1. Seguendo un copione creato a tavolino per ingannare la mente di chi si
abbevera ai telegiornali della sera, gli Stati Uniti continuano a tirare il
guinzaglio legato al collo del cagnolino d’oltremanica. Quel cagnolino era un
tempo l’Impero britannico’, oggi solo un maggiordomo che esegue gli
ordini dell’Impero Atlantico: tenere Julian Assange in prigione fino
alla morte.
Per la più grande democrazia al mondo – da esportare, se
del caso, a suon di bombe e che ormai solo i politici europei (e italiani)
credono sia tale – il rischio più esecrabile è costituito dall’emergere della
verità. Avendo coltivato l’impudenza di esporre al mondo i crimini commessi da
americani e britannici in Iraq e Afganistan, esercitando la professione di
giornalista, egli deve morire!
Quel bel tomo di H. Kissinger affermò un giorno che occorreva far rinsavire
il popolo cileno che aveva osato votare per Allende, con le buone o con
le cattive maniere. In analogia, secondo l’avariata narrativa a guida
Usa, democrazia e verità sono valori da
difendere solo se non interferiscono con le loro impudicizie e quelle dei loro
compagni di merenda. Dietro tale narrativa si celano individui spietati,
affetti da gravi patologie e per i quali ricchezze e potere non sono mai
abbastanza. Coloro che stanno spingendo il mondo nel baratro della distruzione
sono gli stessi che prosperano con il sostegno di politici/burocrati,
giornalisti e accademici, tutti ben remunerati con carriere e prebende.
Fintantoché i popoli resteranno in silenzio, i potenti potranno dormire sonni
tranquilli.
Julian Assange deve scontare la sua pena percorrendo un binario interminabile,
condannato a invecchiare e morire in prigione, possibilmente sul suolo
britannico, per non imbarazzare un Impero mortifero e in declino. Solo un
miracolo potrà salvarlo. A loro volta, i carnefici fanno affidamento sulla
propensione alla noia e all’oblio di una società che magari s’indigna, ma poi
dimentica, perché frastornata da propaganda e altre aggressioni, guerre e
tensioni di ogni genere.
Non dimenticare è invece il dovere di ogni cittadino del mondo, poiché il
reato commesso da Julian – un reato raro come la pietra filosofale e vissuto
come un privilegio – è stato quello di fare giornalismo, anzi buon
giornalismo. La libertà di stampa è del resto più rilevante di quella di
parola (individuale), poiché quest’ultima può essere soppressa più facilmente.
2. Il 25 marzo 2024, il tribunale di Londra, in un’ennesima umiliazione del
diritto, ha stabilito che Assange può opporsi all’estradizione negli Stati
Uniti solo se questi ultimi non saranno in grado di produrre tre ordini
di garanzie: a) che non gli sia negato il diritto alla libertà di
parola (a riprova che i giudici corrotti di un paese asservito
considerano i cittadini degli imbecilli); b) che egli non sia discriminato
sulla base della nazionalità, non essendo cittadino statunitense (una seconda
indecenza, poiché all’impero non interessa certo il colore del passaporto); c)
che nel sistema penale degli Stati Uniti egli non sia condannato alla pena
capitale (come se non vi fossero altre forme di punizione persino peggiori:
Guantanamo docet). Londra ha smesso da tempo di essere una terra
dove si applica il diritto, ora ha abbandonato anche la decenza.
I media dominanti definiscono tale decisione una notizia
meravigliosa o almeno una tregua, mentre, come spiega
Jonathan Cook[1], l’obiettivo resta quello di tenerlo rinchiuso all’infinito: il resto è un
cumulo di turpitudini. ‘Assange è prigioniero di una farsa legale senza
fine, continua a marcire in una cella di Belmarsh, … e l’obiettivo,
aggiunge Cook, è sempre quello di prendere tempo, farlo sparire dalla
vista del pubblico, diffamarlo, distruggere la piattaforma online che ha
rivelato i crimini commessi da americani e britannici.
Il messaggio imperiale è chiaro: questo è il destino che attende coloro che
oseranno seguire l’esempio di Assange, magari rivelando al mondo quello che
proprio in questo momento quegli stessi apparati stanno facendo, come al solito
di nascosto. L’auspicio che prendiamo la libertà di esprimere con ogni vena del
cuore e dell’intelletto è che un giorno tutti costoro siano giudicati non solo
davanti al tribunale della storia e della loro coscienza, ma anche in un’aula
di tribunale: tutti, esecutori e mandanti!
Con una sentenza ipocrita quanto mai, dunque, le cosiddette istituzioni del
Regno Unito (meglio sarebbe chiamarle destituzioni) vogliono far
sparire il fondatore di Wikileaks, eseguendo gli ordini ricevuti. Sono cinque
anni che Assange giace in una prigione disumana, dove sconta un crimine che non
ha commesso. La democrazia britannica chiama giustizia un sistema che
imprigiona un individuo su ordine di un paese di cui non è cittadino, con
accuse per crimini inventati, comunque non commessi sul territorio degli Stati
Uniti, sulla base di una legge americana sullo spionaggio, approvata un secolo
fa! Nulla è più atrocemente tragico di tutto ciò.
