“Ma tu
come fai ad andare avanti?”. Col mio amico ci conosciamo da così tanto tempo
che gli consento di prendersi queste confidenze. Anche perché poi lavoriamo
nello stesso settore, quello della cultura: per cui è inutile bluffare. Se
essere disperati significa soprattutto essere senza speranza ecco, noi forse
ormai lo siamo. Ci confidiamo qualche tecnica di sopravvivenza e ci scambiamo
qualche promessa reciproca di darci una mano se alcuni progetti a cui stiamo
lavorando andranno avanti. Tutti i libri che abbiamo scritto e letto, tutti gli
spettacoli che abbiamo visto e scritto non servono a niente adesso. Ironizziamo
ricordandoci come, trent’anni fa ci sembrava strano che nei paesi dell’est i
professori d’orchestra facessero la fame: adesso anche noi abbiamo case piene
di libri e conti in banca miserevoli.
In radio
incrocio un altro operatore culturale che si occupa di musica: “E’ un
disastro”, mi dice. “Dobbiamo aggiungere altro?”. “No”, gli dico: “E’ finita”.
Mi chiama
un amico, uno che si occupa di libri: “Mi sto organizzando in continente”, mi
dice. È bravo, ce la farà.
Torno a
casa. Nella casella di posta trovo l’appello di un attore:
Carissimi,
prima che leggiate queste righe, vi prego di comprendere quale immane sforzo
psicologico abbia dovuto sopportare, ma non posso oramai nemmeno occuparmi di
una dignità. Una spiegazione pubblica per quel che andrò a fare oggi, e di
quanto leggerete qui di sotto, è necessaria solo in virtù del mio ruolo di uomo
di spettacolo.
Da oggi, 22 settembre 2014, apro la mia nuova bottega sotto i portici di Via Roma.
Si torna dunque a far teatro in strada. Cercherò di offrire ancora il mio lavoro e “piazzare” qualche cd audio degli spettacoli da me prodotti. Chiederò anche un contributo/offerta e quel che si possa meritare nelle possibilità degli amici e dei passanti, basterà anche la sola visita, eccome!
Nessun grido di protesta oltre le righe, niente comunicati stampa contro alcuno di preciso, né rabbia, né altre storie già viste, non servono e alimentano solo fraintendimenti e strumentalizzazioni.
Non è facile trovare un colpevole o una causa definita.
Credo sia un sistema intero che stia implodendo in modo vertiginoso e la cultura, il teatro e le altre arti della scena che “non consistono” sono i primi a doverne subire la disfatta.
La situazione paradossale è che vivo professionalmente in un momento particolarmente felice, ma finanziariamente difficile, forse troppo impegnativo e ingarbugliato, tanto da non possedere più alcuna soluzione per poter andare avanti.
Da qualche anno è come se si fossero tagliate ogni risorsa finanziaria al mio favore o valore (?) e non so per quale motivo, davvero. Credo siano solo fatali coincidenze, capitano anche queste. Eppure non chiedo tanto, chi mi conosce bene sa anche che non è nel mio stile: una normale prestazione di lavoro.
Bene, oggi mi ritrovo a cinquantasei anni, (trentasei dedicati al teatro) con niente, letteralmente, nemmeno un centesimo di risparmio. Una famiglia di due bambini e moglie, a carico, disoccupato, casa in affitto e senza un lavoro; dico qualsiasi lavoro attinente al mio campo, perché possa farmi pensare ad una minima sopravvivenza.
Non posso neppure cambiare mestiere per sopraggiunti “improvvisi” limiti di età.
Serve altro?
Mi rimane la strada. Il mio vecchio palcoscenico, la mia scuola.
Ora ognuno si dovrà assumere le proprie responsabilità, me per primo, sempre che valga al merito dei fatti e delle cose il mio essere qui, dopo trentasei anni di teatro e di meraviglia. Così è, se ci pare. Vi aspetto, portate il caffè…
Grazie per quanto potrete fare.
Un caro saluto, Gaetano Marino.
Da oggi, 22 settembre 2014, apro la mia nuova bottega sotto i portici di Via Roma.
Si torna dunque a far teatro in strada. Cercherò di offrire ancora il mio lavoro e “piazzare” qualche cd audio degli spettacoli da me prodotti. Chiederò anche un contributo/offerta e quel che si possa meritare nelle possibilità degli amici e dei passanti, basterà anche la sola visita, eccome!
Nessun grido di protesta oltre le righe, niente comunicati stampa contro alcuno di preciso, né rabbia, né altre storie già viste, non servono e alimentano solo fraintendimenti e strumentalizzazioni.
Non è facile trovare un colpevole o una causa definita.
