non resta che leggerlo, no? - franz
…nella storia di Teulè il discorso, la
trama sembrano continuamente procedere in un dato verso e poi una riga dopo ti
stupiscono con un vero e proprio “scarto in volo”, abbandonando la terra, i
riferimenti spazio temporali, la coerenza dei personaggi, impigliandosi alla
tua immaginazione, scuotendola a strappi. Trasformando così la storia a volte,
e soprattutto nel finale, in pura poesia.
Biografia del libro
“L’arcobaleno mi aveva dannato”, dice Rimbaud in Una stagione all’inferno, e in questa frase è racchiuso il senso e la forma di questo libro di Teulé. “Per me Rimbaud è il più grande dei poeti. Il più geniale, il più intelligente. Lui rappresenta il vero ideale dell’adolescente perché tutti gli adolescenti vorrebbero avere il genio di Rimbaud. È stato ed è una specie di rock star della poesia”.
“Io non avevo mai pensato di scrivere un libro, perché non mi sentivo uno scrittore. Un giorno la direttrice editoriale della Julliard mi chiama e mi dice: ‘Sono anni che la sento in televisione e mi dico che lei è uno scrittore che non sa di esserlo. Venga che le faccio un contratto’.”. “Mi sono detto: ‘Ma sì, provo a fare qualcosa su Rimbaud’. Ma non Rimbaud come personaggio. Era un tipo talmente originale che non osavo avvicinarmici. Mi sono detto che sarebbe stato un buon punto di vista raccontare la storia di qualcuno che, al giorno d’oggi, prende Rimbaud alla lettera, che rivive tutto quello che aveva vissuto il grande poeta. Ho pensato che un tipo così si sarebbe messo in situazioni divertenti e poetiche. Ed è così che è cominciata”. Di sicuro la lunga esperienza di disegnatore di fumetti e quella di presentatore televisivo hanno avuto una grande influenza su questo esordio letterario. Teulé precisa: “La maggior parte degli scrittori nutrono un grande interesse per la psicologia, io invece me ne infischio. Mi interessano solo le immagini. Quanto mi divertivo a disegnare Robert! Lo tenevo lì sulla scrivania, sempre sotto gli occhi. Avevo disegnato anche Isabelle. Prima li disegnavo, poi li descrivevo con le parole”.
“Il libro l’ho scritto a Parigi, a casa mia. Procedo a blocchi. Faccio la prima stesura a matita, poi batto al computer. Per questo libro la paura di non farcela era tale che avevo fatto una scaletta molto precisa. I posti dove vanno i due protagonisti li conoscevo benissimo: Il Cairo, l’isola di Mauritius, il giardino botanico di Pamplemousse e le sue ninfee giganti, Gorée, Dakar. E poi tutte le storie che ho raccontato partono da storie vere, che ho sentito con le mie orecchie”.
“L’arcobaleno mi aveva dannato”, dice Rimbaud in Una stagione all’inferno, e in questa frase è racchiuso il senso e la forma di questo libro di Teulé. “Per me Rimbaud è il più grande dei poeti. Il più geniale, il più intelligente. Lui rappresenta il vero ideale dell’adolescente perché tutti gli adolescenti vorrebbero avere il genio di Rimbaud. È stato ed è una specie di rock star della poesia”.
“Io non avevo mai pensato di scrivere un libro, perché non mi sentivo uno scrittore. Un giorno la direttrice editoriale della Julliard mi chiama e mi dice: ‘Sono anni che la sento in televisione e mi dico che lei è uno scrittore che non sa di esserlo. Venga che le faccio un contratto’.”. “Mi sono detto: ‘Ma sì, provo a fare qualcosa su Rimbaud’. Ma non Rimbaud come personaggio. Era un tipo talmente originale che non osavo avvicinarmici. Mi sono detto che sarebbe stato un buon punto di vista raccontare la storia di qualcuno che, al giorno d’oggi, prende Rimbaud alla lettera, che rivive tutto quello che aveva vissuto il grande poeta. Ho pensato che un tipo così si sarebbe messo in situazioni divertenti e poetiche. Ed è così che è cominciata”. Di sicuro la lunga esperienza di disegnatore di fumetti e quella di presentatore televisivo hanno avuto una grande influenza su questo esordio letterario. Teulé precisa: “La maggior parte degli scrittori nutrono un grande interesse per la psicologia, io invece me ne infischio. Mi interessano solo le immagini. Quanto mi divertivo a disegnare Robert! Lo tenevo lì sulla scrivania, sempre sotto gli occhi. Avevo disegnato anche Isabelle. Prima li disegnavo, poi li descrivevo con le parole”.
“Il libro l’ho scritto a Parigi, a casa mia. Procedo a blocchi. Faccio la prima stesura a matita, poi batto al computer. Per questo libro la paura di non farcela era tale che avevo fatto una scaletta molto precisa. I posti dove vanno i due protagonisti li conoscevo benissimo: Il Cairo, l’isola di Mauritius, il giardino botanico di Pamplemousse e le sue ninfee giganti, Gorée, Dakar. E poi tutte le storie che ho raccontato partono da storie vere, che ho sentito con le mie orecchie”.
… Il titolo è l’albero maestro attorno al quale si uniscono i
principali temi del racconto, dove la poesia incontra la musicalità della
parola e la vivacità del colore. La storia inizia al 12 di rue Thiers, con
un armadio che sembra un
armadio, ma è un
battello, secondo quanto è stato inciso sull’anta nera; appartiene a Robert,
da quando aveva dodici anni è la sua culla, il suo guscio, la seconda cosa per
lui importante dopo Rimbaud. Capitano del suo battello, Robert partirà
alla ricerca di un Io che «è un altro», pronto ad immergersi, con la
complicità di una candida compagna, fino al fondo di un variopinto delirio.
I versi di Rimbaud, citati a memoria, riempiono la bocca di
Robert nei pochi momenti di confronto con il mondo esterno, configurandosi come
semi iniziali di quel consapevole quanto folle desiderio di totale e carnale
appropriazione del Verbo, che maturerà con il procedere mimetico verso quelli
che furono i luoghi del poeta, fino a sbocciare in tutta la sua spirituale
concretezza…
da qui
Nessun commento:
Posta un commento