Rockefeller per Mandela, Vedanta per Anna Hazare .... Per quanto tempo i Cardinali del vangelo delle multinazionali e della finanza faranno proprie le nostre proteste?
Le Organizzazioni Non Governative, finanziate dalle corporation o dalle fondazioni, sono gli strumenti della finanza globale per impadronirsi dei movimenti di resistenza, per tentare di controllarli dall’interno, esattamente come quegli azionisti che si accaparrano le quote di maggioranza alla partecipazione delle società. Si insediano come punti nodali sul sistema nervoso centrale, sui percorsi lungo i quali scorre la finanza globale.
Che cos’è questo, una dimora o un contenitore? Un tempio alla nuova India, o un deposito per i suoi fantasmi? Da quando è arrivato “Antilla” sulla Altamont Road a Mumbai, trasudando mistero e una nascosta minaccia, le cose non sono state più le stesse. “Eccoci arrivati”, l’amico che mi ha portato qui mi ha detto: “rendiamo omaggio al nostro nuovo Sovrano”.
“Antilla” appartiene all’uomo più ricco
dell’India, Mukesh Ambani. Avevo già letto di questo residence, il più costoso
mai costruito, di ventisette piani, tre piazzole di eliporto, nove ascensori,
giardini pensili, sale da ballo, stanze climatizzate, palestre, sei piani di
parcheggio, e seicento persone di servizio. Non ero preparata per vedere il
prato in verticale, un tappeto erboso che si impenna per 27 piani vincolato ad
una larga griglia metallica. L’erba era in parte secca; ne erano caduti dei
netti rettangoli. Chiaramente, il Trickledown non aveva funzionato.
Ma sicuramente era stato applicato il
Gush-Up (l’irrorazione dal basso verso l’alto, N.d.T).
Ecco perché in una nazione di 1,2 miliardi
di individui, in India, le 100 persone più ricche possiedono patrimoni pari a
un quarto del PIL.
Girano, o almeno giravano voci (anche sul
New York Times), che dopo tutto questo impegno e… il giardinaggio, gli Ambani
non vivono in Antilla. Nessuno lo sa per certo. La gente ancora sussurra di
“fantasmi e di sfortuna”, di Vaastu e Feng Shui.
Forse è tutta colpa di Karl Marx. (è lui
che lancia la maledizione!).
“Il capitalismo”, ha ribadito Marx, “ha
evocato mezzi di produzione e di scambio talmente giganteschi, come un mago che
non è più in grado di controllare le potenze degli inferi, che lui stesso ha
fatto comparire con i suoi incantesimi!”.
In India, i 300 milioni di noi che
appartengono alla nuova classe media, post-“riforme” del Fondo Monetario
Internazionale, del “mercato”, vivono fianco a fianco con gli spiriti
infernali, con le presenze occulte dei fiumi morti, dei pozzi asciutti, delle
montagne nude di alberi e delle foreste defogliate; con i fantasmi di 250.000
contadini oppressi dai debiti che si sono suicidati, e degli 800 milioni che
sono stati impoveriti ed espropriati, a tutto nostro vantaggio. E che
sopravvivono con meno di venti rupie al giorno!
Mukesh Ambani ha un patrimonio personale
di 20 miliardi di dollari. Detiene una quota di maggioranza che controlla la
Reliance Industries Limited (RIL), una compagnia con una capitalizzazione in
borsa di 47 miliardi dollari e con interessi di impresa nel mondo e nelle Zone
Economiche Speciali, che includono prodotti petrolchimici, petrolio, gas
naturale, fibre poliestere,
la vendita al dettaglio di cibo fresco,
scuole superiori, ricerca nel campo delle scienze della vita e servizi di
conservazione delle cellule staminali.
RIL recentemente ha acquistato il 95 per
cento delle quote azionarie di Infotel, un consorzio televisivo che controlla
27 canali di informazione e di intrattenimento, tra cui CNN-IBN, IBN Live,
CNBC, IBN Lokmat ed ETV, in quasi ogni idioma regionale. Infotel possiede
l’unica licenza a livello nazionale per la banda larga 4G, un “canale di
informazione” ad alta velocità che, se la tecnologia funziona, potrebbe
rappresentare il futuro nello scambio di informazioni.
Mr. Ambani possiede perfino una squadra di
cricket.
RIL fa parte di quel ristretto gruppo di
corporation che operano in India. Alcune di queste sono Tata, Jindal, Vedanta,
Mittal e Infosys, Essar e l’altra Reliance (ADAG), di proprietà di Anil Ambani,
fratello di Mukesh. La loro corsa per la crescita si è estesa in tutta Europa,
in Asia centrale, Africa e America Latina. Le loro attività imprenditoriali si
sono ampiamente allargate, sono visibili e invisibili, alla luce del sole e
sotterranee.
La Tata, per esempio, gestisce più
di 100 imprese in 80 paesi. Si tratta di una delle compagnie private indiane
più grandi e di vecchia data nel settore dell’energia. Possiede miniere, campi
di gas naturale, impianti siderurgici, imprese di telefonia, reti televisive
via cavo e a banda larga, e amministra interi settori cittadini. Produce auto e
camion, possiede la catena alberghiera Taj, la Jaguar, Land Rover, Daewoo,
Tetley Tea, una casa editrice, una catena di librerie, un grande marchio di
sale iodato e il gigante dei cosmetici Lakme.
