Il Piano Scuola 4.0: la digitalizzazione forzata del PNRR - parte I - Giovanni Carosotti, Rossella Latempa
Dedichiamo,
a partire da questo post, un approfondimento in due parti sul “Piano Scuola
4.0” e relativa progettazione, nel quadro del Piano Nazionale di Ripresa e
Resilienza (PNRR). In questa prima parte ci soffermeremo sugli elementi di
continuità del Piano Scuola con i precedenti interventi di riforma, mentre
nella seconda evidenzieremo quello che potremmo definire il “salto di qualità”
del nuovo piano, in termini di impatto sulla didattica e sulla relazione
educativa. La nuova accelerazione riformista impressa dal PNRR riprende e
riaggiorna alcuni elementi di sempre: a partire dalla ricerca di padri nobili
(Montessori, Malaguzzi….OCSE); nell’uso di una neolingua ad effetto, che
abbiamo imparato a decodificare da tempo e che mira a suggestionare e
opacizzare; nell’invito ad “accompagnare” i docenti nella “transizione
digitale”, invito rivolto ai bravi dirigenti e a tutta la comunità di apprendimento. Infine, la
formazione di una futura “leadership pedagogica”, interna ad ogni istituto. Una
nuova gerarchia di docenti, le cui competenze – certificate in progressione secondo lo schema di quelle
linguistiche – distinguano i Novizi (A1), consapevoli ma con limitate
conoscenze, ancora bisognosi di “incoraggiamento e accompagnamento”, dagli
Esploratori (B1), fino ai Pionieri (C2), veri leader “mossi” dal continuo
“impulso di innovare”. Sono loro le “rarità preziose” della Scuola Futura.
I PARTE
1. Premessa
Non sembra
azzardato affermare che il Piano “Scuola 4.0” è probabilmente la più
ambiziosa tra le azioni previste dal PNRR per quanto riguarda l’ istruzione, e
quella in prospettiva di maggiore impatto sui destini della scuola italiana.
E se è vero
che in questi anni prassi e organizzazione scolastica hanno già[1] subito
trasformazioni significative, probabilmente irreversibili, dal momento che si è
realizzato un vero e proprio mutamento antropologico nel
modo di intendere le finalità dell’istruzione e di porsi all’interno della
relazione didattica, non ci sembra eccessivo ritenere che le riforme del PNRR
introdurranno in pochi anni cambiamenti altrettanto radicali: nelle modalità di
intervento politico, di governance e negli assetti interni
agli istituti. In termini di intervento politico e di governo, il PNRR modifica
i rapporti scuola-Stato: si procede attraverso dispositivi legislativi d’urgenza,
ridimensionando o azzerando il dibattito parlamentare; si inaugura
una ripartizione di risorse di tipo
tecnocratico, sottratta alla possibilità di accertamento pubblico e orientata a
target misurabili; si rafforza la dimensione di mercato, attraverso la
progettazione per bandi aperti ad una moltitudine di soggetti privati in
concorrenza tra loro. Per quanto riguarda gli assetti interni a ciascuna
scuola, come cercheremo di argomentare, si consolidano processi verticistici,
finalizzati a massimizzare l’efficienza e a ridurre il confronto dialettico,
comprimendo ulteriormente la partecipazione collegiale; si realizzano nuove
gerarchizzazioni legate alla nascita di team o referenti di
progetto, riducendo la condivisione di scelte metodologico-didattiche ad atti
puramente formali
In realtà,
per chi ha seguito in questi anni le riflessioni che abbiamo proposto anche su
questo blog , in particolare dall’approvazione della Legge 107 in avanti, la
scuola è stata oggetto di strategie di riforma discontinue e sovrapposte ma
sostanzialmente coerenti, che hanno introdotto elementi di “innovazione” permanente e di scarso impatto
culturale, orientate sempre più esplicitamente a connettere le finalità,
l’organizzazione e i contenuti dell’istruzione alle logiche e agli interessi
del mondo economico-produttivo. Pensiamo solo all’alternanza scuola lavoro, poi
ridefinita PCTO, all’insegnamento dell’educazione civica,
ai sillabi delle competenze imprenditoriali e filosofiche, alla “sperimentazione” dei licei quadriennali e
alla più recente trovata dell’insegnamento delle soft skills. Per
quel che riguarda l’enfasi sulle nuove tecnologie informatiche e la retorica
della transizione digitale, anche solo prendendo come riferimento temporale
la Buona Scuola, le riforme previste dal Piano Scuola 4.0 del PNRR
si presentano in perfetta continuità –peraltro esplicitamente
rivendicata- con i due Piani Nazionali
Scuola digitale succedutesi a partire dal 2017 e con le azioni previste dai progetti del
Programma Operativo Nazionale (PON istruzione).
