mercoledì 11 luglio 2012

Il vecchio pozzo - Magda Szabó

il mondo dell'infanzia di Magda, con le sue parole e i suoi ricordi.
un mondo magico, per molti, se si ricordano.
un libro da leggere lentamente, col dispiacere che finisca - franz





In quel pozzo esiste il meraviglioso mondo capovolto dell’infanzia felice e perduta, trasformata poi nel mondo interiore da cui scaturiscono le invenzioni poetiche e narrative della futura scrittrice. E ci sono i genitori, a loro volta scrittori “mancati”, c’è la città ungherese di Debrecen, con la sua bellezza scintillante della primavera e delle feste di Natale, gli animali amati (soprattutto i gatti), i parenti, i giochi, la scuola. Dal pozzo, quando Magda ritorna alla vecchia casa ormai adulta e carica di una vita difficile, saltano fuori tutte queste meraviglie e danno vita ad un nuovo romanzo. Non deve essere stato difficile alla bimba che viveva in quella casa pensare di diventare un giorno una scrittrice, come dimostra la scena rappresentata nelle prime pagine del “Vecchio pozzo”, che spiega come i genitori, , passano le serate a inventare fiabe mirabolanti insieme alla loro figlioletta, la quale partecipa attivamente alla creazione di questi mondi magici, perché , scrive la Szabo’, e da autentici , madre, padre e figlia passano le ore a inventare mostri giganteschi presto debellati, nuvole acchiappate con un semplice fischio, invenzioni strampalate e persino un tantino preveggenti, regni stabiliti in isole remote, dove l’erede al trono assomiglia immancabilmente a Ifi, il gatto di casa.

Questo è dunque, rispetto agli altri, un libro (del 1970, tradotto ora in italiano) di memorie reali ma raccontate con la forza narrativa di una grande romanziera. Uno poi magari vi ritrova singolari consonanze con la propria esperienza: “chiunque ripensi ai giochi della propria infanzia ricorda quanto poco importante fosse appesantire la fantasia con elementi esteriori, bastava sedersi tra le quattro gambe all’aria del tavolo capovolto, immaginando di essere in un mare in tempesta, e solo un folle non avrebbe visto che le onde intorno…( chi mai non ha rovesciato sedie e tavoli per farne vascelli?). Su un tessuto commovente di episodi, affetti, sogni e timori si innestano memorie più profonde, come nell’ammirazione per il realismo buono della mamma: “la sua leggerezza nel sopportare l’esistenza, l’incrollabile serenità che manteneva in ogni circostanza, la gioia che mostrava assaporando la bellezza prodigiosa elargita spontaneamente dal mondo – la pioggia, un albero, un libro, una serratura insolita, i quadri appesi al museo, un fungo… - erano una specie di miracolo divino”…

Nessun commento:

Posta un commento