Gentile
ministra Madia,
le scrivo convinta di manifestare, a pieno titolo, la delusione della mia categoria dopo la firma dell’assurdo contratto della sanità italiana.
le scrivo convinta di manifestare, a pieno titolo, la delusione della mia categoria dopo la firma dell’assurdo contratto della sanità italiana.
Sono scesa
in piazza, sabato a Roma, e dopo ore sotto l’acqua che batteva incessante, vi
ho visti esultare. Avete rilasciato dichiarazioni di «gioia per un accordo
arrivato dopo estenuanti 28 ore di contrattazione», sottolineando la parola
“estenuanti”. Parola che mi fa pensare a un turno notturno in un qualsiasi
reparto, o un banalissimo turno mattutino con 45 posti letto e due infermieri.
O un turno pomeridiano in un pronto soccorso con pazienti costretti a ore di
attesa perché, data la carenza di personale, non si riesce a garantire un
numero sufficiente di ambulatori attivi.
Mi spiace
comunicarle che, siamo noi a dover rispondere in prima persona al crescente
disservizio che purtroppo subiscono i pazienti e siamo noi a dover subire gli
stati d’animo e le aggressioni, purtroppo non solo verbali, di chi è stanco,
soffre e non può più permettersi di aspettare.
Le pongo una
domanda: lei sa che cosa fa un infermiere? Sa quale sia la nostra importanza
nel garantire l’assistenza al paziente? Sa quanto noi infermieri possiamo fare
la differenza sulla diagnosi, sulla cura e sulla prognosi? Ha idea di quali
siano le nostre responsabilità e a quali rischi siamo esposti?
Queste
domande potrebbero sembrare provocatorie ma il mio fine è un altro: invitarla a
una riflessione. Quando un infermiere torna a casa non esulta, perché si porta
dietro volti, sofferenze e sorrisi. Ecco, a questo forse bisognava pensare
quando con una firma si è reso il lavoro straordinario obbligatorio “salvo
giustificati motivi di adempimento”; quando viene tolto il diritto alla pausa
di 30 minuti per i turnisti; quando vengono previsti solo 15 minuti per
timbratura, vestizione e consegne; quando si attua una deroga alle 11 ore di
riposo per esigenze dell’azienda (non del lavoratore); quando ci si vanta della
lotta al precariato dandole manforte con la pronta disponibilità estesa a tutti
i reparti di degenza.
Mi spiace
Ministra che ancora una volta la mia professione non venga riconosciuta
intellettuale come si legge solo sui libri.
Mi spiace
dovermi ancora giustificare con i pazienti quando ci vedono stanchi e non
trovano quel sorriso che ci state togliendo e che meritano. Questo è estenuante
e io non ci sto.
Elisa Mele è
infermiera precaria del Centro Oncologico di Riferimento di Aviano
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