giovedì 11 ottobre 2018

Liberalizzazione della vendita dei beni sequestrati ai mafiosi


Con il decreto-Salvini, il presunto governo “anti-sistema” dimostra di servire fedelmente gli interessi della classe dominante (del sistema). Il decreto prevede infatti:
1.      Abolizione del permesso per protezione umanitaria. Questo permesso, estendibile da 6 mesi a 2 anni, tutelava persone fuggite da paesi martoriati da guerre, disastri naturali o persecuzioni politiche. Al suo posto viene introdotto un permesso per “casi speciali”, così eccezionali da poter essere contati sulle dita di una mano. Per esempio, potrà essere concesso alle vittime di “grave sfruttamento lavorativo” … ma in un paese come l’Italia in cui il super-sfruttamento del lavoro degli immigrati è la norma, chi mai potrà ottenerlo?
2.      Estensione e indurimento delle misure restrittive contro richiedenti asilo e immigrati. Richiedenti asilo e immigrati in attesa di rimpatrio potranno essere trattenuti nei Cpr per 180 giorni, anziché 90. Sarà ancor più facile negare o revocare lo status di rifugiato o di titolare di protezione internazionale. Ai richiedenti asilo è vietato iscriversi all’anagrafe dei comuni e chiedere la residenza. Può essere negato l’accesso alla cittadinanza anche ai coniugi di italiani, e si introduce la revoca della cittadinanza per i reati di “terrorismo”.
3.      Svuotamento degli SPRAR – le sole strutture che talvolta fanno qualcosa per l’integrazione lavorativa degli immigrati – e potenziamento delle strutture di reclusione amministrativa (Cpr, Cas, Hotspot): proprio i luoghi in cui gli abusi delle “forze dell’ordine” non si contano, i diritti più elementari vengono calpestati, le truffe e le irregolarità contabili sono quasi la regola.
4.      Reintroduzione del reato di blocco stradale, che era stato depenalizzato, con pene da 1 a 6 anni. Inoltre, inasprimento delle pene per gli occupanti di case, con la reclusione fino a 4 anni e multe fino ad oltre 2.000 euro – pene raddoppiate rispetto a quelle previste dal codice fascista Rocco, con la possibilità per i giudici di ricorrere alle intercettazioni telefoniche. Infine, ulteriore militarizzazione dei vigili urbani con la dotazione di pistole taser, armi “non letali” che però uccidono, ed estensione dei DASPO urbani.
5.      Liberalizzazione della vendita dei beni sequestrati ai mafiosi. Prima era solo a favore di enti pubblici, associazioni di categoria e fondazioni bancarie; ora viene allargata a tutti i privati purché non siano direttamente legati ai vecchi proprietari mafiosi. In un paese in cui le mafie sono così potenti che diversi presidenti del consiglio sono stati messi sotto inchiesta per favori e contiguità con il crimine organizzato, figurarsi se questo avrà problemi a trovare dei prestanome per reimpossessarsi dei beni sequestrati.
Questo decreto è un regalo ai padroni perché aumenta il numero di immigrati costretti a restare in Italia senza permesso di soggiorno. Da circa 10 anni sono stati di fatto aboliti i “decreti flussi” con cui venivano regolarizzati ex-post gli immigrati senza permesso. Quindi, salvo che in un numero molto limitato di casi, non è più possibile entrare in Italia regolarmente, né essere regolarizzati, per ragioni di lavoro. Il decreto-Salvini riduce drasticamente questa possibilità anche per i richiedenti protezione internazionale perché sopprime la protezione umanitaria, che è la principale via di accesso ai permessi per “protezione”; gli immigrati regolarizzati come richiedenti asilo politico sono infatti pochissimi, meno del 10% delle domande. Abolire la protezione umanitaria è una decisione particolarmente spietata nei confronti delle donne emigranti e richiedenti asilo, che per arrivare oggi in Italia subiscono molto spesso violenze devastanti.
Al contrario di quel che dicono Salvini e i suoi compari di merende grillini, quindi, il risultato – voluto! – sarà quello di produrre nuovi immigrati “irregolari”. Secondo il Consiglio italiano per i rifugiati, nel 2020 gli attuali 500-600.000 “irregolari” saranno cresciuti di 130.000 unità. In altre parole, sarà più estesa la riserva di forza-lavoro per le mansioni più pesanti e pericolose. Il governo mette questa carne da macello a disposizione dei padroni d’ogni tacca e colore, leghisti, grillini, forzitalioti e le coop “rosse” dei piddini, perché il suo sfruttamento nella produzione “sommersa” è per l’Italia uno strumento fondamentale per restare a galla nella competizione mondiale. Scontate le conseguenze: concorrenza al ribasso nel mercato del lavoro e sistematico affossamento della condizione di tutti i lavoratori. Il “governo del cambiamento” si muove dunque in perfetta continuità con i precedenti governi neo-liberisti di destra e centro-sinistra. Anche per la banda Salvini-Di Maio la politica migratoria serve più che mai a garantire maxi-profitti agli sfruttatori del lavoro sia immigrato che autoctono, anche attraverso la contrapposizione innaturale tra proletari immigrati e proletari autoctoni.
