scrive Nicola Rangeloni:
Oggi, mentre Mattarella stringeva la mano a Zelensky promettendogli massimo sostegno da parte dell’Italia, ripetendo il vergognoso e ipocrita ritornello sulla “pace giusta” (ossia alle sole condizioni di una delle parti) i militari ucraini hanno nuovamente colpito la periferia di Donetsk. Una delle case centrate dai razzi è stata distrutta dalle fiamme mentre all’interno si trovavano una donna ed il figlio di tre anni. Per loro non c’è stato nulla da fare.
Qui purtroppo fa parte della quotidianità. Ieri ho raggiunto il quartiere alle spalle della stazione ferroviaria di Donetsk. Accanto ad una fermata dell’autobus c’erano molte persone, tra cui molti giovani, che commentavano un cratere a pochi passi di distanza, risultato dell’esplosione di un colpo di artiglieria caduto una ventina di minuti prima, distruggendo il cancello della casa accanto, al cui interno si trovavano una donna e il nipote 12enne, fortunatamente illesi.
Sulla pensilina dell’autobus trafitta dalle schegge c’erano due disegni realizzati dai bambini del villaggio, incollati ancor prima di queste bombe. Accanto ad un impreciso simbolo della pace e ad un fiore si leggeva: “la pace vincerà” e “no alla guerra, noi abbiamo bisogno di pace”.
Chi vive da quelle parti sa benissimo cosa sia la guerra, in quei posti gli abitanti più piccoli non hanno mai conosciuto il significato della parola pace.
La pace è il sogno più grande di tutti, eppure è ancora lontana. Quante bombe dovranno ancora cadere, prima di poter camminare con spensieratezza lungo quelle strade? Purtroppo le risposte a queste domande vanno cercate lontano da Donetsk, dove questa “pace” assume significati incomprensibili per chi vive in prima persona gli effetti di questa follia. Cosa penserebbe questa gente del concetto di pace di Mattarella, ossia di quella pace pensata da qualcuno che non ha mai dimostrato interesse ad ascoltare le voci ed i desideri delle semplici persone che stanno dall’altra parte del fronte, ritenuta a prescindere “sbagliata”?
LA GUERRA FREDDA È FINITA SCIOGLIAMO LA NATO – Sergio Romano
Sotto il titolo “La Guerra fredda è finita, quale futuro per NATO e Occidente?” il Corriere della Sera dell’8 maggio ha pubblicato questo articolo dell’ex ambasciatore a Mosca Sergio Romano
In un libro recente ho letto: «Di fronte alle genuflessioni e alle attenzioni servili riservate a Zelensky nei vari Paesi, mi chiedo come sia possibile che nessuno abbia ancora coraggiosamente provato a ricordare che in seguito all’implosione dell’Urss (e non alla vittoria degli Usa nella Guerra Fredda) la Nato prese a svolgere una costosa campagna acquisti di tanti Paesi portandoli tutti a giocare contro la Russia e arrivando al confini del suo territorio. Possibile che nessuno abbia ancora detto che così facendo si stava favorendo lo scoppio della Terza guerra mondiale?». Sono le parole usate da uno storico, Giovanni Buccianti, in un saggio (Dalla Cortina di ferro alla Cortina delle provocazioni) e non piaceranno forse a parecchi lettori. Ma meritano di essere lette con attenzione.
Quando fu evidente, dopo il fallimento delle riforme di Gorbaciov e la nascita a Mosca di una Comunità degli Stati Indipendenti, che l’Unione Sovietica non era più in condizione di continuare a combattere la Guerra fredda, molti pensarono che in quel momento sarebbe stato possibile creare utili rapporti (non solo economici, ma anche politici e culturali) fra le democrazie occidentali e Mosca. Qualcosa effettivamente accadde. Mentre il segretario del partito comunista e capo dello Stato era Michail Gorbaciov, il clima divenne promettente. Il 27 maggio 1997 fu siglato a Parigi e approvato del governo russo e dai Paesi aderenti alla Nato un atto fondatore che prevedeva l’allargamento della istituzione ad alcuni paesi dell’Est europeo (Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria). Nel testo era scritto che «Nato e Russia non si considerano nemiche», e «intendono sviluppare una collaborazione forte, stabile e duratura… lavorare insieme per contribuire a instaurare in Europa una sicurezza comune e globale>> sulla base di principi e scopi comuni: democrazia, pluralismo, rispetto dei diritti umani, economia di mercato, rinuncia all’uso della forza, trasparenza reciproca per quanto riguarda la politica di difesa e le dottrine militari, prevenzione del conflitti con mezzi pacifici, in conformità con i principi dell’Onu, appoggio a operazioni di peace-keeping condotte sotto l’autorità del Consiglio di sicurezza o sotto la responsabilità dell’Ocse».
