Il giornale di destra Le Figaro lo scrive in modo chiaro: “La cassa di solidarietà agli scioperi dei sindacati oltrepassa già 2,5 milioni di euro”. Come dice Romain Altmann della CGT: “Dopo il decreto del governo per imporre la riforma assistiamo a un’esplosione dei doni e a una valanga di solidarietà». La colletta è stata lanciata il 10 gennaio ma ha avuto un enorme incremento nelle due ultime settimane e oltre 405.000 euro in 24 ore, con oltre cinquemila donazione in vista della mobilitazione del 23 marzo. Ci sono stati anche donazioni importanti fra cui una di 30.000 euro.
Ecco il sito della cassa di solidarietà agli scioperanti: caisse-solidarite.fr e il conteggio
aggiornato al 31 marzo 2023 alle ore 9:
Ma ci sono anche tante piccole casse di solidarietà a livello
locale o di categoria (lavoratori delle ferrovie, panifici, operatori
ecologici…). Molti sono i lavoratori che non possono smettere di lavorare e
contribuiscono alla lotta con donazioni alle casse di solidarietà. Giovedì
scorso si è avuto un dono record di 100.000 euro. La France insoumise (il
partito di Mélenchon) ha una sua cassa e dall’ottobre 2022 ha già raccolto
805.591 euro; tutte le donazioni sono interamente versate alle casse degli scioperanti.
Un ottimo articolo di Gabriel Rosenman su theconversation.com ricostruisce la
straordinaria storia di questi fondi per lo sciopero. Le
prime casse di sciopero risalgono alle società di mutuo soccorso sorte negli
anni Trenta dell’Ottocento: in un contesto segnato dall’assenza di
protezione sociale, queste prime organizzazioni di lavoratori mirano a mettere
in comune le risorse per garantire ai propri iscritti un’indennità in caso di
malattia, disoccupazione o sciopero. È il caso, ad esempio, della “Société du
Devoir Mutuel”, fondata dai capi delle botteghe dei tessitori lionesi
nell’ambito della loro lotta per una tariffa minima garantita: questi
lavoratori giocheranno un ruolo importante durante le rivolte di Canuts del
1831 e del 1834. Furono queste le prime irruzioni della classe operaia sulla
scena politica francese, prima dunque del 1848. Dopo la stretta sorveglianza
del mutualismo da parte di Napoleone III (1852) queste società si ritirarono
dal sostenere gli scioperanti e cedettero gradualmente il posto alle prime
camere del lavoro, dove il denaro, durante gli scioperi, si presta
reciprocamente tra sindacati.
Alla fine dell’Ottocento la morfologia degli scioperi subisce una profonda
trasformazione. Gli scioperi sono più numerosi e massicci e coinvolgono anche
lavoratori poco qualificati e poco sindacalizzati. La pratica della
sottoscrizione si diffonde allora nella stampa operaia e socialista. La richiesta di
donazioni rischia infatti di intrappolare gli scioperanti in una posizione di
inferiorità (“la mano che dà è sempre sopra la mano che riceve”). E rischia
anche di mischiare il denaro della solidarietà operaia con quello della
beneficenza borghese, infrangendo così l’imperativo dell’“autonomia operaia”.
Anche la pratica della solidarietà finanziaria con gli scioperanti cambia sotto
l’effetto dei progressi tecnologici: la sua portata geografica si estende
grazie allo sviluppo del telegrafo e dei bonifici bancari. I primi
decenni del Novecento sono caratterizzati da un forte aumento della durata
media degli scioperi e spinge molti sindacati a istituire casse di sciopero
permanenti. Questo periodo è anche quello delle “zuppe comuniste”:
sindacati e comuni socialisti moltiplicano i pasti collettivi, che permettono
di sostenere sia materialmente che moralmente gli scioperanti. Queste pratiche
di solidarietà conoscono una brutale interruzione con lo scoppio della seconda
guerra mondiale.
Nella Francia del dopoguerra, i sindacati diventano organizzazioni di massa
riconosciute e lo sciopero acquista lo status di legge costituzionale. La
pratica delle casse di sciopero riaffiora solo in poche occasioni, come durante i
lunghi scioperi dei minatori del 1948 e del 1963. Gli anni Settanta registrano
una temporanea ripresa delle casse di sciopero e delle pratiche di solidarietà
finanziaria: i lunghi scioperi del Joint francese (1972), del LIP (1973) o del
Parisien Libéré (1975) ne sono esempi emblematici. Ma dall’inizio degli anni
Ottanta il movimento operaio di fatto si ritira: si riducono enormemente gli
iscritti, le giornate di sciopero
Soltanto alla fine degli anni 2000 assistiamo a un duraturo ritorno alle
casse di sciopero. Nel 2007 gli operai della fabbrica PSA di Aulnay-sous-Bois aggiornamo
questa modalità di azione, poi imitata da una serie di lunghi scioperi in vari
settori: gli impiegati delle poste di Hauts-de-Seine (2009), la raffineria
Grandpuits (2010), le cameriere di vari alberghi e palazzi (2012), le addette
alle pulizie di Onet (2017), ancora i ferrovieri dal 2018. La
stragrande maggioranza dei fondi recenti sono raccolti online. Il
ritorno dei fondi di sciopero si spiega anche con un inasprimento delle
condizioni per l’esercizio dello sciopero, come dimostra ad esempio il ricorso
sistematico, da parte dei datori di lavoro, alla sostituzione degli
scioperanti.
Dare soldi per sostenere gli scioperanti appare oggi a migliaia di
dipendenti l’unico gesto utile e possibile. Mentre il 75% delle donazioni era
di origine operaia tra il 1870 e il 1890, gli attuali donatori del fondo CGT
InfoCom hanno un profilo sociale ben diverso: il 50% di loro è sindacalizzato e
il 40% guadagna più di 2.400 euro al mese. Le casse di solidarietà agli
scioperi, dunque, diventano un fatto politico totale di una lotta di classe globale.
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