Nel caso delle imprese mafiose, poi, il regalo è doppio. Primo, perché di fatto lo Stato spinge nelle loro grinfie altre migliaia di persone prive di tutele e ultra-ricattabili, che possono facilmente essere utilizzate per lo spaccio di droga e altre attività anti-sociali. Secondo, perché il decreto-Salvini autorizza a vendere al “miglior offerente” i beni confiscati alle imprese della criminalità organizzata. Viene così cancellato il divieto di vendere a generici privati i beni mafiosi sequestrati, che era volto a impedire alle mafie di reimpossessarsene tramite prestanome. Negli ambienti che hanno dato disposizione di votare Cinquestelle e Lega il 4 marzo, di sicuro si è brindato. E come!
Naturalmente, il governo del “popolo” non poteva dimenticare i palazzinari. E infatti il decreto-Salvini punisce chi – si tratta per lo più di autoctoni – deve affermare con l’occupazione di immobili sfitti un “diritto all’abitare” altrimenti negato. Il decreto raddoppia le pene per chi viola il “sacro diritto di proprietà” – parole di Salvini, diventato la stella polare dei “sovranisti di sinistra”, che senza nessuna vergogna si trovano in compagnia anche del presidente di Confindustria (“crediamo fortemente nella Lega, per la quale abbiamo grandi aspettative”), dei produttori di armi, dei vari Bannon, Le Pen, Kurz, Orban, etc.
Né poteva mancare una misura contro le lotte della logistica cresciute intorno al SI-Cobas, le più accese dell’ultimo decennio. A giugno scorso Marcucci, presidente della Confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica (Confetra), dopo aver ripudiato, a parole, caporalato, “cooperative spurie”, “esternalizzazioni in dumping sociale”, ed esaltato il Ccnl e la parità di condizioni tra “lavoratori italiani e stranieri” (ma che brava persona!), concludeva così: “Proprio per questo crediamo che le aziende associate abbiano il diritto di rappresentare allo stato l’impossibilità di sopportare ancora la strumentalizzazione di lavoratori stranieri per realizzare blocchi e picchettaggi promossi da organismi pseudo sindacali che spesso con l’aiuto di estranei impongono la loro volontà ad altri lavoratori anche con la violenza”. Detto fatto. Il decreto Salvini&Co inasprisce le pene per i blocchi stradali. I boss della logistica dispongono ora di una nuova arma per colpire chi ha reagito veramente al caporalato, alle “cooperative spurie”, alle violazioni del Ccnl e alle discriminazioni sistematiche ai danni degli immigrati: ovvero i lavoratori organizzati, soprattutto immigrati.
Insomma il decreto Salvini/Di Maio, approvato all’unanimità dal consiglio dei ministri leghisti e grillini quanto mai uniti e solidali su questo, firmato da Mattarella, porta “maggiore sicurezza” solo a palazzinari, cosche mafiose, boss della logistica e padroni d’ogni sorta. Aumenta le discriminazioni contro i richiedenti asilo, già colpiti duramente un anno fa dai decreti-Minniti, che prevedevano per le loro domande un solo grado di giudizio. Produce masse di “irregolari” sfruttabili a volontà per due soldi, riducendo alcuni di loro a potenziale manovalanza del business della droga. Le declamazioni sulla “maggiore sicurezza” per l’intera popolazione, specie quella delle aree urbane più degradate, non sono altro che squallida demagogia. Un esempio. In luglio c’è stata una spettacolare retata a Mestre, la città dove più si muore per droga in Italia, condotta, ovviamente, in nome della “tolleranza zero” contro gli “spacciatori immigrati”. Ma in pochi giorni tutto è tornato come prima. La politica di “tolleranza zero” di Salvini serve solo a colpire i pesci piccoli che essa stessa crea. Non tocca quelli grossi, le italianissime e potenti mafie che i traffici li gestiscono, ai cui interessi il decreto-Salvini viene incontro in maniera plateale. Del resto, la disgregazione sociale causata dall’industria globale della droga è stata, da Woodstock in poi, un fattore di stabilizzazione a tutto e solo vantaggio dei poteri forti della società capitalistica. Ci possiamo liberare da questo flagello solo con una lotta unitaria di giovani e lavoratori autoctoni e immigrati, che attacchi, oltre le grandi organizzazioni della criminalità italiana e i suoi complici stranieri, anche lo Stato che li protegge.
Né si tratta solo di questo. L’isteria securitaria che questo governo ha creato ad arte contro i richiedenti asilo e gli immigrati, serve a colpire – insieme a loro – il diritto di sciopero, di critica e di opinione, il movimento per il diritto all’abitare, i pochi spazi sociali autogestiti rimasti, in un disegno repressivo, interno ed esterno, che prevede il rafforzamento degli organici della polizia e delle missioni militari all’estero.
C’è un solo modo per fermare questo disegno: la lotta di massa, l’unità tra proletari italiani e immigrati, il fronte unico anti-razzista, anti-capitalista, internazionalista. Il decreto Salvini è stato criticato da più parti. Ma non possiamo prendere sul serio quelli che ieri avevano applaudito i provvedimenti anti-immigrati di Minniti e di Lupi. Agli altri, a chi intende realmente opporsi al governo Lega-Cinque stelle diciamo: bisogna passare dalle parole ai fatti e concentrare le forze, troviamoci in corteo il 27 ottobre a Roma!
Comitato permanente contro le guerre e il razzismo
Piazzale Radaelli 3 – Marghera

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