Ma occorreva anche trovare una collocazione politica per i Paesi che appartenevano alla Mitteleuropa e soprattutto a quelli (Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria) che avevano sempre avuto, volenti o costretti dalle circostanze geografi- che, una maggiore familiarità con Mosca. Molte iniziative vennero prese, ma fu presto evidente che le relazioni a cui i Paesi giunti dall’Est attribuivano maggiore importanza erano sempre quelle con gli Stati Uniti dove erano sostenuti da importanti colonie di vecchi Immigrati per cui il potenziale nemico era sempre la Russia e gli Stati Uniti erano considerati garanti della loro esistenza. Fu subito evidente che tra i fondatori della Cee, già esistente dal marzo 1957, e questi nuovi arrivati vi erano alcune importanti differenze. Mentre alcuni avevano un concetto di unità europea maturato sin dagli anni della Seconda guerra mondiale, altri, spesso slavi, erano immigrati in Occidente durante il regime comunista del loro Paese. Per questi Paesi la Russia restava una potenza nemica e la Nato, grazie all’America, l’amicizia di una grande potenza. L’Alleanza atlantica ha avuto una parte utile e rispettabile. Ma la guerra fredda è finita, il comunismo è sepolto, gli Stati Uniti hanno avuto un presidente come Trump e sarebbe giunto il momento di fare a meno di un’istituzione, la Nato, che ha ormai perduto le ragioni della sua esistenza.
L’odio – Francesco Masala (2)
Trump parla di paesi di merda, Borrell dell’Occidente come giardino, mentre il resto del mondo è una giungla dalla quale difendersi, il senatore Usa John Kennedy dice che i messicani mangerebbero scatolette per animali e dormirebbero in capanne, se non ci fossero i vicini del nord, intanto il muro di confine con il Messico continua a essere costruito, da Trump a Biden…
La guerra è imminente. Fate sentire la vostra voce. Ora! – John Pilger
Nel 1935, si tenne a New York il Congresso degli scrittori americani, seguito da un altro due anni dopo. Questi congressi chiamarono a raccolta “centinaia di poeti, romanzieri, drammaturghi, critici, scrittori di racconti e giornalisti” per discutere del “rapido sgretolarsi del capitalismo” e dell’incombere di un’altra guerra. Furono eventi elettrici ai quali, secondo un resoconto, parteciparono 3.500 persone e più di mille furono respinte.
Arthur Miller, Myra Page, Lillian Hellman, Dashiell Hammett mettevano in guardia sulla crescita del fascismo, spesso mascherato, e che la responsabilità di parlare spettava a scrittori e giornalisti. Vennero letti i telegrammi di sostegno di Thomas Mann, John Steinbeck, Ernest Hemingway, C Day Lewis, Upton Sinclair e Albert Einstein.
La giornalista e romanziera Martha Gellhorn si schierò a favore dei senzatetto e dei disoccupati, e di “tutti noi sotto l’ombra di una grande potenza violenta”.
Martha, che divenne una cara amica, mi disse più tardi, davanti al suo consueto bicchiere di Famous Grouse e soda: “La responsabilità che sentivo come giornalista era immensa. Ero stata testimone delle ingiustizie e delle sofferenze della Depressione e sapevo, come tutti noi, cosa sarebbe successo se non si fosse rotto il silenzio”.
Le sue parole riecheggiano nei silenzi di oggi: sono silenzi riempiti da un consenso di propaganda che contamina quasi tutto ciò che leggiamo, vediamo e sentiamo. Vi faccio un esempio.
Il 7 marzo, i due più antichi quotidiani australiani, il Sydney Morning Herald e The Age, hanno pubblicato diverse pagine sulla “minaccia incombente” della Cina.
Hanno colorato di rosso l’Oceano Pacifico. Gli occhi cinesi erano marziali, in marcia e minacciosi. Il pericolo giallo incombeva come trascinato dalla forza di gravità.
Non era fornita alcuna ragione logica per un attacco all’Australia da parte della Cina. Il “gruppo di esperti” non presentava alcuna prova credibile: uno di loro è l’ex direttore dell’Australian Strategic Policy Institute, ente di facciata per il Dipartimento della Difesa di Canberra, il Pentagono di Washington, i governi di Gran Bretagna, Giappone e Taiwan e l’industria bellica occidentale.
“Pechino potrebbe colpire entro tre anni”, avvertivano. “Non siamo pronti”. Miliardi di dollari saranno spesi per i sottomarini nucleari americani, ma questo, a quanto pare, non basta. “La vacanza dell’Australia dalla storia è finita”, qualunque cosa significhi.
Non c’è nessuna minaccia per l’Australia, nessuna. Il lontano Paese “fortunato” non ha nemici, tanto meno la Cina, il suo principale partner commerciale. Eppure il China-bashing [il parlar male della Cina, ndt], che si rifà alla lunga storia di razzismo dell’Australia nei confronti dell’Asia, è diventato una sorta di sport per gli “esperti” che si autodefiniscono tali. Cosa ne pensano i sino-australiani? Molti sono confusi e spaventati.
Gli autori di questo grottesco articolo colmo di messaggi in codice [metodo del fischio al cane, ndt] e ossequio al potere americano sono Peter Hartcher e Matthew Knott, “reporter della sicurezza nazionale”, credo si chiamino. Hartcher lo ricordo per i suoi viaggi pagati dal governo israeliano. L’altro, Knott, è un portavoce di Canberra. Nessuno dei due ha mai visto una zona di guerra e i suoi estremi di degrado e sofferenza umana.
Come si è arrivati a questo? Direbbe Martha Gellhorn se fosse qui. Dove mai sono le voci che dicono no? Dov’è la solidarietà?