Il loro slogan pubblicitario potrebbe
sicuramente essere: “Non si può vivere senza di noi!”
Secondo le regole del Vangelo “Gush-Up” (gli
strati bassi della società devono essere sfruttati a favore dei pochi
appartenenti alle classi più elevate, N.d.T): “Più hai, più si può avere.”
L’era della “Privatizzazione di Ogni Cosa”
ha reso l’economia indiana una delle economie più in rapida crescita al mondo.
Tuttavia, come ogni colonia di buona
vecchia memoria, i principali prodotti di esportazione dell’India sono i suoi
minerali.
Le nuove mega-società indiane - Tata,
Jindal, Essar, Reliance, Sterlite - sono quelle che sono riuscite a conquistare
a forza la sorgente del rubinetto che sta vomitando soldi estratti dalle
profondità della terra. Per gli uomini d’affari, essere in grado di vendere ciò
che non c’è bisogno di comprare, è un sogno che diventa realtà.
L’altra fonte principale della ricchezza
delle corporation deriva dalle loro banche fondiarie.
In tutto il mondo, governi locali, deboli,
corrotti hanno aiutato gli agenti di Wall Street, le multinazionali del
settore agro-industriale e i miliardari cinesi ad accumulare enormi
distese di terra.(Naturalmente, questo comporta la requisizione forzata di
tanta acqua.)
In India, la terra di milioni di persone è
stata acquisita e ceduta a società private per “interesse pubblico”, per le
Zone Economiche Speciali, per progetti di infrastrutture, dighe, autostrade,
per fabbriche di auto, per l’industria chimica e per piste di Formula Uno.(La
santità della proprietà privata non si applica mai ai poveri!)
Come sempre, alle popolazioni locali
veniva promesso che lo spostamento dalle loro terre, e l’espropriazione di
tutto ciò che avevano, in realtà era parte della creazione di occupazione.
Ma ormai sappiamo che il collegamento tra
crescita del PIL e occupazione è un mito.
Dopo 20 anni di “crescita”, in India il 60
per cento della forza lavoro è costituita da lavoratori autonomi, il 90 per
cento lavora nei settori non organizzati, privo di rappresentanza sindacale.
Dal periodo post-Indipendenza, fino agli
anni ‘80, movimenti popolari, che vanno dai Naxaliti al Sampoorna Kranti (Rivoluzione
Totale) di Jayaprakash Narayan, hanno lottato per le riforme fondiarie, per
la redistribuzione delle terre dai latifondisti feudali ai contadini senza
terra.
Oggi, qualsiasi discorso di
redistribuzione delle terre o della ricchezza potrebbe essere considerato non
solo antidemocratico, ma frutto di pazzia. Anche i movimenti più militanti sono
stati ridotti a lottare per conservare quella poca terra che le persone ancora
detengono. Milioni di persone senza terra, la maggior parte di questi Dalit (paria,
oppressi) e Adivasi (indigeni tribali), cacciati dai loro villaggi,
che vivono in slum e in baraccopoli nelle piccole città e nelle megalopoli, non
figurano nemmeno nel discorso radicale.
Come il “Gush-Up” concentra la ricchezza
sulla capocchia di uno spillo splendente su cui piroettano i nostri miliardari,
onde di una marea di denaro si abbattono sulle istituzioni della democrazia,
sui tribunali, sul Parlamento, così pure sui media, compromettendo gravemente
la capacità di funzionare di questi organismi nei modi cui sono destinati.
Più schiamazzante risulta il carnevale
intorno alle elezioni, meno sicuri siamo che la democrazia esista davvero. In
India, ogni nuovo scandalo di corruzione che emerge fa sembrare l’ultimo del
tutto banale.
Nell’estate del 2011, è scoppiato lo
scandalo “2G spectrum”.
Abbiamo appreso che le compagnie hanno
fatto sparire 40 miliardi di dollari di denaro pubblico, insediando al potere
un’anima amichevole come il ministro delle telecomunicazioni che ha
grossolanamente sottovalutato le licenze per lo “2G telecom spectrum” e
illegalmente le ha spartite fra i suoi amici del cuore. Le conversazioni
telefoniche registrate, fatte trapelare alla stampa, hanno rivelato come una
rete di industriali, e loro società di copertura, ministri, autorevoli
giornalisti ed una rete TV sono stati coinvolti nell’agevolare questa rapina
alla luce del sole. I nastri con le registrazioni sono stati solo la risonanza
magnetica che ha confermato una diagnosi che la gente aveva realizzato da molto
tempo.
La privatizzazione e la vendita illegale
delle frequenze per telecomunicazioni non prevedono la guerra, lo spostamento
di popolazioni e la devastazione ecologica. È la privatizzazione delle
montagne, dei fiumi e delle foreste a comportare tutto questo.
Forse perché non ha la chiarezza priva di
complicazioni di un semplice e perfetto scandalo finanziario, o forse perché
tutto viene fatto in nome del “progresso” dell’India, queste privatizzazioni
ambientali non hanno la stessa risonanza presso le classi medie.
Nel 2005, i governi statali di
Chhattisgarh, Orissa e Jharkhand hanno firmato centinaia di protocolli d’intesa
(Memorandum of Understanding - MoU) con un numero di compagnie private per un
giro di affari di trilioni di dollari di bauxite, minerale di ferro e altri
minerali, in cambio di elemosine, di un nonnulla, sfidando perfino la logica
corrotta del libero mercato. (I canoni di concessione governativi
variavano tra lo 0,5 e il 7 per cento.)
