venerdì 23 marzo 2018

Facebook, Grande Fratello e coscienza umana - Olivier Turquet



Improvvisamente i media si sono accorti che Facebook e i social sono un potente mezzo di rastrellamento di informazioni e un gigantesco sistema di marketing. Coloro che questo lo dicevano da tempo erano fino a qualche giorno fa marcati come pericolosi sovversivi, nostalgici del vecchio internet, magari inventori di fake news.
Bastava guardare quel che ti appariva nelle colonne laterali di FB per capire il giochetto, assolutamente palese; giochetto che, tra l’altro, è perfettamente legale perché uno si iscrive al giocattolino ma non legge mai che cosa ha firmato. Gratis ma a caro prezzo…
Da questo non scandalo che demistifica il passatempo preferito della fetta ricca dell’umanità (i miei amici senegalesi su FB non mi mettono mai la foto della loro migliore torta e non cambiano la foto del profilo tutti i giorni, chissà perché) siamo passati immediatamente al Grande Fratello in versione moderna: Cambridge Analytica (ma poteva essere chiunque altro grande colosso della pubblicità) che condiziona le elezioni politiche di mezzo mondo, i mercati, i consumi e non so cos’altro ricalcando quello schema che il libro di Orwell evocava e che è rimasto a simbolo della persuasione occulta.
Il tema ci perseguita da lungo tempo: negli anni ‘70 con il tema della percezione subliminale, poi con gli studi sulla suggestibilità, pienamente ripresi dall’industra del marketing, del pakage, della pubblicità.
L’idea di fondo, portata all’estremo, è quella del lavaggio del cervello.
“Magari si potessero lavare i cervelli!!” diceva ironicamente Osho Rajneesh in una sua intervista in cui un solerte giornalista gli chiedeva se lui facesse il “lavaggio del cervello”. “Certi cervelli sono abbastanza sporchi, una lavatina non gli farebbe male”. Continuava il saggio (su cui fake news e menzogne sono circolate a profusione). “Vede, caro signore, se ci fosse il lavaggio del cervello io e lei no staremmo qui a parlare!!” concludeva.
Questo è il punto su cui sarebbe bene farsi delle domande: come funziona la coscienza umana? E’ possibile manipolarla? E’ possibile influenzarla, condizionarla?
Sì, certo che è possibile ma non in modo assoluto. Perché se ci osserviamo noteremo che viviamo in un mondo che ci influenza e che anche noi, a nostra volta influenziamo. Noteremo anche, solo con l’osservazione e non con teorie, che quando il mondo (inteso come l’insieme delle altre intenzioni umane) cerca di farci fare qualcosa la nostra reazione è varia: rifiuto, accondiscendenza, svio, paura, irritazione, gioia, eccitazione, amnesia… Abbiamo una quantità di risposte che variano nel tempo e con l’esperienza.
Sempre grazie all’esperienza e all’osservazione possiamo facilmente giungere alla conclusione che la nostra coscienza è attiva e che, di fronte agli accadimenti, struttura una realtà specifica, diversa da coscienza a coscienza. Di fronte a un gesto autoritario mi posso sottomettere o ribellare, esitare o essere risoluto e chi sta accanto a me, nelle stesse condizioni, può far qualcosa di radicalmente diverso, strutturando una risposta completamente diversa. Di fronte a una situazione la coscienza struttura una risposta, univa ed irripetibile. Potremo trovarci d’accordo che, grazie all’apprendimento e alle abitudini, a volte strutturiamo risposte standard che ci permettono di risparmiare tempo però anche queste risposte sono un atto attivo della coscienza che possiamo mettere in discussione.
Così concludiamo anche noi che non è possibile lavare il cervello e che esiste sempre un’altra risposta all’uniformarsi, a credere nella menzogna. Esiste uno spirito critico che è diretta conseguenza di quest’attività della coscienza, del fatto che la coscienza è attiva e che interagisce col mondo.
Sicuramente, per fare un esempio concreto, ci sono persone che hanno messo, nel corso della storia, temi che non erano di moda: che la terra fosse tonda, per esempio, o che fosse necessario smettere di considerare il pianeta una pattumiera; certe sensibilità alimentari sono cambiate per l’azione delle persone, per la sensibilizzazione che , alla fine, vince su una certa coercizione pubblicitaria. L’ingenua ripetizione bionda-birra-bionda-birra che ha ossessionato alcune generazioni come la mia è ora guardata con un sorriso accondiscendente dai giovani, smaliziati. Ma i pubblicitari continuano con il leit-motiv magari con qualche astuzia in più. Sperando di vendere.
Si può influenzare il pensiero degli altri, ci sono molte cattive intenzioni in questo senso. Ma nel fondo la stessa struttura della coscienza è lì per dirci che è sempre possibile scegliere altro, è sempre possibile pensare, sentire ed agire in una direzione migliore, più cosciente, più giusta.
E che il lento cammino evolutivo dell’umanità va in quella direzione.

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