I bambini di Gaza (e non solo) nel mirino delle armi ogni giorno, le loro urla di fame e paura nel massacro non hanno voce.
Sono meno di un danno collaterale. Sono il danno necessario perché funzioni il
sistema. L’esercito israeliano non ha pietà. Gli americani ufficialmente
chiedono il cessate il fuoco e altrettanto ufficialmente continuano a fornire
armi su armi, anche quelle sperimentali, perché ammazzicchiare senza testimoni
può avere un valore scientifico nell’evoluzione di nuovi sistemi di morte. Basta
spendere un po’ di più in comunicazione e la narrazione tossica è fatta.
Servono grandi dosi di obbedienza, una rete di vantaggi reciproci, il lobbismo,
la suadente politica della dolce ipocrisia, per rendere la coscienza della
democrazia come pattine da mettere ai piedi per non rovinare il parquet.
Strusciano e, mentre strusciano, lucidano il funzionamento.
I mercati festeggiano, le obbedienze acritiche rafforzano le alleanze, i
produttori di armi fanno profitti enormi e ripagano nuove campagne elettorali,
nuove carriere di perfetti democratici che, gira che ti rigira, agiscono e
governano per noi, obbedendo a ciò che conviene a loro.
E più cresce dissenso nel mondo, soprattutto tra i giovani, e più occorre
repressione per i non allineati. Mai si è visto un così compatto muro fascista
contro il democratico e civile dissenso.
Abbiamo parlato di guerre, per fare un piccolo esempio in questi tempi ben
chiaro.
Ma se vi soffermate ad analizzare come funzionano le multinazionali, quale
potere hanno, dove pagano le tasse, perché pagano le tasse dove e quando
vogliono, vi renderete conto che la questione riguarda il sistema. E il sistema
funziona benissimo.
Siamo noi che non funzioniamo quando rinunciamo alla pace,
al futuro dei nostri figli, alla bellezza dell’ambiente, alla dolcezza della
sapienza e alla cultura diffusa tra i cittadini, alla salute, in cambio di
violenza, guerre, tagli alla sanità, distruzione dello stato sociale,
devastazione della scuola pubblica.
Insomma pagando sulla pelle una sconfitta che è prima di ogni cosa
culturale, che somiglia a una resa incondizionata dei nostri diritti sociali e
civili in queste democrazie asimmetriche.
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