Il Piano
Scuola 4.0 si colloca dunque nello stesso perimetro concettuale e discorsivo
degli interventi di riforma dell’ultimo trentennio. Esistono tuttavia
elementi di discontinuità significativi rispetto al passato, legati ai vincoli
e alle condizionalità europee, ai processi di gestione e di monitoraggio dei
progetti, ai possibili interventi amministrativi in caso di inadempienze o
mancato rispetto delle scadenze. E su questi si giocherà il riassetto
scolastico dei prossimi anni e la capacità di conservare autonomia
professionale e libertà di deliberazione da parte dei docenti.
Ma
procediamo con ordine…
Il Piano Scuola 4.0: disciplinamento digitale e fine della libertà di
insegnamento? – parte II - Giovanni Carosotti, Rossella Latempa
Proseguiamo
nell’analisi del Piano Scuola 4.0, e dopo aver visto le linee di continuità con
il passato della nuova “transizione digitale” prevista dal PNRR, entriamo nei
dettagli della nuova progettazione, sottolineando gli aspetti inediti. La vera
novità del nuovo Piano rispetto a tutti gli interventi precedenti risiede nelle
condizioni a cui le scuole aderiscono, impegnando i fondi ricevuti con il PNRR:
fondi non non solo sono vincolati in termini di finalità e di azioni
possibili, ma, soprattutto, in termini di modalità e di progettualità. Viene
infatti richiesto agli istituti di pianificare già in fase preliminare quali
“misure di accompagnamento” saranno necessarie per garantirne l’”utilizzo
efficace”. Per cominciare, una formazione di tipo metodologico didattico,
supposta indispensabile nei nuovi “ambienti di apprendimento” e nei “laboratori
per le professioni del futuro”: “spazi disegnati come un continuum fra la
scuola e il mondo del lavoro”. E ancora, monitoraggio continuo e
valutazione quantitativa dell’impatto , con enfasi sul “miglioramento degli
indicatori di performance rilevati dal Sistema Nazionale di Valutazione”. Il
Piano scuola 4.0 sembra istituire l’equazione: innovazione degli spazi
=formazione e innovazione delle metodologie didattiche = miglioramento dei
risultati di apprendimento. Il destino della Scuola Futura sarà tutto ambienti
digitali e test INVALSI?
II Parte
Come abbiamo
sostenuto nella prima parte di quest’approfondimento,
si tratta di un documento i cui contenuti non sono che una riproposizione
dell’idea di scuola neoliberale concepita da quasi tre decenni, ma che fatica
ad imporsi in modo definitivo e omnipervasivo o, come sarebbe più giusto dire,
totalitario. Le ragioni di questo parziale fallimento sono diverse. Sicuramente
una resistenza significativa da parte della classe docente e del mondo
intellettuale dei diversi orizzonti disciplinari; resistenza che però, negli
anni, pur persistendo è diventata sempre più
debole, essendo peggiorate ulteriormente le condizioni materiali di
lavoro quotidiane, in un quadro di continua delegittimazione politica e
marginalizzazione nei processi di scelta e deliberazione professionali.
Un altro
motivo dipende dal fatto che l’imponente apparato teorico- ideologico messo in
campo fatica a tradursi in pratiche intellettualmente e didatticamente
efficaci; molte delle cosiddette “innovazioni” promosse si fondano su strategie
che sostanzialmente destrutturano i metodi e i contenuti delle diverse
discipline, frammentando, parcellizzando e svuotando di rilievo intellettuale
gli obiettivi didattici; risultano spesso declinate in modo
improvvisato; conducono ad un mescolamento di diversi ordini di
saperi, di esperienze e di discorsi; e spesso proprio per gli allievi più fragili
si traducono in un controllo forte degli aspetti comportamentali
(l’enfasi sulle soft skills o sui progetti di educazione
civica) ma debole in termini di apprendimento.
Ecco che
allora il PNRR, nato da una situazione emergenziale, fondato su vincoli,
condizioni e finanziamenti europei senza precedenti, accentua come mai
prima d’ora la sua forza attuativa e impositiva sul piano metodologico
didattico. Una forza che, come vedremo, manifesta evidenti inconciliabilità con
il diritto alla libertà d’insegnamento e con la
sovranità decisionale riconosciuta in ambito didattico agli organi collegiali.
Conviene
preliminarmente, però, sgombrare il campo da un equivoco, senza precisare il
quale la nostra analisi apparirebbe sicuramente tendenziosa. Il PNRR è
soprattutto un provvedimento di spesa, il cui obiettivo è mettere a
disposizione ingenti fondi europei necessari per realizzare innovazioni
strategicamente importanti per il rilancio del paese. Ponendo tra parentesi un
giudizio sullo spirito complessivo che lo caratterizza, il Piano Scuola
prevede finanziamenti alle scuole veramente ingenti, dell’ordine delle
centinaia di migliaia di Euro per ogni istituto. Ciò che è anomalo -ma
nient’affatto accidentale- è l’invadenza nel campo strettamente didattico,
finalizzata a condizionare le modalità d’insegnamento dei docenti secondo
strategie uniformi e imposte dall’alto…
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