Non viviamo più solo tante crisi, siamo ormai in una terrificante congiuntura di guerre, genocidi e crimini contro i popoli, il cui esito è imprevedibile ma sicuramente catastrofico. Eppure le élite dominanti non hanno il coraggio di affrontare la realtà, non sentono umiliazione né vergogna. Questo sistema ha anche creato un tipo di persona capace di assassinare e stuprare senza sentire rimorso. Come si può spiegare tanta mancanza di sensibilità? In questo articolo Raúl Zibechi ragiona sul perché Gaza e Ayotzinapa, la scuola rurale messicana teatro dieci anni fa di un orribile massacro di studenti, sono tra noi ogni giorno, e su quello che i movimenti possono fare
La terribile congiuntura attuale di guerre, genocidi e crimini contro i
popoli ci minaccia con il suo degenerare in conflitti generalizzati, il cui
esito è imprevedibile ma sicuramente catastrofico. La gravità di
quello che stiamo vivendo ci impone di porci domande che spesso non hanno
risposte, perché è difficile trovare argomenti e anche se li trovassimo
sarebbero troppo devastanti.
Come è possibile che le élite occidentali, e buona parte della popolazione,
vadano avanti con i loro piani di dominio e distruzione per mantenere il
potere, senza curarsi della vita di altri esseri umani né della sopravvivenza
del pianeta? Come siamo arrivati a questa situazione di assoluta e cieca
insensibilità?
Mi rendo conto che dal pensiero critico e dalle resistenze non
abbiamo risposte complete e definitive, che dobbiamo andare avvicinandoci
da diversi punti di vista necessariamente parziali per provare a trovare una
visione d’insieme, sommando parti al geroglifico della complessità che implica
la crisi civilizzatrice.
Michael Brenner, professore di affari internazionali all’Università di
Pittsburgh, ha pubblicato il saggio La resa dei conti dell’Occidente (The
West’s Reckoning, scheerpost.com), nel quale affronta diversi aspetti
della crisi che stiamo vivendo. Sulla sconfitta dell’Occidente in Ucraina e sul
genocidio palestinese dice: “La prima è umiliante, l’altro è vergognoso”.
Tuttavia le élite dominanti non sentono umiliazione né vergogna,
questi sentimenti gli sono estranei, sepolti sotto la loro arroganza e le loro
insicurezze profondamente radicate.
Brenner sostiene che coloro che governano sono spaventati, si
comportano come nel panico e non hanno il coraggio di affrontare la realtà.
Di conseguenza agiscono da irresponsabili, con atteggiamenti grotteschi e
pericolosi, perché si sono allontanati dalla realtà e sono immuni ai
cambiamenti nel mondo.
Sottolinea inoltre che l’Occidente cammina verso un suicidio collettivo,
conseguenza di un triplo harakiri: morale, economico e diplomatico. Ma la questione
più importante si pone quando aggiunge che l’autodistruzione nasce in assenza
di qualsiasi trauma importante, esterno o interno. Come si può spiegare
tanta mancanza di sensibilità?
Nichilismo e narcisismo sarebbero due tratti distintivi dell’Occidente, aggiunge Brenner in
una successiva intervista, La verdadera razón por la que el Oeste está
condenado (https://acortar.link/cshyfe). Entrambi i termini
alludono a situazioni in cui si smette di agire secondo norme e valori, il che
conduce le persone e i gruppi a reagire in modo incontrollato, mossi da
desideri immediati e capricciosi che, all’estremo, portano all’autodistruzione.
Le ragioni per cui non hanno sentimenti di colpa o vergogna sono per
Brenner quasi inspiegabili, perché impediscono di modificare il comportamento
davanti a catastrofi imminenti che li distruggeranno. L’autore prova a dare una
risposta: è qualcosa che può succedere solo se siamo parte di un gruppo
sociale in cui lo status personale e il nostro valore dipendono da come ci
vedono gli altri e se ci rispettano. La questione
dell’appartenenza a una comunità gioca un ruolo determinante in questa realtà
che ci si impone. Senza comunità, senza legami sociali ci perdiamo, restiamo
nelle mani dei nostri demoni, perché è l’appartenenza a un gruppo umano che
ci dice chi siamo, che ci pone limiti, valori e comportamenti.
Il capitalismo si è specializzato nel distruggere e screditare tutto ciò
che abbia il vago sentore di comunità. Diffonde l’idea che ogni vicinanza
ci limita, che dobbiamo volare lontano e in solitudine. La mera parola limite
ha una pessima reputazione in questo stadio senile del capitalismo, ora che la
rottura del vincolo sociale risulta vitale per la sopravvivenza del capitale.
L’individuo isolato è facile preda della paura che il sistema inculca per
piegarci.
Però questo sistema ha anche creato e moltiplicato un tipo di
persona capace di assassinare e stuprare senza sentire rimorso, come
vediamo nelle bande di narcos e paramilitari, per fare alcuni esempi. Uomini
capaci di crimini atroci, che usano motoseghe per fare a pezzi i propri simili,
come i paracos colombiani o i narcos messicani. Gaza
e Ayotzinapa (la scuola rurale messicana teatro dieci anni fa di un
orribile massacro di studenti, ndr) sono
tra noi in potenza ogni giorno, tutti i giorni, perché il sistema ne ha creato
gli artefici e li alimenta con la sua scala di valori invertita, nella quale
per vincere vale tutto.
Per quanto riguarda i movimenti, dobbiamo comprendere che la lotta al
sistema e ai mostruosi responsabili diventa impossibile in assenza di relazioni
sociali solide. Perciò dobbiamo difendere ciò che è comune e comunitario, tenendoci stretti
alla terra e all’ambiente che ci sostiene, per fare dei territori spazi di
resistenza e di creazione.
Pubblicato su La Jornada (con il titolo Quello che lo stupratore e
il serial killer non sentono) e qui con il consenso dell’autore. Traduzione
per Comune di Leonora Marzullo.
Nessun commento:
Posta un commento