martedì 11 aprile 2023

La Nato è l’organizzazione più assassina, criminale e sanguinaria al mondo*


articoli, video, disegni di Vittorio Rangeloni, Davide Malacaria, Demostenes Floros, Alessandro Orsini, Giuseppe Masala, Stefano Orsi, Lucio Caracciolo, Ennio Bordato, Manlio Dinucci, Latuff, Gerardo Femina, Nicolai Lilin, Giacomo Gabellini, Fernando Moragón, Antonio Alonso, Ezequiel Bistoletti, Miguel Ruiz Calvo, Pasquale Pugliese, Danilo Dolci, El Resumen Militar, Sergei Lavrov, Lorenzo Ramírez, Fulvio Beltrami, Giuseppe Gagliano, Alberto Negri, Fulvio Scaglione, Enrica Perucchietti, Enrico Vigna, Matteo Saudino, Sergio Romano


Non c’è un uomo con i sensi giusti che vuole fare il militare e vuole la guerra. Il popolo è ignorante: se fossimo tutti d’accordo, quei quattro che vogliono la guerra li mettiamo in manicomio a farsi la guerra tra di loro.

da: Racconti siciliani – Danilo Dolci p.192 (ed. Sellerio 2008)

 


Il mandato di arresto contro Putin della CPI su un documento made in Usa – Davide Malacaria

La Corte penale internazionale che ha spiccato il mandato di arresto contro Vladimir Putin, accusato di aver deportato bambini ucraini in Russia, ha basato la sua decisione su prove fornite dall’Humanitarian Research Lab (HRL) dell’Università di Yale. Quest’ultima ha condotto la sua inchiesta grazie a un finanziamento dal Bureau of Conflict and Stabilization Operations del Dipartimento di Stato Usa, un’organismo istituito dall’amministrazione Biden nel maggio 2022 per indagare sui crimini internazionali e favorire la pace (cioè gli interessi americani).

Lo riferisce un’inchiesta di The Grayzone a firma di Max Blumenthal e Jeremy Loffredo, ma, anche se in forma anodina, lo si può apprendere dal documento stesso della HRL, nella pagina introduttiva. E’ stato peraltro dichiarato apertamente alla CNN nel corso di un’intervista di Anderson Cooper al direttore esecutivo dell’HRL Nathaniel Raymond.

Insomma, il Tribunale penale internazionale per dar corpo all’accusa si è basato su una fonte di parte, e molto di parte dal momento che gli Usa sono in guerra contro la Russia per intermediazione ucraina. Quindi, inaudita altera parte, ha preso le sue decisioni. Basterebbe questo per rendere del tutto aleatorio, se non ridicolo, quanto avvenuto. Ma c’è anche molto altro, che emerge dalla lettura del documento dell’HRL, riferito da The Grayzone.

La fonte? Internet…

Anzitutto la base documentale. Così su The Grayzone “HRL non ha fatto alcuna intervista a testimoni o vittime; ha raccolto solo informazioni specifiche disponibili open source [fonti aperte, in genere si riferisce ai media, ai social, internet etc] […]. HRL non ha condotto indagini sul terreno e non ha chiesto l’accesso ai siti” che ospitano i bambini in Russia. Insomma, nessuna indagine, nessun riscontro… un’indagine inconsistente.

Ma nel rapporto, si legge anche altro. Si riconosce, cioè, che la maggior parte delle residenze per fanciulli che ha profilato “fornivano programmi ricreativi gratuiti per giovani svantaggiati ai quali genitori intendevano accedere nel tentativo di proteggere i propri figli dai combattimenti in corso’ e per ‘assicurarsi che avessero cibo nutriente, non disponibile nel luogo in cui vivevano’”.

“Presto tutti i frequentatori dei siti [in Russia] sono tornati a casa in modo tempestivo, dopo aver partecipato con il consenso dei genitori […]. Il rapporto finanziato dal Dipartimento di Stato riconosce, inoltre, di non aver trovato ‘nessuna documentazione di maltrattamenti su minori’”.

