Redditi e rapine
La crisi politica dell’Europa – che ha raggiunto il suo apice, per ora, con il problema dei profughi in fuga dalla guerra e dalla
fame, e della lotta al “terrorismo” – è un dramma da tempo annunciato, così come lo è la
reazione dei popoli e dell’establishment politico, economico e
militare. Il filosofo di Treviri lo aveva previsto: non saranno le teorie o le ideologie a
indirizzare le aspirazioni dei popoli, ma il peggioramento delle loro condizioni
di vita e di sicurezza. L’establishment lo sa ed è per questo che ha rinunciato a contrastare
i movimenti per la pace, le richieste di co-sviluppo tra nord e sud, i
programmi di giustizia sociale ed equità giuridica. Per cambiare la testa
degli individui è sufficiente togliergli il tappeto sotto i piedi. Facendosi
promotore della “pace” e della “democrazia” negli altri paesi, porgendo la mano
alla protesta contro i governi e le ineguaglianze da essa stessa promosse, la
Triade ha fomentato le rivolte e le guerre civili nei paesi arabi e africani
con l’aiuto dei propri regimi fantoccio e del “terrorismo”.
Ha
costruito il suo alibi con anni di campagne sulla necessità dei tagli e dei
risparmi nei paesi europei, che hanno trasformato l’immagine di quella gioiosa
macchina di pace che fu lo Stato del Benessere in una banda di
spendaccioni a spese del mercato e del capitalismo. È stato così che nei
paesi europei si è scatenato il clamore sulla generosità sconsiderata dello
Stato a spese delle imprese e dei capitali, ed è iniziata la caccia predatoria a
spese dei pensionati, dei malati e dei più deboli. Anche nella felice
Danimarca ci si è messi a contare il numero delle merende dei bambini e dei
minuti di assistenza ai vecchi e malati, l’”agenzia delle entrate” si è
impegnata nella caccia all’evasione e al lavoro nero dei piccoli commercianti e
dei disoccupati dimenticando i grandi evasori.
Questo
all’indomani di una “crisi” finanziaria che ha rapinato i risparmi dei
lavoratori. Alla crescente disaffezione per questo Stato delle cose si è fatto fronte
con la difesa dei “valori” nazionali e della “democazia”rafforzando la presenza del paese sui fronti
di Guerra della Nato, costruendo al centro di Copenaghen un nuovo mausoleo ai
caduti delle guerre Nato, e con decisioni legislative per la difesa dei
“valori” nazionali che impongono la carne di “maiale” nelle colazioni dei bambini negli
asili e nelle scuole. Il ritorno del “terrorismo”, con le armi
e i soldi dell’Occidente, ha legittimato sia moralmente sia contabilmente i
tagli alle politiche di aiuto verso i paesi africani e asiatici. La reazione di
sgomento e sorpresa per la recente approvazione parlamentare della legge L87 che autorizza la perquisizione e il
sequestro da parte della polizia danese degli “ori e diamanti” che i migranti
trascinerebbero con se nelle loro valigie è stata stigmatizzata come ipocrita da
parte del governo danese. La tesi ufficiale, ribadita anche a Bruxelles, è che
questo è in linea con quanto il governo fa in Danimarca anche verso i propri
cittadini. La rapina eretta a sistema, verso i propri e gli altri cittadini,
durante la quale i risparmi di una vita non sono distinguibili dal bottino
della finanza e delle guerre, quelli mai conteggiati e tassati.
I migranti sono i veri speculatori del nostro tempo
“I migranti sono i veri speculatori cinici del nostro
benessere”. Sempre alla “ricerca di come evadere le tasse abbandonano le loro case,
mogli e figli per la bramosia del denaro”. Non c’è traccia delle guerre e
dei disastri economici – entrambi da noi promossi – in questi giudizi. Non c’è
memoria dei milioni di migranti che dall’Europa sono andati in altre parti del
mondo per sopravvivere.Dovrebbero restare nel proprio paese a lottare per la
“democrazia” e cercare rifugio nei paesi vicini più simili alla loro cultura,
sostengono i ben pensanti. Benedetta ignoranza! Questo è quello che fanno da
anni laddove è possibile. Questo è stato anche per un decennio il programma
dell’Unione Europea con le politiche mediterranee e di cooperazione. Una
cooperazione (l’Accordo di Barcellona) che passava attraverso gli Stati e includeva
la società civile.
Gli obiettivi erano chiari sin dall’inizio: contrastare i
conflitti e le guerre e creare in pochi decenni i milioni di posti di lavoro
necessari a prevenire una altrimenti inevitabile migrazione
biblica verso l’Europa. Un piano la cui debolezza è consistita nel
mancato riconoscimento della sua incompatibità con il progetto di
globalizzazione promosso dagli Stati Uniti e dall’Europa che si andava
affermando. Le lotte per la democrazia sono così divenute il cavallo di Troia della
Triade per riportare la guerra in quei paesi e distruggerne definitivamente le
economie. Non a partire dai paesi più poveri – dove poco restava da fare – ma dai
paesi più forti come l’Iraq, la Siria, l’Egitto e la Libia. La fuga da quei
paesi si è rovesciata sui paesi vicini – Libano, Giordania, Turchia – dove milioni di persone vivono in condizioni inumane nelle
tendopoli offerte dalle Nazioni Unite e ormai trasbordano verso l’Europa.