Sono cinque anni che ogni giorno Julian Assange viene suppliziato, come
documentato – tra i tanti – dall’ex rappresentante delle Nazioni Unite sulla
tortura, lo svizzero Nils Melzer (il web è ricco di informazioni al riguardo).
Il 1° marzo scorso, Irene Khan, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla
libertà di espressione ha dichiarato[2] che l’eventuale estradizione negli Stati Uniti e incriminazione del
fondatore di WikiLeaks avrebbe enormi implicazioni per la libertà di
espressione nel mondo intero: ‘raccogliere, riferire e diffondere notizie,
anche quando concernono la cosiddetta sicurezza nazionale, è un interesse
pubblico, costituisce legittimo esercizio di giornalismo e non certo un crimine’.
Invece di perseguire coloro che hanno commesso le atrocità rivelate e che
sono tuttora liberi di continuare a uccidere, i giudici della democratica Britannia,
perseguitano colui che tali crimini ha rivelato. Quei giudici affermano
persino, con un candore da clerici medievali, che la richiesta di estradizione
americana non sarebbe basata su considerazioni politiche. La CIA – è vero –
intendeva assassinare Assange (quando egli viveva all’interno dell’Ambasciata
ecuadoriana, dal 2012 al 2019), ma quel tempo è passato, ora non ha più questa
intenzione. Che vergogna!
3. Quanto alle elezioni americane di novembre, sappiamo già che esse
cambieranno solo le faccia di pietra degli intrattenitori serali. Le loro
ricchezze non saranno certo in pericolo, così come la corruzione etica e materiale
che le ha prodotte. Il partito della guerra resterà al potere, una fazione si
scoprirà meno antirussa o più anticinese, entrambe saranno tuttavia sia l’una
che l’altra, espressione di bulimia imperiale immorale e minacciosa per la
sopravvivenza del genere umano. L’ipertrofia americanista con cui il pianeta ha
a che fare è di natura politica, economica e militare, ma anche filosofica,
fondata sul perverso convincimento che quella nazione rappresenti una civiltà
superiore a qualunque altra. Del resto, per convincersene basta gettare uno
sguardo sulle periferie di San Francisco o di Los Angeles. Per somigliare a
quelle periferie il mondo dovrebbe diventare saggio e piegarsi all’ordine
basato sulle regole celebrato da individui grotteschi e già catalogati
negli annali della disumanità. E i nomi degli ultimi iscritti
meritevoli di tale riconoscimento, per le menzogne, le distruzioni e i
bombardamenti che hanno compiuto o consentito, sono ben noti: J. Biden, A.
Blinken, J. Sullivan, V. Nuland, L. Austin, W. Burns e tanti altri sconosciuti
(e diversi ancora vi entreranno a novembre). E i nostalgici del passato
farebbero bene a prendere coscienza che l’America di un tempo non è oggi che un
cumulo di impulsi primitivi, che ha sotterrato l’essenza della civiltà
d’origine, quella greco-romana, che poneva al centro la nozione del limite
nell’esercizio del potere e nell’accumulo di ricchezze.
La tecnica dell’impero, poi, è quella dello strangolamento al rallentatore
e la vediamo all’opera in Palestina, dove Israele riceve armi e denaro per
bombardare e uccidere di stenti i poveri palestinesi, dando a intendere che si
sta studiando una qualche soluzione. La medesima tecnica che opera in Ucraina,
dove il sangue e la distruzione di quel paese (non certo di quello che l’ha
concepita) sono il prezzo richiesto dal perseguimento dell’obiettivo di
dissanguare la Russia. La stessa tecnica, infine, che vediamo all’opera contro
Assange, una luce a lento spegnimento, nell’attesa di
un processo destinato a perdersi nella nebbia. Anche qui, i mandanti sono gli
stessi.
Non potendosi più concedersi il lusso di un’invasione, come in Iraq o in
Vietnam, l’impero ripiega su minacce, sanzioni, blocchi e conflitti per
interposta nazione. Massacrare direttamente popoli e individui che danno
fastidio è una pessima pubblicità, meglio siano altri a farlo, mentre una
spudorata propaganda confonde cittadini distratti o sprovveduti, incolpando i
nemici senza alcuna prova e spesso contro ogni logica.
Il disgusto delle coscienze sane cresce ogni giorno nel mondo, ma non
riesce a fare la differenza, perché democrazia è divenuta una
parola vuota. Eppure, attenzione egregi signori, siete solo lo 0,1%, una
frazione infinitesima degli abitanti della terra, e prima o poi verrete
sconfitti: nell’attesa, che la vergogna vi sommerga per l’offesa che
recate a Julian Assange, sublime eroe della libertà!
[1] https://www.jonathan-cook.net/blog/2024-03-26/assange-reprieve-lie/
[2] https://www.ohchr.org/en/press-releases/2024/03/ukus-time-end-prosecution-julian-assange-un-expert-says
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