giovedì 11 febbraio 2016

Il lavoro ai tempi di Facebook - Davide Lamanna

Con i suoi 3 miliardi di utenti, in crescita annua galoppante (dal più 454,20 per cento in Europa, al più 6599 per cento in Africa), internet si consolida rapidamente come principale mezzo di comunicazione di massa che connette persone, oggetti, macchine, reti. Ormai lungi dall’essere quello spazio libero che i suoi sviluppatori ambivano a creare, la rete delle reti è dominata da giganti egemonizzatori, che sono gradualmente diventati i suoi padroni di fatto.
Google fattura 70 miliardi di euro l’anno, Amazon 80, Microsoft 90. Per fare un paragone significativo, questi mostri divoratori di informazioni fatturano come Fiat, che nel 2013 si è fermata a 86,81, con un utile di 1,95 miliardi, una “bazzeccola” se paragonato ai circa 20 miliardi di utile che ha portato a casa Google con un fatturato persino inferiore a Fiat. C’è poi da considerare che Google ha 50.000 dipendenti, pari ad appena un quinto di quelli di Fiat.
Vengono allora alla mente le parole di Karl Marx, che nel cosiddetto “Frammento sulle macchine” dei Grundrisse immagina un’economia in cui il ruolo principale delle macchine è produrre e il ruolo principale dell’uomo è tenerle sotto controllo. In modo decisamente soprendente per i suoi tempi, Marx afferma che tale evoluzione dell’economia porterà l’organizzazione e la conoscenza a fornire un contributo maggiore alla capacità produttiva rispetto al lavoro necessario per costruire e far funzionare le macchine. Questo sta già succedendo. Prendiamo Facebook, che con appena 6.000 dipendenti fattura più di 12 miliardi l’anno. Come fa? Grazie ai suoi utenti, felici di lavorare gratis ogni giorno al popolamento della nota piattaforma di Social Network con un patrimonio di informazioni e conoscenza.

E cosa è Facebook se non una macchina che ci portiamo dietro fin dentro casa e a cui badiamo per alcune ore al giorno? C’è solo un piccolo dettaglio: dove finiscono le ricchezze che genera? Nelle nostre tasche ne arrivano zero. Dunque gli utenti Facebook sono, tecnicamente, degli schiavi che lavorano senza compensi, senza frustate e senza catena.
È arrivato il momento di avanzare vertenze di nuovo tipo, facendo crescere il conflitto capitale-conoscenza, almeno altrettanto importante del conflitto capitale-lavoro. L’efficienza spaventosa introdotta dalle nuove tecnologie deve tradursi in una drastica riduzione dell’orario di lavoro per tutti i lavoratori e le lavoratrici. I margini stratosferici che provengono dalle nostre informazioni e dalla nostra conoscenza devono rendere possibile il reddito minimo di esistenza per tutti e tutte.

2 commenti:

  1. Dovremmo pensarci di più a certe realtà. Dovremmo capire meglio il funzionamento del mondo per (tentare di) sottrarci a nuove schiavitù.

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    1. chi ha tempo per fermarsi a pensare? tutti corrono, senza sapere perché :(

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