Le voci si sentono nel samizdat [auto-edizione] di questo sito e di altri. In letteratura, personaggi come John Steinbeck, Carson McCullers, George Orwell sono obsoleti. Il post-modernismo è al comando. Il liberalismo ha fatto carriera. La socialdemocrazia un tempo sonnolenta, l’Australia, ha promulgato una rete di nuove leggi che proteggono il potere segreto e autoritario e che ostacolano il diritto di sapere. Gli informatori sono fuorilegge e devono essere processati in segreto. Una legge particolarmente sinistra vieta le “interferenze straniere” da parte di chi lavora per aziende straniere. Che cosa significa tutto questo?..
L’egemonia degli Stati Uniti e i suoi pericoli
Questo breve saggio, pubblicato dal Ministero degli Affari Esteri cinese il 20 febbraio 2023 è uno dei primi segnali del cambio di strategia da parte del governo cinese che, archiviata la storica e proverbiale paziente diplomazia, ha iniziato con più determinazione a smascherare il doppio standard che in ogni contesto gli Stati Uniti pretendono di imporre nelle relazioni internazionali. Sono testi importanti che, nonostante non aggiungano elementi di particolare novità, consentono di chiarire il punto di vista cinese in merito alle vicende internazionali passate e presenti e al ruolo degli Stati Uniti. La comprensione della politica estera di un paese socialista come la Cina, ormai non più trascurabile geopoliticamente nella composizione di un equilibrio globale stabile, ci può aiutare ad intravvedere quel mondo multipolare che pare avvicinarsi velocemente. Un punto di vista completamente tralasciato o distorto nel quadro mediatico occidentale che alimenta l’opinione pubblica con informazioni faziose ed ideologiche impedendo di fatto un confronto approfondito con quella via cinese al socialismo che, dopo il secolo dell’umiliazione, ha portato la Cina ad essere una delle principali potenze mondiali e, tra queste, una potenza di pace.
Traduzione a cura di Michele Berti
Contenuti
Introduzione
- Egemonia politica: gettare il suo peso in giro
- Egemonia militare: uso sfrenato della forza
III. Egemonia economica: saccheggio e sfruttamento
- Egemonia tecnologica: monopolio e soppressione
- Egemonia culturale: diffusione di false narrazioni
Conclusione
Introduzione
Da quando sono diventati il paese più potente del mondo dopo le due guerre mondiali e la Guerra Fredda, gli Stati Uniti hanno agito con più sfrontatezza interferendo negli affari interni di altri paesi, , promuovendo la sovversione e l’infiltrazione e conducendo volontariamente guerre , al fine di perseguire, mantenere e abusare della propria egemonia recando danno all’intera comunità internazionale.
Gli Stati Uniti hanno sviluppato un metodo egemonico per inscenare “rivoluzioni colorate”, istigare controversie regionali e persino lanciare direttamente guerre con il pretesto di promuovere democrazia, libertà e diritti umani. Aggrappandosi alla mentalità della Guerra Fredda, gli Stati Uniti hanno intensificato la politica del blocco e alimentato conflitti e scontri. Hanno esagerato con il concetto di sicurezza nazionale, hanno abusato dei controlli sulle esportazioni e imposto sanzioni unilaterali agli altri. Hanno adottato un approccio selettivo al diritto e alle regole internazionali, utilizzandole o scartandole a loro piacimento, e infine hanno cercato di imporre regole che promuovevano i propri interessi in nome del mantenimento di un “ordine internazionale basato su regole”.
Questo rapporto, presentando i fatti rilevanti, cerca di esporre l’abuso dell’egemonia degli Stati Uniti in campo politico, militare, economico, finanziario, tecnologico e culturale e di attirare l’attenzione internazionale sui pericoli che pratiche statunitensi costituiscono per la pace e la stabilità nel mondo e per il benessere di tutti i popoli.
- Egemonia politica: gettare il suo peso in giro
Gli Stati Uniti hanno cercato a lungo di plasmare altri paesi e l’ordine mondiale con i propri valori e il proprio sistema politico in nome della promozione della democrazia e dei diritti umani.
◆ I casi di interferenza degli Stati Uniti negli affari interni di altri paesi abbondano. In nome della “promozione della democrazia”, gli Stati Uniti hanno praticato una “dottrina Neo-Monroe” in America Latina, istigato “rivoluzioni colorate” in Eurasia e orchestrato la “primavera araba” in Asia occidentale e Nord Africa, portando caos e disastri in molti paesi.
Nel 1823, gli Stati Uniti annunciarono la Dottrina Monroe. Pur propagandando un’”America per gli americani”, ciò che veramente volevano era un’”America per gli Stati Uniti”.
Da allora, le politiche dei successivi governi statunitensi nei confronti dell’America Latina e della regione dei Caraibi sono state piene di interferenze politiche, interventi militari e cambi di regime. Dai 61 anni di ostilità e blocco nei confronti di Cuba al rovesciamento del governo Allende in Cile, la politica degli Stati Uniti in questa regione è stata costruita su una massima: coloro che si sottometteranno prospereranno; chi resisterà perirà.
L’anno 2003 ha segnato l’inizio di una serie di “rivoluzioni colorate”: la “rivoluzione delle rose” in Georgia, la “rivoluzione arancione” in Ucraina e la “rivoluzione dei tulipani” in Kirghizistan. Il Dipartimento di Stato americano ha ammesso apertamente di svolgere un “ruolo centrale” in questi “cambi di regime”. Gli Stati Uniti hanno anche interferito negli affari interni delle Filippine, estromettendo il presidente Ferdinand Marcos Sr. nel 1986 e il presidente Joseph Estrada nel 2001 attraverso le cosiddette “People Power Revolutions”.