La legge è uguale per tutti
Questo
principio delle democrazie europee trova piena applicazione nell’”accoglienza”
che i paesi europei riservano ai migranti. Infatti li trattiamo allo stesso
modo dei nostri “poveri”, “disoccupati” e “senza dimora”. I naufraghi
dall’Africa e dal Medio Oriente li mettiamo nello stesso secchio della
spazzatura perchè non pensino di “essere qualcuno”, come gli è stato fatto
credere con la propaganda sui “valori” e i “diritti umani”. Certo qualche
differenza con i nostri poveri ancora esiste. Ma vivono la stessa sensazione di
impotenza verso l’arbitrio dello Stato e del potere.
La Danimarca. Da modello sociale a discepolo preferito
della Triade
La fasi
di passaggio in Danimarca nella trasfigurazione della persona e della sua
cultura sono ricondubili a tre eventi degli ultimi due
decenni. Nel 2001 con la nomina a primo ministro di Anders Fogh Rasmussen, del partito
liberale, che portò la Danimarca dentro il sistema militare della Nato. Nel 2011 con la vittoria
socialdemocratica alle elezioni e la nomina di Helle Thorning Smith a primo
ministro. Nel 2015 con la rivincita liberale alle elezioni e la nomina di Lars Løkke
Rasmussen a primo ministro. La prima fase completa in Scandinavia l’abbandono della posizione di neutralità
nello scontro est-ovest e ora nord-sud.Una posizione che trovava riscontro in
un modello di società (il modello scandinavo) basato su principi di coesistenza
pacifica e di dialogo fra sistemi diversi e persone diverse.
L’architetto di questa fase promossa da Bush fu Fogh Rasmussen che venne
ricompensato, secondo il ‘bon ton’ della Triade, con la sua promozione a
segretario generale della Nato. Una nomina che non suscitó alcun interrogativo su
possibili conflitti d’interesse. La seconda fase fu avviata dal governo
socialdemocratico, un governo “giovane” e “innovatore” e con il giusto
equilibrio di “genere”, tutte caratteristiche che si stanno rivelando necessarie per
legittimare con il dilettantismo il loro ruolo di servi sciocchi delle élite.
Il nuovo governo distrasse l’attenzione dal problema incipiente delle
migrazioni, e scaricò le colpe di sabotaggio verso i successi danesi e il nuovo obiettivo glorioso dello “Stato concorrenziale” sui
pensionati, i disoccupati in cassa integrazione e i socialmente assistiti. La carota dello Stato
del Benessere fu brutalmente sostituita con il bastone delle punizioni
economiche. La scomparsa dei dirigenti storici della socialdemocrazia – la
rottamazione – sopravvisuti all’epurazione del 1989 e il silenzio
imbarazzante dei sindacati fecero il resto. La terza fase, (2015)
con il ritorno dei liberali, grazie al successo del partito popolare di destra,
ha avviato il completamento dell’opera senza il bisogno di orpelli ideologici e
di giustificazioni. Dimostra
all’Ue di aver capito la lezione e la sua capacità di portare i danesi dentro quel progetto di
potere e di guerra,
preparando cosí le nuove candidature al ruolo di maggiordomi
della finanza internazionale.
Le nuove vittime della disciplina sociale: dalla
caserma alla società
Riattivate le frontiere e i controlli, la rapida e generale messa in mora
del Trattato di Shenken dimostra che i Trattati si accantonano quando serve.L’aspetto più
drammatico di questo “nuovo corso”, con la sua retorica che rende esplicita
l’incriminazione dei migranti come una massa di potenziali criminali e
imbroglioni, è che toglie ogni spinta alla solidarietàprivandoli di quel poco che resta
della loro integrità umana. Migliaia di persone – famiglie con uomini, donne e
bambini – provenienti dalla miseria e brutalità dei campi della “comunità
internazionale”, sono
spinti in pieno inverno nelle tendopoli erette nelle zone più fredde e
inospitali dei paesi del nord, in piccoli centri inabitati con scuole e
istituzioni abbandonate.
