Lavoro duro, paga bassa e la volontà di sopravvivere di una madre (traduzione di Chiara Libero)
è un romanzo, ma sappi che non è un'opera di fiction, nel libro ci sono il sudore, le preoccupazioni, la disperazione, l'amore, le paure di Stephanie Land.
Stephanie diventa madre giovanissima, interrompe gli studi, e per sopravvivere deve adattarsi a tutte le cose peggiori, crescendo la bambina da sola, con l'elemosina dei servizi sociali, vivendo a volte in palazzi per senzatetto, detenuti, drogati.
l'unico lavoro che può trovare è quello di pulizia delle case, e dei cessi, con paghe da fame, la benzina a suo carico, alla mercè dei padroni e padrone di casa (meno male ce n'è di tutti i tipi).
si tratta di un gran libro, un esempio di letteratura working class, le voci delle lavoratrici e dei lavoratori diventano letteratura.
buona (straordinaria) lettura.
il libro nelle parole di Stephanie Land:
dal libro è stata tratta una serie (qui), disponibile anche in italiano (leggi qui dove vederla).
intanto ecco una bellissima canzone di Stromae, omaggio e celebrazione di chi lavora.
…mostra quanto invisibili siano
gli addetti alle pulizie. Invisibili agli occhi di coloro ai
quali riordinano la casa, che spesso neppure sanno (o ricordano) il loro
nome. Invisibili agli occhi della politica, che li ha completamente esclusi dal
dibattito sul mondo del lavoro.
Lo stesso discorso varrebbe,
peraltro, per tutte quelle figure che mandano avanti gli
ingranaggi della quotidianità: dal personale impegnato nella
logistica della grande distribuzione (grazie ai quali gli scaffali dei
supermercati sono sempre ben forniti) a chi si occupa della manutenzione delle
strade e degli spazi pubblici.
Sebbene invisibili, le donne delle
pulizie sanno e capiscono molto degli abitanti delle case in cui lavorano.
Pur senza vederli (ed essere
viste) ne conoscono le abitudini, i comportamenti, i problemi. Così, nel suo racconto, Land attribuisce a ogni
abitazione un soprannome: c’è la casa porno, dove
vive una coppia in crisi, la casa triste –
che pare “congelata nel passato, progetti lasciati a metà, quadri nella
cabina armadio che attendevano ancora di essere appesi alle pareti”
– e la casa delle piante, i cui proprietari soffrono
della sindrome del nido vuoto. E poi c’è la casa dell’accumulatrice, il cui
nome dice tutto.
Attenzione però: nonostante le note talora ironiche e leggere, il testo affronta
temi importanti. E spinge a guardare in un altro modo – o anche semplicemente a guardare
– le donne (e gli uomini) delle pulizie.
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