Interessante anche un’altra annotazione di Grayzone: “Il rapporto Yale HRL finanziato dal Dipartimento di Stato ha chiarito una cosa sull’esperienza dei bambini iscritti al Donbass Express: è probabile che [bimbi e genitori] mantengano segreto il loro coinvolgimento nel programma. Agli occhi delle autorità ucraine, il semplice atto di recarsi in Russia, anche per lezioni di musica gratuite, equivale a collaborare con il nemico”.

Così nel rapporto, “Molte famiglie in Ucraina non vogliono condividere pubblicamente le loro esperienze [del campo o della scuola] perché temono di essere viste [dall’Ucraina] come collaboratori della Russia”…

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…MANCANO PANNOLINI, CIBO E ACQUA

Non è un racconto di Primo Levi sulla vita a Auschwitz, ma di Warren Binford, legale del team di avvocati che si è recato la settimana scorsa a Clint, città texana al confine con il Messico dove sono detenuti in circostanze disumane centinaia di bambini separati dalle loro famiglie. Molti di loro hanno passato il confine con zii o parenti, per potersi riunire con i genitori già in terra americana. La situazione sanitaria è a dir poco precaria, sono molti i casi di influenza, morbillo e altre malattie contagiose. Una degli avvocati intervistati dal New Yorker racconta della mancanza di pannolini, di igiene (alcuni bambini hanno raccontato di non fare una doccia da settimane), ma anche di cibo e acqua.

«SPORCHI, AFFAMATI E SOLI»

Gli avvocati volevano assicurarsi che i bambini ricevessero le attenzioni necessarie richieste dalle leggi vigenti e hanno trovato una situazione sconvolgente. Tutti i piccoli (più di 300, ma continuavano ad arrivarne) sono detenuti in un luogo costruito non certo a loro misura, ma destinato alla permanenza breve di adulti. «I bambini ci hanno detto che erano lì da più di tre settimane. Erano sporchi, c’era muco, cibo, latte sulle loro magliette e sui loro pantaloni. Ci hanno detto di avere fame, che alcuni di loro non fanno la doccia dal giorno in cui sono arrivati. Alcuni si sono lavati i denti solo una volta. Hanno spiegato che nessuno si occupa di loro, per cui i più grandi si prendono cura dei più piccoli», continua il racconto di Binford. «Molti di loro dormono sul cemento. Vengono distribuite delle coperte dell’esercito, ma sono di lana e pizzicano. Non sempre ne danno due a testa, una da mettere sopra il cemento e l’altra per coprirsi, per cui coloro a cui viene data una sola coperta devono decidere se dormire sul cemento o avere freddo la notte»…

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I 7 segnali che indicano l’inizio della dedollarizzazione globale

Per decenni il dollaro USA è stato il re indiscusso delle valute globali, ma ora stanno avvenendo cambiamenti radicali.  Cina, Russia, India, Brasile, Arabia Saudita e altre nazioni stanno facendo passi da gigante che permetteranno loro di diventare molto meno dipendenti dal dollaro statunitense nei prossimi anni.  Questa è una notizia davvero negativa per noi, perché il fatto di essere la principale valuta di riserva del mondo ci ha permesso di godere di un tenore di vita massicciamente gonfiato. Una volta perso questo status, il nostro stile di vita sarà molto diverso da quello attuale.  Purtroppo, la maggior parte degli statunitensi non capisce nulla di tutto questo. Anche se negli ultimi anni i nostri leader hanno trattato la stabilità della nostra moneta con assoluto disprezzo, la maggior parte degli statunitensi dà per scontato che il dollaro regnerà sempre sovrano. Nel frattempo, gran parte del pianeta si sta preparando per un futuro in cui il dollaro sarà molto meno importante di quanto lo sia ora. Ecco 7 segnali che indicano che la de-dollarizzazione globale è appena entrata nel vivo…

