I partiti e la questione morale
Ma che fine
hanno fatto i partiti? E dov’è finita la questione morale, che una volta faceva
da spartiacque tra la buona e la cattiva politica? Viene da chiederselo
leggendo quel che trapela dalle delle inchieste giudiziarie su corruzione e
voto di scambio che a distanza di un paio di settimane hanno travolto prima
alcuni esponenti del comune di Bari e poi il piccolo municipio di Tremestieri
Etneo, alle porte di Catania.
Trasformismi a tutto inganno
A Bari le
indagini raccontano le storie di esponenti di partiti di destra eletti con i
voti delle cosche locali e passati a sostenere il Pd e la giunta Emiliano. In
Sicilia al centro dell’indagine c’è il potente Luca Sammartino, numero due
della Regione Sicilia, leghista con un passato a sinistra, tanto da aver fatto
a suo tempo campagna elettorale per una bandiera dell’antimafia,
l’inconsapevole candidata del Partito Democratico Caterina Chinnici, figlia del
giudice fatto uccidere da Totò Riina nel 1983.
Lo storico clan Santapaola
Le cronache
raccontano che Sammartino, passato dal Pd alle Lega, era il deus ex machina
delle vicende di Tremestieri Etneo. In questo paesino, controllato dallo
storico clan Santapaola-Ercolano, un sindaco eletto con una lista civica di
destra faceva favori di una certa consistenza al leader dell’opposizione di
sinistra per procurarsi il suo silenzio sugli affari sporchi del Comune.
La mitologia andreottiana
Ce ne
abbastanza per mettersi le mani nei capelli. Una volta per chi si occupava di
certe cose orientarsi era molto più semplice: salvo rare e motivate eccezioni,
la mafia votava Democrazia Cristiana, e per essere più precisi la corrente
facente capo a Giulio Andreotti. Gli andreottiani siciliani, ma anche in parte
calabresi, campani e pugliesi, erano esseri mitologici: metà politici e metà
mafiosi, monopolizzatori di consenso elettorale e distributori di favori in
serie alle cosche locali; le quali, a loro volta, erano convintamente filo
atlantiche e votavano Democrazia Cristiana non solo per interesse, ma anche per
tenere a bada il pericolo comunista, come un’appendice con coppola e lupara
della organizzazione Gladio, con la quale non a caso esistevano punti di
contatto.
Comunisti d’antan
Dal canto
loro i comunisti erano, salvo qualche eccezione, schierati convintamente contro
la mafia, come dimostra il lungo elenco si sindacalisti ed esponenti di quel
partito eliminati per il loro impegno. Tra i principali partiti c’erano fossati
ideologici profondi come burroni, e il passaggio dall’uno all’altro era una
eventualità rara. Un democristiano che avesse provato a chiedere la tessera del
Pci avrebbe dovuto subire un’accurata analisi del sangue, e viceversa.
Crollo delle idealità
Questo mondo
è crollato insieme alle ideologie e al muro di Berlino. Oggi i partiti sono
taxi, dai quali si sale e si scende a convenienza, e persino la mafia ha
abbattuto il vecchio steccato ideologico: stando alle carte dell’inchiesta di
Bari, un politico di Forza Italia poteva trasferire i voti del clan di
riferimento al partito democratico senza che nessuno si allarmasse o almeno si
ponesse qualche domanda.
Antimafia come passione
L’antimafia,
intesa come passione, militanza, scelta di vita, è un residuo del passato. A
sostenerne l’onere, insieme a pochi professori e studenti sparsi qua e là, sono
ormai soltanto gli investigatori e i magistrati particolarmente motivati. Non a
caso il Governo studia il modo di limitare l’autonomia di questi ultimi dal
potere politico.
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