Nel gennaio 2023, l’ex segretario di Stato americano Mike Pompeo ha pubblicato il suo nuovo libro “Never Give an Inch: Fighting for the America I Love” in cui ha rivelato che gli Stati Uniti hanno tramato per intervenire in Venezuela. Il piano previsto era quello di costringere il governo Maduro a raggiungere un accordo con l’opposizione, privare il Venezuela della sua capacità di vendere petrolio e oro in valuta estera, esercitare forti pressioni sulla sua economia e quindi influenzare le elezioni presidenziali del 2018.
◆ Gli Stati Uniti esercitano doppi standard sulle regole internazionali. Mettendo al primo posto il proprio interesse nazionale, gli Stati Uniti si sono allontanati dai trattati e dalle organizzazioni internazionali e hanno posto il proprio diritto interno al di sopra del diritto internazionale. Nell’aprile 2017, l’amministrazione Trump ha annunciato che avrebbe tagliato tutti i finanziamenti statunitensi al Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) con la scusa che l’organizzazione “sostiene o partecipa alla gestione di un programma di aborto coercitivo o sterilizzazione involontaria”. Gli Stati Uniti hanno lasciato l’UNESCO due volte nel 1984 e nel 2017. Nel 2017 hanno annunciato di abbandonare l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Nel 2018 hanno annunciato la propria uscita dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, citando il “pregiudizio” dell’organizzazione nei confronti di Israele e l’incapacità di proteggere efficacemente i diritti umani. Nel 2019, gli Stati Uniti hanno annunciato il ritiro dal Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio per cercare uno sviluppo senza restrizioni di armi avanzate. Nel 2020 ha annunciato il ritiro dal Trattato sui Cieli Aperti “Open Skies” firmato nel 1992 ed in vigore dal 2002.
Gli Stati Uniti sono stati anche un ostacolo al controllo delle armi biologiche, opponendosi ai negoziati su un protocollo di verifica per la Convenzione sulle armi biologiche (BWC) e impedendo la verifica internazionale delle attività dei paesi relative alle armi biologiche. Essendo l’unico paese in possesso di scorte di armi chimiche, gli Stati Uniti hanno ripetutamente ritardato la loro distruzione e sono rimasti riluttanti ad adempiere ai propri obblighi diventando il più grande ostacolo alla realizzazione di “un mondo senza armi chimiche”.
◆ Gli Stati Uniti stanno mettendo insieme piccoli blocchi attraverso il loro sistema di alleanze. Hanno imposto una “strategia indo-pacifica” nella regione dell’Asia-Pacifico, riunendo club esclusivi come i Five Eyes, il Quad e l’AUKUS e costringendo i paesi della regione a schierarsi. Tali pratiche hanno essenzialmente lo scopo di creare divisioni nella regione, alimentare il confronto e minare la pace.
◆ Gli Stati Uniti giudicano arbitrariamente la democrazia in altri paesi e fabbricano una falsa narrazione che contrappone “democrazia contro autoritarismo” per incitare all’allontanamento, alla divisione, alla rivalità e al confronto. Nel dicembre 2021, gli Stati Uniti hanno ospitato il primo “Summit for Democracy”, che ha attirato critiche e suscitato l’opposizione di molti paesi per aver preso in giro lo spirito della democrazia e aver diviso il mondo. Nel marzo 2023, gli Stati Uniti ospiteranno un altro “Summit for Democracy”, che rimane sgradito e non troverà ancora alcun sostegno.
- Egemonia militare: uso sfrenato della forza
La storia degli Stati Uniti è caratterizzata dalla violenza e dall’espansione. Da quando hanno ottenuto l’indipendenza nel 1776, gli Stati Uniti hanno costantemente cercato di espandersi con la forza: hanno massacrato gli indiani, invaso il Canada, condotto una guerra contro il Messico, istigato la guerra americano-spagnola e annesso le Hawaii. Dopo la seconda guerra mondiale, le guerre provocate o lanciate dagli Stati Uniti includono la guerra di Corea, la guerra del Vietnam, la guerra del Golfo, la guerra del Kosovo, la guerra in Afghanistan, la guerra in Iraq, la guerra in Libia e la guerra in Siria, abusando dell’egemonia militare per raggiungere i propri obiettivi espansionistici. Negli ultimi anni, il budget militare annuo medio degli Stati Uniti ha superato i 700 miliardi di dollari USA, pari al 40% del totale mondiale, più dei 15 paesi dietro di essi sommati insieme. Gli Stati Uniti hanno circa 800 basi militari all’estero, con 173.000 soldati schierati in 159 paesi.
Secondo il libro “America Invades: How We’ve Invaded or Been Militarily Involved with Almost Every Country on Earth”, gli Stati Uniti hanno combattuto o sono stati coinvolti militarmente con quasi tutti i 190 paesi riconosciuti dalle Nazioni Unite con solo tre eccezioni. I tre paesi sono stati “risparmiati” perché gli Stati Uniti non li hanno trovati sulla mappa.
