UNA LOTTA PER TUTTE
Ogni volta che un uomo uccide una donna, si parla di follia, di amore criminale, di disperazione.
Un caso per tutti: 28 Febbraio 2018, Latina: Luigi Capasso, carabiniere in servizio, aspetta la moglie sotto casa, le spara, ruba le chiavi di casa dalla sua borsa, sale nell'appartamento e uccide le due figlie.
E ancora si parla di follia.
Ma si può definire folle un uomo che ha pianificato nei minimi dettagli quello che stava per fare, che ha lasciato soldi e istruzioni per i funerali, che nei suoi lasciti non ha dimenticato nemmeno la donna con cui aveva una relazione?
E se lui è folle, allora come definire chi non ha dato il giusto peso alle denunce della moglie?
Come definire chi ha sottovalutato la paura di due bambine?
E dell’istituzione di cui faceva parte, che lo ha protetto come “persona esaurita che ne sta passando tante”, che dire?
Possiamo definire folle anche chi non ha deciso di sospenderlo dal servizio e, soprattutto, non gli ha tolto l’arma, offrendogli, invece, un alloggio?
Dobbiamo smetterla, una volta per tutte, di parlare di follia, e chiamare le cose con il loro nome.
Sì, io credo che se veramente vogliamo fare qualcosa perché tutto questo finisca, dobbiamo allargare il nostro sguardo, allargarlo, allargarlo! E anziché guardare la foglia di un albero dobbiamo guardare non l’intero bosco, ma la Terra stessa.
Perché la chiave di tutto sta nel vedere che viviamo in un sistema basato sull’oppressione e sul dominio, in cui patriarcato, violenza, sopraffazione, discriminazione, sono gli unici criteri che guidano le società.
Una società che si basa sul dualismo per identificare il diverso e renderlo sfruttabile ed emarginabile:
uomo – donna
ricco – povero
bianco – nero
eterosessuale - gay
umano – animale
cultura – natura
mente – corpo
ragione – emozione
Una società in cui l’unico vincitore finale, quello veramente degno di vivere è l’umano maschio bianco occidentale, eterosessuale, ricco, e tutti gli altri sono esseri inferiori, sacrificabili, sfruttabili, privati di qualsiasi identità, ridotti a vera e propria merce.
“Inferiori” i cui corpi sono spesso considerati proprietà di cui poter disporre, magari fino ad ucciderli, a cancellarne l’esistenza stessa; pensate a ciò che è stato fatto e che ancora viene fatto ai corpi delle donne, dei bambini, delle minoranze, degli omosessuali, dei neri, dei diversi, dei disabili, degli animali: utilizzati per sperimentazioni, allevamenti intensivi, mutilazione dei genitali, violenza, abusi, repressione, violazione dei diritti.
Le vittime, i diversi, sono considerati “altro da sé”, non vengono ascoltati, vengono ridotti al silenzio, disprezzati.
Un disprezzo che a volte è manifesto, ben identificabile, ma troppe volte va saputo vedere, scoprire, leggere fra le righe... perchè è un disprezzo talmente antico, talmente radicato, che noi stessi “disprezziamo” senza nemmeno esserne consapevoli: il disprezzo che si manifesta nel linguaggio, nelle immagini, nel modo di classificare esseri viventi, nel ridurli a ruoli e stereotipi.
E tutto questo perché non sono umani maschi, bianchi, occidentali, ricchi.
Ma i corpi delle donne non sono oggetti, gli altri animali non sono oggetti, le minoranze non sono oggetti, i diversi non sono oggetti, la natura e la terra non sono oggetti; noi siamo l’altro, noi siamo la natura,e dobbiamo ritrovare questa consapevolezza, se davvero vogliamo essere liberi e completi.
Quello che è importante capire, se davvero vogliamo fare qualcosa per le donne, è che se l’oppressione è una sola, se la violenza è una sola, allora anche la lotta deve essere una sola.
Molte suffragette, un secolo fa, l'avevano capito; sì, le pioniere del femminismo, quelle che andarono per prime contro il sistema patriarcale che impediva loro di fare qualunque cosa, l'avevano capito talmente bene che, mentre rivendicavano i loro diritti, erano anche accanto agli operai nelle loro lotte, accanto a chiunque rivendicasse libertà e dignità, e molte di loro erano vegetariane.
Oggi, un secolo dopo, abbiamo perso questa preziosa intuizione e cosa abbiamo? Abbiamo lotte divise in compartimenti stagni, ognuno chiuso nel suo mondo, perduta la visione di insieme ci troviamo ad avere:
donne che lottano per i loro diritti, ma sono razziste.
Antirazzisti omofobi.
Omosessuali razzisti.
