Sempre più affaccendato, con ancora tirata da leggero e persistente malessere per stanchezza, strascico di fatto che fu morbo d’infesto, ci si ritrova schiavi di tempo, che mai, pare, ve n’è abbastanza. Pure mi decido che non indugerò su ciò che non mi viene adesso, che ne guadagno a sufficienza per impiegarlo al meglio nel non far niente, che è cosa in cui ho talento autentico. E se mi viene di scrivere, ma non abbastanza, vi riciclo il già scritto che scriverei pure io così, ma senza meglio di certo. Nè vi manco di musica, spero buona, che aggradi ai più, che vi leggete il seguito con quella di fondo.
“Quante
persone, lungo questo viaggio, stivano la barca fino a rischiare di farla
affondare di cose sciocche che pensano essenziali al piacere e al comfort, ma
che in realtà sono soltanto inutile zavorra? Come riempiono la povera piccola
imbarcazione fino all’albero di bei vestiti e grandi case, di domestici inutili
e di una miriade di amici alla moda ai quali non importa un fico secco di loro,
e dei quali a loro importa ancora meno, di costosi divertimenti che non
divertono nessuno, di formalità e mode, di finzioni e ostentazioni, e di – oh,
la più pesante, la più folle delle zavorre! – della paura di che cosa penserà
il vicino, di lussi che possono soltanto nauseare, di piaceri che annoiano, di
vuote mostre di sé che, come la corona ferrea del criminale di un tempo, fanno
sanguinare e tramortiscono il capo dolorante che la porta! È zavorra uomini…
tutta zavorra! Gettatela fuoribordo.
Rende la barca così pesante che remare vi sfinisce. La rende così lenta e pericolosa da manovrare che l’ansia e la preoccupazione non vi concendono mai un attimo libero; e non avete mai un momento di riposo per sognare pigramente, mai un momento per osservare le nuvole che sfiorano le onde spinte dal vento, o i scintillanti raggi di sole che giocano con le increspature, o i grandi alberi sull’argine che si curvano per fissare la loro immagine riflessa, o il bosco tutto verde e oro, o i gigli bianchi e gialli, o i giunchi che ondeggiano oscuri o i falaschi, o le orchidee o gli azzurri non-ti-scordar-di-me. Liberatevi della zavorra, uomini!
Lasciate che
l’imbarcazione della vostra vita sia leggera, carica soltanto di quello di cui
avete bisogno: una casa accogliente e qualche semplice piacere, un paio di
amici degni di questo nome, qualcuno da amare e che vi ami, un gatto, un cane,
e una o due pipe, cibo e indumenti a sufficienza e da bere in abbondanza,
perché la sete è una compagna pericolosa. La barca sarà più facile da
governare, e non sarà tanto soggetta a capovolgimenti, e se si capovolgerà non
sarà così grave; la merce semplice e di buona qualità sopporta un bagno. Avrete
tempo per pensare oltre che per lavorare. Tempo per scaldarvi al sole della
vita… tempo per ascoltare le melodie eoliche che il vento divino trae dalle
corde del cuore umano tutt’intorno a noi… tempo per… Scusate tanto. Divagavo.”
(Tre uomini in barca, per non tacer del cane, Jerome K. Jerome)
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