazione "spintanea", fatta digerire a banche e investitori ma senza obblighi formali, che avrebbero fatto scattare il default paese). Creditori per 177 miliardi hanno ingoiato il boccone ma altri 6 miliardi non sono stati consegnati, sfidando le minacce di Atene: "Non vi rimborseremo più". Sapevano, gli audaci, che la legge internazionale era dalla loro parte e che per non rischiare azioni legali con possibile default la Grecia avrebbe ripagato per intero. Puntualmente, il 15 maggio il governo Papademos, o quel che ne resta, ha pagato: "Ma l'accaduto non costituisce precedente per il futuro". A settembre scade un'altra tranche…
Il colpo di Dart
Kenneth Dart li ha nei geni, gli animal spirits. Il nonno si affermò con le targhette di riconoscimento per i militari prima della Guerra. Il padre inventò Styrofoam, da cui Dart Containers, colosso mondiale dei contenitori in plastica. Lui, terza generazione, sotto bandiera caymanese pratica finanza creativa e immobiliare. Non ha inventato niente Dart. Ha comprato l'anno scorso, pagando circa il 60% del valore nominale, bond greci, ha incassato rendimenti a due cifre. Ha resistito allo stralcio del debito, quando il governo chiese un taglio del 75% nominale (operazione "spintanea", fatta digerire a banche e investitori ma senza obblighi formali, che avrebbero fatto scattare il default paese). Creditori per 177 miliardi hanno ingoiato il boccone ma altri 6 miliardi non sono stati consegnati, sfidando le minacce di Atene: "Non vi rimborseremo più". Sapevano, gli audaci, che la legge internazionale era dalla loro parte e che per non rischiare azioni legali con possibile default la Grecia avrebbe ripagato per intero. Puntualmente, il 15 maggio il governo Papademos, o quel che ne resta, ha pagato: "Ma l'accaduto non costituisce precedente per il futuro". A settembre scade un'altra tranche…
giovedì 17 maggio 2012
Liberiamoci dalla mannaia del debito - Francesco Gesualdi
Il nuovo vento che soffia in Europa forse ci permetterà di imboccare altre strade per la soluzione del debito. Un problema che va sicuramente risolto, sapendo però che ci sono due modi per farlo: dalla parte dei creditori o dei cittadini. La politica italiana, assieme a quella europea, finora ha scelto i creditori imponendoci sacrifici fatti passare come medicine per salvare l'Italia. Il ritornello lo conosciamo: siamo sotto costante esame dei mercati, se facciamo scelte a loro gradite abbiamo qualche possibilità di cavarcela, altrimenti saremo distrutti. Implicito riconoscimento che fra Stato e mercati ormai non comandano più parlamenti e governi, ma banche, fondi di investimento, hedge fund.
Ma il guaio è che non è sempre facile indovinare la cera più giusta, i mercati assomigliano a damigelle un po' viziate che si stancano subito del vestito appena indossato e con aria annoiata ne richiedono un altro. E se in un primo momento i mercati hanno brindato di fronte alla decisione dei governi di spremere le famiglie con un aggravio di tasse per garantire ai creditori interessi più alti, oggi si dimostrano insofferenti perché sanno che togliendo ricchezza alla gente si rischia di inceppare l'intero sistema, con danno anche per loro.
I tecnici economisti, quelli che sanno servire i mercati meglio dei politici, perché hanno studiato per questo, hanno fatto subito una proposta alternativa: non è dai redditi delle famiglie che dobbiamo ottenere il latte da somministrare ai mercati, ma dal taglio della spesa pubblica, che in Italia ha raggiunto gli 800 miliardi di euro, il 50% del Pil. Una vera bestemmia per i nostri dottori in economia, che si sbarazzerebbero volentieri di pensioni e assistenza alle famiglie (300 miliardi), sanità (100 miliardi), spese degli enti locali (240 miliardi), scuola (80 miliardi). Ma i tecnici d'oltreoceano hanno subito bocciato l'idea, nientepopodimeno che per bocca di Lawrence Summers, già ministro del Tesoro e consigliere economico della Casa Bianca. In un articolo apparso sul Financial Times del 30 aprile ricorda che il taglio della spesa pubblica ha un effetto demolitivo sul Pil pari a una volta e mezzo. Come dire che a ogni euro in meno di spesa pubblica corrisponde un euro e mezzo di contrazione del Pil. In effetti non ci vuole la laurea per capire che anche la spesa pubblica rappresenta domanda per il sistema e ogni sua riduzione si ripercuote negativamente sull'intera economia. Così i nostri tecnici lavorano contro la crescita pur invocandola dalla mattina alla sera, al pari dei mercati che coltivano il caos pur invocando la stabilità.
