…Il pomeriggio del 25 marzo 1911, un incendio che iniziò all'ottavo
piano della Shirtwaist Company uccise 146 operai di entrambi i sessi. La
maggioranza di essi erano giovani donne italiane o ebree dell’Europa orientale. Poiché la fabbrica
occupava gli ultimi tre piani di un palazzo di dieci piani, 62 delle vittime
morirono nel tentativo disperato di salvarsi lanciandosi dalle finestre dello
stabile non essendoci altra via d'uscita.
I proprietari della fabbrica, Max Blanck e Isaac Harris,
che al momento dell'incendio si trovavano al decimo piano e che tenevano chiuse
a chiave le operaie per paura che rubassero o facessero troppe pause, si misero
in salvo e lasciarono morire le donne. Il processo che seguì li assolse e
l’assicurazione pagò loro 445 dollari per ogni operaia morta: il risarcimento
alle famiglie fu di 75 dollari…
…è già un bilancio da inferno quello
dell'incendio scoppiato martedì sera in una fabbrica tessile alla periferia
della maggiore città del Pakistan: ieri dalle macerie fumanti erano stati
estratti i corpi di 289 persone bruciate vive. E si sommano alle vittime di un
altro incendio avvenuto sempre ieri in una fabbrichetta di scarpe alla
periferia di Lahore, altra grande città pakistana, capitale del Punjab, dove
sembra che siano morte 25 persone.
Le fiamme
sono scoppiate nel giorno di paga in uno dei tanti stabilimenti della zona
chiamata Site, acronimo del maggiore distretto industriale di Karachi - con i
suoi 18 milioni di abitanti, il porto e la sua cintura industriale , la
metropoli affacciata sul mare arabico rappresenta l'ossatura dell'economia
pakistana. Dunque l'edificio era pieno e le porte chiuse, come sempre, secondo
i dirigenti aziendali per impedire furti - o che i lavoratori se ne andassero
prima della fine del turno. Non è ancora stato detto con chiarezza cosa ha
provocato le fiamme; certo è che sono divampate in fretta alimentate dai
ritagli di stoffa e di materiali sintetici. In un paio di minuti tutto era
avvolto dal fuoco. L'inferno, se esiste, deve assomigliare a quello che hanno raccontato
gli operai sopravvissuti. «In due minuti tutto era in fiamme. Ma il cancello
era chiuso, eravamo chiusi dentro» dice ai cronisti Liaqat Hussain 29 anni, ora
ricoverato con il corpo coperto di ustioni. «Tutti hanno cominciato a urlare e
correre alle finestre», racconta Mohammad Asif, operaio 20enne che ce l'ha
fatta saltando dal terzo piano. I cronisti hanno raccolto lamenti disperati e
pieni di rabbia all'obitorio del locale ospedale civile, dove sono ora
accatastati i cadaveri avvolti in lenzuola bianche, molti ancora da
identificare. Molti dei corpi senza vita sono stati estratti da due stanzoni
sotterranei, non notati in un primo tempo: risparmiati dalle fiamme, i
lavoratori sono morti asfissiati perché l'uscita era chiusa.
«I padroni si preoccupano più di salvaguardare la loro fabbrica di vestiti e i loro affari che dei lavoratori», dice un altro sopravvissuto, mostrando la foto di un cugino che pure lavorava in quella fabbrica ma ora è disperso. Aggiunge: «Se non ci fossero state le griglie metalliche alle finestre, molte più persone si sarebbero salvate. E poi la fabbrica era sovraffollata. Ma chi si lamentava, rischiava il licenziamento».
«I padroni si preoccupano più di salvaguardare la loro fabbrica di vestiti e i loro affari che dei lavoratori», dice un altro sopravvissuto, mostrando la foto di un cugino che pure lavorava in quella fabbrica ma ora è disperso. Aggiunge: «Se non ci fossero state le griglie metalliche alle finestre, molte più persone si sarebbero salvate. E poi la fabbrica era sovraffollata. Ma chi si lamentava, rischiava il licenziamento».
…Anche a Egorevsk sono
morti degli immigrati: tutte le vittime erano vietnamite, immigrate
illegalmente e senza permesso di lavoro. Tutte donne, a quanto si intuisce
dagli scarni resoconti: ma nelle notizie diffuse si parla solo genericamente di
“persone”. Altre 60 donne (queste chiaramente indicate come tali), pure
vietnamite e pure senza permesso di soggiorno né di lavoro, vivevano in una
specie di magazzino lì accanto e costituivano insieme alle vittime l’insieme
dei turni della piccola azienda: cucivano abiti, 24 ore su 24, senza potersi
allontanare dal luogo di lavoro. La polizia, giunta sul posto insieme ai
pompieri, non ha trovato di meglio da fare che arrestarle tutte. E’ facile
immaginare, anche se nessuno farà denuncia, che gli verrà sequestrato tutto
quel che possiedono, a partire dai quattro rubli di paga ricevuti (se li hanno
ricevuti) dal padrone del laboratorio. Il quale è stato sì denunciato, ma non
per strage – come sarebbe il caso, visto che è stato lui a chiudere dall’esterno
tutte le uscite condannando così a morte gli schiavi che stavano all’interno –
bensì solo per non osservanza delle norme di sicurezza…
ancora oggi ci sono autogrill e centri commerciali che tengono chiuse le uscite di sicurezza - per evitare i furti
RispondiEliminachiuse col lucchetto e la catena, qualcosa ho visto di persona e qualcosa mi hanno raccontato
a volte capita anche in scuole, por la pigrizia di qualche bidello, o gli ordini di un capo:(
RispondiElimina