#1 I Paesi BRICS rappresentano oltre il 40% della popolazione mondiale e quasi un quarto del PIL globale. Quindi il fatto che stiano lavorando per sviluppare una “nuova moneta” dovrebbe preoccupare tutti noi…

Il vicepresidente della Duma di Stato russa, Alexander Babakov, ha dichiarato il 30 marzo che il blocco di economie emergenti BRICS – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – sta lavorando allo sviluppo di una “nuova valuta” che sarà presentata al prossimo vertice dell’organizzazione a Durban.

“Il passaggio ai regolamenti in valuta nazionale è il primo passo. Il prossimo è quello di prevedere la circolazione di moneta digitale o di qualsiasi altra forma di moneta fondamentalmente nuova nel prossimo futuro. Credo che al vertice dei BRICS verrà annunciata la disponibilità a realizzare questo progetto, i cui lavori sono già in corso”, ha dichiarato Babakov a margine del Business Forum sul partenariato strategico russo-indiano per lo sviluppo e la crescita.

Babakov ha anche affermato che probabilmente all’interno dei BRICS potrebbe nascere una moneta unica, ancorata non solo al valore dell’oro ma anche ad “altri gruppi di prodotti, elementi di terre rare o suolo”.

#2 Due dei paesi BRICS, Cina e Brasile, hanno appena “raggiunto un accordo per commerciare nelle proprie valute”…

Il renminbi cinese sta accelerando l’espansione del suo utilizzo a livello globale, una tendenza che aiuterà a costruire un sistema monetario internazionale più resistente, meno dipendente dal dollaro USA e più favorevole alla crescita del commercio, affermano gli esperti.

Gli esperti hanno commentato che la Cina e il Brasile – due grandi economie emergenti e membri dei BRICS – hanno raggiunto un accordo per commerciare nelle proprie valute, abbandonando il dollaro USA come intermediario.

L’accordo consentirà a Cina e Brasile di condurre le loro massicce transazioni commerciali e finanziarie direttamente, scambiando il renminbi con il reais e viceversa, invece di passare attraverso il dollaro, ha riferito l’Agence France-Presse, citando il governo brasiliano…

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L’ennesima buffonata – Alessandro Orsini

Siccome in Italia la libertà d’informazione sulla sicurezza internazionale è pari a quella in Iran, Egitto e Corea del Nord, i media dominanti continuano a manipolare l’opinione pubblica affermando che la Cina potrebbe fare qualcosa per fermare la guerra in Ucraina. La Cina non può fare niente giacché non può rimuovere le cause profonde della guerra: cause che possono essere rimosse soltanto dalla Nato e dagli Stati Uniti. Per fermare la guerra, occorre dare qualcosa in cambio alla Russia. La Cina non può dare ai russi la fine dell’espansione della Nato ai loro confini e, come conseguenza di ciò, non può ottenere la fine della penetrazione della Nato in Georgia, Finlandia e Ucraina. Non può nemmeno proteggere con il proprio esercito i russi del Donbass dalle bombe di Kiev o le basi russe in Crimea dai missili della Nato. State pur certi di questo: qualunque giornalista o conduttore radiofonico italiano affermi che la Cina potrebbe porre fine alla guerra, se lo volesse, è soltanto un manipolatore dell’opinione pubblica. Serve per nascondere il fatto che Biden vuole la guerra a tutti i costi e che la Commissione Europea è un gruppo di servitori della Casa Bianca. Serve a spostare l’attenzione dell’opinione pubblica dai veri responsabili occidentali di questa tragedia; dalle politiche criminali che hanno condotto in Ucraina tra il 2014 e il 2022.

Non costruiremo un futuro migliore per i nostri figli fino a quando l’informazione sulla politica internazionale in Italia sarà quasi esclusivamente nelle mani di un gruppo di volgari manipolatori dell’opinione pubblica. Il viaggio di Ursula von der Leyen in Cina, con relativa richiesta a Xi Jinping di fermare la guerra, è soltanto l’ennesima buffonata della presidente della Commissione europea.