L'unico modo per uscire da questa politica fallimentare è un cambio di prospettiva...
continua qui
Ma il guaio è che non è sempre facile indovinare la cera più giusta, i mercati assomigliano a damigelle un po' viziate che si stancano subito del vestito appena indossato e con aria annoiata ne richiedono un altro. E se in un primo momento i mercati hanno brindato di fronte alla decisione dei governi di spremere le famiglie con un aggravio di tasse per garantire ai creditori interessi più alti, oggi si dimostrano insofferenti perché sanno che togliendo ricchezza alla gente si rischia di inceppare l'intero sistema, con danno anche per loro.
I tecnici economisti, quelli che sanno servire i mercati meglio dei politici, perché hanno studiato per questo, hanno fatto subito una proposta alternativa: non è dai redditi delle famiglie che dobbiamo ottenere il latte da somministrare ai mercati, ma dal taglio della spesa pubblica, che in Italia ha raggiunto gli 800 miliardi di euro, il 50% del Pil. Una vera bestemmia per i nostri dottori in economia, che si sbarazzerebbero volentieri di pensioni e assistenza alle famiglie (300 miliardi), sanità (100 miliardi), spese degli enti locali (240 miliardi), scuola (80 miliardi). Ma i tecnici d'oltreoceano hanno subito bocciato l'idea, nientepopodimeno che per bocca di Lawrence Summers, già ministro del Tesoro e consigliere economico della Casa Bianca. In un articolo apparso sul Financial Times del 30 aprile ricorda che il taglio della spesa pubblica ha un effetto demolitivo sul Pil pari a una volta e mezzo. Come dire che a ogni euro in meno di spesa pubblica corrisponde un euro e mezzo di contrazione del Pil. In effetti non ci vuole la laurea per capire che anche la spesa pubblica rappresenta domanda per il sistema e ogni sua riduzione si ripercuote negativamente sull'intera economia. Così i nostri tecnici lavorano contro la crescita pur invocandola dalla mattina alla sera, al pari dei mercati che coltivano il caos pur invocando la stabilità.
L'unico modo per uscire da questa politica fallimentare è un cambio di prospettiva...
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mercoledì 16 maggio 2012
Chiudere Equitalia
Il
profondo malessere sociale che emerge dai drammi di queste settimane interroga
il sentimento civile di tanti.
La svolta privatistica nella gestione dei crediti pubblici, che in Italia è rappresentata da “Equitalia” (una spa, seppure a capitale pubblico), rientra in quel grave fenomeno internazionale di privatizzazione dell’interesse pubblico che pone nelle mani di pochi i destini di milioni di cittadini e riduce la vita a fenomeno di mercato. Il modello Equitalia non è una “modalità di riscuotere tasse e tributi”, ma troppo spesso la logica estrema di un profitto aziendale che si nutre delle vicissitudini e delle difficoltà delle persone, delle loro biografie e delle loro inadeguatezze in una fase di recessione.
La nascita di questa società infatti ha obiettivamente introdotto comportamenti particolarmente spregiudicati e giuridicamente aggressivi, che in teoria dovrebbero servire a recuperare l’evasione fiscale, ma troppo spesso si traducono in
dinamiche asfissianti proprio per le fasce più deboli della popolazione.
