Si è ucciso a 31 anni, nel
1954 (qui una
piccola biografia), per meno di quello che ha scritto lui gli scrittori vengono
osannati e considerati dei classici.
Sulla tomba c’è scritto: “Qui
riposa uno scrittore svedese, caduto per niente, sua colpa fu l’innocenza;
dimenticatelo spesso”
di Stig Dagerman si trova
qualcosa qui.
ecco una poesia (era
anarchico) e un racconto, bellissimo e sconvolgente:
Attenti al cane! – Stig Dagerman
“Certo è deplorevole
che gente che vive di sussidi si tenga poi un cane”
ha dichiarato un responsabile
della Previdenza Sociale
del Varmland
che gente che vive di sussidi si tenga poi un cane”
ha dichiarato un responsabile
della Previdenza Sociale
del Varmland
La legge ha i suoi difetti
I poveri han diritto di
tenere un cane
Potrebbero tenere dei topi
invece:
van bene anche loro e sono
esentasse
Se ne stanno in anguste
stanzette
coi loro costosi bastardi.
Perché non giocano con le
mosche?
Non sono animali da
compagnia?
E al Comune tocca pagare.
Bisogna farla finita
o c’è da temere
che si comprino delle balene
Una decisione va presa:
abbattere i cani! Non è una
buona idea?
Il prossimo provvedimento.
abbattere i poveri
Così il Comune risparmierà
qualcosa.
UCCIDERE UN BAMBINO (1948)
E’ una giornata mite e il
sole splende obliquamente sulla pianura. E’ domenica, tra poco suoneranno le
campane. Fra i campi di segale due bambini hanno scoperto un sentiero che non
avevano mai percorso e nei tre villaggi della piana luccicano i vetri delle
finestre. Gli uomini si radono davanti a specchia appoggiati su tavoli da
cucina, le donne canterellano affettando il pane per il caffè, e i bambini si
abbottonano le camicette. E’ la mattina felice di un giorno infausto perché in
questo giorno nel terzo villaggio un bambino sarà ucciso da un uomo felice. Il
bambino è ancora seduto sul pavimento e si abbottona la camicetta, l’uomo che
si sta radendo la barba dice che oggi faranno una gita in barca sul fiume
mentre la donna canterella e mette il pane appena affettato su un piatto blu.
Non vi sono ombre nella
cucina e l’uomo che ucciderà un bambino si trova ancora vicino a una pompa
rossa della benzina del primo villaggio. E’ un uomo felice, che guarda dentro
una macchina fotografica e nell’obbiettivo vede una piccola automobile blu e
accanto all’automobile una ragazza che ride. Mentre la ragazza ride e l’uomo
scatta la bella fotografia, il benzinaio stringe il tappo del serbatoio e
annuncia che avranno una bella giornata. La ragazza si siede nell’auto, l’uomo
che ucciderà un bambino estrae il portafoglio dalla tasca e spiega che
arriveranno al mare e al mare affitteranno una barca e poi andranno a remare al
largo, molto al largo. Attraverso i finestrini abbassati la ragazza sul sedile
anteriore sente quello che dice e chiude gli occhi e ad occhi chiusi vede il
mare e l’uomo accanto a lei nella barca. Non è certo un uomo cattivo, è felice
e contento e prima di salire in macchina si sofferma un attimo davanti al
radiatore che splende al sole a godere di quel luccichio e dell’odore di
benzina e di biancospino. Nessuna ombra si proietta sull’auto, il paraurti
splendente non ha nessuna ammaccatura né la minima traccia rossa di sangue.
Ma nello stesso momento in
cui nel primo villaggio l’uomo dell’auto richiude la portiera di sinistra e
tira verso di sè il pomello dell’avviamento, nel terzo villaggio la donna nella
cucina apre la dispensa e si accorge che non c’è più zucchero. Il bambino, che
ha finito di abbottonarsi la camicia e si è allacciato le scarpe, è in ginocchio
sul divano e guarda il fiume che serpeggia tra gli ontani e la barca nera
tirata in secco sull’erba. L’uomo che perderà il suo bambino ha finito di
radersi la barba e piega lo specchio. Sulla tavola ci sono il caffè, il pane,
la panna e le mosche. Manca solo lo zucchero e la madre dice al suo bambino di
correre dai Larsson a chiederne in prestito qualche zolletta. E quando il
bambino apre la porta l’uomo gli grida di far presto, che la barca è sulla
spiaggia che aspetta e che devono remare più lontano di quanto non abbiano mai
remato. E mentre corre attraverso il giardino il bambino non fa che pensare al
fiume e alla barca e ai pesci che guizzano e nessuno lo avverte che gli restano
soltanto otto minuti da vivere e la barca rimarrà dov’è per tutto quel giorno e
per molti altri giorni ancora.
