venerdì 12 maggio 2023

Il Piano Scuola 4.0 - Giovanni Carosotti, Rossella Latempa

 

Il Piano Scuola 4.0: la digitalizzazione forzata del PNRR - parte I - Giovanni Carosotti, Rossella Latempa


Dedichiamo, a partire da questo post, un approfondimento in due parti sul “Piano Scuola 4.0” e relativa progettazione, nel quadro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). In questa prima parte ci soffermeremo sugli elementi di continuità del Piano Scuola con i precedenti interventi di riforma, mentre nella seconda evidenzieremo quello che potremmo definire il “salto di qualità” del nuovo piano, in termini di impatto sulla didattica e sulla relazione educativa. La nuova accelerazione riformista impressa dal PNRR riprende e riaggiorna alcuni elementi di sempre: a partire dalla ricerca di padri nobili (Montessori, Malaguzzi….OCSE); nell’uso di una neolingua ad effetto, che abbiamo imparato a decodificare da tempo e che mira a suggestionare e opacizzare; nell’invito ad “accompagnare” i docenti nella “transizione digitale”, invito rivolto ai bravi dirigenti e a tutta la comunità di apprendimento. Infine, la formazione di una futura “leadership pedagogica”, interna ad ogni istituto. Una nuova gerarchia di docenti, le cui competenze – certificate in progressione secondo lo schema di quelle linguistiche – distinguano  i Novizi (A1), consapevoli ma con limitate conoscenze, ancora bisognosi di “incoraggiamento e accompagnamento”, dagli Esploratori (B1), fino ai Pionieri (C2), veri leader “mossi” dal continuo “impulso di innovare”. Sono loro le “rarità preziose” della Scuola Futura.

 

I PARTE

 

1. Premessa

Non sembra azzardato affermare che il Piano “Scuola 4.0”  è probabilmente la più ambiziosa tra le azioni previste dal PNRR per quanto riguarda l’ istruzione, e quella in prospettiva di maggiore impatto sui destini della scuola italiana.

E se è vero che in questi anni prassi e organizzazione scolastica hanno già[1] subito trasformazioni significative, probabilmente irreversibili, dal momento che si è realizzato  un vero e proprio mutamento antropologico nel modo di intendere le finalità dell’istruzione e di porsi all’interno della relazione didattica, non ci sembra eccessivo ritenere che le riforme del PNRR introdurranno in pochi anni cambiamenti altrettanto radicali: nelle modalità di intervento politico, di governance e negli assetti interni agli istituti. In termini di intervento politico e di governo, il PNRR modifica i rapporti scuola-Stato: si procede attraverso dispositivi legislativi d’urgenza, ridimensionando o azzerando il dibattito parlamentare;  si inaugura una ripartizione di risorse di tipo tecnocratico, sottratta alla possibilità di accertamento pubblico e orientata a target misurabili; si rafforza la dimensione di mercato, attraverso la progettazione per bandi aperti ad una moltitudine di soggetti privati in concorrenza tra loro. Per quanto riguarda gli assetti interni a ciascuna scuola, come cercheremo di argomentare, si consolidano processi verticistici, finalizzati a massimizzare l’efficienza e a ridurre il confronto dialettico, comprimendo ulteriormente la partecipazione collegiale; si realizzano nuove gerarchizzazioni legate alla nascita di team o referenti di progetto, riducendo la condivisione di scelte metodologico-didattiche ad atti puramente formali

In realtà, per chi ha seguito in questi anni le riflessioni che abbiamo proposto anche su questo blog , in particolare dall’approvazione della Legge 107 in avanti, la scuola è stata oggetto di strategie di riforma discontinue e sovrapposte ma sostanzialmente coerenti, che hanno introdotto elementi di “innovazione” permanente e di scarso impatto culturale, orientate sempre più esplicitamente a connettere le finalità, l’organizzazione e i contenuti dell’istruzione alle logiche e agli interessi del mondo economico-produttivo. Pensiamo solo all’alternanza scuola lavoro, poi ridefinita PCTO, all’insegnamento dell’educazione civica, ai sillabi delle competenze imprenditoriali e filosofiche, alla “sperimentazione” dei licei quadriennali e alla più recente trovata dell’insegnamento delle soft skills.  Per quel che riguarda l’enfasi sulle nuove tecnologie informatiche e la retorica della transizione digitale, anche solo prendendo come riferimento temporale la Buona Scuola, le riforme previste dal Piano Scuola 4.0 del PNRR si presentano  in perfetta continuità –peraltro esplicitamente rivendicata- con i due Piani Nazionali Scuola digitale succedutesi a partire dal 2017 e con le azioni previste dai progetti del Programma Operativo Nazionale (PON istruzione).

