domenica 9 agosto 2015

Perché gli insegnanti sono così critici - Matteo Saudino

In queste settimane girano sulla rete le foto di Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca italiana, in topless. Capisco che la tentazione di abbandonarsi a commenti ironici, che però quasi sempre sfociano nella volgarità e nel maschilismo, sia forte, comprensibile e forse motivata, ma non dobbiamo cadere nella pochezza intellettuale e nell’inutilità di tali manifestazioni di rabbia e disgusto politico. Stefania Giannini, infatti, ha tutto il diritto di rilassarsi in spiaggia, liberarsi di parte del bikini e mettere a nudo le sue tette più o meno sode, più o meno tonde (sempre che qualche ordinanza comunale di qualche zelante sindaco difensore della moralità e del buon costume non glielo vieti). Quello che Stefania Giannini non aveva e non ha il diritto di fare è distruggere e mortificare la scuola statale italiana e svilire la professionalità di centinaia di miglia di docenti, prendendoli letteralmente e volgarmente in giro.
Sempre in questi giorni, infatti, il ministro Giannini va ripetendo, intervista dopo intervista, in modo tanto altezzoso quanto stupido, che non capisce perchè gli insegnanti siano così critici e rancorosi verso un piano di stabilizzazione di oltre 100.000 persone (e che ne esclude almeno altrettante, rispedite ad un ennesimo e costoso concorso) e soprattutto non sa spiegarsi le rigidità, mostrate dai circa 55 docenti che verranno assunti sulle nuove cattedre di potenziamento, rispetto ad una fisiologica e moderna mobilità territoriale lavorativa.
Ebbene, signora ministro, nonostante sia inutile parlare con chi non ha né la voglia e né la capacità di sentire e capire, proverò ancora una volta a spiegarlecosa non va nelle pessima e ideologica controriforma della scuola renziana, soffermandomi solo su alcuni degli aspetti inerenti le assunzioni dei docenti nelle fasi B e C del piano nazionale di stabilizzazione. Da sempre gli insegnanti sono disposti alla mobilità, tanto che dopo essersi abilitati hanno scelto una provincia in cui inserirsi in attesa prima di incarichi annuali e poi della nomina a ruolo. La provincia scelta da molti docenti, soprattutto del sud Italia, è molto lontana da casa e ciò è strutturalmente dovuto da un lato all’alto numero di scuole e cattedre presenti al nord, e dall’altro all’elevato numero di professori e alla endemica carenza di lavoro nel Mezzogiorno. Con il passare degli anni, queste province sono diventate i luoghi in cui i precari hanno costruito le loro relazioni professionali, amicali, sociali, politiche e affettive. Le province in cui i precari hanno lavorato tra mille difficoltà e sacrifici (affitto, trasporti, lontananza da casa) sono diventate il territorio in cui uomini e donne hanno cercato faticosamente di costruirsi un futuro, almeno dignitoso. E voi ora, dopo anni di precarietà, cosa decidete di fare? Promettendo di stabilizzare decine di migliaia di docenti (laureati, abilitati, vincitori di concorso), li inserite in un inutile e violento (pertanto sadico) meccanismo di assunzione su base nazionale! Così un insegnante che da anni ottiene un incarico annuale a Catania si troverà stabilizzato a Milano e uno che è precario da decenni a Torino otterrà il ruolo a Caserta, e così via, dando vita ad un percorso di assunzioni simile ad una lotteria di fine anno o all’acquisto di un gratta e vinci in autogrill. Il tutto condito dalla vaga e ipocrita promessa di attuare un piano di mobilità straordinaria nei prossimi anni, in modo da permettere ai docenti di riavvicinarsi alle proprie famiglie.
Siamo alla follia, non a quella che lambisce la genialità o la rivelazione della verità, bensì a quella che è sinonimo di ottusità e ignoranza. Senza contare, inoltre, che tale meccanismo di costante spostamento dei docenti (i quali trasferendosi finiranno, come tutti i nuovi assunti, nel famigerato grande albo dei presidi-manager-sultani) danneggerà ancor di più la continuità didattica e di conseguenza lenirà il diritto allo studio degli studenti.
Francamente non si capisce il perché di tale accanimento contro chi da anni, per 1.300 euro al mese, contribuisce a mandare avanti la scuola statale italiana. Di certo l’incompetenza del governo Renzi è acclarata, ma io penso che vi sia qualcosa in più dietro questa pessima riforma: l’obiettivo è decostruire la scuola statale italiana, renderla più esile e povera, in modo da favorire le scuole private (cattoliche e non) e la nascita di poli scolastici pubblici d’elite, finanziati da privati, con personale stabile, obbediente e più retribuito, che svetteranno in un arcipelago di scuole carrozzoni-parcheggi, che dovranno sopravvivere con pochi fondi, e sfornare studenti precari adatti a lavori precari e bassamente retribuiti. Questo è il futuro-presente che ci hanno preparato. E, però, il futuro-presente che vogliamo?

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