Il titolo di questo articolo riporta una celebre espressione gramsciana
contenuta nei Quaderni,
quando analizza quella permanente instabilità politica e frammentazione che
caratterizza negli anni Venti e Trenta del Novecento. La crisi della democrazia
rappresentativa, dei partiti, la crescente difficoltà di formare governi, nel
quadro della crisi economico- sociale che attraversa tutto l’occidente
capitalistico e che sfocia nel fascismo o in regimi autoritari. Il problema è
la scissione del rapporto tra popolo,
o meglio tra i diversi interessi di classe che lo compongono, ed élite
dominanti; tra rappresentati e rappresentanti, non più in grado di
rappresentare e mediare questi interessi.
Sono queste le caratteristiche strutturali delle crisi epocali, in cui si intrecciano
le trasformazioni radicali del modo di produzione e della forma- Stato, che
alludono alla possibilità di un nuovo che nasce, un nuovo inizio, una
rivoluzione sociale. Nella misura in cui questo nuovo non nasce, «è bloccato
nel suo carattere progressivo», come dice Gramsci, Di conseguenza non matura un
potere costituente di profonda innovazione dell’intero ordinamento della vita
sociale, produttiva e riproduttiva; la dialettica risulta monca, interrotta,
implode e si rovescia nei suoi elementi costitutivi. Così succede che il
nuovo riassume continuamente le sembianze del vecchio e il populismo non può
essere altro che «regressivo», divenendo la maschera di un nuovo autoritarismo.
Periodi più o meno lunghi di questa continua rottura degli equilibri
politici hanno come sbocco o governi di grande coalizione (la «fusione sotto
un’unica direzione» di cui parlava Gramsci) o il cesarismo-bonapartismo, ossia l’ emergere di personalità
carismatiche e autoritarie, singole figure, ma anche gruppi dominanti omogenei;
un potere sovrano che produce l’eccezione e su essa fonde le proprie
decisioni.La fiducia e le aspettative si spostano velocemente da una coalizione
all’altra. Questa oscillazione non produce significativi cambiamenti nelle
politiche adottate - in particolare in quelle economiche - e ciò fa sì che lo
stesso meccanismo dell’alternanza attraversi un logoramento sostanziale,
aprendo la strada a nuove forze su cui si possono concentrare aspettative
palingenetiche di mutamento radicale e immediato.
Lo stesso successo elettorale di queste nuove forze, però, subisce spesso
una parabola di veloce consunzione. In parte perché difficilmente riesce a
colmare lo iato tra aspettative sollevate e politiche realizzate, in parte
perché diventano esse stesse vittima del processo di mediatizzazione della sfera
pubblica: un’ascesa basata sulla frattura vecchio/nuovo, ma come tale incline a
trasformare velocemente il nuovo in vecchio e la promessa in delusione.
Sono queste le caratteristiche delle rivoluzioni passive, in assenza di un
significativo conflitto tra classi sociali antagonistiche. Il conflitto tra le
classi è agito esclusivamente dall’alto, come esercizio unilaterale delle
élite, capaci non solo di sottrarre reddito, diritti sociali, potere politico ai
gruppi subalterni, ma ancor più di catturarne desideri, speranze, immaginario,
costruire identificazioni fittizie nell’accettazione passiva della
subordinazione. La servitù
volontaria, appunto, proiezione spettrale dei populismi identitari e
organicistici, di cui il razzismo e nazionalismo sono elementi costitutivi.
Le elezioni politiche nel nostro Paese contengono molti di questi aspetti.
Tre sono gli elementi da sottolineare: la vittoria del Movimento 5 Stelle,
della Lega, il crollo della “sinistra” in tutte le sue espressioni.
Il movimento 5 Stelle è fenomeno complesso, in un certo qual senso è la
forma italiana compiuta di populismo, in cui le differenze vengono annullate in
una sintesi organica del «popolo contro le élite» e nella simulazione del tutto
virtuale della democrazia diretta. Come detto prima, essa è un misto di
caratteri progressivi e regressivi, di innovazione e reazione, nasconde
elementi bonapartisti, carismatici e autoritari, catturando bisogni, desideri,
immaginari delle classi subalterne per ridefinire e riarticolare le forme del
dominio. Vedi la consonanza con la Lega sull’immigrazione e l’approccio
al razzismo istituzionale.
