Una sentenza della Commissione Europea permette a singoli cittadini,
imprese ed enti pubblici di chiudere
tutti i contratti, stipulati tra il 2005 e il 2008, di mutuo, prestiti e
derivati, che avevano, nel contratto, un tasso variabile legato
all’Euribor, riconoscendo agli
stessi il diritto al risarcimento. La sentenza è il “caso
AT 39914” del 3 dicembre 2013, pubblicata dalla
Commissione Europea solo a fine 2016 (!), ma ormai interamente operativa e
attivabile da qualsiasi soggetto coinvolto.
La sentenza
si basa su due elementi:
a) il primo è relativo all’indeterminatezza del tasso quando il
parametro di riferimento preso è l’Euribor (un tasso inteso a riflettere il
costo dei prestiti interbancari in euro); in questo caso, rileva la sentenza, i
parametri atti ad individuare il tasso variabile sono scarsamente
intelligibili, poiché nella clausola è prevista una serie di rinvii concatenati
a valori anche di valute estere in astratto recuperabili, ma tali da non
rendere immediatamente reperibili e via via verificabili i dati.
L’incertezza
della clausola di determinazione degli interessi in un contratto di mutuo
determina la nullità della clausola stessa (art. 117 T.U.B.);
b) il secondo è relativo all’intesa restrittiva della concorrenza,
operata da un cartello tra le principali banche europee, con lo scopo di
manipolare, a proprio vantaggio, il corso dell’Euribor; vicenda che si è chiusa
con la condanna di 4 tra le più note banche europee (Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Société
Générale) al pagamento di una multa pari a 1,7 mld ed il
conseguente diritto tangibile al risarcimento dell’utente finale per
indeterminatezza e manipolazione del tasso.
La sentenza riguarda il 100% dei contratti di mutuo
ipotecario e fondiario a tasso variabile, ma riguarda anche il 100% dei
contratti derivati sul tasso (interest rate swap= IRS), in quanto atti il cui tasso di riferimento è nel 100%
dei casi l’Euribor, stipulati da famiglie, imprese ed enti locali italiani con
banche commerciali, sia italiane che estere operanti in Italia. Gli enti locali italiani possono in
sostanza ora ottenere il risarcimento integrale di tutti gli interessi e flussi
negativi su derivati che si sono visti addebitare relativamente a tali
contratti nel periodo che va dal 2005 al 2008.
La Sentenza,
essendo stata emessa dalla Commissione Europea, ha
potere vincolante sul Giudice competente nazionale,
che, pertanto, è chiamato ad uniformarsi, diversamente sanzionabile a seguito
di apposita istanza al Presidente del Tribunale competente, al
Consiglio/organismo della Magistratura nazionale o alla Corte di Giustizia UE.
Alcune riflessioni sono decisamente necessarie.
Va
innanzitutto sottolineata la subalternità della Commissione Europea allo
strapotere del sistema bancario che, se pur condannato, ottiene la non
pubblicazione di una sentenza a proprio sfavore per oltre 3 anni (!).
Ma
altrettanto severamente va giudicata la condotta degli enti locali che, a
distanza di oltre 4 anni dalla sentenza e di oltre 1 anno dalla sua
pubblicazione, non hanno ancora agito di conseguenza, tutelando la propria
funzione pubblica e sociale, le comunità territoriali amministrate e la ricchezza
collettiva prodotta.
Gli anni 2005-2008 costituiscono il periodo di
massima dimensione della stipula di contratti derivati da parte degli Enti
Locali, il cui apice è stato raggiunto
nel 2007 con 796 enti interessati e 1.331 contratti sottoscritti dal valore
nozionale iniziale di 37,042 miliardi di euro.
Fu proprio
l’espansione senza controllo dei derivati a far decidere nel 2008 (art. 62,
D.Lgs. n. 112/2008) la sospensione temporanea all’attività in derivati di
regioni ed enti locali (poi divenuta definitiva con la Legge di stabilità
2014).
Siamo dunque
di fronte a una massiccia e criminale sottrazione di ricchezza alle comunità
locali, operata dalle banche con la complicità, ingenua o consapevole, degli
amministratori.
Ora nessuno
potrà più dire “Io non lo sapevo”. Per questo i movimenti in lotta per i
diritti sociali e per la riappropriazione dei beni comuni e i comitati per
l’audit sul debito locale devono immediatamente aprire un conflitto dentro ogni
territorio e città rivendicando:
a) la
pubblicizzazione di tutti i contratti derivati e di tutti i mutui sottoscritti
nel periodo 2005-2008;
b)
l’annullamento dei medesimi contratti derivati, con conseguente risarcimento
collettivo degli interessi negativi pagati;
c) la
revisione al ribasso dei tassi d’interesse su tutti i mutui contratti nel
periodo sopra indicato, con conseguente risarcimento della quota sovrastimata
pagata;
d) la
sospensione del pagamento degli interessi su tutti i mutui e i derivati, fino
alla definizione di quanto sopra indicato;
e) la
pressante richiesta all’ANCI di farsi carico dell’iter legale per il
riconoscimento di quanto dovuto.
Come si
vede, i soldi ci sono. Sono solo finiti nelle mani sbagliate e si tratta di
riappropriarsene collettivamente.
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