Pochi giorni dopo che il governo di
Chhattisgarh aveva firmato un protocollo d’intesa con Tata Steel per la
costruzione di un impianto siderurgico integrato a Bastar, veniva assunta una
milizia di vigilanti, il Salwa Judum.
Il governo dichiarava che la milizia era
il risultato di un moto spontaneo di rivolta della popolazione locale che era
stufa della “repressione” da parte dei guerriglieri maoisti nella foresta.
Si è scoperto essere invece una operazione
di “pulizia del territorio”, finanziata e armata dal governo e sovvenzionata
dalle società minerarie. Negli altri Stati, sono state create milizie simili,
con altri nomi.
Il primo ministro ha annunciato che i
Maoisti costituivano la “più grande sfida alla sicurezza in India”. Era una
dichiarazione di guerra.
Il 2 gennaio 2006, in Kalinganagar, nel
vicino stato di Orissa, forse per lanciare un segnale sulla serietà delle
intenzioni del governo, dieci plotoni di polizia sono arrivati sul luogo di un
altro impianto Tata Steel e hanno aperto il fuoco sui contadini che si erano
radunati lì per protestare contro quello che reputavano essere una
compensazione inadeguata per la loro terra. Tredici persone, tra cui un
poliziotto, sono stati uccise e 37 ferite. Sei anni sono passati, e anche se i
villaggi restano sotto assedio da parte di poliziotti armati, la protesta non è
morta.
Nel frattempo, nel Chhattisgarh, il Salwa
Judum bruciava, violentava e uccideva, scorazzando attraverso centinaia di
villaggi della foresta, sgomberando 600 villaggi, costringendo 50.000 persone a
venire rinchiuse nei campi di polizia e 350.000 persone a fuggire.
Il primo ministro dichiarava ufficialmente
che coloro che non uscivano dalle foreste sarebbero stati considerati come
“terroristi maoisti”. In questo modo, in alcune parti dell’India moderna, arare
i campi e spargere sementi sono azioni definite alla stregua di attività
terroristiche.
Alla fine, le atrocità del Salwa Judum
sono solo riuscite a rafforzare la resistenza e ad ingrossare le fila
dell’esercito della guerriglia maoista.
Nel 2009, il governo annunciava quella che
definiva Operazione “Green Hunt – Caccia nel verde”. Sono state dispiegate due
formazioni paramilitari di 100.000 uomini negli Stati di Chhattisgarh, Orissa,
Jharkhand e nel Bengala occidentale.
Dopo tre anni di “conflitto a bassa
intensità” in cui non è riuscito a “ripulire” la foresta dai ribelli, il
governo centrale ha dichiarato che verrà impiegato l’esercito indiano e
l’aviazione.
In India, questo non viene denominato:
“guerra”. Questo conflitto viene così definito: “la creazione di un clima
favorevole agli investimenti”.
Migliaia di soldati sono già entrati in
azione. Sono già stati messi a disposizione comandi di brigata e basi aeree. Uno
dei più grandi eserciti del mondo sta preparando le condizioni di ingaggio per
“difendersi” contro la gente più povera, affamata, più malnutrita al mondo.
Ci dobbiamo solo attendere la
promulgazione dell’Atto sui Poteri Speciali alle Forze Armate (AFSPA), che
assegnerà all’esercito l’immunità legale e il diritto di uccidere per solo
“sospetto”. Passare vicino alle decine di migliaia di tombe senza nome e alle
pire di cremazione di corpi anonimi nel Kashmir, Manipur e Nagaland, dimostra
che questo è un esercito in effetti molto poco raccomandabile.
Mentre sono in corso i preparativi per il
dispiegamento delle forze, le giungle dell’India centrale continuano a rimanere
sotto assedio, con gli abitanti dei villaggi terrorizzati ad uscire, o ad
andare al mercato per acquistare cibo o medicine.
Centinaia di persone sono state
incarcerate, accusate di essere maoiste, secondo leggi draconiane,
antidemocratiche. Le prigioni sono affollate di Adivasi, indigeni tribali,
molti dei quali non hanno idea di quale sia il loro crimine.
Recentemente, Soni Sori, una maestra di
scuola per Adivasi di Bastar, è stata arrestata e torturata mentre si trovava
in custodia della polizia. Sono state introdotte pietre nella sua vagina per
farle “confessare” di essere un corriere maoista. Le pietre sono state rimosse
dal suo corpo in un ospedale di Calcutta, dove, dopo una protesta pubblica, era
stata ricoverata per un controllo medico. In una recente udienza della Corte
Suprema, gli attivisti hanno presentato ai giudici le pietre in un sacchetto di
plastica. L’unico risultato dei loro sforzi è stato che Soni Sori rimane in
carcere, mentre ad Ankit Garg, il sovrintendente di polizia che ha condotto
l’interrogatorio, nel giorno della Festa della Repubblica è stata conferita la
Medaglia presidenziale della polizia per atti di coraggio.
Sentiamo parlare di ricostruzione e di
riprogettazione ecologica e sociale dell’India centrale solo a causa delle
insurrezioni di massa e della guerra. Il governo non emette alcuna
informazione. I protocolli d’intesa sono tutti segreti. Alcune sezioni dei
media hanno fatto tutto il possibile per portare l’attenzione pubblica su
quanto sta accadendo nell’India centrale. Tuttavia, la maggior parte dei mass
media indiani sono resi vulnerabili dal fatto che la quota maggiore dei loro
ricavi proviene dalla pubblicità delle grandi compagnie.