I Larsson non abitano
lontano, appena dall’altra parte della strada e mentre il bambino l’attraversa
correndo, la piccola automobile blu entra nel secondo villaggio. E’ un piccolo
villaggio di casette rosse e di gente appena sveglia che siede in cucina colla
tazza del caffè in mano, e vede l’auto che sfreccia al di là della siepe
sollevando dietro di sè un’alta nuvola di polvere. Viaggia a gran velocità e
l’uomo al volante vede i meli e i pali del telegrafo incatramati di fresco
sfilargli accanto come ombre grigie. L’aria dell’estate soffia attraverso il
parabrezza mentre escono sfrecciando dal paese e procedono veloci e sicuri al
centro della carreggiata, sono soli sulla strada – per ora. E’ meraviglioso
viaggiare così soli su una strada ondulata e larga, e in pianura è ancora più
bello. L’uomo è felice e forte e col gomito destro sente il corpo della sua
donna. Non è certo un uomo cattivo. Non farebbe male a una mosca ma tra qualche
istante ucciderà un bambino. Mentre sfrecciano verso il terzo villaggio la
ragazza chiude di nuovo gli occhi e, per gioco, dice che non li riaprirà fino a
che non si vedrà il mare e sogna, al ritmo del dondolio dell’auto, quanto le
apparirà splendente.
Perché la vita è congegnata
così spietatamente che un minuto prima di uccidere un bambino un uomo felice è
ancora felice e un minuto prima di urlare di terrore una donna può chiudere gli
occhi e sognare il mare, e nell’ultimo minuto di vita di un bambino i suoi
genitori possono stare seduti in cucina ad aspettare lo zucchero e a parlare
dei suoi denti bianchi e di una gita in barca e il bambino stesso può chiudere
un cancello e cacciarsi attraverso una strada con delle zollette di zucchero
avvolte in carta bianca nella mano destra, e per tutto quest’ultimo minuto non
vedere altro che un lungo fiume scintillante con grandi pesci e una grande
barca coi remi silenziosi.
Dopo è troppo tardi. Dopo c’è
una macchina blu di traverso sulla strada e una donna che urla si leva una mano
sulla bocca e la mano sanguina. Dopo un uomo apre la portiera di un’automobile
e cerca di reggersi sulle gambe nonostante l’abisso di orrore che ha dentro di
sé. Dopo vi sono delle zollette di zucchero bianche assurdamente sparse nel
sangue e nella ghiaia e un bambino giace inerte sul ventre con il volto
brutalmente schiacciato contro la strada. Dopo accorrono due persone pallide
che non sono ancora riuscite a bere il loro caffè e si precipitano verso un
cancello e quello che vedono non lo dimenticheranno mai. Perché non è vero che
il tempo guarisce tutte le ferite. Il tempo non guarisce le ferite di un
bambino ucciso ed è molto difficile che guarisca il dolore di una madre che ha
dimenticato di comperare lo zucchero e manda suo figlio dall’altra parte della
strada a chiederlo in prestito; ed è altrettanto difficile che guarisca
l’angoscia di un uomo un tempo felice che ora l’ha ucciso.
Perché chi ha ucciso un
bambino non va più al mare. Chi ha ucciso un bambino guida lentamente verso
casa, in silenzio, e accanto a sé ha una donna muta con una mano fasciata e in
tutti i villaggi che attraversano non vedono più un solo uomo felice. Tutte le
ombre sono cupe e quando i due si separano sono ancora in silenzio e l’uomo che
ha ucciso un bambino capisce che quel silenzio è il suo nemico e che gli ci
vorranno anni della sua vita per sconfiggerlo gridando che non è stata colpa
sua. Ma sa anche che questa è una menzogna e la notte nei suoi sogni si
struggerà di poter avere indietro un unico minuto della sua vita per far sì che
quest’unico minuto possa essere diverso.
Ma la vita è così spietata
con colui che ha ucciso un bambino che dopo è troppo tardi per qualsiasi cosa.
Nessun commento:
Posta un commento