martedì 30 aprile 2024

Da Bari a Tremestieri Etneo - Michele Gambino

 

I partiti e la questione morale

Ma che fine hanno fatto i partiti? E dov’è finita la questione morale, che una volta faceva da spartiacque tra la buona e la cattiva politica? Viene da chiederselo leggendo quel che trapela dalle delle inchieste giudiziarie su corruzione e voto di scambio che a distanza di un paio di settimane hanno travolto prima alcuni esponenti del comune di Bari e poi il piccolo municipio di Tremestieri Etneo, alle porte di Catania.

Trasformismi a tutto inganno

A Bari le indagini raccontano le storie di esponenti di partiti di destra eletti con i voti delle cosche locali e passati a sostenere il Pd e la giunta Emiliano. In Sicilia al centro dell’indagine c’è il potente Luca Sammartino, numero due della Regione Sicilia, leghista con un passato a sinistra, tanto da aver fatto a suo tempo campagna elettorale per una bandiera dell’antimafia, l’inconsapevole candidata del Partito Democratico Caterina Chinnici, figlia del giudice fatto uccidere da Totò Riina nel 1983.

Lo storico clan Santapaola

Le cronache raccontano che Sammartino, passato dal Pd alle Lega, era il deus ex machina delle vicende di Tremestieri Etneo. In questo paesino, controllato dallo storico clan Santapaola-Ercolano, un sindaco eletto con una lista civica di destra faceva favori di una certa consistenza al leader dell’opposizione di sinistra per procurarsi il suo silenzio sugli affari sporchi del Comune.

La mitologia andreottiana

Ce ne abbastanza per mettersi le mani nei capelli. Una volta per chi si occupava di certe cose orientarsi era molto più semplice: salvo rare e motivate eccezioni, la mafia votava Democrazia Cristiana, e per essere più precisi la corrente facente capo a Giulio Andreotti. Gli andreottiani siciliani, ma anche in parte calabresi, campani e pugliesi, erano esseri mitologici: metà politici e metà mafiosi, monopolizzatori di consenso elettorale e distributori di favori in serie alle cosche locali; le quali, a loro volta, erano convintamente filo atlantiche e votavano Democrazia Cristiana non solo per interesse, ma anche per tenere a bada il pericolo comunista, come un’appendice con coppola e lupara della organizzazione Gladio, con la quale non a caso esistevano punti di contatto.

Comunisti d’antan

Dal canto loro i comunisti erano, salvo qualche eccezione, schierati convintamente contro la mafia, come dimostra il lungo elenco si sindacalisti ed esponenti di quel partito eliminati per il loro impegno. Tra i principali partiti c’erano fossati ideologici profondi come burroni, e il passaggio dall’uno all’altro era una eventualità rara. Un democristiano che avesse provato a chiedere la tessera del Pci avrebbe dovuto subire un’accurata analisi del sangue, e viceversa.

Crollo delle idealità

Questo mondo è crollato insieme alle ideologie e al muro di Berlino. Oggi i partiti sono taxi, dai quali si sale e si scende a convenienza, e persino la mafia ha abbattuto il vecchio steccato ideologico: stando alle carte dell’inchiesta di Bari, un politico di Forza Italia poteva trasferire i voti del clan di riferimento al partito democratico senza che nessuno si allarmasse o almeno si ponesse qualche domanda.

Antimafia come passione

L’antimafia, intesa come passione, militanza, scelta di vita, è un residuo del passato. A sostenerne l’onere, insieme a pochi professori e studenti sparsi qua e là, sono ormai soltanto gli investigatori e i magistrati particolarmente motivati. Non a caso il Governo studia il modo di limitare l’autonomia di questi ultimi dal potere politico.

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