martedì 16 febbraio 2016

Lettera da Aleppo

Caro Rabi,
mi chiedi di Aleppo. Lascia che ti racconti della città in cui siamo cresciuti insieme.
Non vediamo una buona giornata da anni. I bombardamenti non si fermano mai, neppure per un’ora o due. La vita è cambiata, tutti i luoghi di cui hai ricordi non ci sono più: dimenticali, è troppo doloroso. Le bombe sganciate dal regime sono indiscriminate, distruggono tutto ciò che incontrano sul cammino. Tutto è cambiato, distrutto o deserto, senza vita.
Perfino nei nostri sogni non sappiamo più cosa significhi “sicurezza”. Ogni volta che apri gli occhi, non sai se è l’ultima volta che vedrai i tuoi figli.
La gente che conoscevi non si trova più qui. Persone dalle città e dai villaggi circostanti si sono trasferiti qui negli anni scorsi, sperando di trovare sicurezza. Aleppo è sempre stata vista come un luogo sicuro.
Ma molti di loro hanno dovuto spostarsi ancora. La gente continua a cercare luoghi più sicuri, per questo continuano a venire qui e poi andarsene. Siamo felici di dare una mano, ma è dura e stancante.
Aleppo non è ancora tutta assediata. Ma muoversi nella nostra città è diventato molto difficile. Le persone vivono alla giornata: la loro speranza è morta insieme alla città e, non di rado, insieme ai loro cari.
Le cose più semplici della vita sono diventate molto dure. Per comprare del cibo, pane o acqua per la tua famiglia devi fare una lunga, lunga fila – e poi continuare ad aspettare.
Trascorri tutto il tempo a guardarti intorno, prestando attenzione a ogni rumore, come se potessi percepire se sarai tu il prossimo a essere colpito da un attacco.
Il resto del tempo pensi alla tua famiglia: saranno ancora vivi quando tornerai a casa? La tua casa sarà ancora lì?
Alla fine potresti ottenere ciò per cui sei venuto. Se sei fortunato arrivi a casa sano e salvo, senza essere ucciso da una bomba sganciata da un aereo.
Non si tratta solo del combattimento sulle linee del fronte. Non è solo il bombardamento continuo. Ci sono cecchini nascosti in ogni angolo sulla via che porta fuori dalla città.
Stiamo adattando costantemente le nostre vite. Le scuole abbiamo dovuto spostarle sottoterra, i centri medici devono farcela col poco che hanno. Abbiamo cercato di costruire nuove istituzioni democratiche: abbiamo eletto nuovi leader. È tutto un lottare.
Abbiamo provato ad andare a nord, in quartieri diversi, ma vi cadevano le bombe. Possiamo vedere gli aerei che volano sulle nostre teste: a volte hanno bandiere siriane, altre volte russe e altre ancora non lo sappiamo. Sembra ci inseguano dovunque andiamo.
Anche le comunità circostanti di Anadan, Mara, Tal Refat, Hretan, Bynun e Azaz stanno soffrendo. Sono città e villaggi che hanno avviato una rivoluzione pacifica. Sono stati dalla parte di Aleppo quando le forze del governo siriano hanno attaccato i civili nella città. Hanno accolto persone che scappavano dai bombardamenti.
Ma cos’è accaduto loro? Sono stati bombardati, ogni singolo giorno. Le persone non sanno quale sia l’obiettivo degli aerei e se saranno loro i prossimi a morire. Decine di attacchi aerei al giorno negli ultimi 120 giorni.
E ora è tempo di andarsene. Non mi sarei mai aspettato che venisse questo momento, ma devo arrendermi. Me ne vado verso un luogo che non sono neppure sicuro esista.
Molti miei amici stanno già aspettando lungo il confine turco. Uno spazio aperto, freddo, dove si affollano 70 mila persone e si congela.
Ma il mio cuore resterà sempre qui.
Aleppo resiste dinanzi a una grande macchina da guerra, armata solo di armi leggere. Non è solo un obiettivo geografico. Aleppo è karama, è dignità, è la rivoluzione contro l’ingiustizia.
Addio Aleppo, mia città natale, luogo in cui ho trascorso la mia infanzia, che serba tutti i miei ricordi.
Spero di vederti lì di nuovo un giorno, amico mio.
Il tuo compagno d’infanzia,
S.
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* Questa lettera è stata inviata a Rabi Bana che l’ha poi tradotta in inglese. Bana è un attivista per i diritti umani nato ad Aleppo nel 1984 che ha lasciato la Siria sul finire del 2012. Lavora a Beirut e in Turchia per una Ong internazionale che sostiene la società civile siriana. L’autore della lettera, S., è nato ad Aleppo nel 1980 e ha partecipato alle proteste pacifiche che chiedevano libertà e democrazia sin dall’inizio della rivolta nel 2011. Tra i fondatori dell’Aleppo Media Center, lavora nel campo dell’istruzione per l’amministrazione della città.
(The Syria Campaign*. Traduzione dall’inglese di Claudia Avolio).


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