Caro Rabi,
mi chiedi di
Aleppo. Lascia che ti racconti della città in cui siamo cresciuti insieme.
Non vediamo
una buona giornata da anni. I bombardamenti non si fermano mai, neppure per
un’ora o due. La vita è cambiata, tutti i luoghi di cui hai ricordi non ci sono
più: dimenticali, è troppo doloroso. Le bombe sganciate dal regime sono
indiscriminate, distruggono tutto ciò che incontrano sul cammino. Tutto è
cambiato, distrutto o deserto, senza vita.
Perfino nei
nostri sogni non sappiamo più cosa significhi “sicurezza”. Ogni volta che apri
gli occhi, non sai se è l’ultima volta che vedrai i tuoi figli.
La gente che
conoscevi non si trova più qui. Persone dalle città e dai villaggi circostanti
si sono trasferiti qui negli anni scorsi, sperando di trovare sicurezza. Aleppo
è sempre stata vista come un luogo sicuro.
Ma molti di
loro hanno dovuto spostarsi ancora. La gente continua a cercare luoghi più
sicuri, per questo continuano a venire qui e poi andarsene. Siamo felici di
dare una mano, ma è dura e stancante.
Aleppo non è
ancora tutta assediata. Ma muoversi nella nostra città è diventato molto
difficile. Le persone vivono alla giornata: la loro speranza è morta insieme
alla città e, non di rado, insieme ai loro cari.
Le cose più
semplici della vita sono diventate molto dure. Per comprare del cibo, pane o
acqua per la tua famiglia devi fare una lunga, lunga fila – e poi continuare ad
aspettare.
Trascorri
tutto il tempo a guardarti intorno, prestando attenzione a ogni rumore, come se
potessi percepire se sarai tu il prossimo a essere colpito da un attacco.
Il resto del
tempo pensi alla tua famiglia: saranno ancora vivi quando tornerai a casa? La
tua casa sarà ancora lì?
Alla fine
potresti ottenere ciò per cui sei venuto. Se sei fortunato arrivi a casa sano e
salvo, senza essere ucciso da una bomba sganciata da un aereo.
Non si
tratta solo del combattimento sulle linee del fronte. Non è solo il
bombardamento continuo. Ci sono cecchini nascosti in ogni angolo sulla via che
porta fuori dalla città.
Stiamo
adattando costantemente le nostre vite. Le scuole abbiamo dovuto spostarle
sottoterra, i centri medici devono farcela col poco che hanno. Abbiamo cercato
di costruire nuove istituzioni democratiche: abbiamo eletto nuovi leader. È
tutto un lottare.
Abbiamo
provato ad andare a nord, in quartieri diversi, ma vi cadevano le bombe.
Possiamo vedere gli aerei che volano sulle nostre teste: a volte hanno bandiere
siriane, altre volte russe e altre ancora non lo sappiamo. Sembra ci inseguano
dovunque andiamo.
Anche le
comunità circostanti di Anadan, Mara, Tal Refat, Hretan, Bynun e Azaz stanno
soffrendo. Sono città e villaggi che hanno avviato una rivoluzione pacifica.
Sono stati dalla parte di Aleppo quando le forze del governo siriano hanno
attaccato i civili nella città. Hanno accolto persone che scappavano dai
bombardamenti.
Ma cos’è
accaduto loro? Sono stati bombardati, ogni singolo giorno. Le persone non sanno
quale sia l’obiettivo degli aerei e se saranno loro i prossimi a morire. Decine
di attacchi aerei al giorno negli ultimi 120 giorni.
E ora è
tempo di andarsene. Non mi sarei mai aspettato che venisse questo momento, ma
devo arrendermi. Me ne vado verso un luogo che non sono neppure sicuro esista.
Molti miei
amici stanno già aspettando lungo il confine turco. Uno spazio aperto, freddo,
dove si affollano 70 mila persone e si congela.
Ma il mio
cuore resterà sempre qui.
Aleppo
resiste dinanzi a una grande macchina da guerra, armata solo di armi leggere.
Non è solo un obiettivo geografico. Aleppo è karama, è dignità, è
la rivoluzione contro l’ingiustizia.
Addio
Aleppo, mia città natale, luogo in cui ho trascorso la mia infanzia, che serba
tutti i miei ricordi.
Spero di
vederti lì di nuovo un giorno, amico mio.
Il tuo
compagno d’infanzia,
S.
_____
* Questa
lettera è stata inviata a Rabi Bana che l’ha poi tradotta in inglese. Bana è un
attivista per i diritti umani nato ad Aleppo nel 1984 che ha lasciato la Siria
sul finire del 2012. Lavora a Beirut e in Turchia per una Ong internazionale
che sostiene la società civile siriana. L’autore della lettera, S., è nato ad
Aleppo nel 1980 e ha partecipato alle proteste pacifiche che chiedevano libertà
e democrazia sin dall’inizio della rivolta nel 2011. Tra i fondatori
dell’Aleppo Media Center, lavora nel campo dell’istruzione per
l’amministrazione della città.
(The Syria Campaign*. Traduzione
dall’inglese di Claudia Avolio).
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