Interessi sul debito che rapidamente decollano verso percentuali impressionanti, pignoramenti e ipoteche anche su beni primari (come la casa di abitazione), cartelle esattoriali spropositate e gestite iniquamente nel solo interesse dei creditori, senza riguardo per i debitori, aggrediti da modalità che cercano di ricavare il massimo guadagno dalle loro difficoltà. Per non parlare dell’ulteriore tasso (“aggio”) del 5% che viene incassato dalla stessa Equitalia…
La svolta privatistica nella gestione dei crediti pubblici, che in Italia è rappresentata da “Equitalia” (una spa, seppure a capitale pubblico), rientra in quel grave fenomeno internazionale di privatizzazione dell’interesse pubblico che pone nelle mani di pochi i destini di milioni di cittadini e riduce la vita a fenomeno di mercato. Il modello Equitalia non è una “modalità di riscuotere tasse e tributi”, ma troppo spesso la logica estrema di un profitto aziendale che si nutre delle vicissitudini e delle difficoltà delle persone, delle loro biografie e delle loro inadeguatezze in una fase di recessione.
La nascita di questa società infatti ha obiettivamente introdotto comportamenti particolarmente spregiudicati e giuridicamente aggressivi, che in teoria dovrebbero servire a recuperare l’evasione fiscale, ma troppo spesso si traducono in
dinamiche asfissianti proprio per le fasce più deboli della popolazione.
Interessi sul debito che rapidamente decollano verso percentuali impressionanti, pignoramenti e ipoteche anche su beni primari (come la casa di abitazione), cartelle esattoriali spropositate e gestite iniquamente nel solo interesse dei creditori, senza riguardo per i debitori, aggrediti da modalità che cercano di ricavare il massimo guadagno dalle loro difficoltà. Per non parlare dell’ulteriore tasso (“aggio”) del 5% che viene incassato dalla stessa Equitalia…
Si
tratta spesso di lavoratori dipendenti, pensionati, precari, artigiani…
Mentre i grandi evasori fiscali hanno strumenti legali ed extra-legali molto più efficaci per sottrarre i propri profitti alla leva fiscale. Questo produce una percezione sociale di ingiustizia che non va assolutamente sottovalutata perchè sta paradossalmente affermando il principio per cui ad essere illegale é la povertà!
Non possiamo dimenticare che il contesto in cui viviamo è quello della crisi economica più importante dalla fine della seconda guerra mondiale e che insieme alle cosiddette “politiche di austerity” ha accresciuto pesantemente un disagio sociale già molto diffuso nel Sud.
Perciò proprio Napoli può essere un punto di partenza di una riflessione che riguarda l’Italia intera.
Come in un quadro rovesciato rispetto a qualche decennio fa, infatti, non viviamo più nel paese dei piccoli risparmiatori, ma in una società in cui il debito rischia di diventare una condizione di cittadinanza che assedia a vita tantissime persone. Una vera e propria fabbrica di cittadini indebitati che preoccupa per il futuro e per la
qualità della vita democratica nel paese.
Per affrontare questi nodi non può più essere un tabù prendere in considerazione forme di moratoria del debito per le fasce deboli della popolazione e la fuoriuscita da un sistema privatistico del recupero crediti degli enti pubblici che non va in sintonia con principi di giustizia e di equità sociale.
Mentre i grandi evasori fiscali hanno strumenti legali ed extra-legali molto più efficaci per sottrarre i propri profitti alla leva fiscale. Questo produce una percezione sociale di ingiustizia che non va assolutamente sottovalutata perchè sta paradossalmente affermando il principio per cui ad essere illegale é la povertà!
Non possiamo dimenticare che il contesto in cui viviamo è quello della crisi economica più importante dalla fine della seconda guerra mondiale e che insieme alle cosiddette “politiche di austerity” ha accresciuto pesantemente un disagio sociale già molto diffuso nel Sud.
Perciò proprio Napoli può essere un punto di partenza di una riflessione che riguarda l’Italia intera.
Come in un quadro rovesciato rispetto a qualche decennio fa, infatti, non viviamo più nel paese dei piccoli risparmiatori, ma in una società in cui il debito rischia di diventare una condizione di cittadinanza che assedia a vita tantissime persone. Una vera e propria fabbrica di cittadini indebitati che preoccupa per il futuro e per la
qualità della vita democratica nel paese.