Se questo non è già abbastanza grave, ora
la commistione tra i media e le grandi società affaristiche ha iniziato a
creare pericolosa confusione ed offuscamenti. Come abbiamo visto, la Reliance
Industries Limited (RIL) possiede effettivamente 27 canali televisivi. Ma è
vero anche il contrario. Alcune compagnie di mezzi di comunicazione hanno
direttamente affari e interessi nelle società affaristiche.
Per esempio, uno dei principali quotidiani
della regione, il “Dainik Bhaskar” (ed è solo un esempio), ha 17,5 milioni di
lettori in quattro lingue, tra cui inglese e hindi, in 13 Stati. Questo
giornale possiede anche 69 compagnie con interessi nel settore minerario, nella
produzione di energia, nel settore immobiliare e tessile.
Una recente istanza depositata presso
l’Alta Corte del Chhattisgarh accusa la Dainik Bhaskar DB Power Ltd (una delle
società del gruppo) di assumere “deliberatamente ed illegalmente posizioni manipolative”
attraverso giornali di proprietà della società, per influenzare l’esito
di un dibattito pubblico su una miniera a cielo aperto di carbone per ghisa.
Che la DB abbia o meno cercato di
influenzare il risultato dell’udienza non è questione pertinente. Il punto è
che le società dei media sono in grado di farlo. Hanno il potere di farlo. Le
leggi del paese consentono loro di essere in una posizione che attribuisce loro
un serio conflitto di interessi.
Ci sono altre parti del paese da cui non
provengono notizie. Nello Stato nord-orientale dell’Arunachal Pradesh,
scarsamente popolato ma militarizzato, sono in costruzione 168 grandi dighe,
molte delle quali di proprietà privata. Dighe alte che sommergeranno interi
distretti stanno per essere costruite nel Manipur e nel Kashmir, entrambi Stati
altamente militarizzati, in cui le persone possono venire uccise solo per
protestare contro le riduzioni e i tagli della corrente elettrica. (Questo è
accaduto poche settimane fa nel Kashmir.) Allora, come possono queste persone
bloccare la costruzione di una diga?
Il progetto di diga più delirante di tutti
è a Kalpasar in Gujarat. Viene concepito per una diga di 34 km attraverso il
Golfo di Khambhat con un’autostrada a 10 corsie e una linea ferroviaria che
corrono su di essa. Mantenendo l’acqua di mare all’esterno, l’idea è di creare
un serbatoio d’acqua dolce dei fiumi del Gujarat. (Non importa che questi fiumi
siano stati già ridotti a fiumiciattoli e avvelenati con le sostanze chimiche
degli effluenti.)
La diga di Kalpasar, che andrebbe a
sollevare il livello del mare e ad alterare il sistema ecologico di centinaia
di chilometri di costa, era stata liquidata come una cattiva idea già 10 anni
fa. D’improvviso è ricomparsa, al fine di approvvigionare d’acqua la Regione
per gli Investimenti Speciali (SIR) Dholera, in una delle zone a maggior
sofferenza per stress idrico non solo in India, ma nel mondo.
SIR è un altro nome per indicare una SEZ,
una Zona Economica Speciale, una distopia di imprese a governo autonomo, di
“parchi, aree e megalopoli industriali”.
La SIR Dholera sta per essere collegata
alle altre città del Gujarat da una rete di autostrade a 10 corsie. Da dove
arriveranno i soldi per tutto questo?
Nel gennaio 2011, nel Mahatma (Gandhi)
Mandir (santuario), il primo ministro del Gujarat Narendra Modi ha
presieduto una riunione di 10.000 uomini d’affari internazionali, provenienti
da 100 paesi. Secondo i media, costoro si sono impegnati ad investire 450
miliardi di dollari in Gujarat.
L’incontro era stato programmato per
l’inizio dell’anno, 10 ° anniversario del massacro di 2.000 musulmani avvenuto
nel febbraio-marzo 2002.
Modi è sotto accusa non solo per
condonare, ma per avere attivamente favorito il massacro. Persone che hanno
visto i loro cari violentati, eviscerati e bruciati vivi, le decine di migliaia
di persone che sono state cacciate dalle loro case, ancora attendono un atto di
giustizia. Ma Modi ha scambiato la sua sciarpa di seta zafferano e il segno
vermiglio sulla fronte con un elegante completo da uomo d’affari, e spera che
un investimento di 450 miliardi di dollari funzionerà come il prezzo del
sangue, e farà quadrare i bilanci. Forse lo farà. Il “Grande Capitale” lo sta
sostenendo con entusiasmo. L’algebra della giustizia infinita opera secondo
sentieri misteriosi.
La SIR Dholera è solo una delle più
piccole bambole “matryoshka”, una interno all’altra, nella distopia che è stata
progettata. Sarà collegata al Corridoio Industriale Delhi-Mumbai (DMIC), un
corridoio industriale di 1.500 km di lunghezza e largo 300 km, con nove zone
mega-industriali, una linea ad alta velocità per il trasporto delle merci, tre
porti marittimi e sei aeroporti, una superstrada a sei corsie priva di incroci,
e una centrale elettrica da 4.000 megawatt.