Operai sessisti.
Animalisti fascisti.
E quasi tutti incuranti dell’olocausto animale.
Allora proviamo a cambiare, proviamo ad allargarlo questo sguardo, proviamo a capire che il sistema del dominio è un mostro a tante teste e che è inutile tagliarne una mentre si alimentano le altre!
Lottiamo per le donne, scendiamo in piazza, facciamo sentire la nostra voce, ma rendiamo la nostra lotta un’unica, grande lotta politica contro il sistema che ci opprime, il sistema patriarcale del dominio, della violenza, della sopraffazione del più indifeso.
Perché ogni volta che accettiamo una pubblicità ammiccante che rende la femmina un oggetto sessuale, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che consideriamo invasori persone disperate in cerca di un futuro per sé e per i propri figli, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che chiamiamo qualcuno “frocio” o raccontiamo barzellette a tema, o apriamo le porte al bullismo verso chi ha sessualità diverse, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che consideriamo un disabile come qualcuno che in una scuola potrebbe rallentare l’apprendimento, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che in nome di confini, proprietà, religione, interessi economici, assecondiamo una guerra in cui migliaia di innocenti moriranno, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che non pratichiamo e non insegniamo la tolleranza, l’accoglienza, il rispetto per ogni altra forma di vita, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che guardiamo con sospetto a chi ha una religione diversa dalla nostra, facendo di tutta l’erba un fascio, senza distinguere terroristi e vittime, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che lasciamo che un operaio venga sfruttato fino a renderlo schiavo, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che non abbiamo rispetto per la natura di cui siamo parte integrante, che cementifichiamo, che bruciamo, che inquiniamo, sporchiamo, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che releghiamo le emozioni, i sentimenti, l’empatia, i segnali del nostro corpo, a qualcosa di secondario da dover sacrificare alla ragione, alla scienza e alla razionalità, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che pensiamo che gli animali “sono solo animali” e riteniamo giusto poterli sfruttare e uccidere per diletto, per cibo, per vestiario, per abitudine, per tradizione, per comodità, perché ci hanno detto che non hanno anima, perché “anche l’insalata soffre”, noi schiacciamo una donna.
Allora lottiamo, donne, lottiamo perché tutto questo finisca, lottiamo e riprendiamoci la parte bella dell’umanità.
Ogni volta che un uomo uccide una donna, si parla di follia, di amore criminale, di disperazione.
Un caso per tutti: 28 Febbraio 2018, Latina: Luigi Capasso, carabiniere in servizio, aspetta la moglie sotto casa, le spara, ruba le chiavi di casa dalla sua borsa, sale nell'appartamento e uccide le due figlie.
E ancora si parla di follia.
Ma si può definire folle un uomo che ha pianificato nei minimi dettagli quello che stava per fare, che ha lasciato soldi e istruzioni per i funerali, che nei suoi lasciti non ha dimenticato nemmeno la donna con cui aveva una relazione?
E se lui è folle, allora come definire chi non ha dato il giusto peso alle denunce della moglie?
Come definire chi ha sottovalutato la paura di due bambine?
E dell’istituzione di cui faceva parte, che lo ha protetto come “persona esaurita che ne sta passando tante”, che dire?
Possiamo definire folle anche chi non ha deciso di sospenderlo dal servizio e, soprattutto, non gli ha tolto l’arma, offrendogli, invece, un alloggio?
Dobbiamo smetterla, una volta per tutte, di parlare di follia, e chiamare le cose con il loro nome.
Sì, io credo che se veramente vogliamo fare qualcosa perché tutto questo finisca, dobbiamo allargare il nostro sguardo, allargarlo, allargarlo! E anziché guardare la foglia di un albero dobbiamo guardare non l’intero bosco, ma la Terra stessa.
Perché la chiave di tutto sta nel vedere che viviamo in un sistema basato sull’oppressione e sul dominio, in cui patriarcato, violenza, sopraffazione, discriminazione, sono gli unici criteri che guidano le società.
Una società che si basa sul dualismo per identificare il diverso e renderlo sfruttabile ed emarginabile:
uomo – donna
ricco – povero
bianco – nero
eterosessuale - gay
umano – animale
cultura – natura
mente – corpo
ragione – emozione
Una società in cui l’unico vincitore finale, quello veramente degno di vivere è l’umano maschio bianco occidentale, eterosessuale, ricco, e tutti gli altri sono esseri inferiori, sacrificabili, sfruttabili, privati di qualsiasi identità, ridotti a vera e propria merce.