Cara Ursula von der Leyen, sei tu che devi fermare la guerra e non Xi Jinping. Lavora, proteggi l’Europa, guadagnati il posto che ricopri.

Risorga il movimento pacifista attraverso la diffusione della conoscenza. La cultura come mezzo di liberazione degli oppressi. I più oppressi sono coloro che subiscono le guerre. Voltate le spalle a Ursula von der Leyen, delegittimatela totalmente. Ursula von der Leyen non è la mia presidente.

Avanzi l’Italia, avanzi la pace.

da qui

 

 


 

E’ morto il Petro-Dollaro. Viva il Petro-Yuan! – Giuseppe Masala

 “Quando il dollaro comincerà ad andarsene, non ci sarà più niente che potrà trattenerlo, non ci sarà più niente da fare quando arriverà quel momento fatidico”.

“Fall of the Republic” film documentario di Alex Jones (2009)

 

Ormai non passa giorno senza che arrivi una brutta notizia per il Dollaro inteso come moneta standard per gli scambi internazionali e, conseguentemente, come moneta di riserva delle banche centrali. Un tema questo meritevole della massima considerazione perché la storia ci insegna essere uno dei termometri fondamentali per comprendere lo stato di salute di un Impero e quindi per riuscire a comprendere se siamo arrivati al suo epilogo come forza egemone e motrice della storia.

Nel secolo scorso questo è avvenuto con l’Impero britannico che dopo la seconda rivoluzione industriale si è visto scalzare dal punto di vista tecnologico nella produzione dei beni dalla Germania guglielmina e conseguentemente ha visto minacciare la Sterlina dal Marco tedesco come moneta standard per le transazioni internazionali. In questo fattore monetario (e commerciale) gli storici ritrovano le cause reali e materiali che hanno portato nel 1914 alla Prima Guerra Mondiale. E manco a farlo apposta, anche in questa fase storica dove si rischia un nuovo conflitto mondiale tra grandi potenze la moneta standard degli scambi internazionali – ovvero il Dollaro emesso dall’impero globale statunitense – è ormai chiaramente sotto attacco delle potenze antagoniste degli USA, a partire dalla Cina.

A dare il via ad un vero e proprio torrente di dichiarazioni contro il Dollaro e il suo dominio è stato Putin che durante la visita del leader cinese Xi Jinping ha invitato i paesi partner della Russia ad usare lo Yuan cinese per le loro transazioni internazionali. Cosa che ormai da un po’ di tempo la Russia sta facendo, al punto tale che ormai lo Yuan sta superando l’utilizzo del Dollaro nelle proprie transazioni internazionali.  A tale proposito basti pensare che a Settembre la russa Gazprom e la China National Petroleum Corporation hanno annunciato l’inizio dei pagamenti relativi alle forniture di gas per un 50% in rubli e l’altro 50% in Yuan abbandonando così il Dollaro per non parlare poi del sempre più crescente utilizzo della valuta cinese da parte della Bank of Russia come moneta di riserva che alla fine del 2021 aveva già raggiunto il 17% del totale.

Ma le notizie più sconvolgenti che fanno capire meglio di qualunque altro come l’egemonia del Dollaro sia messa a rischio arrivano da Ryad.

Dopo la visita di XI Jinping in Arabia Saudita della fine dell’anno scorso, nella quale si annunciò l’utilizzo dello Yuan per la compravendita di petrolio saudita, è di qualche giorno fa la notizia che China EximBank si è accordata con la Saudi National Bank per l’emissione congiunta di bond denominati in Yuan alla quale è poi seguita l’altrettanto fondamentale notizia che la Saudi Aramco acquisisce il 10% di Rongsheng Petrochemical per 3,6 miliardi di dollari. In altri termini si chiude il cerchio che crea il Petro-Yuan: i sauditi accettano la divisa cinese come mezzo di pagamento del loro petrolio e poi la reinvestono nella stessa Cina acquistando assets per ora industriali ma probabilmente in futuro anche finanziari. Ryad ripete esattamente ciò che ha fatto con gli USA da quel fatico 1971 quando vide la luce il Petro-Dollaro: accettare i dollari per pagare il proprio petrolio e reinvestire i dollari stessi negli USA.