Il Corridoio DMIC è frutto di una collaborazione
tra i governi di India e Giappone, e fra i loro rispettivi partners d’impresa,
ed è stato proposto dal McKinsey Global Institute.
Il sito web del DMIC afferma che circa 180
milioni di persone saranno “interessati” dal progetto. Esattamente come, non lo
dice. Esso prevede la costruzione di numerose nuove città e valuta che la
popolazione nella regione crescerà dagli attuali 231 milioni a 314 milioni,
entro il 2019. Questo, nel giro di sette anni!
Quando è stata l’ultima volta che uno
Stato, un despota o un dittatore hanno messo in atto un trasferimento di
popolazioni di milioni di persone? Questo può forse avvenire con un processo
pacifico?
L’esercito indiano potrebbe aver bisogno
di innescare una campagna di reclutamento, in modo da non essere preso alla
sprovvista quando gli verrà ordinato di dispiegarsi su tutta l’India.
In preparazione del suo impiego nell’India
centrale, l’esercito ha fatto conoscere pubblicamente la sua dottrina
aggiornata sulle Operazioni Psicologiche Militari, che delinea “un processo
pianificato di trasmissione di un messaggio ad un auditorio target selezionato,
per promuovere temi particolari che si traducano in atteggiamenti e
comportamenti desiderati, che incidano sul raggiungimento di obiettivi politici
e militari del Paese”. Questo processo di “gestione della percezione” verrebbe
condotto “con l’ausilio dei media a disposizione dei servizi”.
L’esercito ha sufficiente esperienza per
sapere che la forza coercitiva da sola non può realizzare o gestire
un’ingegneria sociale delle dimensioni previste dai pianificatori dell’India.
La guerra contro i poveri è una cosa. Ma per il resto di noi tutti, il ceto
medio, i colletti bianchi, gli intellettuali, gli “opinion-maker”, c’è bisogno
della “gestione della percezione”!
E per questo dobbiamo rivolgere la nostra
attenzione alle arti mirabili della Filantropia d’Impresa.
Di recente, le principali compagnie
minerarie consociate hanno abbracciato la Arts-film, installazioni artistiche,
e le febbrili attività dei festival letterari che hanno sostituito l’ossessione
per i concorsi di bellezza degli anni ’90.
La compagnia Vedanta, che attualmente sta
scavando per estrarre bauxite nel centro dei territori dell’antica tribù
Dongria Kondh, sta sponsorizzando un concorso cinematografico “Creare Felicità”
per i giovani studenti registi, ai quali è stato commissionato un film sullo
sviluppo sostenibile. L’agenda della Vedanta porta il titolo “Estrarre
Felicità”!
Il Gruppo Jindal pubblica una rivista di
arte contemporanea e supporta alcuni degli artisti più importanti dell’India
(che naturalmente lavorano con l’acciaio inox!).
La Essar (compagnia siderurgica
indiana, N.d.T.) è stata lo sponsor principale della manifestazione
“Newsweek Tehelka Think Fest” che prometteva discussioni esplosive, “dibattiti
ad alto numero di ottano”, da parte dei pensatori più importanti di tutto il
mondo, fra cui autorevoli scrittori, attivisti e persino l’architetto Frank
Gehry. (Tutto questo a Goa, dove attivisti e giornalisti stavano scoprendo
enormi scandali su estrazioni minerarie illegali, e quando stava emergendo il
ruolo della Essar nella guerra in atto in Bastar).
Le società Tata Steel e Rio Tinto (che ha
una sua personale sordida storia) sono state tra i principali sponsor del
Festival Letterario di Jaipur (il Darshan Singh Construction Jaipur Literary
Festival) che viene pubblicizzato dai conoscitori come “Il più grande
palcoscenico letterario mondiale”. Counselage, l’“amministratore
strategico del marchio” della Tata, ha gestito il padiglione stampa del
festival. Molti degli scrittori migliori e più brillanti del mondo si sono
riuniti a Jaipur per discutere di amore, letteratura, politica e poesia Sufi.
Alcuni hanno cercato di difendere il
diritto di Salman Rushdie alla libertà di parola, leggendo dal suo libro messo
al bando, “I Versetti Satanici”. In ogni schermata televisiva e nelle foto di
giornali, il logo di Tata Steel (e il suo slogan – “Valori più resistenti
dell’acciaio”), un anfitrione benigno, dall’accoglienza benevola, si profilava
sullo sfondo.
I nemici della “Libertà di Parola” erano
presumibilmente le folle sediziose di Musulmani assassini, che, gli
organizzatori del festival ci hanno dichiarato, avrebbero potuto persino
nuocere agli studenti lì convenuti. (Siamo testimoni di quanto impotenti ed
indifferenti il governo indiano e la polizia possono dimostrarsi quando si
tratta di Musulmani.)
Sì, il seminario integralista islamico
“Darul-Uloom Deobandi” ha protestato per l’invito a Rushdie di partecipare al
festival. Sì, alcuni Islamisti si sono riuniti presso la sede del festival per
protestare, e sì, scandalosamente, il governo dello Stato non ha fatto nulla
per proteggere il luogo del convegno. Questo, perché l’intero episodio ha avuto
tanto a che fare con la democrazia, con gli schieramenti elettorali e le
elezioni nell’Uttar Pradesh, quanto ha avuto a che fare con il fondamentalismo
islamico.