◆ Come ha affermato l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, gli Stati Uniti sono senza dubbio la nazione più bellicosa nella storia del mondo. Secondo un rapporto della Tufts University, “Introducing the Military Intervention Project: A new Dataset on U.S. Military Interventions, 1776-2019”, gli Stati Uniti hanno intrapreso quasi 400 interventi militari a livello globale in quell’intervallo di anni, il 34% dei quali in America Latina e nel Caraibi, 23% in Asia orientale e Pacifico, 14% in Medio Oriente e Nord Africa e 13% in Europa. Attualmente,la sua attività di intervento militare in Medio Oriente, Nord Africa e Africa sub-sahariana è in costante aumento.
Alex Lo, editorialista del South China Morning Post, ha sottolineato che gli Stati Uniti hanno raramente distinto tra diplomazia e guerra sin dalla loro fondazione. Hanno rovesciato i governi democraticamente eletti in molti paesi in via di sviluppo nel XX° secolo e li hanno immediatamente sostituiti con regimi fantoccio filoamericani. Oggi, in Ucraina, Iraq, Afghanistan, Libia, Siria, Pakistan e Yemen, gli Stati Uniti stanno ripetendo le loro vecchie tattiche di guerra per procura, a bassa intensità e con l’uso di droni.
◆ L’egemonia militare statunitense ha causato tragedie umanitarie. Dal 2001, le guerre e le operazioni militari lanciate dagli Stati Uniti in nome della lotta al terrorismo hanno provocato oltre 900.000 vittime, di cui circa 335.000 civili, milioni di feriti e decine di milioni di sfollati. La guerra in Iraq del 2003 ha provocato da 200.000 a 250.000 morti civili, di cui oltre 16.000 uccisi direttamente dall’esercito statunitense, e ha lasciato più di un milione di senzatetto.
Gli Stati Uniti hanno creato 37 milioni di rifugiati in tutto il mondo. Dal 2012, solo il numero dei rifugiati siriani è decuplicato. Tra il 2016 e il 2019, nei combattimenti siriani sono state documentate 33.584 morti civili, di cui 3.833 uccise dai bombardamenti della coalizione guidata dagli Stati Uniti, metà dei quali donne e bambini. Il servizio di radiodiffusione pubblica (PBS) ha riferito il 9 novembre 2018 che gli attacchi aerei lanciati dalle forze statunitensi solo su Raqqa hanno ucciso 1.600 civili siriani.
La guerra ventennale in Afghanistan ha devastato il paese. Un totale di 47.000 civili afgani e da 66.000 a 69.000 soldati e agenti di polizia afghani, estranei agli attacchi dell’11 settembre, sono stati uccisi nelle operazioni militari statunitensi e più di 10 milioni di persone sono state sfollate. La guerra in Afghanistan ha distrutto le basi dello sviluppo economico locale e ha fatto precipitare il popolo afghano nella miseria. Dopo la “debacle di Kabul” nel 2021, gli Stati Uniti hanno annunciato che avrebbero congelato circa 9,5 miliardi di dollari di asset appartenenti alla banca centrale afghana, una mossa considerata “puro saccheggio”.
Nel settembre 2022, il ministro dell’Interno turco Suleyman Soylu ha commentato in una manifestazione, che gli Stati Uniti hanno intrapreso una guerra per procura in Siria, trasformato l’Afghanistan in un campo di oppio e in una fabbrica di eroina, gettato il Pakistan nel caos e lasciato la Libia in incessanti disordini civili. Gli Stati Uniti hanno fatto tutto il necessario per derubare e schiavizzare la gente di qualsiasi paese ricco di materie prime e petrolio.
Anche gli Stati Uniti hanno adottato metodi spaventosi in guerra. Durante la guerra di Corea, la guerra del Vietnam, la guerra del Golfo, la guerra del Kosovo, la guerra in Afghanistan e la guerra in Iraq, gli Stati Uniti hanno utilizzato enormi quantità di armi chimiche e biologiche, nonché bombe a grappolo, bombe aria-carburante, bombe a grafite e bombe all’uranio impoverito, che causano enormi danni alle strutture civili, innumerevoli vittime civili e inquinamento ambientale duraturo.
III. Egemonia economica: saccheggio e sfruttamento
Dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno guidato gli sforzi per istituire il sistema di Bretton Woods, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, che, insieme al piano Marshall, formano il sistema monetario internazionale incentrato sul dollaro USA. Inoltre, gli Stati Uniti hanno anche costruito un’egemonia istituzionale nel settore economico e finanziario internazionale, manipolando i sistemi di voto, le regole e gli accordi delle organizzazioni internazionali, inclusa “l’approvazione con una maggioranza dell’85%” e le sue leggi e regolamenti sul commercio interno. Approfittando dello status del dollaro come principale valuta di riserva internazionale, gli Stati Uniti stanno sostanzialmente raccogliendo “signoraggio” da tutto il mondo; e usando il proprio controllo sulle organizzazioni internazionali, costringono gli altri paesi a servire la strategia politica ed economica degli USA.
◆ Gli Stati Uniti sfruttano la ricchezza mondiale con l’aiuto del “signoraggio”. Costa solo circa 17 centesimi produrre una banconota da 100 dollari, ma altri paesi hanno dovuto accumulare 100 dollari di beni reali per ottenerne una. È stato sottolineato più di mezzo secolo fa che gli Stati Uniti godevano di privilegi esorbitanti e deficit senza limiti creati dal suo dollaro, e usavano la banconota senza valore per saccheggiare le risorse e le fabbriche di altre nazioni.