Per affrontare questi nodi non può più essere un tabù prendere in considerazione forme di moratoria del debito per le fasce deboli della popolazione e la fuoriuscita da un sistema privatistico del recupero crediti degli enti pubblici che non va in sintonia con principi di giustizia e di equità sociale.
martedì 15 maggio 2012
Gaza 1956 - Joe Sacco
chiamarlo fumetto è poco, graphic novel ancora poco, è grande giornalismo e una storia sottratta all'oblio.
imperdibile - franz
imperdibile - franz
L'impossibilità di trovare parole
nuove, di poter descrivere l'orrore senza passare per le convenzioni
linguistiche che hanno spogliato di significato gli eventi più sanguinosi,
rischia di far affogare la tragedia nella quotidiana assuefazione alla violenza.
Questo è il primo problema che Joe Sacco riscontra nell'indagine condotta
durante la stesura del suo libro. E' possibile sciacquare le parole, donare
nuova potenza e significato alla cronaca di uno dei teatri più violenti della
storia? Forse si può ancora, magari raccontando con le immagini quello che non
sappiamo o non possiamo vedere. I numeri diventano persone, e per un istante
viene restituita a queste vite la dignità della loro esistenza. Non sono
fumetti, perché già dopo le prime pagine si diventa parte comune degli
accadimenti, senza essere mai stuzzicati dal riscontrare artificiose finzioni
costruite per impressionare chi sta leggendo. E' giornalismo puro, quello di
Sacco. C'è una sintesi necessaria, certo, ma il suo metodo riassume quella lezione
mai scontata di ricerca della verità e di confronto attento delle fonti. Un
lavoro di ricerca impegnativo. E, in molti punti cruciali, assai diverso dalle
versioni ufficiali dei documenti dell'Onu e di quelli israeliani…
…Il lavoro storiografico di Sacco è stato
immane nel cercare di ricostruire quello che la storia ufficiale ha dimenticato
o tralasciato di raccontare o raccontato con incompiutezza. Insieme al fedele
amico Abed, sua guida ed interprete, Sacco ascolta, annota, ricostruisce ed
espunge dalla sua ricostruzione i ricordi traballanti o confusi. Ma sebbene
molto spesso traballanti, la verità essenziale, come ricorda Sacco in una
intervista, è che questi avvenimenti
sono successi davvero. Quelle persone possono aver dimenticato dei particolari,
confuso i tempi e scordato i nomi dei morti: ma hanno vissuto quei drammatici
momenti ed è quindi importante raccontarli e che la gente ne venga a
conoscenza. La sua speranza è che quanto da lui raccontato serva a ricordare il
passato per capire come “l'odio sia stato piantato nei cuori” ed evitare di
ripeterlo in futuro…
…Se proprio bisogna trovare un difetto in questa opera, forse
risiede nella cautela nel vagliare le fonti dell’autore stesso, che ci viene
ricordata a partire dall’introduzione fino al termine del fumetto. Sacco sa
bene che la sua indagine si scontrerà con ricordi inaffidabili, testimoni
suggestionati, documenti mancanti, inaffidabili o controversi. Forse questi
scrupoli influenzano il lettore dal punto di vista della credibilità
giornalistica dell’opera, ma d’altro canto non intaccano il valore emozionale.
Anzi, i racconti talvolta esagerati (come quello del sopravvissuto a trentasei
pallottole in testa) e le testimonianze che si accavallano o si contraddicono,
di anziani sopravvissuti a un elenco insopportabile di tragedie, sono il vero
valore di Gaza 1956. E forse
Sacco dovrebbe dividere con loro il prestigioso Eisner Award 2010 come
“migliore autore completo per un’opera realistica” vinto per questo volume.
Con questa opera, forse la sua più ambiziosa, Sacco non è più
ormai debitore solo del new journalism in
stile Wolfe e Capote, ma di
interpretazioni storiografiche che vedono l’importanza dell’uomo e solo
dell’uomo come motore della Storia. E restituisce la legittima notorietà a quei
fatti, e quindi a quelle vittime e quei sopravvissuti, trasformando le storie
in Storia.