Ma la battaglia per la “Libertà di Parola”
contro il fondamentalismo islamico è arrivata sui giornali di tutto il mondo. È
importante che sia avvenuto questo!
Ma praticamente non si sono visti articoli
sul ruolo degli sponsor del festival relativamente alla guerra all’interno
delle foreste, i corpi accatastati, le carceri che si riempiono.
E nulla sulla Legge per la Prevenzione
delle Attività Illegali e sulla Legge Speciale sulla Pubblica Sicurezza del
Chhattisgarh, che rendono un reato perseguibile il solo manifestare un pensiero
anti-governativo.
O nulla sul fatto che l’udienza pubblica
ingiuntiva sull’impianto della Tata Steel a Lohandiguda, per cui la popolazione
locale si lamentava, ha dovuto effettivamente aver luogo a centinaia di
chilometri di distanza, a Jagdalpur, nell’ufficio del funzionario
amministrativo distrettuale, con un auditorio prezzolato di una cinquantina di
persone, sotto scorta armata.
Allora, dove si trovava la “Libertà di
Parola”?
Nessuno ha ricordato Kalinganagar (sede
di proteste contro la Tata Steel dove le forze di polizia hanno sparato contro
i manifestanti, uccidendo; N.d.T.). Nessuno ha menzionato che ai
giornalisti, ai docenti e ai registi cinematografici che lavorano su temi
impopolari per il governo indiano - come la parte occulta che il governo ha
svolto nel genocidio dei Tamil nella guerra in Sri Lanka o le fosse comuni
scoperte di recente nel Kashmir - vengono negati i visti d’ingresso nel paese o
che costoro vengono espulsi direttamente dall’aeroporto.
Ma chi di noi peccatori ci stava a
scagliare la prima pietra? Non io, non chi vive di diritti di autore dalle
società di case editrici. Noi tutti guardiamo Tata Sky, navighiamo in rete con
Tata Photon, ci spostiamo con Tata taxi, soggiorniamo in Tata Hotel,
sorseggiamo il nostro tè Tata in tazze di porcellana Tata e lo mescoliamo con
cucchiaini prodotti da Tata Steel. Compriamo libri Tata nelle librerie Tata.
Canticchiamo “Tata ka Namak khate Hain”. Siamo sotto assedio!
Se il maglio della purezza morale deve
essere il criterio per il lancio della prima pietra, allora le uniche persone
qualificate sono quelle che sono già state messe a tacere. Coloro che vivono
fuori del sistema; i fuorilegge nelle foreste o quelli le cui proteste non sono
mai degnate di attenzione dalla stampa, o gli espropriati non violenti che
vanno di tribunale in tribunale a riferire, a portare la loro testimonianza.
Ma il Litfest, il Festival Letterario ci
ha dato il nostro momento esaltante. È arrivata Oprah (Oprah Winfrey, famosa
conduttrice televisiva statunitense, N.d.T). Ha detto che amava l’India,
che sarebbe venuta ancora e ancora.
E questo ci ha reso orgogliosi.
Semplicemente, questa è la fine farsesca dell’Arte Mirabile!
Anche se i Tata sono stati coinvolti nella
filantropia delle imprese per quasi un centinaio di anni, conferendo borse di
studio e amministrando alcuni istituti educativi e ospedali di eccellenza, le
imprese indiane solo di recente sono state invitate nella Star Chamber, la
“Camera Stellata”, il mondo abbagliante di luci del governo mondiale delle
imprese, mortale per i suoi avversari, ma altrimenti così astuto, che a malapena
sappiamo della sua esistenza.
Quello che segue in questo saggio potrebbe
apparire ad alcuni come una critica forse feroce. D’altra parte, nella
tradizione del portare onore ai propri avversari, potrebbe essere letto come un
riconoscimento della visione, della flessibilità, della raffinatezza e della
convinta determinazione di coloro che hanno dedicato la loro vita per
conservare nel mondo la sicurezza per il capitalismo.
La loro storia affascinante, che è svanita
dalla memoria contemporanea, ha avuto inizio negli Stati Uniti ai primi del
20.esimo secolo, quando, attrezzatasi legalmente nella forma di Fondazioni
sussidiate, la Filantropia delle Imprese ha cominciato a sostituire l’attività
missionaria come porta di ingresso del Capitalismo (e dell’Imperialismo) e ad
agire come pattuglia al servizio del sistema.
Tra le prime Fondazioni ad essere
istituite negli Stati Uniti sono state la Carnegie Corporation, finanziata nel
1911 con gli utili derivanti dalla Carnegie Steel Company (impresa
siderurgica fondata da A. Carnegie), e la Fondazione Rockefeller,
sovvenzionata nel 1914 da J.D. Rockefeller, fondatore della Standard Oil
Company (compagnia petrolifera). I Tata e gli Ambani del loro tempo.
Alcune delle istituzioni finanziate,
dotate del capitale iniziale o sostenute dalla Fondazione Rockefeller, sono le
Nazioni Unite, la CIA, il Council on Foreign Relations – Consiglio per
le Relazioni con l’Estero (CFR), il più favoloso Museo di Arte Moderna
(il MOMA) di New York, e, naturalmente, il Centro Rockefeller di New
York (dove il murale di Diego Rivera doveva essere rimosso dalla parete perché
maliziosamente descriveva i capitalisti come dissoluti e Lenin come un
valoroso. “Libertà di Parola” si era presa il giorno libero!)
