Ormai la
storia è nota. Il 4 dicembre alcune tv statunitensi hanno mandato in onda dei
video effettuati nella casa di Syed Farook e Tashfeen Malik, gli autori della
strage in un centro per disabili della cittadina californiana di San
Bernardino. Le riprese della perquisizione hanno creato molte polemiche.
L’invasione dei reporter è stata paragonata (non a torto) all’atteggiamento
degli avvoltoi davanti a una carogna succulenta. La critica, oltre a essere
rivolta all’invasione della casa, ha puntato il dito sulle speculazioni fatte
dai giornalisti su alcuni oggetti trovati, come i documenti della madre di uno
dei killer o la copia del Corano che è stata sfogliata freneticamente in cerca
di non si sa bene quale verità.
Quando
ho visto le immagini in tv (immagini che sono state trasmesse dai principali
network un po’ in tutto il mondo) ho sentito dentro di me un grande senso di
vuoto misto a paura. Chi era sul banco degli accusati? La coppia di killer Syed
e Tashfeen, o tutti noi che malauguratamente condividiamo la stessa religione
con la coppia in questione? Quello zoom sul Corano cosa significava?
Ed
è stato proprio mentre guardavo quelle immagini, quegli zoom osceni su un testo
sacro per milioni di fedeli – per non parlare poi delle speculazioni da quattro
soldi fatte dai giornalisti alla ricerca di uno scoop facile – che mi sono
ricordata di una scena di Don Chisciotte.
La
libreria di don Chisciotte è ricca, variegata, plurilingue. Alcuni testi
vengono condannati senza appello
Nel
sesto capitolo della prima parte del romanzo di Miguel de Cervantes, don
Chisciotte è a letto ammalato. Il povero hidalgo ha preso un bel po’ di bastonate alla
sua prima uscita come cavaliere errante. La nipote, preoccupata della perdita
di senno dello zio, chiama in soccorso il curato e il barbiere del villaggio.
Questi sono convinti che le origini della pazzia dell’uomo, che si crede
cavaliere come il prodigioso Amadigi di Gaula, vada ricercata nei libri.
Pensano che se don Chisciotte smette di leggere allora anche tutte le chimere
che insegue spariranno.
La
loro soluzione è fare un bel falò dei libri per eliminare il problema. I due si
mettono quindi di buona lena a perquisire la biblioteca del povero disgraziato.
Ed è lì che l’ironia di Cervantes esce fuori in tutta la sua potenza.
La
libreria di don Chisciotte è ricca, variegata, plurilingue. Alcuni testi
vengono condannati senza appello. Al rogo! Al rogo! Ed ecco che il curato e il
barbiere li lanciano dalla finestra senza pentimenti. Ma su altri si soffermano
più del dovuto. Alcuni testi si salvano perché il curato e il barbiere non sono
in grado di capire la lingua, come per esempio le prime edizioni del Boiardo e
dell’Ariosto. Altre sopravvivono perché il curato ama i romanzi pastorali.
Se
all’inizio i due discutono un po’ su cosa salvare e cosa no, alla fine il
curato esasperato dai commenti del barbiere decide, anche per stanchezza, di
cambiare tattica. Ordina che si bruci tutto a occhi chiusi. Se don Chisciotte è
impazzito alla fine è colpa dei libri. Allora che vadano tutti al macero. E
così si getta il bambino con l’acqua sporca. Si fa insomma di tutta l’erba un
fascio. E i libri, che non erano colpevoli di nulla, vengono condannati senza
la possibilità di difendersi.
Ma
chi sono i musulmani? È la donna che porta il velo o quella senza? Bisogna
essere molto religiosi o no?
I
giornalisti che sono entrati nella casa dei due killer di San Bernardino non
sono tanto diversi dal curato e dal barbiere di Cervantes. Mettono al rogo
anche tutti noi, insieme a Syed Farook e Tashfeen Malik. Colpevolizzare un
testo sacro (e, aggiungerei, i suoi fedeli), sfogliarlo alla ricerca di non so
quale formula demoniaca, non mi sembra la tattica giusta per capire il periodo
storico che stiamo vivendo e nemmeno ci fa capire perché due persone che
avevano apparentemente tutto hanno fatto quel che hanno fatto. Quella
perquisizione non ci avvicina alla verità e soprattutto colpevolizza milioni di
persone che non condividono né le idee né, in fondo, la religione dei due
killer.
L’islam
professato dai gruppi jihadisti, e in generale dalle persone che si sono
radicalizzate, ricorda più il credo di una setta satanica che una religione
costituita. Non ha molto a che vedere con l’islam canonico seguito da milioni
di fedeli in tutto il mondo. Sembra quasi ovvio ribadirlo. Allora quella
perquisizione a cosa serviva veramente? Cosa volevano dimostrare i giornalisti?
