È inutile e dannoso girarci intorno. Mentre il governo italiano si impegna su questioni al limite del demenziale (sostituzioni etniche, proibizione delle parole straniere, difesa dell’identità nazionale, cavilli rispetto all’antifascismo etc.), la nostra umanità si trova di fronte al più grande rischio per la sua incolumità da quando essa esiste. La quinta estinzione di massa, cioè l’ultima fino ad oggi, risale a oltre cinquanta milioni di anni fa, quando, sembra a causa della collisione con un asteroide, il nostro pianeta visse un’era glaciale che condusse alla sparizione dei dinosauri, in quel momento la specie dominante.
Il nostro presente è quello in cui siamo di fronte a una possibile sesta
estinzione di massa, come la chiamava un paio di decenni fa il biologo
statunitense Edward Wilson. Sì, l’homo sapiens – la specie più evoluta comparsa
su questo pianeta – rischia di estinguersi. Ma non per una disgrazia esterna,
bensì per suicidio. La specie più evoluta e ottusa al tempo stesso.
Non è solo una questione ambientale – un’umanità la cui produzione massiva
e sfrenata sta creando le condizioni per la distruzione dell’ecosistema
in cui è possibile la vita umana – su cui gli scienziati ci dicono esserci
tutti i segnali per temere il disastro. Ma è anche, e forse soprattutto, una
questione di intelligenza. Quella facoltà che distingue l’uomo da
tutte le altre specie e che, già dai tempi di Platone, era considerato lo
strumento principale con cui l’uomo stesso poteva costruire un futuro di
sviluppo e benessere. Tutto questo a patto che l’essere umano seguisse una sola
regola fondamentale: la misura. Andare oltre questa misura
significava abbandonarsi alla tracotanza, delitto capace di aprire
le porte al peggio.
Oggi siamo a quella tracotanza, a quell’eccesso di superbia che
può condurre l’umanità all’autodistruzione. Essa ha un nome specifico: intelligenza
artificiale. Si badi bene: non una specie di mostro comparso da una scena
fantascientifica o comunque extra-umana, come a volte sembrano descriverla
alcuni intellettuali (per esempio Harari), o anche i nostri media quando – è il
caso di questi giorni – danno la notizia che Geoffrey Hinton (padre della
tecnologia da cui è nata l’IA autogenerativa) si è dimesso da Google per
denunciare i pericoli insiti in un’intelligenza in grado di soppiantare quella
umana.
Occorre essere molto chiari su tre questioni nodali, infatti. La prima:
questa tecnologia è un prodotto dell’uomo, che però sta sviluppando in maniera
direttamente proporzionale alla diminuzione e all’impoverimento
dell’intelligenza umana (si vedano i dati sconfortanti sull’aumento
dell’analfabetismo funzionale e sulla degradazione del quoziente intellettivo
medio della popolazione). La seconda: se è vero che questa
tecnologia può distruggere l’umano, asservendo e poi incorporando l’intelletto
dell’uomo, sostituendosi agli umani in moltissime attività lavorative e, perfino,
superando le capacità umane nella produzione di contenuti creativi, culturali e
artistici, è anche vero che dobbiamo all’Intelligenza artificiale per esempio
la velocità con cui si sono elaborati dei vaccini di
nuova generazione contro il Covid, così come grazie alla stessa stanno per
essere prodotti dei vaccini contro alcune delle forme tumorali più gravi.
Terza questione: ad oggi questa tecnologia è in mano o a soggetti esclusivamente privati
(e quindi votati esclusivamente al profitto) nel mondo occidentale, oppure a
stati autoritari come nel caso della Cina. Le prime tre società al mondo che
lavorano sull’Intelligenza artificiale sono cinesi, si occupano di
riconoscimento facciale e in genere di monitorazione dell’umano e vendono i
loro prodotti a governi autoritari (compreso quello cinese),
che li usano per tenere sotto controllo le rispettive popolazioni e limitare al
massimo le libertà individuali.
Non c’è dubbio che siamo di fronte a un cambiamento epocale. Non è più
soltanto dal sistema di produzione economico che possiamo comprendere il nostro
tempo, ma oggi è la tecnologia a dirci che direzioni stiamo prendendo. A noi
uomini, se vogliamo sopravvivere, spetta il compito di governare e limitare gli
sviluppi tecnologici affinché siano funzionali all’umano e non
distruttivi. L’alternativa è che a governarli e orientarli siano soggetti
votati esclusivamente al profitto o al potere politico, quindi
incuranti del bene generale.
Il grande dubbio, semmai, è come pensare di fare tutto ciò, per
esempio in un paese come l’Italia, in cui il 15% della popolazione
pensa che la Terra sia piatta, il 17% che l’Olocausto non ci sia stato, il 18%
che i rettiliani siano tra noi, il 29% che lo sbarco sulla Luna non sia
avvenuto stato e il 32% che l’attentato contro le Torri gemelle sia stato
organizzato dagli Usa (fonte: SWG).
I più intelligenti e competenti dovrebbero essere coloro che ci governano,
ma considerando i notevoli problemi che manifestano anche loro con
l’intelligenza biologica non c’è molto di che sperare rispetto
alla loro capacità di governare quella artificiale.
* Filosofo, Università di Urbino "Carlo Bo"
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