In un una valle piemontese c’è un movimento che dura da oltre trent’anni, è noto in tutto il mondo, non smette di coinvolgere giovani e non ha neanche un ufficio di esperti della comunicazione. Alcuni di quel movimento si sono scocciati di prendere sempre manganellate al Primo maggio di Torino e hanno risolto il problema alla radice
“Come quella volta” è un intercalare
che inevitabilmente sa un po’ di vetusto, ma ci sta quando alle spalle c’è un
movimento che dura da trent’anni. “Come quella volta” che si aspettava a
Borgone di essere caricati dalle forze dell’ordine e ci siamo fatti trovare
tutti con lo scolapasta in testa a mo’ di elmetto. O quando, in
previsione delle feste natalizie, sono state attaccate centinaia di palline colorate
alla concertina di filo spinato trasformando un irreale cantiere, ma realissimo
“fortino militare”, in un bizzarro albero di Natale. O ancora, quando un
semplice passaparola, aveva suggerito di mettere una bandiera No Tav nella
valigia vacanziera, per poi esporla da Rimini alla Tanzania, dalle Dolomiti
alla Mongolia. E vai, con le foto racconto, in una gara fra chi era stato più
lontano, fra chi aveva scattato l’immagine più curiosa: Spagna, Isola d’Elba,
Val d’Aosta, Sahara, Tibet… Il movimento non ha mai avuto bisogno di qualcuno
che ne curasse l’immagine e i colori (fashion curator). Tutto fatto in casa con
degli ottimi risultati, l’inventiva non è mai mancata. Anche perché un
movimento così longevo non può durare se non ci si diverte un po’.
Messa in scena la lettura della Costituzione, ripetuta a mantra, davanti ai
poliziotti immobili a presidiare il cantiere nel luogo simbolo di Chiomonte,
blindato oltre l’immaginabile, con tutti i corpi armati dello Stato
presenti. Poi è bastato che Emilio arrivasse con un suv, ben vestito,
occhiali scuri, piglio manageriale e non solo gli hanno aperto il cancello, ma
pure il saluto militare. Entra e percorre un bel po’ di strada prima che si
accorgano di aver aperto l’invalicabile cantiere a un “pericoloso No Tav”. Non
ci si può distrarre, avranno pensato. Anche perché ogni giorno succede
qualcosa, come quando è stata posizionata una statua di Padre Pio,
fermo e immobile, ma con un certo sguardo di disapprovazione verso chi montava
di guardia.
“Come quella volta” che per opporsi al sequestro del terreno il movimento
ha pensato bene di acquistarlo, pezzo per pezzo, un frazionamento di migliaia
di persone per mandare in tilt la procedura, l’atto di esproprio. Senza contare di
quando Turi è salito sull’albero e ci è rimasto tre giorni, favorendo
l’attenzione dei media. Piccoli grandi eventi che andavano raccontati ad altri
movimenti in Italia per contagiare… E allora la decisione di partire a piedi
con un carretto e asini per raccogliere nuove esperienze di lotta. Un viaggio a
bassa velocità da Venaus a Roma.
L’oggi ci rimanda una fotografia di presidi attivi, la presenza e
partecipazione importante di giovani. Ma l’età avanza e alla fine uno
si scoccia di prendere sempre manganellate. L’idea per evitare che venisse
mantenuta e ripetuta la ormai pluriennale tradizione del 1° Maggio che
vedeva impedito ai No Tav e ad alcuni spezzoni sociali di corteo l’entrata in
piazza San Carlo, a Torino? Alcuni Notav si sono presentati
con bende, fasciature e cerotti e la scritta sul petto e sulla schiena: “Siamo
venuti già picchiati” grazie.
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