J.D. Rockefeller è stato il primo miliardario
americano e l’uomo più ricco del mondo. Era un abolizionista della schiavitù,
un sostenitore di Abraham Lincoln e un astemio. Credeva che il suo denaro gli
fosse concesso da Dio, il che doveva essere per lui una gran bella cosa.
Ecco un brano scelto da una delle prime
poesie di Pablo Neruda dedicato alla Standard Oil Company:
I loro obesi imperatori di New York
sono assassini dal sorriso soave
che comprano seta, nylon, sigari,
tiranni e dittatori insignificanti e
meschini.
Loro comprano paesi, popoli, mari,
polizia, consigli municipali,
regioni distanti dove i poveri ammassano
il loro grano
come gli avari il loro oro:
la Standard Oil apre loro gli occhi,
li riveste in uniformi, designa
quale fratello è il nemico.
Il Paraguaiano combatte le sue guerre,
e il Boliviano si logora sempre più
nella giungla con il suo mitra.
Un Presidente assassinato per una goccia
di petrolio,
un’ipoteca su un milione di acri,
una rapida esecuzione in un mattino
mortale di luce, pietrificato,
un nuovo campo di prigionia per
sovversivi,
in Patagonia, un tradimento, colpi sparati
a casaccio
sotto una luna petrolifera,
un ingannevole cambio di ministri
nella capitale, un mormorio
come una marea di petrolio,
e zap!, d’incanto vedrete
risplendere le lettere della Standard Oil
sopra le nuvole,
sopra i mari, nella vostra casa,
illuminando i loro imperi.
Quando le Fondazioni sovvenzionate dalle
imprese fecero la loro prima apparizione negli Stati Uniti, ci fu un aspro
dibattito circa la loro origine, la legalità e l’insufficienza di
responsabilità. La gente asseriva che se le compagnie avevano così tanti soldi
in eccesso, avrebbero dovuto aumentare i salari dei loro lavoratori. (La gente
ha fatto queste proposte …esorbitanti anche in questi giorni, persino in
America.)
La concezione intima a queste Fondazioni,
così comune ancor oggi, corrispondeva in realtà ad un balzo di immaginazione e
di ingegno da parte del mondo delle imprese.
Soggetti giuridici esenti da tassazione,
con risorse enormi e impegnative quasi illimitate - del tutto inspiegabili, non
del tutto trasparenti - , quale modo migliore per mettere a profitto ricchezza
economica in capitale politico, sociale e culturale, per trasformare il denaro
in potere? Quale modo migliore per gli usurai di sfruttare una percentuale
minuscola dei loro profitti per gestire il mondo? In quale altro modo Bill
Gates, che conosce certamente una cosa o due sui computer, si ritroverebbe a
progettare le politiche dell’istruzione, della sanità e dell’agricoltura, non
solo per il governo degli Stati Uniti, ma per i governi di tutto il mondo?
Nel corso degli anni, mentre la gente ha
potuto constatare che le Fondazioni hanno fatto sì qualcosa di sinceramente
buono (gestendo biblioteche pubbliche, estirpando le malattie), il collegamento
diretto tra le imprese e le Fondazioni da loro sovvenzionate ha cominciato a
farsi indistinto. Alla fine, non è esistita più alcuna distinzione. Ora, anche
coloro che si considerano di sinistra non esitano più ad accettare la loro
generosità.
A partire dagli anni ‘20, il capitalismo
degli Stati Uniti aveva cominciato a guardare all’esterno, per le materie prime
e i mercati d’oltremare. Le Fondazioni cominciarono a formulare l’idea di un
governo mondiale delle imprese.
Nel 1924, le Fondazioni Rockefeller e
Carnegie congiuntamente hanno creato quello che è oggi il più potente gruppo di
pressione politica estera nel mondo: il Council on Foreign Relations (CFR), che
più tardi è arrivato ad essere finanziato anche dalla Fondazione Ford.
Nel 1947, la CIA di nuova creazione veniva
sovvenzionata dal CFR, con cui operava a stretto contatto. Nel corso
degli anni, 22 segretari di Stato USA sono stati membri del Consiglio. Sono
stati cinque membri del CFR che nel 1943 hanno dato gli indirizzi alla
Commissione per la progettazione dell’ONU, e una sovvenzione di 8,5 milioni
dollari da J.D. Rockefeller è servita per acquistare il terreno a New York su
cui si trova il quartier generale delle Nazioni Unite.
Tutti gli undici presidenti della Banca
Mondiale dal 1946, uomini che si sono presentati come missionari dei poveri,
sono stati membri del CFR. (L’eccezione è stato George Woods. Comunque, Woods
era un fiduciario della Fondazione Rockefeller e vice-presidente della Chase
Manhattan Bank.)
A Bretton Woods, la Banca Mondiale e il
Fondo Monetario Internazionale decidevano che il dollaro doveva diventare la
valuta di riserva del mondo, e che al fine di migliorare la penetrazione del
capitale globale, il dollaro sarebbe servito per universalizzare e
standardizzare le pratiche affaristiche in un mercato aperto. È a questo fine
che hanno speso una grande quantità di denaro per promuovere il Buon Governo
(fintanto che sono loro a manovrare dietro le quinte), il concetto di Stato di
Diritto (a condizione che siano loro ad avere voce in capitolo nel formulare le
leggi), e centinaia di programmi anti-corruzione (per ottimizzare il sistema
che loro hanno messo in atto). Due delle più opache, inesplicabili, organizzazioni
nel mondo vanno in giro a pretendere trasparenza e responsabilità ai governi
dei paesi più poveri.