Ho guardato quelle immagini ossessivamente e con una paura crescente. E se
fossi io sul banco degli accusati, io e tutti quelli come me che sono musulmani
di cultura e di fede? Siamo noi a essere considerati colpevoli invece dei due
veri killer?
Donald
Trump, uno dei candidati repubblicani alla presidenza degli Stati Uniti, ha
esplicitato questo pensiero. Ha detto pubblicamente che bisognerebbe impedire
ai musulmani di entrare nel suo paese, anche solo per turismo, finché non si
“capisce” quello che sta succedendo.
Slip o boxer?
Ma
cosa significa musulmani? Chi sono i musulmani? È la donna che porta il velo o
quella che non lo porta? Bisogna essere molto religiosi o no? Laici o no? Lo si
distingue dal colore della pelle un musulmano? Dalla forma del naso? O da come
si taglia i capelli? Indossa Armani o si veste alla bancarella sotto casa? È
ricco o povero? Indonesiano o senegalese? Marocchino o siriano? Italiano o
francese? Slip o boxer? Musulmano, alla fin fine, non significa niente. È una
religione, una cultura, una visione. Qualcosa che puoi abbracciare o rifiutare.
Una parte della tua identità, ma non l’unica di certo.
Mi
fa rabbia essere equiparata a due killer che hanno ucciso 16 persone indifese.
Mi ricordo di una vignetta americana vista tempo fa: se un musulmano uccide
qualcuno allora tutti i musulmani sono colpevoli, se un nero uccide qualcuno
allora tutti i neri sono colpevoli, se un bianco compie una strage allora è un
lupo solitario. Perché, mi chiedo, devo essere considerata colpevole come i due
killer di San Bernardino? E magari i miei amici con la pelle bianca non sono
equiparati a Toto Riina, ai preti pedofili o a Dylann Roof, che a giugno ha
compiuto una strage in una chiesa di afroamericani a Charleston?
Quella
pantomima sulle reti tv in fondo dice: inutile che fai il buono, sei come
quella feccia che spara agli innocenti
Non
mi sognerei mai di equiparare nessuno a Dylann Roof. Al suo odio razziale. Lui
è un terrorista. Lo ha dichiarato lui stesso. Io però la vedo bene la
differenza tra lui e le altre persone che condividono il suo colore di pelle.
Solo perché è bianco non mi permetterei mai di definire tutti i bianchi
terroristi. Allora perché i musulmani, i neri, gli ispanici sono portati tutti
sul banco degli accusati quando qualcuno che somiglia vagamente a loro compie
un delitto, una strage, un atto efferato?
La
perquisizione tv di San Bernardino ha schiacciato migliaia di persone su
un’unica dimensione dell’essere. Quella pantomima sulle reti satellitari in
fondo dice: inutile che fai il buono, sei come quella feccia che spara agli
innocenti. Della stessa pasta di quei vigliacchi che sparano alle spalle delle
persone. In fondo non sei diverso dai killer di San Bernardino o da quelli di
Charlie Hebdo. E non importa se hai manifestato contro gli attentati, non
importa se hai pianto per quelle vite spezzate al Bataclan. Sei musulmano, sei
colpevole lo stesso.
Colpevole…
Anche
se non hai mai amazzato una mosca.
Anche
se odi il terrorismo più di qualunque altra cosa.
Dopo
aver visto quelle immagini in tv la sera me le sono sognate. Ho provato un
senso di ansia e sgomento crescente.
In
quella casa, la casa dei killer, c’erano delle cose che si possono trovare
anche a casa mia, a casa di chiunque sia di cultura islamica. I Corani per
esempio. Ne ho dodici. Ho anche dei versetti coranici attaccati alla parete. Da
qualche parte ho l’immagine di Buraq, il destriero alato del Profeta, e se
cerco a fondo escono fuori almeno sei grammatiche arabe, quelle che mi sono
servite per superare l’esame di arabo terza annualità quando avevo vent’anni.
Poi ho addirittura uno scaffale con tutti libri sul mondo araboislamico. Un
dizionario dell’islam edito da Einaudi, una storia della filosofia araba,
alcuni libri del palestinese Ghassan Kanafani, vari testi sul velo, i libri di Paola
Caridi, esperta di mondo arabo.
Con
questi libri che circolano in casa sono fritta. Devo liberarmene. Ma in una
grande città dove fare un bel falò?
