Il Maggiore Generale Yoav Mordechai, il coordinatore per le attività di
governo nei territori, si aspetta che noi crediamo che decine di palestinesi e
alcuni israeliani hanno cospirato per architettare un’enorme bugia per
calunniare le Forze di Difesa Israeliane.
Secondo lui il bugiardo non è solo il 15enne Mohammed Tamimi. I
bugiardi sono anche i suoi genitori, i membri della sua famiglia estesa nel
villaggio di Nabi Saleh, e gli amici – compreso l’attivista di sinistra
israeliano Jonathan Pollack. Quest’ ultimo era con Tamimi quando si era
arrampicato su una scala il 15 dicembre per vedere che cosa i soldati,
sistemati in una casa vuota nel suo villaggio, stavano per fare. All'
adolescente hanno sparato alla testa ed è caduto a terra in una pozza del
suo stesso sangue.
Nel suo post su Facebook martedì, Mordechai afferma, in effetti, che i
palestinesi sono stupidi perché così tanti di loro hanno collaborato nel creare
una bugia che è talmente facile da smascherare. Se davvero fosse una bugia.
Si sta basando sulle cose che Tamimi ha detto ai suoi interrogatori
della polizia lunedì, appena poche ore dopo che una grande forza militare aveva
fatto irruzione a Nabi Saleh e nella sua casa, prima dell’alba, trascinandolo
dal suo sonno e arrestandolo. Altri cinque minori e cinque adulti sono stati
arrestati con lui, in condizioni simili.
Ancora nell’oscurità, mezzo addormentato e scosso, circondato da fucili
che lo puntavano, con l’aria resa fumosa dai gas lacrimogeni e dall’odore
disgustoso dell’acqua puzzolente spruzzata dalle truppe, Mohammed Tamimi è
stato portato dentro per un interrogatorio. È facile arguire quello che è
passato attraverso la mente del ragazzo ferito, che deve sottoporsi ad
un’altra operazione per ricostruire il suo cranio nelle settimane a venire.
Deve avere pensato: Forse sarò tenuto sotto arresto per molte
settimane. Forse la mia condizione medica peggiorerà. Forse non sarò rilasciato
prima di andare ad operarmi.
Tamimi ha detto agli investigatori e ai rappresentanti del
Coordinamento dell’Amministrazione Civile e all’Ufficio di collegamento, che
per qualche ragione si erano coordinati per essere presenti, quello che
volevano sentire: che era rimasto ferito quando è caduto dalla sua bicicletta.
Le forze di sicurezza conducono centinaia di arresti e interrogatori
ogni settimana a Gerusalemme e nella Cisgiordania. Nessuno discute il fatto che
uno dei loro intenti è smascherare coloro che pianificano o mettono in atto
attacchi armati. Un secondo intento è raccogliere informazioni, anche le più
innocenti, su quante più persone possibile e su attività sociali e politiche.
Molto banale, a volte anche imbarazzante, l’informazione è estorta – anche anni
dopo e sotto circostanze inaspettate: quando una persona viaggia all’estero, o
quando qualcuno fa domanda per un permesso di entrata in Israele o per un
permesso di residenza per una sposa non-palestinese.
Un terzo intento (sebbene non necessariamente il terzo più importante)
è annullare l’attività popolare contro l’occupazione, di cui il villaggio di
Nabi Saleh è diventato un simbolo. Ai palestinesi è proibito dimostrare la loro
resistenza all’occupazione, in ogni maniera.
Une dei modi per scoraggiare gli individui che potrebbero essere
potenziali partecipanti a lotte popolari è causare serio danno a persone che vi
stanno già prendendo parte – con mezzi che vanno dal ferimento all’uccisione;
alla detenzione in condizioni più dure di quelle incontrate dal sospetto di
corruzione Nir Hefetz; privazione del sonno; ammanettamento doloroso;
interrogatori umilianti; ridicole accuse come quelle basate su “prove” come
candelotti vuoti di gas lacrimogeni o visite a mostre di libri; detenzioni
amministrative ( arresto senza accuse documentate); arresto fino alla
conclusione dei procedimenti; e multe esorbitanti.
Arresti di massa, interrogatori e raccolta di informazioni – questi
sono una parte integrale del controllo che Israele esercita sui palestinesi.
Molti arresti sono mezzi con cui Israele tenta, sistematicamente, di
minare e disfare il tessuto sociale palestinese per indebolire la sua abilità
per resistere e sfidare l’occupazione.
Quando i detenuti sono minori, i loro carcerieri hanno un’abilità più
grande – con l’aiuto di qualche schiaffone, posizioni dolorose durante
l’interrogatorio e pressione psicologica – per estorcere da loro false
incriminazioni ed esagerate, millantanti descrizioni degli avvenimenti. È
facile manipolarli e spezzarli.
Tra loro stessi i palestinesi stanno dibattendo sulla partecipazione
dei minori alle attività di protesta contro l’occupazione. L’ethos della lotta
è caro a loro, e la ripugnanza all’occupazione corre troppo profonda perché
questo dibattito sia condotto in pubblico, ma l’alto prezzo che viene pagato
dai minori e dalle loro famiglie è chiaro a tutti.
È troppo presto per dire se un post come quello di Yoav Mordechai
incoraggerà il dibattito e se sarà portato al pubblico dominio o rafforzerà la
posizione di quelli che dicono che Israele non si ferma davanti a niente per
opprimere, e quindi ai più giovani non dovrebbe essere negato il loro diritto
alla rivolta.
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