La guerra in Ucraina, che segna uno spartiacque nella
nostra epoca, si inserisce in un contesto economico instabile di cui bisogna
tenere conto. La tragedia della politica delle grandi potenze consiste nel
fatto che, siccome nessuno Stato è in grado di raggiungere l’egemonia globale,
il mondo è condannato a una grande e perpetua competizione.
La guerra in Ucraina rappresenta un evento epocale
nella nostra vita, uno spartiacque che segna il prima e il dopo. Per inquadrare
il conflitto ci facciamo guidare da quattro illustri studiosi (nei link si
vedano le referenze). L’economista Jeffrey Sachs, direttore del Centro di
sviluppo sostenibile della Columbia University, consulente economico per i
governi dell’America Latina, dell’Europa orientale e dell’ex Unione Sovietica,
ha recentemente tenuto la lezione
“The Geopolitics of a Changing World” all’università
di Oxford. John Mearsheimer, politologo e studioso di relazioni internazionali
americano, professore all’Università di Chicago è il principale rappresentante
della scuola di pensiero nota come realismo offensivo (qui
un suo intervento del 2014). Emmanuel Todd
storico, sociologo e antropologo francese, ricercatore presso l’Institut
national d’études démographiques di Parigi, ha scritto numerosi saggi, tra
cui Il crollo finale (1976), in cui ha preconizzato la fine
dell’Unione Sovietica, e Dopo l’impero (2003), in cui
profetizza la «disgregazione del sistema americano» e la rinascita dell’Europa
(qui
una sua intervista del 21 gennaio 2023).
Infine, Wolfgang Streeck è un sociologo ed economista tedesco e direttore
emerito dell’Istituto Max Planck per lo studio delle società (qui
un suo intervento dell’agosto 2022).
La fine dell’Unione Sovietica ha chiuso l’epoca della guerra fredda iniziata
nel dopoguerra. La grande crescita economica della Cina e la ripresa della
Russia dopo la catastrofe degli anni Novanta sono le realtà emergenti che
stanno cambiando gli equilibri globali e sono alla radice dell’instabilità del
mondo “unipolare” in cui gli Stati Uniti sono stati egemoni per un trentennio.
La crescita della Cina
Per valutare la crescita di un’economia e confrontarla con altri Paesi, è
importante considerare i dati a prezzi costanti (ovvero depurandoli
dall’effetto inflazione), utilizzando i tassi di cambio internazionali a parità
di potere d’acquisto. In questo modo si prende in esame la crescita in
termini reali. Consideriamo qui i dati del World Development
Indicators database della World Bank.
La crescita della Cina negli ultimi 30 anni è stata fenomenale: il Pil pro
capite (ovvero per persona) è passato dai 1429 dollari del 1990 ai 17.603 del
2021, cioè è aumentato di 12 volte. Nello stesso periodo il Pil per persona
negli Stati Uniti è cresciuto di poco più della metà, passando da 40.456
dollari a 63.670. La Cina, però, ha oggi una popolazione di 1,4 miliardi di
persone, cioè 4,6 volte quella degli Stati Uniti, tanto che il Pil totale della
Cina è oggi maggiore di quello americano (in termini reali, valutato a parità
di potere d’acquisto): nel 2021 il Pil cinese è stato di 24.860.000 miliardi di
dollari, contro i 21.130.000 miliardi degli Usa e i 19.740.000 dell’insieme
della Ue. Nel 1990, il Pil totale cinese era di 1.620.000 miliardi, mentre
quello di Stati Uniti e Ue erano, rispettivamente, di 10.100.000 e
11.990.000 miliardi di dollari. L’impressionante crescita dell’economia cinese
è corrisposta ad aumento del Pil che si è generalmente mantenuto sempre
superiore al 5% annuo per ormai più di quarant’anni, contro a valori ben più
bassi dell’economia americana (o europea)…
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