Dato che la Banca Mondiale ha più o meno
diretto le politiche economiche del Terzo Mondo, forzando e costringendo un
paese dopo l’altro ad aprire i mercati alla finanza globale, si potrebbe dire
che la filantropia delle compagnie si è rivelata essere l’affare più
lungimirante di tutti i tempi .
Le Fondazioni, che ricevono contributi
dalle imprese, amministrano, barattano e canalizzano il loro potere e posizionano
le loro pedine sulla scacchiera, attraverso un sistema di circoli esclusivi e
di centri studi, i cui membri si sovrappongono e si muovono dentro e fuori
attraverso un sistema di porte girevoli. Contrariamente alle varie teorie del
complotto in circolazione, in particolare tra i gruppi di sinistra, non esiste
nulla di segreto, satanico, o (fra)massonico, in questa disposizione.
Non è molto diverso dal modo in cui le
imprese e le corporation utilizzano società di comodo e conti all’estero, in
“paradisi fiscali” (off-shore), per trasferire e gestire i loro soldi,
salvo che la moneta è potere, non denaro.
L’equivalente transnazionale del Council
on Foreign Relations (CFR) è la Commissione Trilaterale, istituita nel 1973 da
David Rockefeller, dall’ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati
Uniti Zbigniew Brzezinski (membro fondatore dei Mujaheddin afghani, i
progenitori dei Talebani), dalla Chase Manhattan Bank, e da qualche altra
eminenza privata.
L’obiettivo della “Trilateral” era quello
di creare un legame duraturo di amicizia e cooperazione tra le élite del Nord
America, Europa e Giappone. Ora si è convertita in una Commissione
“Penta-lateral”, perché include membri provenienti da Cina e India. (Tarun Das
della CII, la Confindustria dell’India; N.R. Narayanamurthy, ex-direttore
generale della Infosys; Jamsheyd N. Godrej, amministratore delegato della
Godrej; J. Jamshed Irani, direttore della Tata Sons; e Gautam Thapar, direttore
generale della Avantha Group).
L’Aspen Institute è un club internazionale
di élite locali, imprenditori, alti burocrati, politici, con affiliati in
diversi paesi. Gautam Thapar ne è il presidente. Presidente della sezione
indiana dell’Aspen Institute è Tarun Das. Diversi alti funzionari del McKinsey
Global Institute (che ha proposto il Corridoio Industriale Delhi-Mumbai) sono
membri del CFR, della Trilateral Commission e dell’Aspen Institute.
La Fondazione Ford (istituzione “liberal”
rispetto alla più conservatrice Fondazione Rockefeller, sebbene le due
organizzazioni operino insieme costantemente) è stata istituita nel 1936. Anche
se spesso sottovalutata, la Fondazione Ford possiede una ideologia molto
chiara, ben definita, e lavora a stretto contatto con il Dipartimento di Stato
USA. Il suo progetto di democrazia più radicata e di “buon governo” fa parte
integrante del sistema di Bretton Woods, di uniformare le pratiche commerciali
e promuovere l’efficienza del libero mercato.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando i
comunisti hanno sostituito i fascisti come “nemico numero uno” del governo
degli Stati Uniti, sono divenute necessarie nuovi tipi di istituzioni per
affrontare la Guerra Fredda.
Ford finanziava la RAND (Research and
Development Corporation – Centro Ricerca e Sviluppo), un centro studi militari
che ha visto al suo inizio la ricerca sugli armamenti per conto dei servizi di
difesa degli Stati Uniti.
Nel 1952, per contrastare “lo sforzo
persistente comunista di penetrare e distruggere le nazioni libere”, viene
istituito il Fondo per la Repubblica, poi trasformato in Centro per lo Studio
delle Istituzioni Democratiche, il cui intento era quello di condurre la guerra
fredda in modo razionale, senza gli eccessi del maccartismo.
È attraverso questa lente che abbiamo
bisogno di analizzare il lavoro che la Fondazione Ford sta portando avanti, con
i milioni di dollari che ha investito in India, con il suo finanziamento di
artisti, registi cinematografici e attivisti, con le sue generose sovvenzioni
per corsi universitari e borse di studio.
Gli “obiettivi per il futuro dell’umanità”
dichiarati dalla Fondazione Ford includono interventi nell’ambito dei movimenti
politici popolari, a livello locale e internazionale. Negli Stati Uniti, ha
fornito milioni in sovvenzioni e prestiti per sostenere il Movimento “Credit
Union”, a cui aveva fatto da pioniere il proprietario di grandi magazzini,
Edward Filene, nel 1919.
Filene aveva fiducia nella creazione di
una società dei consumi di massa di beni di consumo, accordando ai lavoratori
facilitazioni di accesso al credito, a quel tempo un’idea radicale. In realtà,
un’idea radicale solo a mezzo, perché l’altra metà su cui Filene confidava era
una più equa distribuzione del reddito nazionale. I capitalisti fecero propria
solo la prima metà dell’ispirazione di Filene, ed erogando prestiti
“abbordabili” di decine di milioni di dollari alla gente che lavorava,
trasformarono la classe operaia degli Stati Uniti in masse di persone
permanentemente in debito, per raggiungere un certo stile e tenore di vita…
(traduzione di Curzio Bettio)
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