La votazione
degli undici giudici del Supremo Tribunale Federale (STF), nella notte di
mercoledì 4 aprile, presuppone la fine della carriera politica di Luiz Inácio
Lula da Silva, così come desideravano i militari, i grandi imprenditori, il
governo degli USA e un importante settore della società brasiliana.
L’offensiva
permanente della destra durante gli ultimi cinque anni, gli ha permesso di
compiere il suo sogno più desiderato: disarcionare Lula dalle elezioni presidenziali di ottobre,
per le quali era il favorito con il 35% di sostegno popolare, molto lontano
dagli altri candidati.
Il STF ha
votato negativamente l’habeas corpus presentato da
Lula, che gli avrebbe permesso di aspettare il risultato del processo per
arricchimento illecito, che è stato confermato in seconda istanza. Il tribunale
si è appellato alla giurisprudenza che dice che ogni processato, la cui pena è
confermata in seconda istanza, entrerà in prigione. In effetti, il passato
gennaio Lula è stato condannato da un tribunale federale a 12 anni.
Sembra necessario ripassare le ragioni che hanno
portato ciascuno di quei settori ad appoggiare la condanna di Lula, al di là
della sua presunta colpevolezza. Anche molti politici dovrebbero stare nei tribunali
per delitti ancor più gravi, come l’attuale presidente Michel Temer, in una
chiara dimostrazione di una doppia misura della giustizia, delle istituzioni e
della stessa società brasiliana.
In primo
luogo, per gli USA i governi di Lula non furono specialmente
problematici, per lo meno se ci atteniamo alle dichiarazioni di ambedue le
parti. Salvo su un punto: il progetto di
autonomia nella difesa, concretizzatasi nella costruzione di un sottomarino
nucleare, oltre alla capacità di fabbricare caccia di quinta generazione e al
potenziamento della base di satelliti di Alcántara, vicina alla linea
equatoriale.
“Casualmente”,
da quando Dilma Rousseff fu disarcionata dal governo nell’agosto del 2016, i
tre progetti affrontano delle serie difficoltà, anche se le autorità si
impegnano a negarlo. Il terzo fabbricante mondiale di aerei commerciali,
l’Embraer, che ha firmato un accordo con la svedese Saab per i caccia
brasiliani, è in via di fusione con la statunitense Boeing, fatto che può
rendere vano lo sviluppo che renderebbe autonoma la forza aerea.
Riguardo al
sottomarino nucleare, insistere solo sul fatto che è a carico della ditta di
costruzioni Odebrecht, in alleanza con la francese DCNS, che è seriamente
indagata dalla giustizia, e che può mandare all’aria tutto il programma
strategico. Non può essere casuale che solo l’Odebrecht
stia nell’occhio della giustizia quando tutte le imprese di costruzioni operano
allo stesso modo.
Gli USA sono vicini a giungere ad un accordo con il
governo di Temer per operare nella base di Alcántara, che per la sua ubicazione
geografica permette un risparmio fino al 30% del combustibile. Questo è unito al sottomarino
nucleare, uno dei punti più sensibili per il Pentagono.
La seconda questione sono i grandi imprenditori, che
avevano mantenuto un atteggiamento favorevole ai governi del PT, per lo meno
fino all’anno 2012. Nonostante
ciò, il rafforzamento del movimento sindacale e l’irruzione delle nidiate più
povere dei lavoratori nel movimento degli scioperi del 2013, che batté tutti i
record storici nella quantità di scioperi, li convinsero della necessità di
interrompere il corso della presa di potere del movimento operaio.
In questo
senso, bisogna ricordare che la federazione industriale di
San Paolo (PIESP), la più potente del paese e una delle più ricche del mondo, è
tornata a giocare il medesimo ruolo che ebbe nel 1964 quando fu la principale
artefice del colpo di stato militare che abbatté Joao Goulart.
La terza incognita sono le forze armate. Sotto i governi di Lula
(2003-2010) furono uno dei settori più privilegiati. Fu programmato un importante riarmo, come era avvenuto
solo sotto la dittatura militare (1964-1985). Fu rafforzato il complesso
industriale-militare con sede nella città paulista di Sao José dos Campos, con
accordi con imprese europee che hanno aperto nuovi affari alle compagnie
brasiliane coinvolte nella difesa.
Ma
soprattutto, è stata definita una Strategia Nazionale di
Difesa che è stata concordata con gli alti comandi, il governo
e gli imprenditori, che definisce nuovi e più ambiziosi progetti per le Forze
Armate.
Due di
questi stabiliscono la creazione di una seconda base navale alla foce del Rio
delle Amazzoni, che si aggiungerebbe all’attuale situata a Río de Janeiro.
Parallelamente, il rafforzamento della vigilanza sui giacimenti off-shore della
piattaforma marittima, implica la progettazione di una potente flotta di
sottomarini convenzionali e nucleari.
Le ragioni che hanno portato al cambio di direzione
militare hanno due basi. La prima è la politica sottile ma persistente degli
USA, che non hanno mai visto di buon occhio la costruzione del sottomarino nucleare
né l’autonomia satellitare, progetti che hanno persistentemente minato dietro
le quinte. Anche
se un settore dei militari brasiliani ha delle forti inclinazioni nazionaliste,
c’è un altro settore molto dipendente dalla logica statunitense che pone il
Venezuela, la Russia e l’Iran come nuovi demoni che giocano lo stesso ruolo del
comunismo, sotto la dottrina della sicurezza nazionale che portò ai colpi di
stato dei decenni del 1960 e 1970.
Il secondo, è il crescente ruolo della destra civile
nelle caserme. Molti alti comandi rifiutano qualsiasi menzione dei crimini di
lesa umanità commessi durante la dittatura. La ex presidente Rousseff fu torturata da militari,
comportamento che è esaltato da vari alti comandi che non hanno mai accettato
la minima critica della repressione della dittatura.
Da ultimo, le classi medie e medio alte hanno
intensamente militato contro Lula e i quattro governi del PT. Così come non ci
fu rottura con la dittatura, in Brasile nemmeno c’è stata una
decolonizzazione sociale e culturale che avrebbe democratizzato la società e le
relazioni tra bianchi e neri (il 54% dei brasiliani). Questi ostacoli hanno
provocato l’attuale polarizzazione sociale e politica, in risposta all’ascesa
dei più poveri al rango di classi medie. Ma queste eredità sono, anche, alla
base della crescente decomposizione di un paese che si proponeva come potenza
globale.
Questo
articolo è stato pubblicato su Sputnik con
il titolo: Los intereses
de EEUU detrás de la decisión contra Lula. La
traduzione in italiano è del Comitato
Carlos Fonseca
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