l'amour
fou di Pierre per Èliane.
Pierre,
imprenditore di un certo successo, perde la testa per una ragazzina, Èliane, che vuole entrare in società, la
mamma la spinge nei salotti buoni, come le mamme che oggi spingono le figlie
come veline, o cose simili.
Pierre, che
è sempre stato in difficoltà nei rapporti con le donne, si dà a Èliane, che va a vivere con lui, e ogni suo pensiero
è per lei, che sembra non capire, e, come una bambina molto viziata,
chiede sempre di più.
ormai Pierre è uno che vorrebbe diventare, se potesse, l’ombra della sua ombra, l’ombra della sua
mano, l’ombra del suo cane, ogni vuole respirare la stessa aria di Èliane, trascura il lavoro, fino alle estreme conseguenze.
e poi Pierre scopre che Èliane lo tradisce, se pure l'ha mai amato, lui si era illuso di comprarla.
la caduta di Pierre è la storia del libro, Èliane è solo l'oggetto delle sue attenzioni.
alla fine, quando ormai l'ha persa e poi la ritrova, intanto ha perso tutto, è praticamente un barbone, lui continua a illudersi, l'ama ancora alla follia, ridarebbe tutto per poter essere l’ombra della sua ombra, l’ombra della sua mano, l’ombra del suo cane, ma per lei, che intanto ha conosciuto le durezze della vita, Pierre è uno come altri.
forse è un romanzo minore di Emmanuel Bove, ma le cose minori dei giganti sono sempre cose grandi, sono storie che coinvolgono ed emozionano.
provate, non sarete delusi - franz
Èliane, una sedicenne nevrotica e tirannica, un po' Lolita, un po' Angelo azzurro, alla ricerca di una protettiva figura paterna, ma soprattutto di una facile evasione dallo squallore piccolo-borghese, porta alla rovina un triste industriale di quarant'anni, rivelandogli il suo oscuro e inconsapevole istinto di sottomissione e il suo destino di perdente. Il segreto del successo postumo di Bove, diventato in Francia una sorta di 'cult writer', sta forse in una curiosa mescolanza di clichés letterari, dotati per il lettore odierno di un fascino nostalgicamente retrò, e di uno stile nitido e lineare, messo al servizio di una sofisticata operazione di stilizzazione narrativa attenta a fondere il dettaglio visivo e quello psicologico. La sua Parigi grigia e piovosa, i suoi bistrot impregnati di fumo, i sordidi interni piccolo-borghesi ricordano quelli di Simenon e dei film francesi anni trenta. Ma più che alle atmosfere cartoniche del realismo poetico prévertiano, le sue immagini in "bianco e nero", con i loro dettagli sottilmente inquietanti, fanno pensare ai film di Marcel L'Herbier. Oggetti che brillano in stanze buie, il bagliore dell'asfalto illuminato dai lampioni durante un pedinamento notturno, lampadine elettriche che pendono nude dal soffitto di camere disadorne, disegnano le sequenze di questo dramma dell'amore masochista, secondo una rigorosa geometria stilistica che aveva conquistato Rilke, Beckett e ora Peter Handke.
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