Non è questione secondaria, anzi è la questione dirimente, la madre di tutte le
battaglie, poiché la posta in gioco riguarda i diritti universali, la
cittadinanza, la libertà, la dignità, un’esistenza degna per tutti, al di là
delle differenze di genere, di razza, di classe. Razzismo, neo-nazionalismo,
rigurgiti neo-fascisti vanno di pari passo nella ridefinizione del comando
imperiale trans-nazionale. Sono due facce complementari della stessa medaglia:
non contraddizioni antagonistiche, ma funzionali all’unità sistemica
ordoliberista.
In assenza di una reale dialettica tra le classi, e la loro fusione
–sublimazione in un indistinto concetto di popolo, non sembra proprio che il
Movimento 5 Stelle possa incarnare un populismo progressivo e lo schiacciamento
sulla reazione-conservazione dello status
quo è molto probabile. Come ci insegnano Macchiavelli e Marx, solo
il conflitto tra le classi può determinare una democrazia vera ed espansiva,
allargare la sfera dei diritti, dell’eguaglianza, della giustizia sociale. La
sua rimozione può portare solo al «declino della Repubblica» e alla corruzione
dei suoi principi fondamentali, al di là delle suggestioni elettoralistiche e
dei programmi proclamati.
Tanto più che i 5 Stelle sono diventati essi stessi un’élite di governo, si
sono preparati e si stanno preparando a gestire l’altro polo della dialettica,
il potere dello Stato. Ebbene, quale Stato? Quale sovranità rispetto ai diktat dei poteri imperiali
sovranazionali, della UE o della BCE? Si apriranno nuove contraddizioni e
questo è un bene per i movimenti autonomi extra istituzionali, poiché il
problema vero è la lotta di classe trans-
nazionale declinata in forma nuova, i conflitti e i molteplici
punti delle resistenze intersezionali - di classe, di genere, antirazziste,
ambientali e antiautoritarie - contro l’ordine globale neoliberista.
La Lega: più volte abbiamo sottolineato che, più dei vari gruppuscoli neo
fascisti il vero pericolo nazional-populista e razzista è costituito dal
partito di Matteo Salvini. Questo i movimenti lo hanno già ben compreso e
praticato in forma massificata, quantomeno da Macerata in poi, evidenziando le
contraddizioni storiche dell’antifascismo rituale e di maniera.
La trasformazione della Lega, da forza territoriale autonomista e
federalista, in partito nazionalista-lepenista è emblematica e, soprattutto,
l’orizzonte razzista è sicuramente determinante. L’antifascismo ovviamente va
mantenuto, ma è solo la superficie che va distrutta e rimossa per poter scavare
più in fondo, dove il volto del nemico si mostra in tutta la sua tracotanza
come nuovo fascismo ordo-liberista, a difesa del mercato con l’aggiunta
di alcune sfumature sociali. Economia sociale di mercato - come nell’ ideologia
dei teorici tedeschi dell’ordoliberismo - basata su un sistema articolato di
discriminazioni, esclusioni/inclusioni, diritti differenziali, dispositivi di
sottomissioni, gerarchie rispetto al merito e all’obbedienza dei soggetti
sociali. La Lega è nemica e antagonista diretta rispetto alla costruzione
del comune. Ma anche
questa contraddizione potrebbe essere agita in maniera molto più determinata e
significativa da parte dei movimenti.
Il crollo della sinistra non è una novità, in Italia e per tutti i partiti
della socialdemocrazia europea. Si tratta dunque di fenomeno endemico al
post-fordismo e la vera natura di questa catastrofe va iscritta nel
mantenimento di una tenace e ottusa ideologia lavorista incapace di comprendere
le trasformazioni del modo di produzione, dal mutamento della composizione di
classe ai nuovi bisogni e desideri delle moltitudini, fino alla globalizzazione
capitalistica,. I vecchi paradigmi del fordismo e del keynesismo, l’ordine
sociale e la cittadinanza basata sulla disciplina e la centralità del lavoro
salariato, sono morti e sepolti. Non è un caso che il bottino elettorale nel
mercato della politica da parte dei partiti vincitori sia stato determinato
dalla proposta del reddito di cittadinanza o dalla abolizione della legge
Fornero.
Al di là delle promesse elettorali, che lasciano il tempo che trovano vista
la perdita di sovranità delle costituzioni nazionali, al di là della ovvia
considerazione che nessuna tra le forze in campo ha la possibilità di costruire
un governo stabile - almeno finora - rimane un campo di contraddizioni
insuperabili dentro il vecchio ordine e che allude alla costruzione di un
ordine nuovo.
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