Questo a conclusione di mesi di chiacchiere sull’integrazione della quale
si rende così impossibile ogni risultato. I toni positivi con i quali si
maschera questa brutale realtà insistono sul fatto che gli immigrati
sono un buon affare, che
ci conviene ospitarli, ed è così che al discorso sull’amicizia, l‘accoglienza e
la solidarietà si sostituisce il calcolo dell’”incubo del contabile”.Nel mentre continuano
indisturbate le spese per le armi che sono l’origine della sciagura. Con le parole dello
scrittore danese Carsten Jensen:
”Hai
viaggiato attraverso i deserti e con il rischio di affogare, hai attraversato
il Mediterraneo con imbarcazioni insicure, e non sei arrivato da nessuna parte:
hai camminato in circolo e sei sempre arrivato nello stesso accampamento da cui
sei scappato. La tenda è il tuo destino. Il tuo futuro è fuggire. Sei condannato a vita a emigrare da tenda a tenda, un condannato a
vita senza fissa dimora. Renditene conto!”.
La stampa internazionale non ha avuto difficoltà a caratterizzare questa
trasformazione dall’umanesimo del welfare all’ïdiota del villaggio europeo. E
ha perfettamente ragione. Tutto il paese è insorto, i
“democratici” in prima fila, a difesa dei vignettisti che ridicolizzarono e
insultarono l’Islam per farsi beffa di una minoranza sfruttata e isolata nel
paese. L’esposizione mediatica della stupidità danese messa in evidenza
dalla caricatura del vignettista britannico del Guardian, Steve Bells,
raffigurante il primo ministro danese Lars Løkke Rasmussen nella giacca bruna
dei nazisti e con la scritta: “I Liberali – probabilmente in partito più
stupido del mondo” è invece considerata un insulto intollerabile.
I danesi sono diventati tutti razzisti?
Questo interrogativo può essere facilmente rivolto a tutti i paesi dell’Ue.
Quindi niente dita puntate ma guardiamoci allo specchio. La verità è che non
tutti i cittadini europei, e danesi in questo caso, sono come i politici. Resta il fatto che i
grandi partiti, di destra e di sinistra, rappresentano questa posizione,accettano il meccanismo automatico del
finanziamento della guerra e dell’aggressione economica agli altri paesi. E, colmo
dell’ironia, affidano la soluzione di questi problemi alle élite del potere di
Bruxelles che di questa tragedia sono la causa. È legittimo
interrogarsi su dove sono finiti i movimenti della pace e della solidarità
internazionale, gli “intellettuali” e “giornalisti” sempre attivi nel vedere la
pagliuzza nell’occhio degli altri? La tradizione di un pensiero liberale
autonomo e critico si è liquefatta, l’opposizione socialista e progressista ha
cambiato campo. Quello che prevale è il rigor mortis.
Non c’è dubbio che il fenomeno al quale stiamo
assistendo è di immane dimensioni. Una collisione tra continenti che
presenta i caratteri di un movimento sismico che richiede una ricomposizione
della geografia umana e economica dell’Europa. Tuttavia l’Europa non è nuova a
questi fenomeni. La
crisi non è delle migrazioni ma una crisi politica e dei sistemi economici che
non sono più compatibili con il nuovo stato delle cose. I 28 paesi dell’Ue non
hanno bisogno di un patto finanziario ma di un patto umano che ponga fine alle
aggressioni e alle guerre e offra ospitalità ai milioni di persone ormai in
fuga. Uno o
due milioni di immigrati in Europa per anno durante i prossimi cinque anni
accrescerebbe la popolazione europea dell’1-2 per cento.
Il collasso dell’Ue, ormai innegabile, è dovuto
all’interesse di alcuni gruppi di potere – la Troika – a negare l’evidenza dei
fatti. Si è negata la realtà della crisi finanziaria del 2008 scaricandone
le cause sul consumo statale e l’eccesso dei consumi per salvare il sistema
finanziario irresponsabile. La linea scelta dall’Ue di politiche di
austerità e tagli indiscrimati alle spese e agli investimenti sociali è
espressione della guerra in atto dei ricchi contro i poveri e che ha
definitivamente delegittimato il progetto iniziale di pace e cooperazione.
Il risultato di queste tendenze è la tragica alleanza
tra il neoliberismo delle élite e il populismo conservatore che insieme
cavalcano il meccanismo fatale della competizione. Si è così riusciti
ancora una volta a trasferire i problemi a una guerra tra paesi e tra poveri,
mentre i centri finanziari trasferiscono somme astronomiche mediante i loro
computer.
Nel
frattempo continua il reclutamento della Troika nei movimenti, nei partiti e
nei sindacati. L’ultimo ministro socialdemocratico delle finanze in Danimarca,
Corydon, dopo aver privatizzato quote crescenti della società petrolifera
nazionale – Dong – cedendole alla Goldman Sachs è passato dal suo ruolo
politico e istituzionale a quello di direttore della società McKinsey for
Government; l’ultimo primo ministro socialdemocratico ha lasciato il parlamento per un
ruolo direttivo in una grossa Ong internazionale dopo aver introdotto politiche
punitive verso gli immigrati e i bambini in particolare. La situazione non è
diversa in altri paesi. Quanti “intellettuali di sinistra” e dirigenti della
società civile sono abbarbicati oggi in ruoli istituzionali e in partiti che
della tragedia odierna sono gli artefici e corresponsabili?
da qui
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