Siamo
alla vigilia di un’altra guerra contro la Libia, “a guida italiana” questa volta.
Sembra ormai assodato che le forze speciali SAS sono già in Libia, per
preparare l’arrivo di mille soldati britannici. L’operazione complessiva,
capitanata dall’Italia, dovrebbe coinvolgere seimila soldati
statunitensi ed europei per bloccare i cinquemila soldati dell’Isis. Il
tutto verrà sdoganato come “un’operazione di peacekeeping e umanitaria”. L’Italia,
dal canto suo, ha già trasferito a Trapani quattro cacciabombardieri AMX pronti
a intervenire.
Il nostro paese-così
sostiene il governo Renzi – attende però per intervenire l’invito del governo
libico di unità nazionale, presieduto da Fayez el Serray. E altrettanto chiaro
che sia il ministro degli Esteri, Gentiloni, come la ministra della Difesa,
Pinotti, premono invece per un rapido intervento. Sarebbe però ora che il popolo italiano-tramite il Parlamento, si
interrogasse, prima di intraprendere un’altra guerra contro la Libia. Infatti, se
c’è un popolo che la Libia odia, siamo proprio noi che, durante l’occupazione
coloniale, abbiamo impiccato o fucilato centomila libici. A
questo dobbiamo aggiungere la guerra del 2011 contro Gheddafi per “esportare la
democrazia”, ma in realtà per mettere le mani sull’ oro ‘nero’ di quel paese.
Come conseguenza, abbiamo creato il disastro, facendo precipitare la Libia in una spaventosa guerra civile, di tutti contro tutti,
dove hanno trovato un terreno fertile i nuclei fondamentalisti islamici. Con
questo passato, abbiamo, noi italiani, ancora il coraggio di intervenire alla
testa di una coalizione militare?
Il New York Times del 26 gennaio scorso afferma che gli Usa da parte
loro, sono pronti ad intervenire. Per cui possiamo ben
presto aspettarci una guerra. Questo potrebbe anche spiegare perché in questo periodo gli
Usa stiano dando all’Italia armi che avevano dato solo all’Inghilterra. L’Italia
sta infatti ricevendo dagli Stati uniti missili e bombe per armare i droni Predator MQ- 9 Reaper, armi che ci costano centinaia di
milioni di dollari.
Non dimentichiamo
che la base militare di Sigonella (Catania) è oggi la capitale mondiale dei droni
usati oggi anche per spiare la Libia. L’Italia non solo riceve armi, ma a sua volta ne esporta tante
soprattutto all’Arabia Saudita e al Qatar, che armano i gruppi fondamentalisti
islamici come l’Isisi. I viaggi di Renzi lo scorso anno in quei due paesi hanno propiziato la
vendita di armi. Questo in barba alla legge 185 che
proibisce al governo italiano di vendere armi a paesi in guerra e che non
rispettano i diritti umani (come l’Arabia Saudita, leggi Fermate
quelle bombe).
Nessun commento:
Posta un commento