mercoledì 3 maggio 2023

Siamo venuti già picchiati - Chiara Sasso

In un una valle piemontese c’è un movimento che dura da oltre trent’anni, è noto in tutto il mondo, non smette di coinvolgere giovani e non ha neanche un ufficio di esperti della comunicazione. Alcuni di quel movimento si sono scocciati di prendere sempre manganellate al Primo maggio di Torino e hanno risolto il problema alla radice

 “Come quella volta” è un intercalare che inevitabilmente sa un po’ di vetusto, ma ci sta quando alle spalle c’è un movimento che dura da trent’anni. “Come quella volta” che si aspettava a Borgone di essere caricati dalle forze dell’ordine e ci siamo fatti trovare tutti con lo scolapasta in testa a mo’ di elmetto. O quando, in previsione delle feste natalizie, sono state attaccate centinaia di palline colorate alla concertina di filo spinato trasformando un irreale cantiere, ma realissimo “fortino militare”, in un bizzarro albero di Natale. O ancora, quando un semplice passaparola, aveva suggerito di mettere una bandiera No Tav nella valigia vacanziera, per poi esporla da Rimini alla Tanzania, dalle Dolomiti alla Mongolia. E vai, con le foto racconto, in una gara fra chi era stato più lontano, fra chi aveva scattato l’immagine più curiosa: Spagna, Isola d’Elba, Val d’Aosta, Sahara, Tibet… Il movimento non ha mai avuto bisogno di qualcuno che ne curasse l’immagine e i colori (fashion curator). Tutto fatto in casa con degli ottimi risultati, l’inventiva non è mai mancata. Anche perché un movimento così longevo non può durare se non ci si diverte un po’.

Messa in scena la lettura della Costituzione, ripetuta a mantra, davanti ai poliziotti immobili a presidiare il cantiere nel luogo simbolo di Chiomonte, blindato oltre l’immaginabile, con tutti i corpi armati dello Stato presenti. Poi è bastato che Emilio arrivasse con un suv, ben vestito, occhiali scuri, piglio manageriale e non solo gli hanno aperto il cancello, ma pure il saluto militare. Entra e percorre un bel po’ di strada prima che si accorgano di aver aperto l’invalicabile cantiere a un “pericoloso No Tav”. Non ci si può distrarre, avranno pensato. Anche perché ogni giorno succede qualcosa, come quando è stata posizionata una statua di Padre Pio, fermo e immobile, ma con un certo sguardo di disapprovazione verso chi montava di guardia.

foto di Luca Perino

“Come quella volta” che per opporsi al sequestro del terreno il movimento ha pensato bene di acquistarlo, pezzo per pezzo, un frazionamento di migliaia di persone per mandare in tilt la procedura, l’atto di esproprio. Senza contare di quando Turi è salito sull’albero e ci è rimasto tre giorni, favorendo l’attenzione dei media. Piccoli grandi eventi che andavano raccontati ad altri movimenti in Italia per contagiare… E allora la decisione di partire a piedi con un carretto e asini per raccogliere nuove esperienze di lotta. Un viaggio a bassa velocità da Venaus a Roma.

L’oggi ci rimanda una fotografia di presidi attivi, la presenza e partecipazione importante di giovani. Ma l’età avanza e alla fine uno si scoccia di prendere sempre manganellate. L’idea per evitare che venisse mantenuta e ripetuta la ormai pluriennale tradizione del 1° Maggio che vedeva impedito ai No Tav e ad alcuni spezzoni sociali di corteo l’entrata in piazza San Carlo, a TorinoAlcuni Notav si sono presentati con bende, fasciature e cerotti e la scritta sul petto e sulla schiena: “Siamo venuti già picchiati” grazie.

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