Palermo, 12 luglio 2007
Caro Alex,
forse tu potresti capire perché non aziono il pulsante del semaforo pedonale e aspetto pazientemente, per attraversare la strada, che non ci siano automobili vicine. Quella che agli occhi di un passante può apparire una condotta civica poco adeguata è solo, da parte mia, il disperato tentativo di non aumentare i livelli di anidride carbonica nell'aria con la fuoriuscita dei gas di scarico della dozzina di macchine che, per qualche decina di secondi, si sarebbero dovute fermare per consentirmi di attraversare con sicurezza la via Oreto.
Ormai è quasi un’ossessione.
A Natale, mi rovina la festa il pensiero che la montagna infinita di panettoni, il tripudio di luminarie per tutta la città, la corsa ai regali infiocchettati non facciano che accrescere colpevolmente il logoramento del pianeta…Gli scaffali dei negozi, traboccanti di merci e cianfrusaglie, mi danno sconcerto e disgusto. Di ogni oggetto, più che il valore d’uso o quello di scambio, considero il peso dell’impatto ambientale. E soffro per la nostra Madre terra depredata, ferita, inquinata.
Ci manchi da 12 estati. Se fossi qui, avresti 61 anni. Saresti un poco più curvo, con i capelli grigi e qualche ruga in più sulla fronte. Sono certa che avresti sempre il tuo sorriso “da coniglio intelligente e affettuoso” e quell'aria ironica, buona, curiosa da eterno ragazzo, “quell'aria eternamente trafelata e provvisoria, i sandali francescani d’estate e il maglione norvegese d’inverno”.
Non saresti invecchiato: lo avrebbero impedito la tua coerenza, la tua pulizia, la tua capacità di guardare alle cose con occhi sempre nuovi. Per te, la fanciullezza non era un dato anagrafico, ma una condizione dell’anima.
All'alba del 3 luglio di dodici anni fa ci voleva una mano che ti sfiorasse, qualcuno che ti accarezzasse il ciuffo, che sapesse abbracciarti interamente. Che ti “tenesse” per intero, nella mente e nel cuore.
Due anni prima, avevi confessato “Vivo in un tale incrocio di dolori che non riesco né a dare né a ricevere quel che vorrei, e ho deciso di usare e rispettare più di prima le corazze difensive del caso”.
Bisognava abbattere quella corazza.
C’era una volta un bravo ragazzo: sveglio e curioso, con un’ intelligenza lucida e critica.
Era nato il 22 febbraio 1946, a Sterzing-Vipiteno, in SüdTirol-Alto Adige, una bellissima terra di confine. Che, austriaca sino al 1918, ospitava una maggioranza di lingua tedesca – tra cui la sua famiglia, il papà nato a Vienna - e una minoranza italiana.
Questo ragazzo per strada giocava a indovinare chi parlava tedesco e chi italiano, verificando col saluto. Non sbagliava quasi mai…
forse tu potresti capire perché non aziono il pulsante del semaforo pedonale e aspetto pazientemente, per attraversare la strada, che non ci siano automobili vicine. Quella che agli occhi di un passante può apparire una condotta civica poco adeguata è solo, da parte mia, il disperato tentativo di non aumentare i livelli di anidride carbonica nell'aria con la fuoriuscita dei gas di scarico della dozzina di macchine che, per qualche decina di secondi, si sarebbero dovute fermare per consentirmi di attraversare con sicurezza la via Oreto.
Ormai è quasi un’ossessione.
A Natale, mi rovina la festa il pensiero che la montagna infinita di panettoni, il tripudio di luminarie per tutta la città, la corsa ai regali infiocchettati non facciano che accrescere colpevolmente il logoramento del pianeta…Gli scaffali dei negozi, traboccanti di merci e cianfrusaglie, mi danno sconcerto e disgusto. Di ogni oggetto, più che il valore d’uso o quello di scambio, considero il peso dell’impatto ambientale. E soffro per la nostra Madre terra depredata, ferita, inquinata.
Ci manchi da 12 estati. Se fossi qui, avresti 61 anni. Saresti un poco più curvo, con i capelli grigi e qualche ruga in più sulla fronte. Sono certa che avresti sempre il tuo sorriso “da coniglio intelligente e affettuoso” e quell'aria ironica, buona, curiosa da eterno ragazzo, “quell'aria eternamente trafelata e provvisoria, i sandali francescani d’estate e il maglione norvegese d’inverno”.
Non saresti invecchiato: lo avrebbero impedito la tua coerenza, la tua pulizia, la tua capacità di guardare alle cose con occhi sempre nuovi. Per te, la fanciullezza non era un dato anagrafico, ma una condizione dell’anima.
All'alba del 3 luglio di dodici anni fa ci voleva una mano che ti sfiorasse, qualcuno che ti accarezzasse il ciuffo, che sapesse abbracciarti interamente. Che ti “tenesse” per intero, nella mente e nel cuore.
Due anni prima, avevi confessato “Vivo in un tale incrocio di dolori che non riesco né a dare né a ricevere quel che vorrei, e ho deciso di usare e rispettare più di prima le corazze difensive del caso”.
Bisognava abbattere quella corazza.
C’era una volta un bravo ragazzo: sveglio e curioso, con un’ intelligenza lucida e critica.
Era nato il 22 febbraio 1946, a Sterzing-Vipiteno, in SüdTirol-Alto Adige, una bellissima terra di confine. Che, austriaca sino al 1918, ospitava una maggioranza di lingua tedesca – tra cui la sua famiglia, il papà nato a Vienna - e una minoranza italiana.
Questo ragazzo per strada giocava a indovinare chi parlava tedesco e chi italiano, verificando col saluto. Non sbagliava quasi mai…
Grazie per la condivisione.
RispondiEliminaChe lo sguardo profetico dell'Alex ecologista, cosmopolita, costruttore di ponti, possa ancora suggerirci nuovi orizzonti. Per una vita -individuale e collettiva - "più dolce, più lenta, più profonda".
certe biografie sono da sole quasi lettere d'amore.
RispondiEliminae il suo "più dolce, più lenta, più profonda" e il motto di un altro mondo possibile.