…L’errore di fondo, commesso in particolar modo dalla Germania, è
stato una concezione dell’unione monetaria completamente sbagliata. Il governo
federale ha interpretato l’unione monetaria – lo stesso hanno fatto i governi
che l’hanno preceduto – come una comunità di stati fondata sulla concorrenza.
In questa competizione i singoli paesi devono mostrarsi capaci di sopravvivere
per poter restare legittimi membri dell’unione monetaria. Secondo tale
prospettiva ogni paese dovrà adottare un proprio modello di business. Per
alcuni – come a Cipro – il modello sarà basato su di una bassa tassazione ed
una regolamentazione meno severa – a spese di altri paesi nell'unione
monetaria. Un altro modello di business potrebbe essere fondato sulla
moderazione salariale e lo smantellamento dei sistemi di sicurezza sociale al
fine di raggiungere una maggiore competitività. Ma ciò sta portando ad una
forte avversione dei cittadini verso l’Euro. E ciò non aiuta. Al contrario: le
misure adottate hanno spinto la zona Euro in una dura recessione in cui né la
disoccupazione né i debiti pubblici potranno essere ridotti in tempi
prevedibili.
Cosa possiamo imparare da tutto questo? Primo:
una politica economica fondata esclusivamente su di un miglioramento delle
condizioni sul lato dell’offerta, in una situazione economica con bassa
domanda, è destinata a fallire. Senza una domanda sufficiente nessuna impresa
potrà imporsi, indipendentemente da quanto economiche saranno le sue
produzioni. Questo punto di vista si diffonde gradualmente anche fra i governi
della zona Euro. Anche per questo – in maniera più o meno timida – sono stati
messi in campo dei programmi per aumentare la domanda.
Il secondo insegnamento è tuttavia ancora più
fondamentale. È stato un errore trasferire all’interno di una unione monetaria
composta da stati sovrani il modello privato fondato sulla concorrenza. Mentre
la concorrenza fra imprese porta a risultati macroeconomici desiderabili,
quella fra stati è improduttiva o addirittura dannosa. Il motivo è semplice:
quando le aziende si fanno concorrenza, nascono nuovi prodotti e modi di
produrre più efficienti – quindi nuove fonti di ricchezza. Se invece gli stati
entrano in concorrenza fra di loro, la ricchezza viene distrutta.
Questo è nella natura della concorrenza. Dove
questa esiste, deve essere possibile il fallimento. Le imprese fallite
scompaiono dal mercato. La concorrenza può acquisirne i clienti e creare nuovi
posti di lavoro. Gli stati falliti restano, e soprattutto gli uomini che li
abitano. Vivranno con un benessere sensibilmente inferiore. Inoltre, per
evitare una destabilizzazione politica avranno bisogno di essere alimentati
finanziariamente dagli altri stati…
…Perché questa concorrenza è caratterizzata da
un’elevata pressione: per mantenere un vantaggio competitivo e trattenere le
imprese, le aliquote fiscali devono restare necessariamente basse. In questo
modo anche la base imponibile degli stati vincitori si erode costantemente. Ciò
diventa evidente ad esempio con il degrado delle infrastrutture, per le quali a
causa del calo delle entrate non ci sarà più denaro. Le opportunità di impiego
e di crescita scompaiono. Anche il presunto vincitore finisce per perdere…
lo squilibrio fra offerta e domanda è un pò il vizio congenito del capitalismo.
RispondiEliminaincredibile che ancora la teoria economica non si renda conto di questo con sufficiente chiarezza. eppure è abbastanza palese.
la seconda considerazione sulla concorrenza fra Stati è più interessante.
peccato un pò semplificativa: trattasi di concorrenza al ribasso, che è ovviamente nociva.
ma potrebbe non esser l'unica: uno Stato potrebbe progettare politiche economiche di lungo termine, focalizzate -ad esempio- sul capitale umano ed attrarre così investimenti; piuttosto che puntare al costo della manodopera.
anche questa sarebbe concorrenza
purtroppo hai ragione solo dal punto di vista teorico, nel mondo di oggi.
RispondiEliminapensa alla parola riforma, cosa ha significato la riforma sanitaria, 30-35 anni fa, l'universalità del SSN, ha un costo, come lo avrebbe la concorrenza che dici tu, poi tutti staremmo meglio.
ma chi ancora, fra i governanti, ragiona in termini di storia e generazioni?
oggi le riforme sono solo quelle che tolgono diritti, e la concorrenza è solo verso il basso, purtroppo