martedì 24 aprile 2018

Requiem per un cane - Carlo Coccioli


è una storia d'amore, quella fra Fiorello e Carlo Coccioli.
Fiorello segue Carlo in giro per il mondo, c'è sempre.
appare anche Paloma, in poche e straordinarie pagine.
se anche non hai avuto un animale leggi questo libro, capirai quanto amore non hai mai avuto.
se un animale l'hai avuto riconoscerai alcune situazioni, con le parole che non sei mai riuscito a dire.
buona lettura, allora, non sarà una perdita di tempo, promesso.






Requiem per un cane è un libro strano.
Non è un vero romanzo, ma potrebbe esserlo, se inteso come la storia di una vita a due, un uomo e il suo cane. Una vita di viaggi, una storia d’amore.
Non è una raccolta di racconti, ma potrebbe esserlo, in quanto tutto il libro non è altro che l’esposizione  di episodi, a volte in appena due paginette, perfino in una, come se fossero, appunto, brevi racconti.
Non è un vero e proprio diario: si viaggia avanti e indietro nel tempo, senza un preciso ordine temporale, raccontando aneddoti, a volte a voci alternate, ma si entra anche, senza bussare, in una serie di riflessioni personali assai intime e al contempo dalla portata universale, come in ogni diario che si rispetti.
Non importa cosa sia questo libro: forse, come pare sia stato all’origine, niente altro che un mezzo terapeutico per superare il dolore di una perdita.
Ciò che conta è che il tutto è raccontato in modo molto, molto bello…

Questo di Coccioli è l'ennesimo esempio che la Letteratura è qualcosa di inspiegabile e misterioso, un mare talmente grande che al solo pensiero si potrebbe impazzire, un universo così vasto dove si mescolano pochissime perle preziose e tanta paccottiglia da rigattieri. Questa è una perla lucente, un Oriente straziante e divertente, e il cane è il dolcissimo movente per parlare d'amore, usando una lingua arcaica e funambolica, una tisana per l'anima preparata con filtri rubati un po’ al Cantico dei Cantici e un po’ a Gadda. Per chi ha o ha avuto un cane le lacrime, poi, calde e salate, sono piacevolmente assicurate.


Trasfigurare la morte d'un compagno di vita fedele, leale e allegro come un cane è difficile: perché per troppo tempo si rimane schiacciati da una sofferenza metallica, e sconsolati ci si angoscia a domandarsi come possa l'Eterno tollerare lo scandalo del dolore d'un innocente. Questo insegna Coccioli. E il miracolo (miracolo o “evento”, meglio) è che sembra tutto vero, che non si sente l'artificio della retorica. E poi Coccioli ricorda (capisce) che l'unica consolazione è ripetersi che, “se qualcosa rimane di quel che visse, e qualcosa rimane, qualcosa rimane!, Fiorello non s'è diviso da me. In una dimensione meno incomprensibile di questa, un giorno ci rivedremo” (p. 20).
E l'artista toscano che sapeva scrivere letteratura in tre lingue diverse somiglia al più semplice dei figli del popolo, tutto a un tratto. Piange e non sa come reagire, piange e non si sa fermare. Questo è il segreto della grandezza di questo piccolo libro: della sua inequivocabile universalità. È disperato, e dopo tanta disperazione si tinge di amarcord, di fantasia e di pietà…

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