Ad essere precisi mancherebbe un ultimo tassello per blindare l’accordo: mi riferisco a quella garanzia di sicurezza a Ryad e ai Saud che gli americani concessero solennemente, promettendo di difendere la Corona a qualunque costo.  Mi sembra di poter dire che anche sotto questo aspetto si stia muovendo qualcosa, innanzitutto con la fine della collaborazione tra le aziende del complesso militare-industriale made in USA e  Scopa – la Holding saudita del settore delle armi – che sta facendo subentrare agli americani collaborazioni con aziende russe e cinesi (1).  Ma la notizia bomba è l’annuncio dato dall’agenzia di stampa saudita di proprietà statale che ha reso noto che nella riunione di questo martedì il gabinetto saudita ha approvato un memorandum che assegna a Ryad lo status di partner di dialogo nell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, un’alleanza politica, di sicurezza e commerciale che vede tra i suoi partner Cina, Russia, India, Pakistan e altre nazioni minori dell’Asia centrale (2). Un vero e proprio salto epocale nella politica estera e di sicurezza saudita che pone le premesse ad un vero e proprio cambio delle alleanze a livello strategico con l’abbandono dell’alleanza con Washington e della partnership con la Nato. Cosa questa peraltro già visibile con la ripresa delle relazioni diplomatiche con l’Iran e l’altrettanto clamoroso riavvicinamento alla Siria di Assad.

Abbandono degli interessi occidentali da parte dei sauditi platealmente evidente anche a livello OPEC+ con lo strettissimo coordinamento tra sauditi e russi per quanto riguarda la produzione di petrolio: mentre gli occidentali vorrebbero che i sauditi producessero a più non posso per abbassare le spinte inflazioniste questi si mettono d’accordo con la Russia che ha tutto l’interesse a demolire l’economia e il sistema finanziario occidentale rinfocolandole (3).

Insomma, se si guarda attentamente alle mosse saudite si capisce che non solo sta iniziando ad utilizzare lo Yuan – cosa che di per se non significherebbe l’abbandono del dollaro ma semmai un riequilibrio tenendo conto che stanno emergendo altre valute di livello mondiale – ma che si stanno proprio cambiando le alleanze strategiche come si capisce dall’entrata nella Organizzazione di Shangai, dalla collaborazione nell’industria delle armi con le aziende russe e cinesi e dallo stretto coordinamento con i russi per quanto riguarda le politiche dell’OPEC+. Dunque l’utilizzo dello Yuan sembra più il suggello al completo cambio di rotta saudita.

Una svolta epocale che non sarà priva di conseguenze che che potrebbe portare in futuro ad una forte reazione americana probabilmente quando saranno regolati i conti tra Washington da una parte e Pechino e Mosca dall’altra. Naturalmente questo qualora nello scontro epocale in corso tra le due potenze euroasiatiche e quelle euroatlantiche ad avere la meglio fossero queste ultime. I sauditi con la creazione (per ora embrionale) del Petro-Yuan si stanno giocando tutto.

NOTE

  • IntelligenceOnLine, Scopa turns away from US and towards Moscow and Beijing, OFAC warned, 7 Marzo 2023.
  • CNBC, Saudi Arabia takes step to join China-led security bloc, as ties with Beijing strengthen, 29 Marzo 2023.
  • Sole24Ore, Petrolio, Opec+ taglia 1 milione di barili al giorno. E il prezzo sale. 2 Aprile 2023

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