Gli applausi non mancano (anche se qualcuno nasconde le mani dietro la schiena…) approvando i recenti accordi commerciali stipulati fra l’impero “socialista” cinese e alcuni Stati in via di sviluppo (…come il Brasile) verso quel modo e quei rapporti di produzione che vengono spacciati per socialismo secondo l’interpretazione di Pechino e della banda politica di Xi Jinping. Contribuirebbero - ci raccontano alcune anime belle che si spacciano per intellettuali o esponenti del moderno pensiero di… “sinistra”! - a risanare gli sconvolgimenti del mondo attuale. Assesterebbero una serie di colpi, certamente non graditi, a quel dollaro americano che starebbe per essere messo in secondo piano da parte dello yuan e del _rea_l brasiliano in una serie di importanti transazioni commerciali.
Gli estimatori delle imprese pechinesi – a cui dovrebbe andare
l’entusiastico appoggio di un… multiforme movimento “comunista” sparso nel
mondo – vanno in brodo di giuggiole davanti agli affari collegati agli scambi
di merci tra Cina e Brasile: ben 150 miliardi di dollari nel 2022. E sarebbero
stati più di 70 miliardi (sempre e ancora dollari dell’imperialismo Usa!) gli
investimenti cinesi in America Latina tra il 2007 e il 2020… Alla ricerca di
quote di quel plusvalore - derivante dallo sfruttamento di forze-proletarie
sparse nel mondo del capitale – che la Cina accumula per… costruire il
socialismo!
Altri accordi sono stati stipulati con Argentina e Russia, con lo scopo –
sempre nei racconti ufficiali – di minare la centralità economica occidentale e
assestare una serie di sonori schiaffi alla “arroganza statunitense”,
facendo aumentare la…. semplicità e la modestia del “capital-socialismo”
cinese.
Per questi obiettivi, il PCc non fa che incitare le imprese affinché
possano acquisire una maggiore forza produttiva e competitiva, entrando nella
fascia alta della catena del valore globale. Dalle sfere del governo arrivano
in continuazione appelli, e direttive, affinché si faccia solida la base “per
costruire una superpotenza economica, quella di una nazione socialista
modernizzata ricca, forte, democratica, civile, armoniosa”… Si potenziano
così le nazionali “catene del valore” , si riducono le dipendenze dai
mercati esteri e si amplia la competizione (rigorosamente “mercantile”) a
livello globale.
Dopo di che si alza l’ammirazione per i successi dell’economia dei BRICS,
un “sistema” (?) che viene valutato superiore a quello occidentale e che
quindi farebbe ben sperare in un capitalismo “riveduto e corretto”,
capace – in connessione con la Shanghai Cooperation Organization (SCO)
– di rinnovare e rafforzare il commercio internazionale… capitalista.
Semplicemente cambiando la valuta (yuan invece che dollari) per il comando
degli scambi di merci.
Dunque – avanti verso il “socialismo del XXI° secolo”. Un
capitalismo non più unipolare bensì multipolare, capace finalmente di
espandersi con uno sviluppo accelerato… Buon ultima l’adesione, a pensieri di
questo livello, da parte di personaggi (è la volta di Ferrero, ex segretario di
Rifondazione ed ex ministro) che dichiarano di scavare nel “pluralismo
economico” di questa ”fase di passaggio” che starebbe attraversando
il capitalismo (di grazia: verso cosa?). E vedono, al posto della Madonna,
centri imperialisti come Cina e Russia che reclamano spazi nel campo di quella
finanza che – dato il ruolo centrale (“di comando nel modo di produzione
capitalistico”…) - avrebbe anche nel “socialismo del XXI° secolo”.
Si tratterebbe di “un mutamento degli equilibri di potere”, oltre
che di “un fatto politico”…: verso il socialismo? Già, una “posizione
di rendita” che Pechino e Mosca reclamano e non vogliono lasciarsi sfuggire
nella conquista di un loro più elevato posto della gerarchia mondiale
imperialistica. Nel nome – s’intende… - di una “nuova cooperazione tra i
popoli e paesi”. Sempre, e questo sia chiaro, restando immutati i rapporti
di produzione che oggi stanno portando verso un baratro senza fondo il futuro
degli uomini e della stesso pianeta che li ospita.
Basta – dunque – con i “vantaggi politici, militari, commerciali e
geostrategici “ degli Usa. Vogliamo – si richiede a gran voce -
mercati normali e liberi, che consentano anche alla Cina (che “ha forza,
saggezza storica e una crescente capacità di stringere alleanze”) e alla
Russia (che “stava ricostruendo la sua economia, il suo tessuto produttivo,
il suo efficiente complesso militare-industriale”) di soddisfare i “reciproci
interessi e vantaggi”. Che diamine, le merci si scambiano a questo scopo!
Avanti, dunque, verso una riorganizzazione del capitalismo nel nome degli
interessi nazionali di ciascun paese e – soprattutto – verso un obiettivo che
la “nuova sinistra” definisce di portata storica: la fine del dominio
politico-militare e culturale dell’Occidente affinché prevalga e s’imponga
quello dell’Oriente: da un centro imperialistico ad un altro. Lunga vita al
capitale!
A noi il difficile compito di risparmiare al proletariato una tragica
caduta in quest’altra trappola mortale, che il capitale tinto in giallo sta
allestendo, questa volta ad Oriente!
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