◆ L’egemonia del dollaro USA è la principale fonte di instabilità e incertezza nell’economia mondiale. Durante la pandemia di COVID-19, gli Stati Uniti hanno abusato della loro egemonia finanziaria globale e hanno iniettato trilioni di dollari nel mercato globale, lasciando che altri paesi, in particolare le economie emergenti, ne pagassero il prezzo. Nel 2022, la Fed ha posto fine alla sua politica monetaria ultra accomodante e si è rivolta a un aumento aggressivo dei tassi di interesse, provocando turbolenze nel mercato finanziario internazionale e un sostanziale deprezzamento di altre valute, come ad esempio l’euro, molte delle quali sono scese al minimo negli ultimi 20 anni. Di conseguenza, un gran numero di paesi in via di sviluppo è stato messo alla prova dall’elevata inflazione, dal deprezzamento della valuta e dai deflussi di capitali. Questo è esattamente ciò che il segretario al Tesoro di Nixon, John Connally, una volta osservò, con autocompiacimento ma anche acuta precisione, che “il dollaro è la nostra valuta, ma è un tuo problema”.
◆ Con il loro controllo sulle organizzazioni economiche e finanziarie internazionali, gli Stati Uniti impongono condizioni aggiuntive alla loro assistenza ad altri paesi. Al fine di ridurre gli ostacoli all’afflusso di capitali e alla speculazione degli Stati Uniti, i paesi beneficiari sono tenuti a promuovere la liberalizzazione finanziaria e ad aprire i mercati finanziari in modo che le loro politiche economiche siano in linea con la strategia americana. Secondo la Review of International Political Economy, insieme ai 1.550 programmi di alleggerimento del debito estesi dal FMI ai suoi 131 paesi membri dal 1985 al 2014, sono state poste ben 55.465 condizioni politiche aggiuntive.
◆ Gli Stati Uniti sopprimono volontariamente i loro oppositori con la coercizione economica. Negli anni ’80, per eliminare la minaccia economica rappresentata dal Giappone, e per controllare e utilizzare quest’ultimo al servizio dell’obiettivo strategico di affrontare l’Unione Sovietica e dominare il mondo, gli Stati Uniti hanno fatto leva sul proprio potere finanziario egemonico contro il Giappone e hanno concluso il Plaza Accord. Di conseguenza, lo yen è stato spinto verso l’alto e il Giappone è stato spinto ad aprire il proprio mercato finanziario e riformare il proprio sistema finanziario. Il Plaza Accord ha inferto un duro colpo allo slancio di crescita dell’economia giapponese, lasciando il Giappone a quelli che in seguito furono chiamati “tre decenni perduti”.
◆ L’egemonia economica e finanziaria americana è diventata un’arma geopolitica. Raddoppiando le sanzioni unilaterali e la “giurisdizione a braccio lungo”, gli Stati Uniti hanno promulgato leggi nazionali come l’International Emergency Economic Powers Act, il Global Magnitsky Human Rights Accountability Act e il Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act, e hanno introdotto una serie di ordini esecutivi per sanzionare specifici paesi, organizzazioni o individui. Le statistiche mostrano che le sanzioni statunitensi contro enti stranieri sono aumentate del 933% dal 2000 al 2021. La sola amministrazione Trump ha imposto più di 3.900 sanzioni, il che significa tre sanzioni al giorno. Finora, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni economiche a quasi 40 paesi in tutto il mondo, tra cui Cuba, Cina, Russia, Corea del Nord, Iran e Venezuela, colpendo quasi la metà della popolazione mondiale. “Gli Stati Uniti d’America” si sono trasformati negli “Stati Uniti delle sanzioni”. La “long-arm jurisdiction” ovvero “la lunga mano” della propria giurisdizione interna all’estero è stata ridotta a nient’altro che uno strumento per utilizzare i propri mezzi di potere statale al fine di sopprimere i concorrenti economici ed interferire nei normali affari internazionali. Questo è un grave allontanamento dai principi dell’economia di mercato liberale che gli Stati Uniti da sempre proclamano.
- Egemonia tecnologica: monopolio e soppressione
Gli Stati Uniti cercano di scoraggiare lo sviluppo scientifico, tecnologico ed economico di altri paesi esercitando il potere di monopolio, misure di repressione e restrizioni tecnologiche nei campi ad alta tecnologia.
◆ Gli Stati Uniti monopolizzano la proprietà intellettuale in nome della protezione. Approfittando della debole posizione di altri paesi, specialmente di quelli in via di sviluppo, sui diritti di proprietà intellettuale e sull’assenza di attori istituzionali in settori rilevanti, gli Stati Uniti traggono profitti eccessivi attraverso il monopolio. Nel 1994, gli Stati Uniti hanno portato avanti l’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale legati al commercio (TRIPS), forzando il processo e imponendo gli standard americani nella protezione della proprietà intellettuale, nel tentativo di consolidare il proprio monopolio in campo tecnologico.
Negli anni ’80, per contenere lo sviluppo dell’industria giapponese dei semiconduttori, gli Stati Uniti avviarono l’indagine “301”, costruirono potere contrattuale nei negoziati bilaterali attraverso una rete di accordi multilaterali, minacciarono di etichettare il Giappone come un commerciante sleale e imposero tariffe di ritorsione, costringendo il Giappone a firmare l’accordo sui semiconduttori USA-Giappone. Di conseguenza, le imprese giapponesi di semiconduttori sono state quasi completamente estromesse dalla concorrenza globale e la loro quota di mercato è scesa dal 50% al 10%. Nel frattempo, con il sostegno del governo degli Stati Uniti, un gran numero di imprese di semiconduttori statunitensi ha colto l’opportunità e ha conquistato una quota di mercato maggiore.