Prima che una grande lezione di fumetto, Gaza 1956 è una grande lezione di giornalismo.
Prima che una grande lezione di fumetto, Gaza 1956 è una grande lezione di giornalismo.
lunedì 14 maggio 2012
Esperanto - Otto Gabos
un viaggio in un mondo vicino e lontano. con una storia solida.
bello - franz
bello - franz
Esperanto è la lingua artificiale ideata
nell’Ottocento da un oftalmologo polacco di origine ebraica, Ludwik Lejzer
Zamenhof, come linguaggio ausiliario che tra le altre cose avrebbe dovuto
facilitare il dialogo tra i popoli – superando le barriere linguistiche e le
reciproche incomprensioni. Otto Gabos è partito da quella utopia ottocentesca
un po’ dimenticata come spunto iniziale per imbastire il suo nuovo romanzo
grafico, intitolato proprio Esperanto e uscito in queste settimane per la casa
editrice Black Velvet (144 pagine, 18 euro). Lo sfondo che avvolge le vicende
della storia è una città di nome Esperantia dove si parla quell’idioma come
lingua madre. Un universo parallelo in cui l’umanità, giunta sull’orlo di una
guerra civile devastante, ha deciso di sublimare la propria aggressività nel
gioco, bandendo ogni forma di conflitto armato dalla propria società. Si tratta
di una incursione del disegnatore e scrittore cagliaritano nel linguaggio
narrativo della fantascienza e della letteratura distopica, con un affresco
molto ambizioso che si svolge su più livelli: rapporti personali e progetti
politico-sociali che si intrecciano in una storia dal ritmo incalzante,
dominata dalle tonalità un po’ cupe e dalle architetture - sontuosamente
tratteggiate - della città e dei suoi sotterranei…
domenica 13 maggio 2012
Quirra
«Vi è un inquinamento interno e purtroppo anche all’esterno del Poligono con il superamento dei valori limite previsti dalla legge e con la presenza di anomalie di sostanze chimiche e in alcuni casi radioattive che è di tutta evidenza». Sono le parole riferite dal procuratore di Lanusei, Domenico Fiordalisi, davanti alla commissione parlamentare d'inchiesta al Senato sul caso Quirra. La testimonianza fiume è durata un'ora e quarantadue minuti, come riportato dalle registrazioni di Radio Radicale.
Quella che emerge dalla ricostruzione del magistrato è una realtà shock: nel territorio interno al Poligono Interforze di Quirra, secondo quanto si legge nel 'resoconto sommario' del Senato, per 24 anni "sono stati effettuati numerosi brillamenti per la distruzione di materiale militare obsoleto, che hanno prodotto nelle aree circostanti un effetto di vera e propria desertificazione". Per la Procura di Lanusei questa attività sarebbe stata svolta "illecitamente per un periodo compreso tra il 1984 ed il 2008, data nella quale sono cessati"...
qui l'audio dell'intervento di Fiordalisi
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sabato 12 maggio 2012
giovedì 10 maggio 2012
Il viaggio di Ibn Fattouma – Nagib Mahfuz
un libro di domande e di conoscenza, curiosità, libertà e amore, e poi capisci perché qualcuno voleva ammazzarlo.
bello davvero - franz
bello davvero - franz
Quando la donna che ama e vorrebbe
sposare gli viene ingiustamente sottratta da un uomo più potente di lui, Ibn
Fattouma decide di mettersi in viaggio per raggiungere la mitica terra di
Gebel, da cui nessuno ha mai fatto ritorno e dove spera di trovare saggezza e
conoscenza per sé e la sua gente. Per raggiungerla, la sua carovana dovrà
attraversare cinque nazioni, ognuna con la propria religione e il proprio
governo. La prima è Mashriq, soggetta a un despota e abitata da schiavi nudi
che inneggiano alla Luna; poi Haira, una nazione teocratica governata
dall'esercito; la terza è Halba, terra di estrema libertà; segue Aman, società
dove regnano giustizia e ordine ma nella quale sembra non esserci spazio per i
sentimenti; infine Ghuroub, dove vige il culto della Ragione. Ibn Fattouma
subisce un'iniziale fascinazione da parte di ciascuna, ma alla fine si rende
conto che il dolore e la guerra regnano ovunque, tanto da temere che la stessa
terra di Gebel sia solo un sogno. Pubblicato in arabo nel 1983, "Il viaggio
di Ibn Fattouma" è una favola magica e raffinata sulla ricerca della
società perfetta, sul desiderio mai appagato di felicità, ma anche, tra le
righe, una velata critica a quell'Islam cui Mahfuz stesso appartiene.