Il Piano Scuola 4.0 si colloca dunque nello stesso perimetro concettuale e discorsivo degli interventi di riforma dell’ultimo trentennio.  Esistono tuttavia elementi di discontinuità significativi rispetto al passato, legati ai vincoli e alle condizionalità europee, ai processi di gestione e di monitoraggio dei progetti, ai possibili interventi amministrativi in caso di inadempienze o mancato rispetto delle scadenze. E su questi si giocherà il riassetto scolastico dei prossimi anni e la capacità di conservare autonomia professionale e libertà di deliberazione da parte dei docenti.

Ma procediamo con ordine…

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Il Piano Scuola 4.0: disciplinamento digitale e fine della libertà di insegnamento? – parte II - Giovanni Carosotti, Rossella Latempa

 

Proseguiamo nell’analisi del Piano Scuola 4.0, e dopo aver visto le linee di continuità con il passato della nuova “transizione digitale” prevista dal PNRR, entriamo nei dettagli della nuova progettazione, sottolineando gli aspetti inediti. La vera novità del nuovo Piano rispetto a tutti gli interventi precedenti risiede nelle condizioni a cui le scuole aderiscono, impegnando i fondi ricevuti con il PNRR: fondi non  non solo sono vincolati in termini di finalità e di azioni possibili, ma, soprattutto, in termini di modalità e di progettualità. Viene infatti richiesto agli istituti di pianificare già in fase preliminare quali “misure di accompagnamento” saranno necessarie per garantirne l’”utilizzo efficace”. Per cominciare, una formazione di tipo metodologico didattico, supposta indispensabile nei nuovi “ambienti di apprendimento” e nei “laboratori per le professioni del futuro”: “spazi disegnati come un continuum fra la scuola e il mondo del lavoro”. E ancora, monitoraggio continuo e valutazione quantitativa dell’impatto , con enfasi sul “miglioramento degli indicatori di performance rilevati dal Sistema Nazionale di Valutazione”. Il Piano scuola 4.0 sembra istituire l’equazione: innovazione degli spazi =formazione e innovazione delle metodologie didattiche = miglioramento dei risultati di apprendimento. Il destino della Scuola Futura sarà tutto ambienti digitali e test INVALSI?

 

II Parte

 

Come abbiamo sostenuto nella prima parte di quest’approfondimento, si tratta di un documento i cui contenuti non sono che una riproposizione dell’idea di scuola neoliberale concepita da quasi tre decenni, ma che fatica ad imporsi in modo definitivo e omnipervasivo o, come sarebbe più giusto dire, totalitario. Le ragioni di questo parziale fallimento sono diverse. Sicuramente una resistenza significativa da parte della classe docente e del mondo intellettuale dei diversi orizzonti disciplinari; resistenza che però, negli anni, pur persistendo è diventata sempre più debole, essendo  peggiorate ulteriormente le condizioni materiali di lavoro quotidiane, in un quadro di continua delegittimazione politica e marginalizzazione nei processi di scelta e deliberazione professionali.

Un altro motivo dipende dal fatto che l’imponente apparato teorico- ideologico messo in campo fatica a tradursi in pratiche intellettualmente e didatticamente efficaci; molte delle cosiddette “innovazioni” promosse si fondano su strategie che sostanzialmente destrutturano i metodi e i contenuti delle diverse discipline, frammentando, parcellizzando e svuotando di rilievo intellettuale gli obiettivi didattici; risultano  spesso declinate in modo improvvisato;  conducono  ad un mescolamento di diversi ordini di saperi, di esperienze e di discorsi; e spesso proprio per gli allievi più fragili si traducono in  un controllo  forte degli aspetti comportamentali (l’enfasi sulle soft skills o sui progetti di educazione civica) ma debole in termini di apprendimento.

Ecco che allora il PNRR, nato da una situazione emergenziale, fondato su vincoli, condizioni e finanziamenti  europei senza precedenti, accentua come mai prima d’ora la sua forza attuativa e impositiva sul piano metodologico didattico. Una forza che, come vedremo, manifesta evidenti inconciliabilità con il diritto alla libertà d’insegnamento e con la sovranità decisionale riconosciuta in ambito didattico agli organi collegiali.

Conviene preliminarmente, però, sgombrare il campo da un equivoco, senza precisare il quale la nostra analisi apparirebbe sicuramente tendenziosa. Il PNRR è soprattutto un provvedimento di spesa, il cui obiettivo è mettere a disposizione ingenti fondi europei necessari per realizzare innovazioni strategicamente importanti per il rilancio del paese. Ponendo tra parentesi un giudizio sullo spirito complessivo che lo caratterizza, il Piano Scuola  prevede finanziamenti alle scuole  veramente ingenti, dell’ordine delle centinaia di migliaia di Euro per ogni istituto. Ciò che è anomalo -ma nient’affatto accidentale- è l’invadenza nel campo strettamente didattico, finalizzata a condizionare le modalità d’insegnamento dei docenti secondo strategie uniformi e imposte dall’alto…

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