La guerra funziona benissimo. Non esiste sistema più efficace per costruire profitti incredibilmente alti, un sistema di potere oliato e indiscutibile, un mondo perfetto in cui le coscienze sono come le pattine da usare per camminare scivolando un po’ i piedi sui lucidi parquet della storia. Che cosa ci sia sotto quei parquet lucidati magnificamente dalle stesse pattine felpate degli umani, non importa. Che cosa ci sia sopra, neanche.
Inavvertitamente è l’avverbio giusto. Inavvertitamente percorriamo lunghi corridoi che non finiscono da nessuna parte che hanno come unico scopo il lucidare parquet.
Per noi
poveri esseri umani, cresciuti secondo il mito del pacifismo, istruiti nel
rispetto per l’altro, credenti se non in una religione per lo meno nella
democrazia e nell’uguaglianza, fedeli alla costituzione nata dalla resistenza
contro il nazifascismo, la guerra è la peggiore delle opzioni della storia. La
peggiore sciagura che possa capitare a un popolo.
Per i farabutti che costruiscono armi, inventano tecnologie brillantissime e costose per
renderle più feroci e tecnologiche, che si arricchiscono a dismisura ogni volta
che la pace va in soffitta, la guerra è una benedizione. Che cosa farebbero
senza guerre? A chi venderebbero strumenti di morte? Che ci farebbero con i
ricchi arsenali? Niente.
Quindi, secondo la filosofia del “finché c’è guerra c’è speranza”, continuano a investire sulla politica,
sui governi, sui media di propaganda, sulle aree di crisi. Fosse per loro le
guerre non dovrebbero mai smettere di agire come moltiplicatore di profitti.
Sono i felici di guerra. E noi che ancora non siamo obnubilati dalla
propaganda, siamo infelici.
E siccome la bruttezza del mondo dipende molto da questi felici di
guerra, così vanno le cose.
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