…The
Journey of Ibn Fattouma is
a clever if occasionally too simplistic parable of different forms of
government and society, seen especially -- and very effectively -- in relation
to Islam (both theoretical and the less-than-perfect real-life examples of
Islamic states). Qindil's travels and observations are engaging and very nicely
related -- though much is a bit too quickly brushed over. War breaks out
several times too often; presented as it is, it comes to look like an
inevitability in practically each of these situations, which doesn't seem to be
what Mahfouz means. Qindil's love-life is also a bit odd, his passion
understandable but also too quickly indulged in (and then disposed of, as he
leaves family after family behind). But the strengths of the text easily
outweigh all the weaknesses.
An enjoyable and thoughtful novel, certainly
recommended.
I think
that the Journey of Ibn Fattuouma is the most fitting book we’ve read in class.
The book is about traveling unlike any of the other books we’ve read, because
whereas the other books are stories of travel, this one is travel. It shows the
main character in every type of travel environment. The main theme of the book
is finding oneself through travel...
mercoledì 9 maggio 2012
lunedì 7 maggio 2012
domenica 6 maggio 2012
Fuori di me - Didier Van Cauwelaert
poi ne hanno fatto un film, e si capisce, una storia magari letta e vista altre volte, è un libro che ti
tiene attento fino all’ultima pagina senza cadute di tensione
Didier Van Cauwelaert sa scrivere - franz
Martin Harris, biogenetico americano, in Francia per collaborare al
progetto di un collega sui pericoli degli organismi geneticamente modificati,
esce dal coma dopo un incidente stradale. Felice di ricominciare a vivere,
torna a casa e suona il campanello del suo appartamento. Lo sconosciuto che gli
apre la porta si chiama... Martin Harris. La moglie afferma di non averlo mai
visto, i suoi vicini e i suoi colleghi non sanno chi sia. In una corsa
disperata per riprendersi la sua identità, ritrova il neuropsichiatra da cui è
stato in cura, che ritiene che forse ha sviluppato una doppia personalità. Più
cerca una spiegazione, più la situazione si complica e rischia di passare per
un malato mentale e di essere internato. Fino a quando non assume un
detective...
venerdì 4 maggio 2012
mercoledì 2 maggio 2012
Il vaglia - Ousmane Sembène
un libro divertente e amaro, sulla burocrazia e la corruzione.
merita la lettura - franz
...Sambene Ousmanesegue Ibrahim, il protagonista, in un viaggio reale e metaforico attraverso Dakar. E’ il percorso quotidiano del cittadino senegalese post Indipendenza, diviso tra tradizione e modernità, Africa e Occidente, povertà e ricchezza, sogno e realtà. Nel tentativo di ritirare i soldi Ibrahim si trova ad affrontare numerosi ostacoli nella città della burocrazia dove prevale la regola del denaro e dove lui non ha autorità: egli è infatti analfabeta, non parla francese e non ha documenti. Per conquistare l’ oggetto del desiderio, il denaro,Ibrahim deve superare delle prove che lo trasformeranno in un eroe solitario,in quanto consapevole della corruzione della propria società. Elemento centrale del film è il denaro che, grazie alla sua provenienza francese, sembra detenere un potere magico. L'arrivo del vaglia rompe i già fragili equilibri di una società urbana povera dove la tradizionale solidarietà africana si è trasformata in una forma di sciacallaggio. Pur utilizzando un linguaggio metaforico, lo sguardo del regista rimane saldamente ancorato alla realtà. Mandabi , denuncia lucidamente la corruzione e l’eccessiva burocratizzazione della società senegalese e non presenta possibili soluzioni…
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