La
mia casa è molto più colpevole di quella dei killer, a ben vedere. Vivo in un
piccolo appartamento. Guardo le cose che ho dentro. Faccio la mia perquisizione
privata. Salta fuori una storia dell’espansione araba edita da Mondadori, mamma
mia che copertina minacciosa, c’è un tizio, una sorta di sceicco del deserto
dall’aria veramente bellicosa. Con questa sarei subito rinchiusa a Sing Sing,
penso. Dovrei forse fare un rogo anch’io? Un rogo privato dove impilo uno
sull’altro Orientalismo di
Edward W.Said, Gli arabi in Spagna di Hermann Schreiber, La terrazza proibita di
Fatema Mernissi, Israele e l’Islam. Le scintille di Dio di Pietro Citati, Essere un musulmano europeo di Tariq Ramadan.
Con
questi libri che circolano in casa sono fritta. Devo liberarmene. Ma in una
città metropolitana dove fare un rogo, un bel falò che mi salvi dai vari Trump
e Cnn? Dai vari talk show nostrani? Una signora, mi ha detto un amico libraio,
dopo gli attentati è entrata nella sua libreria per acquistare il Corano: “Così
quando arrivano questi, gli faccio vedere che ce l’ho e non mi ammazzano”.
Quando mi porteranno a Sing Sing potrò far vedere anch’io la mia copia rosso
fuoco della Bibbia di Gerusalemme? Varrà come difesa?
C’è
tanta confusione sotto il sole. D’altronde i terroristi l’hanno scritto nero su
bianco nei loro testi di riferimento, nelle loro riviste patinate, nei loro
siti internet che lo scopo di tutto, di questa semina di odio e terrore è
quello di dividerci, di creare barriere tra noi. Vogliono seminare diffidenza,
vogliono che ci guardiamo in cagnesco, vogliono distruggere lo spazio di
convivenza – tra musulmani, cristiani, ebrei, atei, agnostici, induisti,
buddisti e così via – che ci siamo guadagnati nel tempo. Le perquisizioni
urlate in tv con toni sensazionalistici alla fine fanno bene al terrorismo e
molto meno a noi.
Quando
lo capiremo?
Un
gruppo di accademici, giornalisti e scrittori ha lanciato
un appello alla
commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi (tra i firmatari la sottoscritta, Biancamaria Scarcia Moretti,
Karima Moual, Farian Sabahi e tanti altri) per una informazione meno isterica
su questi temi.
Scrivono
i firmatari:
Per
questo motivo, diventa necessario se non urgente, creare uno spazio per
l’approfondimento. Dove dare voce all’integrazione, al racconto delle storie di
successo della multiculturalità, ai ritratti di vita quotidiana delle persone
di origine straniera che vivono e lavorano insieme agli italiani. E anche a un
dibattito proficuo e non isterico sulle problematiche della convivenza.
La
professionalità oltre alla specializzazione degli ospiti e dei promotori, nel
trattare certi argomenti, deve diventare un pilastro fondante di questo spazio.
Per
non assistere a un racconto che mischia pericolosamente argomenti diversissimi
– l’Islam con l’immigrazione, i profughi con la jihad, il terrorismo e il
fanatismo – con il risultato di creare una disinformazione sommaria, talora
mostruosa, con il rischio di gravi conseguenze in chiave di convivenza.
Basterebbe
un piccolo sforzo per mettere i riflettori nella direzione giusta. Per scoprire
temi che non si conoscono invece di ribadire le solite banalità e dare sfogo ai
soliti pregiudizi.
Servirebbe
avvicinare il mondo musulmano, non allontanarlo. Lo sanno in tanti, in Italia e
all’estero. Ma continuiamo a fare ancora gli stessi errori.
E
intanto il gruppo Stato islamico (Is), Al Qaeda e tutta la galassia jihadista
se la ridono. Stiamo applicando il loro credo azzannandoci tra di noi.
Non
a caso nell’appello viene ribadito che l’Is “vuole deliberatamente inculcare e
divulgare l’idea di una società totalitaria, monodimensionale, in cui le
differenze, le sfumature, il pensiero critico sono banditi, annullati. Niente
di più lontano dallo stesso mondo plurale che, in Europa e in altre parti del
mondo, i musulmani vivono quotidianamente. Tutto ciò potrebbe trasformarsi in
una trappola micidiale”.
Quando
usciremo dalla trappola?
Spero
che non sia troppo tardi. Stiamo già perdendo troppo tempo con tutto questo
odio in diretta tv.
Ottimo articolo. Grazie della condivisione.
RispondiEliminagrazie a Igiaba Scego e a Internazionale :)
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