“Inferiori” i cui corpi sono spesso considerati proprietà di cui poter disporre, magari fino ad ucciderli, a cancellarne l’esistenza stessa; pensate a ciò che è stato fatto e che ancora viene fatto ai corpi delle donne, dei bambini, delle minoranze, degli omosessuali, dei neri, dei diversi, dei disabili, degli animali: utilizzati per sperimentazioni, allevamenti intensivi, mutilazione dei genitali, violenza, abusi, repressione, violazione dei diritti.
Le vittime, i diversi, sono considerati “altro da sé”, non vengono ascoltati, vengono ridotti al silenzio, disprezzati.
Un disprezzo che a volte è manifesto, ben identificabile, ma troppe volte va saputo vedere, scoprire, leggere fra le righe... perchè è un disprezzo talmente antico, talmente radicato, che noi stessi “disprezziamo” senza nemmeno esserne consapevoli: il disprezzo che si manifesta nel linguaggio, nelle immagini, nel modo di classificare esseri viventi, nel ridurli a ruoli e stereotipi.
E tutto questo perché non sono umani maschi, bianchi, occidentali, ricchi.
Ma i corpi delle donne non sono oggetti, gli altri animali non sono oggetti, le minoranze non sono oggetti, i diversi non sono oggetti, la natura e la terra non sono oggetti; noi siamo l’altro, noi siamo la natura,e dobbiamo ritrovare questa consapevolezza, se davvero vogliamo essere liberi e completi.
Quello che è importante capire, se davvero vogliamo fare qualcosa per le donne, è che se l’oppressione è una sola, se la violenza è una sola, allora anche la lotta deve essere una sola.
Molte suffragette, un secolo fa, l'avevano capito; sì, le pioniere del femminismo, quelle che andarono per prime contro il sistema patriarcale che impediva loro di fare qualunque cosa, l'avevano capito talmente bene che, mentre rivendicavano i loro diritti, erano anche accanto agli operai nelle loro lotte, accanto a chiunque rivendicasse libertà e dignità, e molte di loro erano vegetariane.
Oggi, un secolo dopo, abbiamo perso questa preziosa intuizione e cosa abbiamo? Abbiamo lotte divise in compartimenti stagni, ognuno chiuso nel suo mondo, perduta la visione di insieme ci troviamo ad avere:
donne che lottano per i loro diritti, ma sono razziste.
Antirazzisti omofobi.
Omosessuali razzisti.
Operai sessisti.
Animalisti fascisti.
E quasi tutti incuranti dell’olocausto animale.
Allora proviamo a cambiare, proviamo ad allargarlo questo sguardo, proviamo a capire che il sistema del dominio è un mostro a tante teste e che è inutile tagliarne una mentre si alimentano le altre!
Lottiamo per le donne, scendiamo in piazza, facciamo sentire la nostra voce, ma rendiamo la nostra lotta un’unica, grande lotta politica contro il sistema che ci opprime, il sistema patriarcale del dominio, della violenza, della sopraffazione del più indifeso.
Perché ogni volta che accettiamo una pubblicità ammiccante che rende la femmina un oggetto sessuale, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che consideriamo invasori persone disperate in cerca di un futuro per sé e per i propri figli, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che chiamiamo qualcuno “frocio” o raccontiamo barzellette a tema, o apriamo le porte al bullismo verso chi ha sessualità diverse, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che consideriamo un disabile come qualcuno che in una scuola potrebbe rallentare l’apprendimento, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che in nome di confini, proprietà, religione, interessi economici, assecondiamo una guerra in cui migliaia di innocenti moriranno, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che non pratichiamo e non insegniamo la tolleranza, l’accoglienza, il rispetto per ogni altra forma di vita, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che guardiamo con sospetto a chi ha una religione diversa dalla nostra, facendo di tutta l’erba un fascio, senza distinguere terroristi e vittime, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che lasciamo che un operaio venga sfruttato fino a renderlo schiavo, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che non abbiamo rispetto per la natura di cui siamo parte integrante, che cementifichiamo, che bruciamo, che inquiniamo, sporchiamo, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che releghiamo le emozioni, i sentimenti, l’empatia, i segnali del nostro corpo, a qualcosa di secondario da dover sacrificare alla ragione, alla scienza e alla razionalità, noi schiacciamo una donna.
Ogni volta che pensiamo che gli animali “sono solo animali” e riteniamo giusto poterli sfruttare e uccidere per diletto, per cibo, per vestiario, per abitudine, per tradizione, per comodità, perché ci hanno detto che non hanno anima, perché “anche l’insalata soffre”, noi schiacciamo una donna.
Allora lottiamo, donne, lottiamo perché tutto questo finisca, lottiamo e riprendiamoci la parte bella dell’umanità.
la lotta è
contro una schifezza come questa: quanti soprusi vedete? contateLI bene!
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