◆ Gli Stati Uniti politicizzano, trasformano in armi le questioni tecnologiche e le usano come strumenti ideologici. Esagerando il concetto di sicurezza nazionale, gli Stati Uniti hanno mobilitato il potere statale per sopprimere e sanzionare la società cinese Huawei, limitato l’ingresso dei prodotti Huawei nel mercato statunitense, interrotto la fornitura di chip e sistemi operativi e costretto altri paesi a vietare a Huawei di intraprendere la costruzione di una rete 5G locale. In questo ambito sono riusciti persino a convincere il Canada a trattenere ingiustificatamente il CFO di Huawei Meng Wanzhou per quasi tre anni.
Gli Stati Uniti hanno inventato una serie di scuse per reprimere le imprese high-tech cinesi con competitività globale e hanno inserito più di 1.000 imprese cinesi nelle liste di società a cui applicare le sanzioni. Inoltre, gli Stati Uniti hanno anche imposto controlli sulla biotecnologia, l’intelligenza artificiale e altre tecnologie di fascia alta, rafforzato le restrizioni all’esportazione, rafforzato lo screening degli investimenti, soppresso le app di social media cinesi come TikTok e WeChat e fatto pressioni sui Paesi Bassi e sul Giappone per limitare le esportazioni di chip e relative apparecchiature o tecnologie in Cina.
Gli Stati Uniti hanno anche praticato doppi standard nella loro politica sui professionisti tecnologici legati alla Cina. Per mettere da parte ed eliminare i ricercatori cinesi, dal giugno 2018 la validità del visto è stata ridotta per gli studenti cinesi che si specializzano in determinate discipline legate all’alta tecnologia. Si sono verificati ripetuti casi in cui studiosi e studenti cinesi, che si recavano negli Stati Uniti per programmi di scambio e studio, sono stati ingiustificatamente respinti e discriminati, e sono state condotte indagini su larga scala sugli studiosi cinesi che lavorano negli Stati Uniti.
◆ Gli Stati Uniti consolidano il loro monopolio tecnologico in nome della protezione della democrazia. Costruendo piccoli blocchi sulla tecnologia come “l’alleanza dei chip” e la “rete pulita”, gli Stati Uniti hanno etichettato l’alta tecnologia con etichette di “democrazia” e “diritti umani” e hanno trasformato le questioni tecnologiche in questioni politiche e ideologiche, fabbricando scuse per giustificare per il proprio blocco tecnologico contro altri paesi. Nel maggio 2019, gli Stati Uniti hanno arruolato 32 paesi alla conferenza sulla sicurezza 5G di Praga in Repubblica Ceca e hanno emesso la proposta di Praga nel tentativo di escludere i prodotti 5G della Cina. Nell’aprile 2020, l’allora Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato il “5G clean path”, un piano progettato per costruire un’alleanza tecnologica nel campo del 5G con partner legati alla loro ideologia condivisa in termini di democrazia e necessità di garantire la “sicurezza informatica”. Le misure, in sostanza, sono i tentativi degli Stati Uniti di mantenere la propria egemonia tecnologica attraverso alleanze tecnologiche.
◆ Gli Stati Uniti abusano della propria egemonia tecnologica effettuando attacchi informatici e intercettazioni. Gli Stati Uniti sono stati a lungo noti come un “impero di hacker”, accusati dei loro dilaganti furti informatici in tutto il mondo. Dispongono di tutti i tipi di mezzi per imporre attacchi informatici e attività di sorveglianza pervasiva, incluso l’utilizzo di segnali di stazioni base analogiche per accedere ai telefoni cellulari e operare il furto dei dati, manipolare app mobili, infiltrarsi nei server cloud e rubare dati attraverso cavi sottomarini. L’elenco continua.
La sorveglianza degli Stati Uniti è indiscriminata. Tutti possono essere bersagli della sua sorveglianza, siano essi rivali o alleati, anche leader di paesi alleati come l’ex cancelliere tedesco Angela Merkel e diversi presidenti francesi. La sorveglianza informatica e gli attacchi lanciati dagli Stati Uniti come “Prism”, “Dirtbox”, “Irritant Horn” e “Telescreen Operation” sono tutte prove che gli Stati Uniti stanno monitorando attentamente i propri alleati e partner. Tali intercettazioni su alleati e partner hanno già causato indignazione in tutto il mondo. Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, un sito web che ha esposto i programmi di sorveglianza degli Stati Uniti, ha affermato che “Non devi aspettarti che una superpotenza di sorveglianza globale agisca con onore o rispetto. C’è solo una regola: non ci sono regole”.
- Egemonia culturale — Diffondere false narrazioni
L’espansione globale della cultura americana è una parte importante della sua strategia esterna. Gli Stati Uniti hanno spesso utilizzato strumenti culturali per rafforzare e mantenere la propria egemonia nel mondo.