Credo sia un sistema intero che stia implodendo in modo vertiginoso e la cultura, il teatro e le altre arti della scena che “non consistono” sono i primi a doverne subire la disfatta.
La situazione paradossale è che vivo professionalmente in un momento particolarmente felice, ma finanziariamente difficile, forse troppo impegnativo e ingarbugliato, tanto da non possedere più alcuna soluzione per poter andare avanti.
Da qualche anno è come se si fossero tagliate ogni risorsa finanziaria al mio favore o valore (?) e non so per quale motivo, davvero. Credo siano solo fatali coincidenze, capitano anche queste. Eppure non chiedo tanto, chi mi conosce bene sa anche che non è nel mio stile: una normale prestazione di lavoro.
Bene, oggi mi ritrovo a cinquantasei anni, (trentasei dedicati al teatro) con niente, letteralmente, nemmeno un centesimo di risparmio. Una famiglia di due bambini e moglie, a carico, disoccupato, casa in affitto e senza un lavoro; dico qualsiasi lavoro attinente al mio campo, perché possa farmi pensare ad una minima sopravvivenza.
Non posso neppure cambiare mestiere per sopraggiunti “improvvisi” limiti di età.
Serve altro?
Mi rimane la strada. Il mio vecchio palcoscenico, la mia scuola.
Ora ognuno si dovrà assumere le proprie responsabilità, me per primo, sempre che valga al merito dei fatti e delle cose il mio essere qui, dopo trentasei anni di teatro e di meraviglia. Così è, se ci pare. Vi aspetto, portate il caffè…
Grazie per quanto potrete fare.
Un caro saluto, Gaetano Marino.
Torno a
casa, ormai è sera. Arriva un sms da un amico regista che mi informa:
Non si
placa la rabbia degli operatori dello spettacolo dal vivo. Un ennesimo grido di
allarme è stato lanciato dagli operatori dell’Agis, l’associazione che
rappresenta le più importanti associazioni di spettacolo dal vivo in Sardegna.
Ad oltre un mese di distanza dalla delibera della Giunta regionale del 7 agosto
2014, che sanciva quantomeno l’assegnazione dei fondi attualmente in bilancio
per il finanziamento delle attività di spettacolo, l’assessorato della Pubblica
istruzione della Regione non ha provveduto ad inviare le relative comunicazioni
formali e, tantomeno, ad erogare le anticipazioni di legge.
Oltre al
danno del taglio di oltre il 40 per cento dei fondi per lo spettacolo si aggiunge
la beffa della mancata erogazione delle poche risorse disponibili. Nostro
malgrado, e con grande disappunto, siamo costretti a denunciare a questo
proposito la leggerezza con la quale, all’indomani della delibera del 7 agosto,
venne annunciato da parte di autorevoli esponenti del governo regionale “un
importante investimento nella cultura”, con l’effetto ovvio di portare gli
organismo di spettacolo, già stremati e indebitati fino al collo, a non
interrompere le attività, e poi ci si ostina a non considerare “prioritari” i
pagamenti dovuto a favore degli organismi del settore.
Ribadiamo
per l’ennesima volta che il comparto professionale dello spettacolo è al
collasso, e che può essere tenuto in vita solo da un intervento d’urgenza da
parte dell’assessorato alla Programmazione e Bilancio che consenta entro
pochissimi giorni l’erogazione dei fondi dovuti, saldi 2013 e anticipazioni
2014, congiuntamente allo stanziamento di adeguate risorse integrative nel
riassestamento del bilancio regionale 2014.
Tutte
queste cose mi sono successe oggi. Ecco come vive la stragrande maggioranza
degli artisti e degli operatori culturali oggi in Sardegna.
Ieri Régis Debray mi ha insegnato perché quelli come Pigliaru e Paci in fondo non capiscono nulla di
cultura: la colpa è di Kant, non loro. Ma non mi
metterò certo adesso a spiegarglielo. Piuttosto, com’è possibile che nelle
università di Londra e a Cambridge dove i nostri hanno studiato, nessuno ha
spiegato loro che che per colpa dei nostri amministratori folgorati sulla via
di Königsberg, da anni le banche si mangiano una parte consistente del
finanziamento regionale alla cultura e allo spettacolo? Eppure non è difficile
da capire.
Lo
scultore Costantino Nivola a metà degli anni ’80 disse:
“Mettiamoci
il cuore in pace. La Sardegna nella fase che sta attraversando non ha bisogno
d’arte, almeno non della nostra arte: troppi appetiti da soddisfare, appetiti
da terzo mondo, naturalmente, che richiedono priorità”.
E non c’è
altro da aggiungere.
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