Il dibattito sulla depenalizzazione del reato d’immigrazione irregolare ha
visto la formazione di un inedito fronte a favore: non solo le associazioni in
difesa dei diritti civili e la magistratura, ma anche i vertici delle forze
dell’ordine si sono pronunciati per l’abolizione del reato, perché non serve a
niente. “Andrebbe riformato. Così com’è intasa le procure”, ha detto il capo
della polizia Alessandro Pansa. Il governo ha invece deciso di rimandare sine
die tale decisione, che pure sarebbe obbligato a prendere in virtù di
una legge delega del parlamento.
Approvato nel 2009 dal governo Berlusconi-Maroni (con l’attuale ministro
dell’interno Angelino Alfano allora alla giustizia), il reato prevede una multa
per l’immigrato entrato irregolarmente (o colto in situazione irregolare sul
territorio) e che nel frattempo è stato espulso o ha fatto perdere le proprie
tracce, e quindi non potrà pagare la sanzione. In questo senso, intasa le
procure inutilmente.
La realtà e la percezione dei cittadini
Così congegnato, il reato non ha mai raggiunto gli obiettivi che si era
prefissato il legislatore. Com’era prevedibile fin dalla sua approvazione, non
ha avuto alcun effetto dissuasivo: è implausibile che una persona pronta ad
attraversare il Mediterraneo a bordo di un barcone o i Balcani nel cassone di
un tir cambi idea per timore di vedersi infliggere una multa (che peraltro non
pagherà mai).
Ma la cosa più sorprendente di tutto il dibattito sono le ragioni
presentate dal presidente del consiglio per giustificare il suo mancato atto.
In un’intervista al Tg1, Matteo Renzi ha detto che “secondo i magistrati il
reato in quanto tale non serve, non ha senso e intasa i tribunali, ma è anche
vero che c’è una percezione di insicurezza da parte dei cittadini per cui
questo percorso di cambiamento delle regole lo faremo con calma, tutti insieme,
senza fretta”.
Il capo del governo ammette senza riserve di determinare le sue decisioni
in un campo delicato come quello dell’immigrazione basandosi non sulla realtà
dei fatti o sull’opinione di esperti, ma sulla percezione dei cittadini – che
per sua stessa natura è viziata da emotività, paure e riflessi condizionati di
chiusura nei confronti del diverso.
La verità è che, in questa come in altre questioni legate ai diritti
civili, il presidente del consiglio ha perso un’altra occasione per realizzare
un gesto altamente simbolico e cambiare così la percezione dei cittadini. Cioè:
orientare l’opinione pubblica, che è precisamente il compito che un governo
dovrebbe darsi.
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