◆ Gli Stati Uniti incorporano i valori americani nei propri prodotti come i film. I valori e lo stile di vita americani sono un prodotto legato ai suoi film e programmi TV, pubblicazioni, contenuti multimediali e programmi delle istituzioni culturali senza scopo di lucro finanziate dal governo. Si forma così uno spazio culturale e di opinione pubblica in cui la cultura americana regna e mantiene l’egemonia culturale. Nel suo articolo “The Americanization of the World”, John Yemma, uno studioso americano, ha esposto le vere armi dell’espansione culturale statunitense: Hollywood, le fabbriche di image design di Madison Avenue e le linee di produzione di Mattel Company e Coca-Cola.
Ci sono vari veicoli che gli Stati Uniti usano per mantenere la loro egemonia culturale. I film americani sono i più usati; ora occupano più del 70% della quota di mercato mondiale. Gli Stati Uniti sfruttano abilmente la propria diversità culturale per fare appello a varie etnie. Quando i film di Hollywood vengono diffusi nel mondo, urlano i valori americani a loro legati.
◆ L’egemonia culturale americana non si manifesta solo in “interventi diretti”, ma anche in “infiltrazioni mediatiche” e come “tromba per il mondo”. I media occidentali dominati dagli Stati Uniti hanno un ruolo particolarmente importante nel plasmare l’opinione pubblica globale a favore dell’ingerenza degli Stati Uniti negli affari interni di altri paesi.
Il governo degli Stati Uniti censura rigorosamente tutte le società di social media e richiede la loro obbedienza. Il CEO di Twitter Elon Musk ha ammesso il 27 dicembre 2022 che tutte le piattaforme di social media collaborano con il governo degli Stati Uniti per censurare i contenuti, ha riferito a Fox Business Network. L’opinione pubblica negli Stati Uniti è soggetta all’intervento del governo per limitare tutte le osservazioni sfavorevoli. Google spesso fa sparire le pagine.
Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti manipola i social media. Nel dicembre 2022, The Intercept, un sito web investigativo statunitense indipendente, ha rivelato che nel luglio 2017, il funzionario del comando centrale degli Stati Uniti Nathaniel Kahler ha incaricato il team di politica pubblica di Twitter di aumentare la visibilità di 52 account in lingua araba su un elenco che ha inviato, sei dei quali erano avevano la massima priorità. Uno dei sei era dedicato a giustificare gli attacchi di droni statunitensi nello Yemen, ad esempio affermando che gli attacchi erano precisi e uccidevano solo terroristi, non civili. Seguendo la direttiva di Kahler, Twitter ha inserito quegli account in lingua araba in una “lista bianca” per amplificare determinati messaggi.
◆Gli Stati Uniti praticano doppi standard sulla libertà di stampa. Sopprime brutalmente e mette a tacere i media di altri paesi con vari mezzi. Gli Stati Uniti e l’Europa escludono i principali media russi come Russia Today e Sputnik dai loro paesi. Piattaforme come Twitter, Facebook e YouTube limitano apertamente gli account ufficiali della Russia. Netflix, Apple e Google hanno rimosso canali e applicazioni russi dai loro servizi e app store. Sui contenuti relativi alla Russia viene imposta una censura draconiana senza precedenti.
◆Gli Stati Uniti abusano della loro egemonia culturale per istigare “l’evoluzione pacifica” nei paesi socialisti. Crea mezzi di informazione e attrezzature culturali che prendono di mira i paesi socialisti. Versa cifre sbalorditive di fondi pubblici nelle reti radiofoniche e televisive per sostenere la loro infiltrazione ideologica, e questi portavoce bombardano i paesi socialisti in dozzine di lingue con propaganda incendiaria giorno e notte.
Gli Stati Uniti usano la disinformazione come una lancia per attaccare altri Paesi, e vi hanno costruito attorno una catena industriale: ci sono gruppi e individui che inventano storie, e le spacciano in tutto il mondo per ingannare l’opinione pubblica con il supporto di risorse finanziarie pressoché illimitate.
Conclusione
Mentre una causa giusta ottiene un ampio sostegno da parte del suo sostenitore, una causa ingiusta condanna il suo persecutore ad essere un emarginato. Le pratiche egemoniche, prepotenti e atte ad usare la forza per intimidire i deboli, prendere dagli altri con la forza e il sotterfugio e vedere le relazioni internazionali come giochi a somma zero, stanno causando gravi danni. Le tendenze storiche di pace, sviluppo, cooperazione e mutuo vantaggio sono inarrestabili. Gli Stati Uniti hanno scavalcato la verità con il loro potere e calpestato la giustizia per servire il proprio singolo interesse nazionale. Queste pratiche egemoniche unilaterali, egoistiche e regressive hanno attirato critiche e opposizioni crescenti e intense da parte della comunità internazionale.
I paesi devono rispettarsi a vicenda e trattarsi da pari a pari. I grandi Paesi dovrebbero comportarsi in modo consono al loro status e prendere l’iniziativa nel perseguire un nuovo modello di relazioni tra Stato e Stato caratterizzato dal dialogo e dalla partnership, non dal confronto o dall’alleanza. La Cina si oppone a tutte le forme di egemonismo, di politica di potere e rifiuta l’ingerenza negli affari interni di altri paesi. Gli Stati Uniti devono condurre un serio esame di coscienza. Devono esaminare criticamente ciò che hanno fatto, abbandonare la propria arroganza e il proprio pregiudizio e abbandonare le usuali pratiche egemoniche, prepotenti ed intimidatorie.
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